Sardegna

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    MOSTRE: LA CIVILTA' ETRUSCA AL MUSEO DEL TERRITORIO A CAGLIARI

    Roma, 13 nov. - (Adnkronos) - 'Gli Etruschi, Un'antica civilta' rivelata' e' il titolo di una mostra organizzata da 'Contemporanea progetti', un pool di esperti d'arte da sempre affascinati dal bello e dal mistero delle grandi civilta', al Museo del Territorio "Sa Corona arrubia', Lunamatrona, vicino a Cagliari. La mostra, che aprira' il 15 dicembre e si protrarra' fino al 15 giugno 2008, e' curata da Domizia Tami e Giulia Pettena.

    Saranno esposti 484 pezzi di archeologia etrusca provenienti dal Museo archeologico di Firenze e in massima parte dalla 'Collezione Cambi' di Chiusi, la piu' grande collezione privata italiana di reperti etruschi, per la prima volta in Italia dopo aver riscosso un grande successo di pubblico e di critica nelle precedenti esposizioni presso il ''Zentralinstitut und Museum fur Sepulkralkultur, a Kassel, in Germania, e presso il ''Fernbank Museum of Natural History'', ad Atlanta, negli Stati Uniti. Gli antichi Etruschi, le loro origini, le credenze e le abilita' dimostrate nelle loro creazioni artistiche, hanno del resto da sempre catturato l'attenzione del pubblico.

    La mostra affronta la complessita' di questa antica cultura attraverso l'esposizione di manufatti che hanno caratterizzato la civilta' Etrusca dalle sue origini, nel IX secolo a.C, all'affermazione di un ruolo dominante sulla penisola Italiana, nel VI secolo a.C. Il fulcro di questa vasta esposizione, articolata in tre sezioni principali, e' il raffinato stile di vita che caratterizzava questa antica civilta': stile che permise a questo popolo di vivere nel lusso, di esprimere le proprie capacita' artistiche e di mantenere un rapporto armonico con l'ambiente circostante. Ma chi erano davvero gli etruschi? A svelare questo arcano contribuira' il laboratorio di archeologia molecolare del museo sardo che sta analizzando il dna del popolo etrusco per scoprire eventuali corrispondenze con quello del popolo nuragico.

    http://www.adnkronos.com/IGN/Cultura/?id=1.0.1549426686
     
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    Marciante e il suo romanzo grafico via Lulu

    Tempi moderni, per gli autori di fumetti. Il ben noto cartoonist Enzo Marciante, per dire, è in linea con le nuove tecnologie e propone il suo ultimo romanzo grafico, ATLANTIS - Csir Principessa Shardana e il mistero della Cassa Nuziale trafugata , tramite Lulu.com, per la vendita on line on demand. Racconto molto avventuroso, 84 pagine coloratissime su carta, a 19 Euro. La storia è incentrata sulla più grande, misteriosa e antica civiltà del Mediterraneo Occidentale, quella del Popolo Shardana insediato nella Sardegna di 3.000 anni fa. Potete vederlo in anteprima, e magari ordinarlo, facendo click sull'immagine di questo articolo. Se non volete il cartaceo, ovviamente si può comprare anche solo la versione digitale per 6 Euro. Veloce regalo natalizio, ma di classe...
    Articolo di afnews (se non altrimenti indicato) - Giovedì, 6/12/2007

    http://www.afnews.info/public/afnews/news/...7017,79610,.htm
     
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    In volo sulla Sardegna alla ricerca dell'Isola di Atlante

    Viaggiare alla ricerca di ciò che resta dell'Isola di Atlante, per provare a ricomporre una storia che sconfina nel mito. Questo il compito che si è imposto Sergio Frau, inviato di Repubblica -, che con il suo libro - Le Colonne d'Ercole - Un'inchiesta - ha forzato le certezze di archeologi e storici di professione costringendoli a rileggere le vicende del mondo attraverso parametri diversi. Rivoluzionari. Secondo lui, le Colonne d'Ercole da principio si trovavano nel Canale di Sicilia e non nello stretto di Gibilterra. Per imporre i suoi dubbi al mondo degli accademici e per suffragare le sue intuizioni, Frau ha intrapreso un viaggio lungo cinque anni (il suo volume è stato pubblicato nel 2002) nelle culle della storia del Mediterraneo. Raffronti che lo hanno portato a dire e a scrivere che la Sardegna è il continente scomparso.
    Una delle tappe di quest'emozionante viaggio è stata appunto l'Isola. Per sostenere anche con immagini le sue tesi, Frau si è avvalso della collaborazione di Francesco Cubeddu che, per fotografare dall'alto i siti più interessanti, ha utilizzato un parapendio a motore. Il risultato di questi studi sarà divulgato sabato alle 21.30 su Rai 3 nel programma di Mario Tozzi: 3° Pianeta. Il giornalista ha accettato di raccontare ai nostri lettori le tappe più importanti di questo suo lungo peregrinare fra anfratti, coste, valli e foreste della Sardegna. Itinerari che potrebbero diventare per molti il diario di un viaggio possibile.
    "Quando si disquisisce di questa regione non si deve pensare solo a spiagge assolate o ai colori del mare, ma anche di un paradiso di ventimila nuraghi che bruscamente - dice Frau - si trasforma in un inferno di malaria e fango. Per questo ipotizzo che la Sardegna sia stata spazzata da una sorta di tsunami. Platone scrive di terribili cataclismi marini che distruggono l'isola e che costringono i suoi abitanti, i Sardi - Shardana, a navigare verso l'Egitto. Una vera diaspora". Un'affermazione forte che, per essere credibile, necessariamente deve essere supportata da prove. "Gli indizi sono lì a disposizione di tutti: il Nuraghe Losa di Abbasanta (Or), la necropoli di Pranu Matteddu di Goni (Ca), gli altari scavati nella roccia di Oschiri (SS), i villaggi nuragici di Su Romanzesu, a Bitti (Nu) e soprattutto di Genna Maria a Villanovaforru (Ca)".

    Frau, per dare vigore alla teoria dello tsunami, cita anche il nuraghe di Barumini (Ca): "E' ben conservato, ma gli accademici non devono scordare che questa immensa struttura è stata trovata (al contrario dei nuraghi del centro Sardegna) sotto un'immensa coltre di fango. Come il nuraghe del Sinis, S'Uraki. Sono propri questi i siti che celano, secondo me - dice ancora Frau - il mistero dell'estinzione della civiltà nuragica, probabilmente presa alla sprovvista da un evento naturale che ha costretto gli abitanti a cercar rifugio in aree più riparate". Frau, un fiume in piena: "Non tralasciate di visitare lo Ziggurat di Monte Accoddi": una costruzione megalitica prenuragica a tronco di piramide a scale simile a quelle con cui i sumeri, poi gli assiri e i babilonesi, scrutavano i cieli e offrivano sacrifici agli dei.

    Altra tappa importante è Montessu (Ca). Una necropoli rupestre preistorica della Sardegna composta da almeno quaranta domus de janas (casa delle fate) "scavate in un anfiteatro roccioso naturale, molto simile ad alcune costruzioni tipiche dell'Anatolia (Asia Minore), una regione che tesse tappeti che hanno una simbologia molto simile a quelli della Barbagia". In sostanza, i nuragici non solo viaggiavano ma erano anche portatori di una civiltà piuttosto avanzata. "Del resto, tsunami o no, a cosa servivano tutte queste torri con tante e differenti tipologie? Torri così ciclopiche per essere costruite avevano bisogno di tempo. Penso che la fabbricazione di un nuraghe fosse simile a quello che fanno i popoli del Mali ancora oggi, dove in migliaia, come in una immensa festa, si incontrano per svolgere un lavoro collettivo per la costruzione di moschee e palazzi pubblici".
    Insomma, Frau con le parole e Cubeddu con le immagini aeree stanno tentando di raccontare una storia diversa da quella che gli archeologi delle Università avevano immaginato e divulgato. "Lavorare con Frau mi ha gratificato. Soprattutto - commenta Cubeddu - mi ha permesso di mettere insieme mie grandi passioni: la fotografia, l'archeologia e il volo con il para motore. Spero che questa avventura non resti isolata. Adesso mi attendo che altri paramotoristi mi chiedano di visitare in volo questi luoghi straordinari". E' di Frau anche l'ultima provocazione: "Pensate alle piramidi egiziane, lì ci sono 150 piramidi costruite per volere di pochi, in Sardegna ci sono 25 mila torri costruite da un popolo intero. Una specie di Manhattan di 4500 anni fa".
    Paolo Salvatore Orru

    http://viaggi.tiscali.it/articoli/07/dicem...antide_987.html

    Raitre:''Terzo Pianeta''

    Adnkronos - Ven 7 Dic - 15.48

    (Pubblicità)


    Roma, 7 dic.-(Adnkronos) - Mario Tozzi e i suoi collaboratori indagano sulle ultime ipotesi che riguardano l'esistenza di Atlantide, nella puntata di ''TERZO PIANETA'' in ondadomani alle 21.30 su Raitre.

    L'Unesco ha recentemente dato credito alla nuova teoria, sviluppata da Sergio Frau, che localizza l'antica Atlantide non in un'isola greca ma in Sardegna. La troupe di Terzo pianeta parte da Malta, dove sono stati trovati i templi piu' antichi costruiti dall'uomo, per recarsi successivamnete in Sardegna nei nuraghe costruiti 1200 anni prima di Cristo.

    A seguire, in Inghilterra, per esaminare le basi scientifiche della leggende di Avalon, e nel Nepal, per studiare le tracce del mito di Shangri-La. Con Mario Tozzi, il giornalista e studioso Sergio Frau.

    Il pubblico sara' chiamato a segnalare tutto quanto minaccia e ferisce l'ambiente.

    A conclusione, uno spazio dedicato alle segnalazioni, ai filmati e alle immagini inviate dal pubblico all'indirizzo www.terzopianeta.rai.it

    http://it.notizie.yahoo.com/adnkxml/200712...-0fecfd5_1.html
     
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    Via al recupero della Fortezza Nuragica di Nuraghe Appiu
    VILLANOVA MONTELEONE - Grazie a un finanziamento di 225.00,00 euro, concesso al Comune di Villanova Monteleone dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a valere sui fondi statali dell’otto per mille, si potrà dare avvio al recupero della Fortezza Nuragica di Nuraghe Appiu. La richiesta riproposta anche per il corrente anno dall’Amministrazione Comunale, è stata accolta anche in considerazione della presenza di un patrimonio archeologico che, a detta di illustri studiosi ed archeologi, risulta eccezionale per la sua importanza storica, culturale e scientifica, inserito com'è in un ambiente naturale con valenze paesistiche. Il sito di nuraghe "Appiu" nella sua estensione di circa 17 Ha., interamente acquisito al patrimonio Comunale, comprende tutto quello che un cultore della preistoria sarda può richiedere senza bisogno di spostarsi per centinaia di chilometri. Ne garantisce la fruibilità in chiave turistica ed economica la presenza sul posto di un centro servizi polivalente, con locali d’accoglienza e ritrovo per i visitatori ed aree parcheggio concessi in gestione alla Cooperativa Laborintus. Il villaggio, gia oggetto di scavo scientifico fin dal 2001, si distende per una vasta area ai piedi del complesso nuragico dell’Appiu. Gli scavi, fino ad ora, hanno comunicato importanti informazioni e riscontri scientifici. La tipologia strutturale e le dimensioni dello stesso, ne fanno un esempio originale per la Sardegna. Il monumento, per il quale è stato concesso questo finanziamento straordinario, è il nuraghe complesso che domina l’intero altopiano e che dà il nome al sito. Si tratta di un nuraghe che posto a 496 m s.l.m. si conserva per un’altezza di circa dieci metri. Oltre la tholos centrale, perfettamente conservata sia nella camera al piano terra che in quella al primo, anche le altre quattro torri laterali si propongono con le bellissime camere chiuse a tholos (falsa cupola). Notevoli i corridoi che consentono di collegare tutte le torri tra loro e il cortile d’accesso. Quest’ultimo, di particolare rilevanza dal punto di vista scientifico, grazie alla parziale ma buona conservazione della copertura litica che ne fa raro esemplare tra i nuraghi conosciuti.

    http://www.alguer.it/notizie/sardegna/1530..._nuraghe_appiu/
     
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    Sarrabus: nuraghi dimenticati, protestano i sindaci

    Una ricchezza inestimabile, i siti archeologici presenti in tutto il Sarrabus. Tracce evidenti della presenza dell'uomo dal Paleolitico inferiore al Neolitico, all'Età del bronzo. Nuraghi, protonuraghi, pozzi sacri, domus de janas, menhir, castelli (come quello di Quirra) e torri di avvistamento. Tra Villaputzu, San Vito, Muravera e Castiadas c'è davvero uno scrigno. Fra questi, il complesso megalitico di menhir di Cuili Piras, il complesso megalitico di Nuraghe Scalas e di Monte Arrubiu. Nei giorni scorsi a Muravera si è tenuto anche un convegno proprio sugli scavi a Nuraghe Scalas.

    L'archeologa Donatella Salvi ha parlato dello straordinario interesse di questo sito, della necessità di ultimare gli scavi.
    «Nel territorio», dice Salvatore Piu, sindaco di Muravera, «abbiamo una ricchezza straordinaria, eppure i nostri turisti per scoprire i tesori del passato devono spostarsi a Barumini: assurdo. Il problema? Non ci sono finanziamenti. Per completare il recupero di Nuraghe Scalas occorrono almeno duecentomila euro. Li abbiamo chiesti, ma nessuno ce li ha concessi. Si rischia di perdere un patrimonio inestimabile che potrebbe dare non solo ricchezza, ma anche posti di lavoro. Siamo a due passi dal mare: menhir, nuraghi, pozzi sacri possono avere un valore fondamentale sotto il profilo turistico».
    Per il sindaco di San Vito , Patrizio Buccelli, non resta che sperare nei fondi Por. «Ma non mi faccio illusioni. Le pressioni le abbiamo fatte, i soldi però sono sempre pochi, mentre a concorrere sono in tanti. La realtà è questa. Di certo il rischio è di perdere un patrimonio straordinario».

    Anni fa il Comune di Villaputzu ha predisposto anche un censimento sul territorio. «C'è davvero di tutto. Molti siti archeologici», dice il sindaco Gianfranco Piu, «sono stati ovviamente danneggiati dall'uomo e dal tempo e i Comuni non sono assolutamente in grado di intervenire. Attendiamo la Regione e i fondi europei. Non abbiamo alternative».
    Nel territorio di Castiadas sono tanti i menhir, le tombe di giganti e i nuraghi. «Occorre una loro valorizzazione», dice il sindaco Quintino Sollai, «l'obiettivo è quello di creare gli itinerari turistici in un territorio straordinario. Servono però molti soldi. Tutti questi siti di grande valore archeologico sarebbero sicuramente buoni investimenti per il futuro economico del territorio del Sarrabus».

    RAFFAELE SERRELI
    03/01/2008

    http://www.unionesarda.it/DettaglioSardegna/?contentId=16426



     
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    Cabras, aspettando i Giganti

    Cabras. La comunità di Cabras sogna di poter ospitare un giorno i giganti di Monti Prama, i guerrieri ridotti in quattromila pezzi ritrovati per caso da un agricoltore del Sinis nel 1974 e ora custoditi nelle sale del Centro di restauro e diagnostica di Li Punti, vicino a Sassari. Quelle statue imponenti potrebbero lanciare definitivamente il paese dello stagno sui mercati turistici nazionali e internazionali, come accaduto negli anni scorsi per i Bronzi di Riace a Reggio Calabria. Nell'attesa di questa speranza grandiosa quanto gracile (perché altre sono le idee prevalenti sul destino dei Giganti), la cittadina affacciata sullo stagno non si accontenta del successo dello straordinario sito archeologico di Tharros, che nel 2007 ha visto quasi ottantamila visitatori aggirarsi fra strade, terme e templi romani, punici e fenici. E punta a sviluppare l'attenzione sul Museo archeologico inaugurato nel 1997 e dedicato a un illustre cittadino di Cabras, quel professor Giovanni Marongiu che fu ministro dal 1990 al 1991 nell'ultimo dei governi Andreotti.

    CUCCURU IS ARRIUS Nell'originale sede del museo, costruito proprio sulle rive dello stagno, non c'è di sicuro la ressa. Oggi sono pochi i biglietti venduti da Elena, la studiosa di arte che insieme agli altri soci e collaboratori della cooperativa Penisola del Sinis tiene aperte al pubblico le sale. «Durante le recenti festività - spiega la giovane che arriva qui dalla vicina Solanas - ci sono stati abbastanza turisti, anche stranieri. Ma certo in questi giorni l'affluenza non è massiccia. Il massimo dell'impegno è per la primavera, quando arriveranno gli studenti, i nostri più affezionati visitatori». In effetti, delle dodicimila presenze all'anno in questo museo archeologico la gran parte è rappresentata da scolaresche, alcune delle quali partecipano anche ad attività di laboratorio grazie a un antico tornio per la costruzione di ceramiche del quale il "Giovanni Marongiu" dispone.
    Molto interessante è l'area dedicata ai ritrovamenti nella collina di Cuccuru Is Arrius, dove negli Anni Cinquanta e Sessanta lavorò l'archeologo Enrico Atzeni, che negli Anni Settanta condusse le indagini preliminari seguite dagli scavi guidati da Vincenzo Santoni. La loro attività ha consentito di studiare quel sito, «ritenuto uno dei più importanti del Mediterraneo occidentale», spiega Carla Del Vais, curatrice del museo, ricercatrice di Archeologia fenicio-punica all'Università di Cagliari. Cuccuru Is Arrius era un lieve rilievo sulla sponda meridionale dello Stagno di Cabras, oggi totalmente asportato dopo la realizzazione del canale scolmatore dello stagno. Lì gli uomini del quarto- quinto millennio prima di Cristo avevano costruito un loro villaggio di capanne parzialmente infossate nel terreno, coperte con pali e frasche. E oggi noi disponiamo di tracce rilevanti di presenze umane di ben seimila anni fa, su tutte le suggestive statuette della Dea Madre. Le più antiche, per dirla con gli archeologi, sono di cultura Ozieri (fra settemila e seimila anni fa), le più recenti provengono dall'are del villaggio di cultura Ozieri (fra seimila e cinquemila anni) e Subozieri (meno di cinquemila anni). Le statuine più note, una delle quali imitata in dimensioni enormi nel cortile antistante il museo, rappresentano una figura dall'aspetto obeso, testa cilindrica, corpo tozzo e rotondo, in cui si evidenziano, in volumi sovrapposti, il busto, il triangolo ventrale e gli arti inferiori. «Queste raffigurazioni - spiega la dottoressa Del Vais - sono presenti nelle tombe come nella vita domestica, e possono essere considerate espressioni di una religione che, nella Dea Madre individua il principio della fertilità e della rigenerazione dopo la morte». Una delle meglio conservate, per la cronaca, si può vedere al Museo archeologico nazionale di Cagliari.

    IL TOPHET DI THARROS Interessanti sono anche i reperti ritrovati in una vasta necropoli, fatta di tombe nelle quali i corpi dei defunti venivano adagiati sul fianco sinistro in posizione fetale. Ad accompagnarli nel viaggio verso l'ignoto c'erano appunto le statuine della Dea Madre, ma anche vasi, strumenti in pietra, punte di zagaglia in osso e pietre geometriche in ossidiana. Dall'area del tempio a pozzo nuragico, riutilizzato in età romano-repubblicana come sede di un culto agrario, provengono statuine femminili molto eleganti e altri ex-voto.
    A dodici chilometri dal museo di Cabras resta ben poco della Tharros fenicia, e quel che resta è legato prevalentemente all'ambito funerario e votivo: intanto le due necropoli di Capo San Marco e di San Giovanni, all'interno del villaggio. Proprio nell'area di Murru Mannu si trovava il tophet, «il tipico santuario fenicio-punico a cielo aperto - spiega la dottoressa Del Vais- circondato da un recinto sacro e contenente all'interno le urne con i resti ridotti in cenere dei bambini e degli animali sacrificati. Difficile dire ancora oggi quale fosse la natura del santuario tophet, se luogo di sacrificio o necropoli destinata ai bambini nati morti o a quelli deceduti prematuramente prima di aver subito un rito di passaggio, qualcosa di paragonabile al battesimo dei cristiani». Qui nel museo una sala davvero affascinante è dedicata alla ricostruzione del tophet, con un'ampia documentazione grafica e fotografica che ripercorre la storia dello scavo e ne illustra i caratteri. Le numerose urne di terracotta, in alcuni casi con ricca decorazione dipinta, danno l'idea della ceramica tipica del santuario. Molto belle, anche esteticamente, le stele in arenaria in un museo costantemente in progress , che ospita in questo momento anche pezzi del relitto di una nave da trasporto affondata intorno alla prima metà del primo secolo avanti Cristo a un miglio dall'Isola di Mal di Ventre: si tratta di una nave da carico che dalla Spagna trasportava verso Roma un migliaio di lingotti di piombo del peso di 33 chili l'uno. Il mare, lo stagno, le imbarcazioni dei pescatori (is fassonis) sono stati e sono uno dei fili conduttori dell'attività di un museo in continua crescita.

    Il Museo archeologico "Giovanni Marongiu" si trova in via Tharros 121,tel. 0783 290636. È aperto tutti i giorni, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19 (che d'estate diventano 16-19). È gestito dalla Cooperativa Penisola del Sinis. L'ingresso costa 3 euro (2 per scolaresche, gruppi di oltre 20 persone, residenti). Da notare che il biglietto cumulativo Tharros-Museo costa 5 euro (ridotto a 4 per i gruppi) e che nella buona stagione vengono organizzate escursioni archeologiche e naturalistiche, mettendo insieme beni culturali, stagni e peschiere).

    11/01/2008 09:29

    http://www.unionesarda.it/Rubriche/Viaggi/...contentId=16588

     
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    STUDIOSO DEI POPOLI DEL MARE

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    GRATIA: ho postato nella sezione I POPOLI DEL MARE, un 3D sui fatti accaduti ieri durante lo sbarco della SPAZZATURA IN SARDINIA. se vuoi puoi farne uso anche neol tuo forum, con relativo LINK a nome di Leo... se vuoi...
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    Al via il restauro delle sculture di Monte Prama
    Presentato a Cabras il progetto esecutivo ed il conseguente sito web
    CABRAS - Cinquemila frammenti e un team di sedici specialisti per dodici mesi di lavoro. Sono i dati essenziali del programma di conservazione dei reperti di Monte ’e Prama, presentato nei giorni scorsi nel museo civico di Cabras. All’incontro erano presenti Efisio Trincas, sindaco di Cabras; Pasquale Onida, presidente della Provincia di Oristano; Giovanni Azzena, soprintendente per i beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro (e ad interim per le province di Oristano e Cagliari); Antonietta Boninu, funzionario della stessa soprintendenza, progettista e direttore dei lavori; Roberto Nardi, direttore del “Cca-Centro di Conservazione Archeologica di Roma”, progettista ed esecutore dell’intervento di conservazione. Il progetto, finanziato dal “Cipe-Comitato interministeriale per la programmazione economica”, nell’ambito dell’accordo di programma quadro in materia di beni culturali, 2005-2006, sostenuto e voluto dalla Regione Autonoma della Sardegna e dalla direzione regionale dei beni culturali, è stato illustrato nel corso dei lavori. L’intervento, che prevede la documentazione, la conservazione, il restauro e la musealizzazione del complesso dei reperti archeologici rinvenuti a Cabras, tra il 1974 e il 1979, nel sito di Monte ‘e Prama, è stato presentato dal soprintendente Azzena, mentre Antonietta Boninu ha illustrato la collezione: le sculture, attualmente custodite nel moderno Centro di conservazione e restauro della soprintendenza per i beni archeologici delle province di Sassari e Nuoro, a Li Punti, possono essere ripartite in tre tipologie: l’arciere, il pugilatore e il guerriero. Nel contesto dei reperti, oltre ai frammenti di statue, troviamo anche modellini di nuraghe polilobati e monotorre. Roberto Nardi ha infine presentato nel dettaglio il progetto culturale “Monte’ e Prama–Prenda ‘e Zenia”, progetto che prevede la documentazione e la creazione di un archivio digitale dei frammenti, le analisi scientifiche dei materiali originali, il trattamento conservativo e, dove possibile, il montaggio dei frammenti e la musealizzazione delle sculture. Per la pulitura dei frammenti si utilizza acqua atomizzata, una tecnica mini invasiva, messa a punto negli Anni’80 sui monumenti del Foro Romano, che consente di rimuovere gli spessi depositi di terra e incrostazioni che oggi oscurano le superfici originali. Segue la difficile e impegnativa ricerca degli attacchi tra i frammenti, per tentare di ricomporre queste misteriose statue: un puzzle gigantesco di dieci tonnellate in cinquemila pezzi. Ma la grande novità del progetto è l’apertura dei lavori al grande pubblico: collegandosi con il sito web del progetto, il pubblico può ricevere in lingua italiana, sarda e inglese informazioni storico-archeologiche e tecnico-conservative. Attraverso questo sito è possibile seguire con relazioni tecniche, immagini e filmati, i progressi dei lavori ed essere sempre informati sulle ultime novità del programma. Ma non finisce qui. Il cantiere di conservazione adotta la formula del “cantiere aperto al pubblico” che nel 2004 ha fruttato al Cca un prestigioso riconoscimento, il “Keck Award” dell’“International Institute for Conservation” di Londra, per la migliore iniziativa di informazione del pubblico. Il cantiere per la conservazione delle sculture è allestito nella galleria del Centro di Li Punti. Tramite prenotazione sul sito internet, i dirigenti scolastici, gli insegnanti, gli studenti ed i cittadini, potranno liberamente accedere al cantiere, essere guidati tra i conservatori all’opera, assistere ai lavori in diretta e partecipare alle numerose iniziative culturali organizzate per le scuole. In particolare, sarà indetto, a breve, un concorso a premi rivolto agli studenti i cui dettagli saranno illustrati in seguito. Un servizio di collegamento video, rivolto a enti e istituti della Sardegna, è inoltre disponibile a richiesta.

    http://www.alguer.it/notizie/sardegna/1613...re_monte_prama/
     
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    Nel dna dei giganti la storia di un popolo

    I restauratori lavorano in pubblico, l’archeologia diventa spettacolo
    Nel dna dei giganti la storia di un popolo Federico Spano
    La ricostruzione delle statue nel centro della soprintendenza a Li Punti

    SASSARI. Se fosse un puzzle, sarebbe il più grande del mondo. Quasi cinquemila pezzi, per un totale di dieci tonnellate. Per risolvere questo rompicapo da record, che consentirà di riscrivere parte della storia dei sardi nuragici, sono impegnati da diverse settimane, nel complesso della soprintendenza a Li Punti, quindici esperti del Centro di conservazione archeologica di Roma.
    A dispetto del nome della società che ha in appalto il restauro delle sculture nuragiche di Monte ’e Prama, dodici esperti su quindici sono sardi. Il gruppo, diretto dall’archeologo conservatore Roberto Nardi, attualmente sta lavorando alla pulitura dei 4880 frammenti. Per questo viene usata la tecnica dell’acqua atomizzata, messa a punto nei primi Anni 80 per il restauro dei monumenti del foro romano. I pezzi di biocalcare vengono messi in un ambiente isolato, dove viene prodotta una miscela di aria e acqua a bassa pressione, che forma un aerosol in grado di ammorbidire lo sporco. Gli operatori, che si distinguono dagli altri dipendenti del centro di restauro di Li Punti, perché indossano una divisa rossa e beige, successivamente finiscono di pulire i «mattoncini» del puzzle nuragico con spazzolini morbidi. Questo intervento è necessario per individuare meglio i punti di «attacco» tra i vari pezzi. Per la ricerca degli «attacchi», è stato predisposto un database con la descrizione di tutti i frammenti. La prima suddivisione viene fatta in base al tipo di scultura: arciere, pugilatore, guerriero e modellino di nuraghe. La seconda selezione viene fatta in base alla tipologia del pezzo: gambe, braccia, teste, piedi, busti. Altri elementi importanti per la ricomposizione, sono il tipo di pietra e lo stato di degrado. Le parti mancanti, qualora fossero necessarie per collegare tra loro i vari pezzi, verranno ricreate al computer in 3d, e poi realizzate materialmente con una sorta di stampante che produce oggetti tridimensionali. Tra pochi giorni la ricostruzione entrerà nel vivo e le prime statue prenderanno forma.
    Già oggi il pubblico può assistere in diretta al lavoro dei restauratori. Sono previste, infatti, visite guidate tra i vari ambienti in cui sono custoditi i giganti di Monte ’e Prama. A breve, sempre nel centro della soprintendenza, a Li Punti, verrà inaugurata la galleria di accoglienza al pubblico. Gli esperti del Cca (Centro conservazione archeologica) lavoreranno alla ricomposizione delle statue davanti agli «spettatori». Sullo sfondo avranno una gigantografia del sito in cui sono state rinvenute le sculture. I giganti riprenderanno forma nel loro ambiente di origine. Attraverso il sito web www.monteprama.it
    è già possibile vedere le lavorazioni in corso.
    «Ci stiamo rendendo conto che mancano moltissimi frammenti - spiega l’archeologo Roberto Nardi -, dei quali sarebbe molto importante entrare in possesso. Una grande parte di questo progetto è dedicata all’informazione. È necessario che la gente, soprattutto chi abita nella zona dove è stato fatto il ritrovamento nel 1974, capisca che è fondamentale consegnare al centro di restauro tutti i pezzi: la ricerca principale andrebbe fatta nelle cantine, nei giardini e nelle case degli abitanti di Cabras. Il progetto è finalizzato a restituire alla Sardegna un bene pubblico importantissimo, continuare a nascondere frammenti delle sculture, per un uso “privato”, comincia a diventare incomprensibile» .
    Il direttore scientifico del progetto di restauro è l’archeologa Antonietta Boninu. I quasi cinquemila frammenti su cui stanno lavorando gli esperti del Cca, fanno parte di un gruppo di circa 35 sculture. «Dopo due mesi di lavoro - aggiunge l’archeologo Nardi - cominciamo a porci l’obiettivo di rimettere in piedi una o due statue, questo a causa dei numerosi pezzi mancanti. La collezione, comunque, sarà “musealizzabile” . I giganti saranno meno “spettacolari” di quanto si sperasse, ma comunque stiamo parlando di un risultato scientifico eccezionale».
    Grazie al puzzle più grande del mondo si potrà riscrivere una parte della storia dei sardi nuragici.
    (29 febbraio 2008)

    http://espresso.repubblica.it/dettaglio-lo...opolo/1996601/6
     
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    Maimone, Maimone, abba cheret su Laore...

    Scritto da Junfan

    Una bellissima canzone dei NUR, "Maimone" mi ha spinto a fare ricerche su questo essere fantastico della nostra magica isola.

    Su Maimone si ritrova nelle maschere tradizionali sarde e viene considerata di buon auspicio, tanto che un fantoccio così chiamato veniva esposto nei campi per scongiurare e augurare una buona annata per i pastori.

    Analogamente, una antica usanza, sicuramente di origine pre-cristiana, invoca Maimone in caso di annata sicitosa.
    Ad Aidomaggiore in questo caso i ragazzi aiutati dai grandi realizzavano una specie di barella costituita da due canne incrociate ed al centro veniva sistemata una corona di piante di pervinca.
    Questo simulacro, che doveva rappresentare la divinità della pioggia (Maimone appunto), veniva portato in processione per tutte le vie del paese. Lo stuolo di ragazzi cantava:

    Maimone Maimone
    Abba cheret su laore
    Abba cheret su siccau
    Maimone laudau

    Al suono dei canti dei ragazzi, la gente veniva fuori dalle case e con dei catini aspergevano l’acqua sul Maimone e spesso bagnavano anche i ragazzi. L’ultimo “Maimone” è stato realizzato dai ragazzi con l’aiuto degli anziani, nell’annata 1999/2000 particolarmente asciutta.
    I ragazzi, molto numerosi, alcuni con in testa corone di pervinca, hanno fatto il giro del paese con il Maimone. E’ stato un vero successo! Al suono del loro canto, le persone anziane sono uscite dalle loro case ed hanno rinnovato l’antico rito dell’aspersione dicendo: “isperamus chi Deus bos intendat!” ed hanno offerto ai ragazzi caramelle e dolci, ai più grandi un bicchiere di vino.
    Alla fine della processione il Maimone è stato gettato nel ruscello (come si usava anticamente) per essere sommerso dall’acqua (in verità abbastanza poca).
    Comunque per dovere di cronaca va detto che nei giorni successivi al rito è piovuto copiosamente!!!
    Sarebbe interessante sapere cosa ne ha pensato il parroco del paese...

    Un aspetto curioso è dato dalla particolare pianta che si usa per addobbare il Maimone, la pervinca. Infatti in sardo questa pianta viene chiamata “Proinca”, termine che si avvicina al verbo “Proere”, cioè Piovere, per cui lo si potrebbe intendere come “pianta che fa piovere”.

    Il Prof. Mario Ligia nel suo “La Lingua dei Sardi” afferma che nella lingua Cananea la parola Maim (scritto mam) aveva, ed ha in ebraico, il valore di acqua. In tutta la Libia e Berberia “Amon” era il dio-ariete dell’acqua, ed ancor oggi, presso i Tuareg ed i Guanci delle Canarie,”amon”, “aman” significa acqua.
    Che cosa voglia significare “Maimone” non è difficile da comprendere, se si tiene conto del significato delle strofe e di quanto sopraddetto: si tratta senza dubbio, d’una divinità pluvia e, precisamente dello stesso dio “AMON” libico-berbero, con la differenza che la radice del vocabolo sardo, per la presenza della vocale “i”, affonda le radici più indietro nel tempo, collegandosi direttamente con l’Asia Minore, risentendo della forma più antica, e non con l’Africa.
    Maimone è sicuramente conosciuto per il suo legame con il carnevale sardo, nel quale la sopravvivenza dei diavoli presenta ancora più spiccati caratteri di arcaicità.
    Secondo il Marchi, la parola serve in diversi paesi, specie nella Barbagia, per indicare tanto lo spaventapasseri, quanto una specie di idolo bacchico del Carnevale popolare.
    Originariamente il termine Maimone indicava il diavolo.
    Poiché Maimones erano dette le maschere che raffiguravano sembianze diaboliche, col tempo il nome si estese a tutte le maschere e si confuse con quella che era la loro vera denominazione, cioè Mamuthones.

    Fonti:
    http://www.luigiladu.it/mamoiada/mamuthones.htm
    http://www.comuneaidomaggiore.it/tradizion...one/maimone.htm


    Tratto da:
    http://www.contusu.it/index.php?option=com...task=view&id=39
     
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  11. Gratia
     
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    Enigma sulle coste della Maddalena

    http://www.egittologia.net/Community/Forum...47/Default.aspx
     
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  12. chicchicheddu
     
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    spettacolo!! E se si trova il nuraghe sommerso??Che diranno che c'è caduto?
     
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  13. Gratia
     
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    CITAZIONE
    spettacolo!! E se si trova il nuraghe sommerso??Che diranno che c'è caduto?

    prima iniziamo a cercare, a capire cosa c'è, a riportarlo a "galla".....poi diranno quello che vorranno, come al solito!!!

    Un abbraccio,

    Grazia
     
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    Archeologi veri o presunti? "Nuragici e Balentes"
    Scritto da Piero Sampiero

    lunedì 02 giugno 2008

    Il Prof. Carlo Maxia è un noto studioso di archeologia, dotato di appeal e sense of humour.


    Potreste tranquillamente definirlo un esemplare dell'etnia anglo-sarda-araba, una rara specie dedita alla ricerca ed allo stesso tempo attenta al mondo concreto: personaggi che vedono il mondo con gli occhi dinsincantati degli intellettuali, ed ancor più la storia come inesauribile avvicendarsi di poco epiche costumanze.

    Tant'è che nei suoi saggi acuti per interpretazione dei fatti e brillanti per il tono divertito con cui elabora le proprie teorie, il professore non esita ad andare controcorrente ed a lanciare le proprie frecce intrise di caustico pessimismo contro le teorie dominanti anche in campo scientifico.


    Ora mi è capitato di leggere un lungo articolo(*) frutto dei suoi studi sulla religiosità dei nuragici, con il quale fa piazza pulita dei luoghi comuni, che trovano tuttora largo riscontro in una certa idea del popolo sardo e della terra antica a forma di sandalo.

    Non esiterò a tornare sull'argomento se sarà il caso.

    Però contro la balentìa ancora imperante nell'isola, come categoria culturale ed etica, il docente non è d'accordo e lo si vede lontano un miglio.

    I protosardi non solo erano piccoli di statura, ma furono conquistati in un batter di ciglio dai cartaginesi, divenendo loro schiavi o, nella migliore delle ipotesi, loro piccoli mercenari.

    Secondo lui poi il "riso sardonico" non aveva nulla di profondo, come qualcuno tentò di dire: era semplicemente dovuto all'uso di una sostanza psicotropa, che rendeva intontiti e produceva le smorfie rappresentate dalle maschere antiche (e qui il Prof. Maxia cita un altro sardo colto e spiritoso come il Prof. Gessa).

    Infine, questi nuragici non facevano bronzetti, perché troppo poveri (avevano lo stagno, ma non il rame), né s'interessavano a guerre o scorribande tali da impensierire i conquistatori che si succedettero nell'isola.

    L'unico vanto che ad essi può esser concesso è che fossero religiosi e molto devoti agli antenati ed al dio Sole (!), non tanto al Sardus Pater ad altre divinità di stampo classico od ellenistico, come la fantasia di altri scrittori ha fatto propendere a credere.

    Sacrificavano col sangue del toro sulle migliaia di are sacrificali sparse un po' ovunque in Sardegna, venerando l'acqua (i famosi "pozzi sacri" derivano da quest'attitudine) ed i pascoli per le greggi.

    Se qualche assonanza può rintracciarsi con altrettanto antiche popolazioni, esse vanno rintracciate non con i celti e gl'indoeuropei, ma con alcune tribù africane..., peraltro non cannibali, ci pare di capire.

    Bene.

    Il testo da cui ho tratto queste asserzioni, più o meno colorite, risale agli anni settanta. In esso si criticano ancora le amministrazioni pubbliche cagliaritane per il disordine imperante in città.

    Oggi mi pare che qualche progresso ci sia stato, fino a definire Cagliari, nonostante i tempi, una delle più belle, pulite ed ordinate città del mediterraneo.

    Ignoro per il momento se analoghi passi avanti nella ricerca archeologica e negli studi etnologici siano stati fatti, per non deprimere troppo i cultori di Shardana, nonché i balentes di ieri e di oggi.


    (*)Carlo Maxia, Religiosità dei nuragici ed are sacrificali, Rendiconti del Seminario di Scienze dell'Università di Cagliari, fasc. 3/4 1974.

    http://www.legnostorto.com/index.php?optio...k=view&id=21977
     
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