IL DNA DEI SARDI

L'OROGINALITA' DEL QUADRO BIOLOGICO DEL POPOLO SARDO

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  1. riccardo zonedda
     
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    CIAO A TUTTI!
    OGGI INIZIA UNA DISCUSSIONE SUL DNA DEI SARDI.
    CHIUNQUE ABBIA INFORMAZIONI UTILI E NOTIZIE INTERESSANTI LE PUO' POSTARE QUI.
    GRAZIE! :salute:
    RICCARDO

    Come primo contributo allego un'intervista all' antropologo e genetista Emanuele Sanna.


    Qual è l’origine dei sardi?

    «Non possiamo ancora dare una risposta definitiva. Tuttavia, eventuali ritrovamenti nel campo della Paleoantropologia e l’esponenziale progress tecnico-elaborativo dell’Antropologia molecolare potranno contribuire a chiarire ulteriormente quali siano le nostre radici genetiche. Allo stato attuale delle conoscenze, come ampiamente dimostrato da studi di Biologia delle popolazioni umane, da tempo sappiamo che i Sardi appartengono al gruppo degli Europoidi, che presentano un quadro genetico peculiare differente dalle altre popolazioni europee e circum-mediterranee, che hanno un’origine tra le più antiche, così come i Baschi e i Lapponi, tra le popolazioni europee attuali».



    Nel suo libro cita i risultati ottenuti dalla biologa cagliaritana Simona Sanna nella ricerca condotta nel 2003 a Firenze, per la tesi di dottorato, sul DNA mitocondriale (quello che si trasmette invariato dalla madre ai figli) di denti rinvenuti in tombe nuragiche. I primi dati dell’indagine (parte di un lavoro più ampio condotto da David Cramelli dell’Università di Firenze, Guido Babujani dell’Università di Ferrara e Giuseppe Vona dell’Università di Cagliari) indicano una forte omogeneità genetica tra i reperti nuragici di diverse zone della Sardegna. Cosa significa?

    «L’analisi del DNA mitocondriale rileva che tutti i campioni risultano caratterizzati da un’elevata somiglianza genetica. Secondo questo studio la popolazione nuragica sarebbe stata omogenea nel tempo e nello spazio e avrebbe condiviso oltre alla stessa cultura anche lo stesso pool genetico mitocondriale».



    Lo stesso studio, tuttavia, evidenze differenze genetiche tra i Sardi nuragici ed i Sardi attuali. Per quali ragioni?

    «In primo luogo il campione moderno utilizzato per il confronto potrebbe non essere rappresentativo dell’attuale situazione mitocondriale sarda, dato che è costituito solo da 69 placente raccolte nel 1991 in ospedali di Cagliari, Nuoro, Oristano, Ozieri e Sassari; in secondo luogo il campionamento antico potrebbe non rappresentare l’intera popolazione nuragica perché basato solo su 23 denti; altra ipotesi è che i notevoli decrementi demografici, rilevati per alcuni periodi, potrebbero aver determinato modifiche nel corredo mitocondriale attuale; infine è stato ipotizzato che l’attuale popolazione sarda risenta degli influssi genetici di altre popolazioni. Durante i secoli avrebbero “lasciato i loro geni” diluendo quelli delle popolazioni ancestrali. Personalmente accredito tutte le spiegazioni tranne l’ultima».



    Perché?

    «Studiando il cromosoma Y stimiamo che il popolamento di gruppi umani nel Paleolitico superiore e nel Mesoltico abbia contribuito alla struttura genetica dei Sardi attuali per oltre il 60%, mentre il successivo apporto genetico da parte di popolazioni neolitiche non supererebbe il 36%. Dunque larghissima parte del pool genetico dei Sardi attuali discende da gruppi umani immigrati nell’Isola tra 20 mila e 5 mila anni fa. La non corrispondenza tra DNA mitocondriale antico e moderno è stata rilevata anche per i Baschi: ciò evidenzia difficoltà nella tecnica attuale di comparazione tra DNA di epoche diverse».



    I geni dei fondatori quando hanno iniziato a mescolarsi con quelli di altre popolazioni?

    «Per l’epoca storica possiamo valutare il contributo generico di popolazioni provenienti dall’esterno in base all’incidenza di marker generici “atipici” della popolazione sarda. Per l’epoca moderna, dal 1600 in poi, abbiamo i dati del Liber Matrimoniorum dei Quinque Libri ecclesiastici, per cui calcolando la frequenza dei matrimoni tra sardi e non sardi sappiamo che questo evento ha mostrato rilevanza solo nel quinquennio successivo la fine della Prima Guerra mondiale».



    Massimo Pittau, in “Origine e parentela dei sardi e degli etruschi” (Carlo Delfino Editore, 1995), suggerisce, in base a ricerche linguistiche, che Etruschi e Nuragici fossero popoli strettamente imparentati. Qual è la sua opinione?

    «Dal confronto di caratteristiche craniche e genetiche, cioè per l’Antropologia biologica, allo stato attuale delle conoscenze escludo una stretta affinità genetica tra Sardi-Nuragici ed Etruschi».

    È dello stesso parere Guido Barbujani (docente di Genetica all’Università di Ferrara, autore di Questione di razza, Mondadori, 2003): sul domenicale del Sole 24 ore del 25 giugno, negando affinità genetiche tra etruschi e nuragici, ha avanzato l’ipotesi che le origini biologiche non andrebbero cercate in un solo luogo.



    Professor Barbujani, questo cosa significa?

    «Vuol dire che la nostra riproduzione sessuata implica che a ogni generazione si dimezza il contributo di ciascun antenato al nostro genoma. Sembra una cosa banale e invece non lo è. Pensi alla storia di quello che ha inventato gli scacchi, e che chiede allo Scià di Persia un chicco di riso per la prima casella, 2 per la seconda, 4 per la terza e così via. Il risultato, 2 alla 64, è una cifra iperbolica e neanche lo Scià di Persia possiede così tanto riso. Allo stesso modo, 64 generazioni fa, ciascuno di noi aveva un numero iperbolico di antenati. Venivano tutti dallo stesso posto? In alcuni casi, per popolazioni estremamente piccole e isolate, ben più piccole e isolate di quanto non fossero i sardi, magari sarà anche andata così. Ma in generale mi sembra più probabile che ognuno di noi abbia origini multiple, se solo si risale indietro nel tempo di qualche secolo. E siccome le popolazioni sono fatte di tanti individui che hanno ciascuno origini multiple, le origini delle popolazioni saranno ancora più complesse. Capisco sia gratificante sentirsi eredi diretti di una grande tradizione. Ma dal punto di vista culturale uno sceglie la propria genealogia: sceglie di amare, non so, la letteratura russa, o il football brasiliano, o la cucina francese. Dal punto di vista biologico le cose sono molto più complicate: i nostri geni sono un mosaico. Ma bisognerà aspettare ancora qualche anno, qualche altro studio sul DNA antico. Finora ce ne sono meno di dieci».
     
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  2. franco.perra
     
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    Ciao, Riccardo
    topic interessante. Spero e confido nella partecipazione di angedras che ne sà certo più di me.
    Il libro di Sanna è molto interessante :“Il popolamento della Sardegna. E le origini dei Sardi” (Cuec 2006)
    per ora contribuisco con alcuni link che mi sembrano interessanti.
    Oltre alle conferenze dei prossimi giorni ad Orosei (interessanti anche quelle tenutesi a Pula il mese scorso) c'è un evento importante a Cagliari il mese
    prossimo:http://dbs.unica.it/congressoaai/html/SessioneSardegna.html

    articolo:http://www.springerlink.com/content/53h61344181277g3/
    articolo:http://www.antrocom.net/upload/sub/antrocom/020106/03-Antrocom.pdf

    Ciao :salute:
    Franco
     
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  3. olmitti
     
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    CITAZIONE
    da gruppi umani immigrati nell’Isola tra 20 mila e 5 mila anni fa

    Un'ulteriore conferma alla tesi che i SRDN erano autoctoni e non "importati".
    Unu saludu

    CITAZIONE
    Ma bisognerà aspettare ancora qualche anno, qualche altro studio sul DNA antico

    SRDN-Etruschi.
    Pienamente d'accordo.
    Unu saludu
     
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    Un'ulteriore conferma alla tesi che i SRDN erano autoctoni e non "importati".
    Unu saludu

    SRDN-Etruschi.
    Pienamente d'accordo.


    Ma se ormai persino l'ARCHEOBUONERIA concorda con l'arrivo da ORIENTE degli etruschi... non ti pare amico mio che le due dichiarazioni contrastino un poco?
    E poi ancora AUTOCTONI? :rolleyes: ma cosa significa? Che l'uomo nasce in sardinia... Lo so, noi due su questo non c'incontreremo mai... :rolleyes: ma un poco di logica! Che differenza fa se sono arrivati (i SRDN) nel 2000 (secondo me) o se sono arrivati nel 10.000 secondo te e altri... in Nessun caso possono dirsi AUTOCTONI. Non esistono popolazioni AUTOCTONE nel mondo... AFRO-ORIENTALI a parte. :B):
    DUOS SALUDOS! :salute:
    SHAR :vandal:
     
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  5. riccardo zonedda
     
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    Grazie a tutti per i contributi offerti alla discussione.
    Posto un articolo della Nuova sul convegno che si tiene in questi giorni ad Orosei.


    La Nuova Sardegna, sabato 11 agosto 2007
    ARCHEOLOGIA
    IN TRE SERATE LA VERA STORIA DEI SARDI
    Al via a Orosei dal 21 agosto un ciclo di dibattiti scientifici sulla civiltà nuragica
    Di Antonello Sechi
    OROSEI. I sardi di oggi e quelli che abitavano nei nuraghi avevano praticamente lo stesso Dna. Lo si poteva immaginare ma adesso è una certezza che arriva dagli studi di Guido Barbujani, dell'Università di Ferrara. Un dato eclatante, di cui finora sapevano solo gli addetti ai lavori. Più facile pensare che l'ossidiana del Monte Arci, utilizzata per costruire armi e arnesi per tagliare, fosse esportata fuori dalla Sardegna. Anche questo ora è una certezza, confermata dagli esami di laboratorio: i sardi di qualche millennio fa piazzavano quella pietra nera e lucente nell'Italia settentrionale e nel sud della Francia.
    Così come è ormai quasi certo che il cannonau sia "roba sarda" e non un vitigno importato dalla Spagna.
    Sarà che un sardo emigrato sente più forte il legame con la sua terra, ma è certo che gli argomenti scelti da Gianfranco Bangone per la prima edizione delle "Serate di Archeologia", che si terranno a Orosei nei prossimi giorni, hanno un fascino che va anche oltre il loro valore scientifico. Ban gone, oroseino è il direttore del bimestrale "Darwin", una rivista che conta nel board editoriale nomi come Umberto Veronesi ed Edoardo Boncinelli. Da sempre fa il giornalista scientifico, ha lavorato al
    "Manifesto" e a "Panorama", è consulente di "Spoleto Scienza" e di manifestazioni internazionali sul futuro della scienza. L'idea,, adesso, è di mettere in piedi a Orosei un vero e proprio festival della scienza, un appuntamento annuale che, in qualche modo, potrebbe essere paragonato al
    festival letterario di Gavoi o al festival del cinema di Tavolara. «L'idea — spiega Bangone — è nata dopo il successo di uno speciale come "Archeologia in Sardegna", che abbiamo fatto l'anno scorso ed è andato esaurito in quattro giorni. Altrettanto, quest'anno, è successo per "Sardegna sconosciuta". Il secondo elemento è stato la disponibilità di Casa Cabras». Gianni Cabras, anche lui oroseino, psichiatra a Torino, l'ha restaurata. «È un edificio antico e bellissimo — spiega Bangone — Un altro ne avrebbe fatto un hotel de charme, lui ha deciso di metterla a disposizione per questo progetto che ha trovato l'entusiasmo dell'amministrazione comunale guidata da Gino Derosas».
    E così il 21, 24 e 27 agosto il cortile dell'antica caserma del la regia guardia di finanza ospiterà i relatori e il pubblico delle serate di archeologia. Ad aprirle saranno proprio Guido Barbujani e la sua clamorosa ricerca sul Dna degli antenati. Un tema che si lega benissimo al secondo intervento
    della serata: Antonio Cao, professore dell'istituto di neurogenetica e neurofarmacologia dell'Università di Cagliari, rivelerà "II segreto della longevità" grazie agli studi genetici sulle popolazioni dell'Ogliastra. La seconda giornata, il 24, sarà dedicata ai giganti di Monti Prama, con l'intervento di Paolo Bernardini, dell'Università di Cagliari, mentre l'archeologa Giovanna Pietra
    parlerà della politica di conquista dei Vandali in Sardegna alla luce delle navi romane affondate intorno al 450 dopo Cristo nel porto di Olbia e scoperte durante i lavori per la costruzione di un tunnel. L'ossidiana del Monte Arci e il Neolitico apriranno la terza e ultima giornata del festival scientifico. Sarà Carlo Lugliè, dell'Università di Cagliari, a parlare della montagna della roccia nera. Si chiuderà con il vino: Mario Sanges. della Soprintendenza archeologica di Nuoro e Sassari. 'piegherà che i nuragici si intendevano, eccome, di uva e di vinificazione, mentre Gianni Lovicu, cel Centro regionale agrario sperimentale, spiegherà perché il Cannonau è cosa nostra.
     
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  6. franco.perra
     
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    Ehi, Shard...
    com'è che ho potuto inserire un post senza prima fare il login?
    Problemi?
    Ciao :) Franco
     
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  7. olmitti
     
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    CITAZIONE
    Che differenza fa se sono arrivati (i SRDN) nel 2000 (secondo me) o se sono arrivati nel 10.000 secondo te e altri... in Nessun caso possono dirsi AUTOCTONI

    Sicuramente bisognerà intendersi sui termini.
    Per me, SRDN è riferito ad una popolazione relativa alla civiltà isolana che ha costruito, dal 2.200 al 1.000 a.c. nuraghi, tombe di giganti, pozzi sacri.
    Conosciuta al di fuori della Sardegna fino all'Egitto, alla costa siro-palestinese, all'Asia Minore (nonchè Spagna, Francia, Italia) .
    Col termine 'autoctoni' intendo che questa popolazione non è arrivata già col bagaglio di tecnologia (nel caso del 2.000. a.c) ma la civiltà si è evoluta in base alle catatteristiche tipiche di una zona insulare di grandi dimensioni (avendo a disposizione alcune migliaia di anni).
    Credo che ciò, dal punto di vista dell'interiorizzazione dei saperi e la permaneza delle caratteristiche sociali, influisca non poco.
    CITAZIONE
    oltrettutto non vedo dove sia, nello scritto citato da Olmitti, la conferma a SRDN autoctoni.

    Basta leggersi i vari post del forum (per es. la continuità delle forme nel culto dei morti.)
    CITAZIONE
    Lo so, noi due su questo non c'incontreremo mai...

    L'importante è discuterne ed analizzare i pochi dati a disposizione.
    Unu saludu
     
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    X OLM...

    Diciamo che il tuo pensiero ora è più chiaro riguardo la AUTOCTONIA... ;) Ma come la mettiamo sulle
    - CENTINAIA di nomi di origine MESOPOTAMICA presenti in sardinia. Nle prossimo libro di L. Melis vi è un intero cpaitolo di termini della Lingua Sarda identitci a quelli SUMERO-AKKADICI e con lo stesso significato... non solo assonanti.
    - E monte d'AKKODI (Ziggurat)? e lo stesso termine NUR-AKE che mesopotamico è?
    - e le continue MENZIONI, persino nella Bibbia (Jenesi X) sui DANA, DEDANA, DODANIM... come "COLORO CHE DIEDERO ORIGINE AGLI ABITANTI DELLE ISOLE" Ove per Isole appare chiaro si tratti delle Isole dell'occidente, baleari comprese! :o:
    - E le rotte intorno all'africa operate da SUMERI prima, da Sargon poi, infine dai Shardana e persino dai Fenici, descritte persino dai greci?
    - E LA PRESENZA DI NOMI DI REGNANTI IN Asia Minore identici a cognomi sardi? (Sardur, melis, Tola, Aramu...)... :rolleyes:
    - e la dinastia SARGONIDE, SANDANIDE, (SARDONIDE, SARDANIDE...)...
    - e l'uso dei mattoni crudi? (solo in sardinia e in Oriente)
    - e la insolita amogeinità genetica della pecora sarda con quella orientale 8mentre invece è differente da tutte le pecore del Mediterraneo)?
    - e, e, E, E,.... :rolleyes:
    SHAR :devil:

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    CITAZIONE (franco.perra @ 19/8/2007, 13:05)
    Ehi, Shard...
    com'è che ho potuto inserire un post senza prima fare il login?
    Problemi?
    Ciao :) Franco

    non è tanto per il login ... è èer quanto è apparso nel messaggio. franco cancellato?'''' :o: Alle volte i forum impazziscono...e noi non possiamo farci niente... ad esempio, il buon vecchio SARDAN risulta cancellato... bo? :(
    SHAR :devil:
     
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  9. riccardo zonedda
     
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    Oltre a ciò mi sembra opportuno citare un articolo apparso sul venerdì di repubblica questo inverno e che, ahimè, non mi ritrovo più, dove si dice che il DNA dei sardi è più mediorientale che europeo o africano.
    Infine, lo stesso professor Lilliu ha sempre affermato che le nostre origini sono orientali.
    Ciò che è difficile è affermare QUANDO queste migrazioni si sono verificate.
    Riccardo

    Per "orientale" Lilliu intende tutta l'area che dall'Anatolia arriva fino al Caspio.
    Su questo penso non ci siano dubbi.
    P.S. Se qualcuno recupera il Venerdì di Repubblica con l'articolo sul DNA mi fa un favore. Dovrebbe essere di Gennaio o Febbraio.
    Grazie!
    Riccardo
     
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    Infine, lo stesso professor Lilliu ha sempre affermato che le nostre origini sono orientali.
    Ciò che è difficile è affermare QUANDO queste migrazioni si sono verificate.
    Riccardo

    Forse lo ha detto al BAR DELLO SPORT o del CACCIATORE 8non esiste mi pare il bnar dell'ARCHEOBUONO! :rolleyes: )... uficialmente non lo ammeterà mai! :(
    SHAR :devil:
     
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  11. riccardo zonedda
     
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    Ragazzi,
    il convegno tenutosi nei giorni scoprsi ad Orosei, in cui si è parlato di DNA pare abbia portato notevoli risultati.
    Chiunque abbia notizie o vi sia stato è invitato ad un breve resoconto. Pare se ne siano dette delle belle.
    Grazie,
    a presto!
     
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  12. riccardo zonedda
     
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    Inizio io stesso con una intervista a Professor Barbujani, che ha esposto al convegno di Orosei i risultati di un importante studio attraverso il quale si è comparato il DNA dei nuragici/shardana con quello dei sardi di oggi.


    di Antonello Sechi - Fonte: La nuova Sardegna

    IL POPOLO DEI NURAGHI OGGI VIVE IN OGLIASTRA
    Lo studioso Guido Barbujani ha presentato a Orosei i risultati di uno studio su antichi resti
    venerdì 24 agosto 2007 di exeo

    I galluresi hanno solo il 18 per cento dei geni degli antichi popoli che abitarono nell’isola

    Lo studioso Guido Barbujani ha presentato a Orosei i risultati di uno studio su antichi resti
    di Antonello Sechi

    Confrontato con quello dei contemporanei il genoma estratto dai denti di ventitré individui scoperti in sei siti archeologici
    C’è ancora un popolo dei nuraghi in Sardegna? Finora si potevano solo fare congetture. Adesso c’è una prova scientifica: i sardi che hanno nelle vene la maggior quantità di sangue nuragico vivono in Ogliastra. Il dato è clamoroso: il 56 per cento delle varietà di Dna conosciute del popolo che abitava la Sardegna tra il 1500 e il 700 avanti Cristo, in particolare quello di sei donne della zona tra Perdasdefogu e Seulo, è presente nelle cellule degli ogliastrini moderni.

    Per capirne il valore basta un confronto: in Gallura, dove il viavai di forestieri è sempre stato elevato anche prima della Costa Smeralda, la percentuale di Dna nuragico presente nella popolazione scende al 18 per cento, quello medio di una qualunque popolazione europea.

    A raccontare questa storia, a dire che i nuragici sono ancora tra noi mentre gli etruschi, per dire di un altro popolo antico, si sono estinti, è Guido Barbujani, professore di genetica dell’Università di Ferrara. È stato lui a coordinare il gruppo di lavoro che si è preso la briga di sequenziare il Dna dei nuragici e di confrontarlo con quello dei sardi contemporanei.

    Il lavoro, recentissimo, è stato pubblicato sul numero di agosto della rivista scientifica “Human genetics”. La prima presentazione in pubblico è avvenuta l’altro ieri sera nel lussureggiante e affollatissimo cortile di Casa Cabras, l’ex caserma regia di finanza trasformata in una delle più affascinanti abitazioni del centro storico di Orosei.

    Barbujani, che i più hanno conosciuto la sera prima in tivù ospite di Patrizio Roversi e Siusy Blady, ha aperto le “Serate di archeologia” organizzate da Gianfranco Bangone, oroseino e direttore del bimestrale “Darwin”. Un esordio con il botto per una rassegna dedicata alla scienza che proporrà altre due serate oggi e il 28 agosto e che coltiva la segreta ambizione di diventare un appuntamento fisso dell’estate isolana.

    La paleogenetica è una scienza giovane e i nuragici, adesso, fanno parte di un circolo ristretto. «Finora — spiega Barbujani — studi simili erano stati fatti per gli etruschi e gli iberici. Abbiamo scelto la Sardegna perché è una delle popolazioni geneticamente più interessanti e perché qui abbiamo campioni ben datati».

    I campioni in questione sono 106 denti appartenenti a 53 esponenti del popolo dei nuraghi. Sono stati prelevati in una tomba dei giganti di Santa Teresa di Gallura e in cinque grotte di Perdasdefogu, Seulo (Stampu Erdi), Fluminimaggiore (Capo Pecora), Carbonia (Su Cungiareddu ’e Serafini) e Alghero (Lu Maccioni).
    Il Dna è materia da trattare con attenzione, il rischio di contaminazioni e di fare confusione è elevato. È lo stesso Barbujani a citare il caso più clamoroso. «Nel 1994 — spiega il genetista — un americano, Scott Woodward, annunciò di aver sequenziato il Dna dei dinosauri. Poi si scoprì che c’era stata una contaminazione ». Si dimostrò che si trattava di Dna umano, l’inquinamento di chi aveva trattato i frammenti ossei. Una figuraccia ma in quel momento sembrò confermare l’intuizione di Michael Crichton, che aveva scritto il libro, e di Steven Spielberg che aveva appena girato il film “Jurassic Park”.
    I campioni dei nuragici sono stati perciò trattati con la massima accuratezza. «Per sicurezza — chiarisce Guido Barbujani — abbiamo scartato trenta individui e ci siamo concentrati sugli altri 23».

    L’operazione ha coinvolto i ricercatori di varie università, comprese quelle di Cagliari e Sassari. Il gruppo di lavoro si è messo sulle tracce del Dna mitocondriale «che — spiega il genetista — si trasmette da una generazione all’altra solo per via materna e resta invariato, a differenza di quello del nucleo della cellula ». Barbujani e il suo gruppo di lavoro sono certi di aver individuato sei progenitrici nuragiche, sei donne che attraverso figlie, nipoti, pronipoti ecc., di generazione in generazione hanno tramandato i loro geni fino a oggi.

    Le sequenze genetiche dei 23 abitanti dei nuraghi sono state confrontate con quelle antiche conosciute (etruschi e iberici) e con 57 moderne di Europa, Asia e Nord Africa. Tra queste, ovviamente, quelle della Sardegna individuate dagli studi di Luca Cavalli Sforza e di Mario Pirastu.

    I risultati sono affascinanti. Da un lato — dicono Barbujani e il suo gruppo di lavoro — appare evidente che i nuragici, sia pure sparsi su un territorio molto vasto come la Sardegna, presentano un affinità genetica.

    Lo sono anche a 700 anni di distanza, quelli che passano tra i campioni prelevati nei siti più antichi e in quelli più recenti. La conseguenza, ovvia, è che il popolo dei nuraghi discendesse da un unico gruppo etnico, imparentato per via materna.

    «Alcune di quelle sequenze genetiche — aggiunge il paleogenetista — compaiono in altre zone del bacino del Mediterraneo, nel nord dell’Africa ma non solo». L’altra osservazione è quella che riguarda chi, tra i sardi, può essere definito più vicino ai nuragici. La risposta, appunto, è che sono gli ogliastrini. «Il dato — dice Barbujani — è notevole. Nella popolazione attuale dell’Ogliastra, troviamo più della metà delle sequenze genetiche nuragiche. In particolare quelle dei siti archeologici di Perdasdefogu e di Seulo.

    All’estremità opposta c’è la Gallura, dove troviamo percentuali molto più basse, le stesse di qualunque campione europeo». Dunque, l’Ogliastra e l’interno dell’isola conservano, oltre ai nuraghi, anche i geni del popolo che oltre 3500 anni fa ha cominciato a costruire le grandi torri di pietra e i villaggi che le circondano. Quello che non succede in Toscana, dove un analogo studio sugli etruschi ha permesso di ritrovare tra gli attuali abitanti dell’antica Etruria solo due sequenze genetiche su 23.

    La ricerca non risponde al mistero sulla provenienza dei abitanti dell’isola che, secondo i dati archeologici, sarebbero ricomparsi 12-14mila anni avanti Cristo, dopo un “buco” enorme rispetto alle prime forme di presenza umana datate a circa 500mila anni fa. «Le origini dei sardi? Alla luce degli strumenti di cui disponiamo ora — conclude Barbujani — faccio fatica a rispondere. Questa è ancora materia per gli archeologi»

    A VOI I COMMENTI.....

     
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    una sola ripetitiva domanda: DOVE HANNO PRESO IL "NURAGICO"? volgio dire l'UOMO NURAGICO... aveva un'etichetta con su scritto "Nuragico"... èperchè non mi pare sia stato trovato niente di resti umani all'interno dei Nuraghes... nelòla "mia" città di Antas invece... :B):
    SHAR :vandal: :devil:
     
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  14. riccardo zonedda
     
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    Ciao ragazzi,
    posto un lavoro del genetista Luca Cavalli Sforza su GENI, POPOLAZIONI E LINGUE
    che ho scaricato dal sito di iRS (indipendentzia Repubrica de Sardigna)




    I sardi non sono italiani. Sono un popolo extraeuropeo.

    Non solo i sardi non sono italiani, sono un popolo genealogicamente extraeuropeo. Contiene alberi genealogici delle popolazioni umane e delle lingue. Rapido excursus su metodi di ricerca e classificazione genetici e linguistici.

    Luigi Luca Cavalli-Sforza (Genova, 1922) ha insegnato nelle Università di Cambridge, Parma e Pavia, e attualmente è professore di Genetica all'Università di Stanford in California. Tra le sue opere apparse in italiano ricordiamo: Analisi statistica per medici e biologi (Torino, 1972), Introduzione alla genetica umana (Milano 1974), Genetica, evoluzione, uomo, scritto con Ammerman (Torino, 1986), Chi siamo, con F. Cavalli-Sforza (Milano, 1993).


    - - -

    GENI, POPOLAZIONI E LINGUE | di Luigi Luca CAVALLI-SFORZA.
    Da "Le Scienze - Scientific American" n° 108. 6/99.

    Il nostro albero genealogico […] trova parallelismi sorprendenti in una recente classificazione delle lingue. Pertanto i geni, le popolazioni e le lingue si sono irradiati parallelamente mediante una serie di migrazioni che hanno avuto origine, a quanto pare, in Africa e si sono poi diffuse attraverso l’Asia in Europa, nel Nuovo Mondo e nel Pacifico.

    Il concetto di albero genealogico ha un’importanza fondamentale per collocare tali eventi in una sequenza cronologica. Se gli altri fattori sono uguali, quanto più lungo è il periodo di tempo trascorso dalla separazione di due popolazioni, tanto maggiore dovrebbe essere la differenza (o distanza) genetica tra queste ultime. L’analisi potrebbe allora essere utilizzata anche per ricostruire una storia più complessa, riguardante […] più popolazioni.

    Talvolta per le popolazioni umane si ricorre alla denominazione di gruppi etnici o «razze», anche se il razzismo ha reso il secondo termine alquanto detestabile. Le popolazioni umane sono difficilmente definibili in un modo che sia nel contempo rigoroso e utile perché gli esseri umani si raggruppano in una sbalorditiva varietà di sistemi […] in continua trasformazione. Le lingue ci danno, però, qualche aiuto.

    La specie umana, per buona parte della sua storia è in alcuni casi ancora oggi, è stata organizzata in tribù di piccole dimensioni […]. Inoltre vi è spesso una corrispondenza biunivoca tra lingua e tribù. Le lingue offrono così una giuda sommaria alla tribù di appartenenza e questa, quando la si conosce, permette una classificazione a grandi linee delle popolazioni. […]

    Si può stimare l’affinità genetica sottraendo, ad esempio, la percentuale di individui Rh-negativi tra gli inglesi (16%) dalla stessa percentuale tra i baschi (25%), trovando una differenza di nove punti percentuali, ma tra gli inglesi e gli abitanti dell’Asia orientale la differenza diventa di 16 punti, una distanza maggiore che forse sottintende una separazione più antica di due gruppi. Non vi è così nulla di eccezionale nel concetto di distanza genetica. […]

    Quanto più tempo è trascorso dalla separazione di due popolazioni, tanto maggiore è la distanza genetica tra esse. Pertanto la distanza genetica potrebbe fungere da orologio con cui datare la storia evolutiva.

    Con pochissime eccezioni, sembra che le famiglie linguistiche abbiano, nel nostro albero genetico, una origine abbastanza recente. Tentativi compiuti da due gruppi di linguisti […] hanno dato risultati in linea con i dati genetici, del tutto indipendenti. Avevamo così confermato un’ipotesi avanzata nientemeno che da Darwin il quale, nel capitolo 14 di L’origine della specie, sosteneva che, conoscendo l’albero dell’evoluzione genetica, si sarebbe potuto prevedere quello dell’evoluzione linguistica.

    Perché l’evoluzione genetica e linguistica dovrebbero avere una così stretta corrispondenza? La risposta sta non nel determinismo genetico, ma nella storia: i geni non controllano la lingua, ma sono piuttosto le circostanze della nascita a determinare le lingue cui l’individuo è esposto. Le differenze linguistiche possono generare o rafforzare le barriere genetiche, ma è improbabile che siano la causa principale della correlazione.

    L’evoluzione umana è costellata dalla frammentazione di popolazioni in parti, alcune delle quali vanno a insediarsi altrove. Ogni parte è soggetta a un’evoluzione linguistica e genetica che porta le tracce dei punti di ramificazione comuni: le correlazioni sono inevitabili. […]

    Per isolare due popolazioni non è necessaria la frapposizione di oceani o catene montuose: basta la semplice distanza, come dimostrano gli studi genetici compiuti su molte specie animali.

    Dato che l’interscambio che si ha con le migrazioni è normalmente più grande a brevi distanze, ci si aspetta, e si trova, un grado tanto più elevato di differenza genetica quanto più distanziate sono tra loro le popolazioni; lo stesso accade per le lingue. Quando non vi siano barriere particolari, le variazioni sia genetiche sia linguistiche tendono a essere continue […].

    Si dovrebbe richiamare l’attenzione su due tipi di eccezioni alla nostra regola della corrispondenza tra geni e lingue: le eccezioni in cui vi è una sostituzione di lingua e quelle in cui vi è una sostituzione di geni. Le prime si hanno quando un gruppo di persone sostituisce una nuova lingua alla propria lingua di origine, sotto l’influsso, per esempio di immigranti, o di conquistatori, o di una nuova élite culturale.

    Tuttavia questo genere di sostituzioni non avviene sempre ed è meno probabile che accada quando la nuova lingua deriva da una famiglia linguistica diversa. La lingua basca è un caso estremo di relitto linguistico evidentemente sopravvissuto a millenni di continui sconvolgimenti linguistici nelle regioni confinanti.

    La sostituzione dei geni, generalmente parziale, avviene quando una popolazione si mescola con un’altra. Il rimescolamento può essere assolutamente graduale e influenzare la frequenza relativa di tutti i geni in uguale proporzione. Questa gradualità distingue in maniera netta i geni dalle lingue che, per principio, o sono sostituite o non lo sono affatto.

    Una lingua conserva l’integrità di origine anche se adotta un gran numero di parole di un’altra famiglia o sottofamiglia linguistica. I linguisti concordano, per esempio, sul fatto che l’inglese rimanga una lingua della sottofamiglia germanica, malgrado le parole di derivazione francese, greca e latina. Ciò che importa è che la struttura e il vocabolario di base conservino i caratteri della famiglia.

    Questa differenza significa che, quando una ristretta minoranza impone la propria lingua alla maggioranza che ha conquistato, la sostituzione della lingua è quasi completa, mentre la sostituzione dei geni è proporzionale al rapporto demografico. […]

    Può forse sorprendere che la prevista correlazione tra lingue e geni permanga nel tempo in misura così rilevante nonostante il rimescolamento causato dalle sostituzioni di geni o lingue. […] Altre analisi confermano oggi l’esistenza di questa correlazione [anche, ndr] a livello microgeografico, talvolta in modo superiore alle attese. […]

    La spiegazione definitiva di questa correlazione tra geni e cultura deve essere ricercata nei due meccanismi di trasmissione: orizzontale e verticale. I geni, trasmessi sempre dai genitori alla prole, descrivono una traiettoria verticale attraverso le generazioni.

    La cultura può essere a sua volta essere trasmessa di generazione in generazione, ma, diversamente dai geni, può esserlo anche orizzontalmente, tra individui che non hanno rapporti di parentela. […] Nel mondo contemporaneo la trasmissione orizzontale sta diventando sempre più importante.

    Ma le società tradizionali sono così chiamate proprio perché le loro culture vengono trasmesse da una generazione a quella successiva. La trasmissione prevalentemente verticale della cultura con tutta probabilità rende queste società molto più conservatrici.

    Le sostituzioni di geni e di lingue costituiscono qualcosa di più che semplici e fastidiose eccezioni ai nostri schemi interpretativi. […] Gli studi di queste sostituzioni potrebbero fornire informazioni complementari a quelle che sono state offerte dal nostro lavoro. Le ricerche antropologiche sul campo devono confrontarsi con questi strumenti di indagine e con dati che stanno rapidamente svanendo. Documenti di incalcolabile valore ci sfuggono di mano con la perdita progressiva di identità da parte di popolazioni aborigene.

    L’interesse crescente nel Progetto Genoma Umano può, d’altra parte, stimolare i ricercatori a raccogliere testimonianze della diversità [distanza, ndr] genetica umana prima che questa scompaia.






    Altro lavoro di Sforza


    Sui metodi biologici di trasmissione dei geni e sui meccanismi socioculturali di trasmissione delle lingue.

    […] La dinamica dei geni e la dinamica dei tratti culturali seguono gli stessi percorsi: le stesse cause possono imprimerne un’accelerazione; le stesse barriere possono provocarne un rallentamento.

    La nostra storia passata è fatta di insediamenti e quando le persone si muovono, non solo muovono i loro geni, ma anche le loro idee. Poiché geni e idee sono condizionati da fattori spesso identici, è naturale trovare una correlazione tra geni e cultura. Ma vi sono spiegazioni dell’analogia anche più sottili. Se analizziamo più nei particolari i meccanismi evolutivi biologici e culturali della nostra specie, scopriremmo molte corrispondenze. […]

    Ciò che tuttavia rende profondamente diverso il gene dalla cultura è il meccanismo di trasmissione. Mentre in biologia la trasmissione dell’informazione può avvenire solo da genitore a figlio, la trasmissione culturale può avvalersi di altri meccanismi. Cavalli-Sforza e Feldman ne esemplificano quattro:

    a) da genitore a figlio (verticale). È il meccanismo di diffusione dell’informazione più lento ma è anche quello che conserva la variabilità da individuo a individuo;
    b) da un individuo all’altro (orizzontale). È un meccanismo analogo a quello del contagio di un’epidemia, per cui l’informazione di diffonde rapidamente;
    c) da uno a più individui (per esempio da un insegnante a i suoi allievi o da un leader sociale ai suoi seguaci). È il meccanismo più efficace per diffondere una innovazione in un gruppo sociale;
    d) da più individui a un singolo individuo. È il meccanismo della pressione sociale: comunemente sfavorisce il diffondersi di una innovazione.

    Qual è il meccanismo che ha più peso? Probabilmente dipende dal tipo di cultura e dal momento storico.

    Se il meccanismo a ha avuto nel passato un ruolo preminente e fornisce una spiegazione alle associazioni tra geni e lingue che ancora oggi siamo in grado di ricostruire, è chiaro che oggi l’avvento delle comunicazioni di massa favorisce e favorirà sempre più un meccanismo di tipo c.

    Alla famiglia che ha garantito fino ad oggi non solo la trasmissione dei geni, ma anche quella della cultura, si sostituisce la figura del leader, la trasmissione dal singolo a più individui.

    Ora il meccanismo culturale da uno a più individui rappresenta l’analogo culturale più estremo di deriva genetica prima menzionato: è come se un solo individuo trasmettesse i suoi geni a tutta una popolazione, sicché scomparirebbe la variabilità genetica. In altre parole: la deriva culturale potrebbe rendere assai più veloce la diffusione dell’informazione, ma a un prezzo rischiosissimo, quello che l’informazione diventi una sola. […]


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    Analisi delle frequenze geniche dell'Italia, della Sardegna e di altre aree significative. Grafico delle frequenze geniche europee. Mappa tricromatica dell'Italia genetica.

    Che l’Italia sia una mescolanza di culture differenti, risultato di storie e movimenti di popolazioni di origine molto eterogenee, è una osservazione comune, quasi scontata: sia l’uomo colto che la persona un po’ curiosa si accorgono di quanto siano varie nella nostra penisola le popolazioni, le tradizioni, i paesaggi. […] Lo studio che voglio presentare intende contribuire alla ricerca della nostra identità storica esaminandola da una angolazione piuttosto inconsueta, quella della struttura genetica. […]

    Quando si parla di differenze genetiche tra individui o popolazioni di individui, occorre subito sgombrare il campo dai pregiudizi. Se esaminiamo due individui a caso, il loro corredo genetico ( cioè l’insieme delle informazioni codificate dal DNA contenuto nei cromosomi delle loro cellule e trasmesse ai figli) sarà, con certezza quasi assoluta, diverso: in altre parole, nel mondo biologico la diversità costituisce la regola, l’uniformità l’evento eccezionale. Di conseguenza il pregiudizio che ci porta a distinguere «razze» diverse non ha alcun fondamento biologico, ma è di natura esclusivamente culturale. […].

    Nello studio della popolazione italiana, così come negli studi genetici di altre popolazioni umane, sono state esaminate le frequenze dei gruppi sanguigni.

    Il gruppo sanguigno Rh ha una frequenza molto variabile nella nostra penisola; se per esempio contassimo gli individui Rh negativi in un paese del Piemonte, troveremmo una porzione di circa il 15%, mentre se facessimo la stessa indagine in Sardegna troveremmo che solo il 5% della popolazione presenta questo carattere.

    Benché Piemonte e Sardegna siano territori appartenuti allo stesso regno, differenze etniche più antiche o condizioni ambientali eterogenee possono spiegare queste variazioni di frequenze geniche che ancora oggi siamo in grado di apprezzare. Una simile variabilità è presente anche negli altri gruppi sanguigni esaminati. […]

    Ma l’analisi non si limita ai gruppi sanguigni. Per “evitare l’insidia di descrivere una variabilità dovuta all’ambiente invece che alla successione di eventi storici” i ricercatori hanno inserito nel loro studio anche i valori dei diversi caratteri genetici. >>

    L’illustrazione […] esemplifica questo tipo di analisi offrendoci una sintesi della collocazione genetica dell’Italia rispetto all’Europa.

    La maggior parte delle regioni italiane è qui rappresentata […] insieme a molte nazioni d’Europa […]. Le posizioni di ciascuna regione d’Italia e di ciascuna nazione europea dipendono da due variabili che sono la prima e la seconda componente principale di tutte le frequenze dei geni presi in considerazione. Questa rappresentazione è stata costruita in modo che la distanza di ogni coppia […] di aree circolari misura la loro differenza genetica […].

    La prima considerazione che emerge dall’analisi di questa illustrazione è che la Sardegna si distacca dalle altre regioni italiane (Sicilia inclusa) con una diversità genetica che è tra le maggiori riscontrabili in Europa […].

    Si noti inoltre la posizione estrema dei lapponi: il loro isolamento genetico rispetto alle altre popolazioni europee è ben documentato. […]

    La distribuzione dei 40 geni esaminati in Italia è sintetizzata [nelle tre mappe monocromatiche qui rappresentate in verde, rosso, e blu: esse non contengono tutta l’informazione delle frequenze geniche originali perché si sono esaminate le tre componenti più informative […] escludendo così l’influsso di fattori ambientali.

    In tutte le mappe genetiche dell’Italia non viene presa in considerazione la Sardegna.

    L’esclusione non è certo dettata dalla mancanza di dati e nemmeno dal minore interesse per quest’isola: se mai è proprio vero il contrario, nel senso che la struttura genetica della Sardegna è così profondamente diversa da quella delle altre regioni italiana che il suo esame richiederebbe una trattazione separata.

    Il problema è che se dovessimo inserire i dati della Sardegna genetica nelle tre mappe monocromatiche dell’Italia, la Sardegna risulterebbe di colore intensissimo e l’Italia continentale di colore pallidissimo e uniforme, tanto diverse risultano le due strutture genetiche.



     
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  15. chicchicheddu
     
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    quello che mi chiedo è: a quale dei tipici tratti somatici sardi (visto che ve ne sono diversi)corrisponde il genoma nuragico?Ammetto di non aver ben presente gli ogliastrini.
     
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99 replies since 18/8/2007, 13:29   20515 views
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