SHARDANA I POPOLI DEL MARE (Leonardo Melis)

Posts written by Elsa Gammata

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    Grande notizia, sembra che finalmente la parabola sia in posa!

    Il sito ufficiale:

    www.srt.inaf.it/multim/webcams



    Per fortuna c' è Gratia che ci aggiorna........
    :evil: :evil: :evil: :evil:

    ;)
  2. .
    Ragazzi, non credo sia solo un problema di sistema operativo..... Anche io ,ho avuto problemi con Explorer8 ,quindi ho usato Firefox ma stessa situazione..... dopo alcuni tentativi(espedienti più che altro.....) ho risolto.
    Credo sia un problema legato alla visualizzazione della pagina stessa e degli script relativi.

    Non dimentichiamo comunque di "spuntare" il consenso al trattamento dati anche nella zona destinata al commento(anche se non scriviamo niente!!) che stà a destra, altrimenti molto spesso non accetta la firma.......

    Meglio comunque fare anche una segnalazione "ufficiale" di questi problemi, io ho provato all' inizio da tre pc diversi e con 3 sistemi operativi diversi sempre con delle anomalie......

    Cosi si perdono molte firme : non tutti sono cosi pratici o hanno tempo di stare a provare 10 volte!!!
  3. .
    CITAZIONE (dedalonur9 @ 22/5/2010, 19:04)
    Cmq si può iniziare se non ci sono altre domande preliminari su chi fosse Annibale, cioè quando, dove e da chi nacque, così se ne capiranno le motivazioni e anche la genialità militare..

    Io comincerei con la figura paterna: Amilcare.
    Pima cosa da notare, secondo me, e che non si possono crescere grandi generali e abili strateghi come i suoi tre figli Magone ,Asdrubale e Annibale senza avere una formazione marziale di tutto rispetto.
    Amilcare nel 247 a.C., durante la Prima guerra punica ebbe il comando delle forze cartaginesi in Sicilia.
    Sbarcò nell’isola con un un corpo di mercenari ,dando non pochi problemi alle truppe Romane anche se alla fine dovette ritirarsi in Africa, dove le truppe mercenarie finirono per amutinarsi. Risulta molto probabile che la grande esperienza di comando di truppe mercenarie, che saranno utilizzate su larga scala anche da Annibale, sia una prima "dote" importante di Amilcare :famoso per la sua autorità e ......la promessa di una paga adeguata.....

    Le basi culturali Annibale trovano comunque radici nella tradizione greca, così come greche sono alcune tra le più importanti figure che lo circondavano.
    Sileno,il suo storico "ufficiale" era greco di Sicilia, greci erano gli intelletuali della sua cerchia e sopratutto, Spartano era il suo precettore.
    Anche le opere che scrisse, di cui purtroppo non resta traccia, erano in Greco..........
  4. .
    900 aC: i Lidi (una parte della popolazione),governati dagli Eraclidi,sbarcano in Italia e si uniscono agli Umbri (Erodoto)
    I loro lucumoni sono designati fra i dignitari Sardi (Strabone), "Reges soliti sunt esse Etruscorum, qui Sardi appellantur "(Festo).

    :salute:
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    Ragazzi, non ci facciamo sfuggire questa serie di incontri ad Olbia e dintorni.......

    Con alcuni esponenti di spicco del panorama culturale sardo :G. Pintore, G. Sanna, Franco Melis, M.R. Piras , il maestro Chiara Vigo con la sua "Arte del Bisso" e...... molti altri :



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    Per leggerla meglio :
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    :salute: :salute:
  6. .
    – La Nuova Sardegna
    Pagina 35 - Cultura e Spettacoli
    Dagli scavi spuntano un antico villaggio e un santo misterioso
    Un’epigrafe medievale ha rivelato il culto di «sanctus Autedus» sconosciuto alla Chiesa
    GIANNI BAZZONI

    SASSARI. Un villaggio medievale scomparso, una chiesetta romanica dedicata a Santa Maria Maddalena, l’epigrafe trecentesca di un santo sconosciuto e, per certi versi, misterioso. Ci sono tutti gli ingredienti tipici della trama di uno di quei best-sellers - sullo stile de Il Codice da Vinci - che negli ultimi anni hanno appassionato migliaia di lettori, anche in Sardegna. In realtà si tratta dei primi interessanti risultati che fanno da sfondo a una importante ricerca archeologica avviata alcuni anni fa dalla Cattedra di Archeologia medievale dell’Università di Sassari, diretta dal professor Marco Milanese, insieme al Comune di Chiaramonti, alla Soprintendenza archeologica e con il contributo della Fondazione Banco di Sardegna.
    Lo scenario - decisamente suggestivo - è quello di Orria Pithinna, piccola località a circa 5 chilometri a sud-ovest di Chiaramonti, dove sorge la chiesa campestre di Santa Maria Maddalena che domina e controlla una pittoresca vallata. Il santuario, in stile romanico, venne costruito agli inizi del Duecento impiegando conci di calcare bianco e di trachite rossa disposti a filari alternati, una soluzione decorativa che la rende davvero unica nel suo genere.
    Le ricerche nel sito di Orria Pithinna stanno cominciando a dare i primi risultati: è stata perimetrata la parte relativa a un monastero camaldolese, individuata l’area su cui sorgeva il villaggio, eseguite mappatura e analisi completa delle testimonianze epigrafiche e dei graffiti rilevati nella chiesa. Proprio grazie a quest’ultimo studio - compiuto dall’epigrafista medievale Giuseppe Piras - è emersa una scoperta che ha del sensazionale. E’ stata finalmente decifrata una iscrizione del XIV secolo, incisa all’esterno della cappella meridionale, che ha svelato l’esistenza di una sepoltura relativa a un personaggio. Si tratta di un certo Autedus, al quale viene attribuito nell’epigrafe l’appellativo di sanctus.
    «Non si tratta di un santo per il quale vi fu un processo di canonizzazione con il riconoscimento ufficiale della Curia di Roma - spiega lo studioso di Porto Torres che ha pubblicato i risultati della ricerca negli Annali della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna - ma verosimilmente di un personaggio (forse legato al priorato camaldolese, un monaco o un eremita), che per la sua esistenza virtuosa venne acclamato santo spontaneamente dalla comunità di fedeli, i quali insieme alla loro devozione gli tributarono impropriamente il titolo di santo». Le ricerche non hanno fornito altri elementi riferiti ad Autedus e tantomeno al suo culto. «Non ne è rimasto ricordo - sottolinea Giuseppe Piras - nemmeno nella toponomastica locale. La spiegazione più probabile è che questo culto locale sia sorto nel Trecento in concomitanza con il periodo drammatico vissuto dagli abitanti di Orria Pithinna e si sia spento rapidamente con l’abbandono del villaggio e del priorato camaldolese. Abbandono che per giunta - dice Piras - può avere prodotto nei suoi confronti quasi l’effetto di una damnatio memoriae da parte della popolazione».
    L’indagine diretta dal professor Marco Milanese apre un filone importante per il recupero di risorse straordinarie, non solo per la storia medievale della Sardegna ma anche in termini di attrazione dei flussi di turismo culturale e scolastico.
    «Il progetto sui villaggi abbandonati della Sardegna è cominciato una quindicina d’anni fa - racconta il professor Milanese - con una attività svolta direttamente sul territorio e non in maniera astratta. Con due obiettivi fondamentali: tutelare le risorse e assumere un ruolo responsabile per la loro valorizzazione e conseguente trasmissione alle generazioni future».
    Conoscenza storica, dei tempi e delle dinamiche, scoprire come erano organizzate le popolazioni medievali, come erano fatte e quanto erano grandi le case, valutare le strade, il tutto con la convinzione che «l’archeologia può dare un contributo determinante per mettere insieme la storia della società». Lavorare e fare in modo che alla fine sia la sosietà stessa «a impadronirsi di un patrimonio così significativo».
    Dalle fonti storiche, emerge che la chiesa intitolata a Santa Maria (la ridedicazione alla Maddalena compare, ancora inspiegabilmente, in documenti del Settecento), il 10 luglio 1205 venne donata dalla nobildonna Maria de Thori (zia di Comita giudice di Torres) all’Ordine Camaldolese. I monaci si stabilirono nel territorio e fondarono un monastero che divenne un priorato (dipendeva dall’abbazia di Saccargia) e si impegnarono per rendere produttivi i terreni divenuti di loro proprietà. Tra il 1323 e il 1335 - lo confermano le epigrafi presenti nella chiesa, decifrate proprio di recente - i monaci la restaurarono rifacendo il portale e la ampliarono aggiungendo due cappelle laterali. La situazione cambiò radicalmente nella seconda metà del Trecento: tutta l’Anglona divenne teatro della guerra scoppiata tra i Doria (che dominavano da secoli quelle contrade), il giudice di Arborea loro alleato e il sovrano d’Aragona. Il conflitto durò dversi decenni e portò devastazione e morte, oltre alle ondate di carestie e pestilenze. Una situazione terribile che spinse i monaci ad abbandonare il territorio e a rifugiarsi in villaggi limitrofi, fino a spostarsi nel neonato borgo fortificato di Chiaramonti (già nel 1350) considerato più sicuro.
    Oggi, unica testimone di quelle tragiche vicende è rimasta solo la chiesa di Santa Maria Maddalena: sono scomparsi il monastero e il villaggio di Orria Pithinna insieme agli altri vicini. Il progetto partito nel 2005, diretto appunto da Marco Milanese e coordinato sul campo dagli archeologi Gianluigi Marras e Maria Cherchi ha come obiettivo proprio quello di individuare e riportare alla luce insediamenti medievali dei quali si è persa traccia.
    «Occorre puntare sul discorso più ampio di politica culturale - ha rimarcato Marco Milanese - e lavorare senza lasciare un vuoto interno. In quei terreni, oggi in larga parte incolti o abbandonati, c’è sotto la storia e potrebbero diventare una attrazione in più per il territorio. Bisogna partire dal basso, lavorare sulle scuole, sensibilizzare i Comuni che altrimenti rischiano di perdere l’aggancio con la loro identità».
    Ora non resta che attendere che le indagini e gli scavi archeologici previsti dal progetto possano fare riemergere i resti del villaggio, del monastero camaldolese. E magari consentano di ritrovare anche la sepotura di Autedus, il misteroso santo di Orria Pithinna

    :salute:
  7. .
    Ecco l' articolo...... speriamo bene:

    La Nuova Sardegna
    Pagina 21 - Sassari
    Per i giganti un futuro in cantina
    Dopo il restauro potrebbero ritornare nei depositi della soprintendenza
    di Antonio Meloni

    SASSARI. Sui giganti di Monte’e Prama rischia di calare il sipario un’altra volta. A restauro quasi finito, è ancora incerto il destino delle sculture scoperte a Cabras nel 1974 e ricoverate da due anni nel Centro della soprintendenza di Li Punti. Secondo alcune indiscrezioni, i giganti del Sinis rischierebbero di essere divisi, una parte nel museo di Cabras, una in quello di Cagliari.
    Il resto, nei depositi della soprintendenza, in attesa di una soluzione. Se così fosse, per i fieri guerrieri dallo sguardo magnetico si profila un futuro tutt’altro che radioso.
    Lo chiamano museo diffuso e secondo le più recenti tendenze sarebbe il sistema migliore per la fruizione dei beni culturali. E’ pur vero che nel corso degli ultimi due anni, sono state formulate diverse ipotesi. La questione della destinazione delle sculture una volta restaurate, ha appassionato e diviso i sardi. E se c’è chi sostiene che i giganti debbano tornare a Cabras, dove sono stati trovati, c’è anche chi afferma che reperti di quella importanza debbano essere esposti in una struttura più ampia e visibile.
    La domanda è, quale? L’idea originaria di sistemare le statue nel museo della cultura nuragica è morta sul nascere perché il progetto del Betile, avveniristica struttura che avrebbe dovuto sorgere a Cagliari, è stato accantonato.
    Fra gli esperti resta ferma la convinzione di fondo, cioè che le sculture di Monte’e Prama debbano essere esposte in un unico museo. Non solo per una fruizione razionale, ma anche per dare adeguata valorizzazione a un bene di straordinaria rilevanza.
    La vicenda dei giganti è appassionante almeno quanto le polemiche alimentate dopo il ritrovamento. Siamo nella primavera del 1974, quando l’aratro di Sisinnio Poddi, un contadino intento a lavorare nel suo terreno, in località Monte ‘e Prama, a Cabras, cozza contro qualcosa di molto duro.
    L’uomo ferma l’attrezzo e dopo avere rimosso la terra, è colpito dallo sguardo fisso di due occhi sbarrati incorniciati da un volto di pietra che riaffiora da un passato lontano e nebuloso. La segnalazione alle autorità competenti è immediata e tra il ‘74 e il ‘75, la soprintendenza archeologica e l’università di Cagliari organizzano il primo scavo. La campagna entra nel vivo qualche anno più tardi, nel ‘79, sotto la guida dell’archeologo Carlo Tronchetti. I lavori portano alla luce una necropoli composta da 33 tombe a pozzetto irregolare e oltre quattromila frammenti in biocalcare adagiati sopra le sepolture.
    La prima richiesta rivolta agli archeologi di allora è quella di dare una datazione a quei resti misteriosi. Questione non da poco. Alcuni ventilano la possibilità che le sculture possano anticipare la statuaria greca. Come dire che si rischia di riscrivere la storia. Le ipotesi su cui si confrontano gli studiosi sono due, la prima colloca le statue intorno al VII secolo avanti Cristo, l’altra si spinge fino alla fine del primo millennio. Il dibattito è acceso, poi il silenzio.
    L’intero complesso viene depositato nei sotterranei del museo archeologico di Cagliari e da quel momento, sulle sculture dei guerrieri del Sinis cala il sipario. Un silenzio di trent’anni, rotto dal recente provvedimento del ministero per i Beni culturali e della Regione che hanno destinato un milione e duecentomila euro per il progetto di restauro.
    Ma a lavori quasi ultimati, c’è una domanda senza risposta: dove andranno le sculture?


    :devil: :vandal:
  8. .
    ALT!

    Ritorniamo nelle fila, ma con due precisazioni:

    Per frequentare questo forum non si deve essere necessariamente pro o contro i Shardana o Melis , ma è vero anche che postare linck poco attinenti in una discussione , senza commenti o senza esprimere il proprio giudizio e opinione non mi sembra producente.

    Chi frequenta il forum da tanto, specie i moderatori, conosce le opinioni su certi temi un po di tutti i partecipanti abituali, ma questo non esime dal confronto.

    In altri Forum ho Blog si puo essere chi si vuole e dire quel che si vuole qui ci interessa relativamente, le critiche sono bene accette,i confronti pure a patto che non servano a "sabotare" gli sviluppi o l' andamento di una di una discussione......

    Il Moderatore :vandal:

  9. .
    Hai proprio ragione !!! L' euforia alcolica per le migliaia di visite questo mese ci stà offuscando la mente.

    Auguri Angiolo!

    A kent' annos e prusu!!


    :salute: :salute: :salute: :salute:

    :beoni:
  10. .
    Nicola borrelli, giornalista specializzato in arcieria storica e archeologia sperimentale,scrisse alcuni articoli riguardo all' arco e alla faretra nuragica .
    Sosteneva che la faretra era probabilmente costruita in pelle animale e/o giunco di palude intrecciato (Scirpus Aculeatus) e che era portata sulle spalle dritta e centrale sulla linea della spina dorsale. Deducendone che l' imbragatura doveva essere simile a quella di un normale zainetto.

    Riportava inoltre che accanto alla faretra o nella parte alta o bassa, era collocato un piccolo contenitore cilindrico o tronco conico dove ipotizza che fossero contenuti grasso per l' arco oppure punte per freccia o corde di ricambio...
    La sua ricostruzione:

    image

    :vandal:
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    CITAZIONE (shardanaleo @ 15/5/2010, 09:51)
    se lo posto qui - sai la fine che fa: fra qualche mese troviamo un libro in cui si scrive: "Uno Dejed sardo da me ritrovato ..."... oppure lo sentirai dire in qualche conferenza su: I POPOLIDELMARE: LA VERITA'... da parte di chi... lo sappiamo tutti. :dev.gif:
    Quindi ti invito a cercarlo nel libro di melis "SHARDANA I CUSTODI DEL TEMPO" (Pag. 164) edizione 2008 ;)
    Oppure vieni a sentir parlare di POPOLIDELMARE da leonardo e lo vedrai di sicuro. :B):

    Uno Dejed sardo che peraltro sembrava sparito dal museo di Cagliari........

    :vandal:
  12. .
    La discussione "storica" era questa..... :

    https://shardanapopolidelmare.forumcommunity.net/?t=15537968
    :salute:
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    Di male in peggio!!
    Ultimi aggiornamenti sulle inchieste: indagato anche Cappellacci.
    E pensare ci si lamentava di Soru......

    www.repubblica.it/cronaca/2010/05/1...mirino-4078241/

    http://unionesarda.ilsole24ore.com/Articoli/Articolo/180677

    :bangin.gif: image
  14. .
    CITAZIONE (dedalonur9 @ 14/5/2010, 19:21)
    al fianco sì ci sono esempi sorici; davanti nel petto...mai visto..non sono arciere...ma credo che renderebbe l'uso dell'arco impossibile o quasi..prova ad immagnare di tendere l'arco con la faretra e le frecce

    ;)

    Si, faretra sul davanti è impossibile, anche sfilare la freccia e problematico, oltre all' impossibilità di tendere l' arco.

    Mi è sempre venuto il dubbio sull' insieme faretra - fodero.... per "comodità" e stabilità nell' indossarlo , sicuramente è più pratico un "unicum", ma bisogna anche immaginare la necessità di "ricarica" della faretra.
    Purtroppo poco sappiamo sulla tecnica di combattimento e l' utilizzo tattico degli arcieri stessi. In combattimento, era comunque normale terminare le frecce a disposizione nella faretra, per rapidità e costanza (fondamentale negli scontri con impiego di arcieri "difensivi") le frecce venivano spesso fornite già in una nuova faretra da sostituirsi a quella utilizzata(che intanto magari veniva ricaricata)....
    Ripeto, bisognerebbe avere maggiori informazioni sul modo in cui venivano utilizzati gli arcieri.....
    Questo insieme, comunque, mi suggerisce un uso "dinamico" e itinerante degli arcieri che la indossavano: un arciere da attacco insomma...... Chi era a difesa delle mura, dovendo creare un tiro di sbarramento, non aveva bisogno di portare tutto con se. L' ultima ipotesi (personale...) è che nella faretra sulla spalla, relativamente piccola, si tenesse la riserva di "emergenza " di frecce, o magari una selezione particolarmente curata ed efficace,utilizzando poi una faretra al fianco, forse la più diffusa nell' antichità, da sostituire e ricaricare velocemente.
  15. .
    CITAZIONE (SaCraba @ 14/5/2010, 13:33)
    che mi ha portata come un fulmine a questo alberello ^_^ e sono sicura che questo è molto interessante

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    Adesso abbiamo la certezza che questo alberello veniva usato nella scrittura da almeno 5000 anni.. conosco anche un alberello molto più antico e viene dall'Est

    ?????
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    Pietra di Nurdole - Orani

    Edited by Elsa Gammata - 14/5/2010, 14:20
913 replies since 24/2/2008
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