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    Devastazione Monte Carro. Rafael Caria, intervista rivelazione: Corax non Càrbia

    Sappiamo che lei è un ricercatore impegnato da molti anni nello studio della toponomastica (e della lessicografia) algherese. Che spiegazione dà ai recenti ritrovamenti di Monte Carro?

    Risposta. Era nell’aria che prima o poi il “bubbone” del “sacco dell’agro” (anche a seguito di questo intervento) sarebbe scoppiato, in quanto, da diversi anni a questa parte, le aree di maggior pregio archeologico, paesaggistico e ambientale sono state prese di mira dalla speculazione. Prima di entrare nel merito dei ritrovamenti di epoca, quasi esclusivamente, romana è bene chiedersi: Chi ha permesso di devastare un’area di grande interesse archeologico come Monte Carro? Ci sarà pure qualcuno che, aldilà dei confini comunali, ha firmato le relative licenze? Sappiamo che la magistratura indaga e non solo per Monte Carro; ci auguriamo che i responsabili di tanto scempio siano presto messi in condizioni di non recare altri danni al territorio della comunità cittadina.

    Per quanto riguarda il ritrovamento del sito, dove riposa Corax (e non Càrbia), sono stati due algheresi: Ferruccio Zarini e chi scrive, a segnalare alla Soprintendenza prima ed ai carabinieri dopo, i danni che l’impresa appaltatrice dei canali di deflusso delle acque piovane stava provocando con una ruspa in località “la Puríssima” nel lontano 1998. A questo punto, come funghi, sono comparsi i “primi della classe”, i quali difficilmente si pongono il problema di percorrere a piedi o a cavallo il vasto ed ancora da scoprire ‘territorio archeologico’ di Alghero. Forse sono gli stessi che, dopo il ritrovamento e lo scavo del “pozzo sacro”, nulla hanno fatto per continuare le ricerche ed impedire la devastazione speculativa, chiamata oggi, eufemisticamente, “urbanizzazione di Monte Carro”. Forse sono le stesse persone o gli stessi enti, o forse no; questo “forse” dovrebbe essere chiarito sul piano della legalità di certe licenze rilasciate con troppa faciloneria su un rilievo collinare oggi irrimediabilmente sfigurato dal cemento...

    Ma, ritornando alla scoperta del sito in questione, quindi alla presunta Càrbia, sicuramente non è avvenuta né ad opera degli storici romani né, tanto meno, ad opera della citata “Soprintendenza per i beni architettonici, il paesaggio, il patrimonio storico-artistico ecc. per le province di Sassari e di Nuoro”. Lo studioso di toponomastica (in questo caso chi scrive) deve vedere e controllare di persona i luoghi che ne hanno ispirato i nomi, per meglio penetrare la ‘ratio’ di colui che, per la prima volta battezzò con la propria lingua, quella determinata emergenza; successivamente il riscontro dovrà avvenire sui documenti archivistici o sui testi antichi. La terra sarda è aspra, pietrosa e difficile da ‘passeggiare’... i tempi dello Spano (padre dell’archeologia sarda), del Nissardi, del Taramelli o del Pallottino ecc., sono molto lontani e lo si deduce anche da questa esperienza e dalla facilità con cui si ipotizzano ‘verità’ ardite e semiserie.


    Questi esperti, già da tempo stanno diffondendo l’idea che si tratti della città di Càrbia e non di Corax, come da lei da tempo propugnato: che ci dice in proposito?

    Risposta. Qui non si tratta di chi ha torto e di chi ha ragione, ma di buonsenso prima di ogni altra cosa, e di accettare di lasciare prudenzialmente un margine al dubbio. A seguito di un lungo periodo di osservazione dell’area interessata, durante il quale non ho mai trovato (forse per malaugurata coincidenza) alcun esperto della Soprintendenza, né dell’Università di Sassari fare sondaggi sul territorio interessato (ma solo alcuni geometri che facevano rilevamenti sul terreno relativi alla citata canalizzazione delle acque piovane), nel 1999, nella “Revista de l’Alguer” da me diretta, pubblicavo un saggio dal titolo “Corax, la primigenia «Algarium». Una scoperta archeologica che nasce dalla toponomastica”. Evidentemente a qualcuno non piacque la pubblicazione di quell’articolo, che di fatto ‘bruciava’ in termini giornalistici quanti aspiravano a darne per primi la notizia; da qui, forse, il remare al contrario di certi funzionari che per altri significò supina accettazione di verità rivelate da altri; è tipico dei sardi farsi beccare in testa da coloro i quali, estranei alla nostra cultura, impongono le proprie ragioni con malcelato provincialismo. Sono imposizioni autoritarie che la storia ha sistematicamente smentito.

    In quell’articolo, che oggi metto a disposizione dei lettori di Alguer.it in forma di pdf, con le dovute correzioni, evidenzio una serie di questioni utili per una riflessione seria sulle radici nuragico-romane di quel sito, avvalendomi della ‘dottrina toponimica’ particolarmente legata con le origini latine del toponimo. Altrettanto dovrebbero fare gli archeologi e gli storici romani per quanto di loro competenza: datare i ritrovamenti della cultura materiale, dei corredi funerari, dei resti umani, ecc. in una parola non sconfinare su discipline sulle quali non si ha specifica competenza. Gli aspetti onomastici e più propriamente toponimici appartengono ai linguisti, ai filologi semitici, latini e romanzi, ai toponimisti ‘tout court’ i quali, per la loro naturale prudenza e necessaria preparazione, si avvalgono di tutto ciò che la documentazione storica può offrire, per arrivare ad esplicitare in chiave diacronica, le forme più corrotte giunte a noi, dello stesso nome di luogo. Questi risultati non si ottengono, a mio parere, né con l’arroganza di chi riveste ruoli istituzionali, né con la spocchiosa ‘autorità’ accademica, ma solo ed esclusivamente con la razionalità e rigore scientifici.


    Enucleo quindi almeno quattro argomenti per affermare, in modo ragionevole, che il sito scoperto nella vasta area di Monte Carro è Corax e non Càrbia.


    Primo principio. La ‘fissità’ dei nomi di luogo.

    In base a questo principio universale, nessuno studioso serio si sarebbe mai dovuto avventurare a ipotizzare che lì, a Monte Carro, dove tutto parla romano e non fenicio, vi sia la città di Càrbia. I nomi di luogo non si spostano a seconda della propria convenienza o degli umori del momento. Questa caratteristica è riscontrabile, giusto per non andare troppo lontano, in tutti i nomi delle emergenze collinari algheresi di retaggio latino e prelatino; vedi il caso di Mont d’Olla, Mont Siseri, Mont de Zirra, Uruni, ecc. Sono trascorsi oltre 2000 anni ed i nomi sono rimasti vincolati a quelle emergenze. Perché? La risposta è semplice: sinché sopravvivono le ragioni economiche della loro sopravvivenza come per esempio la pastorizia o il turismo laddove il toponimo viene rispettato, si assiste alla sua pedissequa perpetuazione, anche se con le già citate alterazioni fonetiche e morfologiche, ma, mai, il nome di luogo ‘emigra’ dall’area in cui fu forgiato! Quando un nome di luogo scompare in quanto desueto o sostituito, il ‘preterito’ (come viene chiamato) lo si ritrova solo attraverso le ricerche archivistiche negli antichi documenti.


    Secondo principio. La prova documentaria.

    A partire da Tolomeo, sfruttato per convenienza di parte per situare, come in questo caso, il Coracodes Portus a Sud di Bosa nei pressi dell’antica Cornus (alcuni studiosi sono ancora rispettabilmente convinti che le coordinate geografiche di Tolomeo [in seguito ‘consacrate dal De Felice, 1964) siano più precise del moderno GPS...), boutade a parte, mi chiedo: come mai il geografo dell’antichità non fa riferimento alla città di Càrbia o al suo popolo come fa invece per i ‘coracenses’ (abitanti di Corax) ed altri? Perché non parla di ‘Carbienses’ come invece avrebbe dovuto fare se, ai tempi di Tolomeo, quel popolo fosse già esistito? Sono gli storici moderni a partire dal Fara (Corographia Sardiniae, versione manoscritta del 1580), passando al Cluverio (Sardinia antiqua, 1619), al Bodrand (Novum lexicon Geographicum, 1788), al Keller (Geographia Antiqua..., 1774), allo Spano (Strade Antiche della Sardegna nell’epoca cartaginese e romana, città, isole, porti e fiumi, 1856) per arrivare all’Angius (Dizionario Geografico..., 1853) e al (non sempre attendibile) Della Marmora (Itinerario dell’Isola di Sardegna, 1868), ecc, giusto per citarne alcuni, che assumendo per veritiere le notizie pubblicate dal Fara e sviluppandole, accertarono che della città fenicia di Càrbia non fosse rimasta alcuna traccia sul terreno. Per lo Spano, Càrbia, era voce fenicia composta da KAR+BIA ‘città di piacere’ di cui, secondo l’Autore, esistevano nell’isola altri due insediamenti consimili. Càrbia, si narra fosse stata attaccata dai Vandali e dai Goti e nel 1002, saccheggiata e incendiata dai mori (potrebbe trattarsi di un falso storico? probabilmente si! non è da escludere che Càrbia l’avessero già distrutta gli stessi romani). A questo punto però è bene chiedersi: perché la collina in questione è ancora oggi chiamata “lo mont de Càlvia”? ed il ruscello adiacente, “lo riu de Càlvia”? È il monte o il ruscello che ha dato il nome alla città o viceversa? Normalmente è l’episodio urbanizzato che determina il derivato, così come Corax ha sanzionato il gentilizio latino ‘Coracenses’; come mai mancano i Carbienses se ai tempi di Tolomeo Càrbia avesse avuto una qualche importanza? Quindi è per logica molto arduo ipotizzare che dietro il crinale di Monte Carro, ci sia Càrbia e non Corax. Se la storiografia sarda dà Càrbia per distrutta e di origine fenicia, com’è che gli archeologi e storici di Roma attuali insistono nel sostenere che nel grande perimetro di Monte Carro vi sia sotterrata Càrbia (fenicia) e non Corax (romana), quando tutto ciò che è stato riportato alla luce (dalla cultura materiale, a quella funeraria, alla struttura urbana per chiudere con le recenti sepolture) parla solo ed esclusivamente di storia romana e non semitica? Questo è un altro piccolo dettaglio che forse è sfuggito agli storici romani e alla già citata Soprintendenza.


    Terzo principio: La logica difensiva.

    Conquistato il territorio, i Romani fecero proprie le logiche difensive dei nuragici. A ben vedere, l’area in questione, piuttosto vasta (non meno di un km2) era protetta a Nord da Monte Carro, alla cui estremità Est, un “nuraghe mozzo” faceva da sentinella a tre valichi: il primo era situato nella linea a Est del confine il cui passo è ancora oggi chiamato “Escala de Sant Elmo”, posto tra Matta’e attu (sul cui crinale esiste un altro piccolo nuraghe di avvistamento) e l’omonimo (per Nissardi) nuraghe di Sant Elmo, chiamato da circa 400 anni di San Pietro, sulla parte terminale del monte di Càrbia (dove esistettero alcune domus de janas). Queste torri erano deputate a segnalare col fumo, se di giorno, e col fuoco se di notte, la presenza di un pericolo al nuraghe mozzo di Monte Carro. Quest’ultimo teneva sotto controllo chi arrivasse dalla costa o dalla gola situata tra la punta Ovest del Monte di Càrbia col dirimpettaio Mont Anyés. Questa logica difensiva delle popolazioni nuragiche fu ampiamente studiata dal Nissardi in tutta l’Isola, il quale a proposito del nuraghe mozzo di Monte Carro ebbe a dire: “Di fatti il nuraghe ora semplice, ora di piccola mole, torreggia in un inaccessibile dirupo di dove l’occhio spazia su di un vasto orizzonte, com’è quello di Sant’Elmo (leggi San Pietro), che si erge sopra una prominenza rocciosa in territorio di Alghero”. La situazione di Corax, integrata nel villaggio nuragico è pedissequamente riflessa nella descrizione fattaci dal Nissardi.


    Quarto principio: l’alterazione dei nomi di luogo: da Coracodes portus al “camí del Caragol”.

    Partiamo dal Coracodes portus o porto di Corax, dove è scritto che tutte le città sorte dopo la conquista romana dell’isola siano state edificate sul mare? Tolta Turris Libyssonis (l’attuale Porto Torres) e Kaleris (Cagliari), Bosa era forse ubicata sul mare o a prudenziale distanza da esso? Molto più agevole è accettare che l’attracco alle navi romane che rifornivano Corax si servissero di un approdo laddove inizia l’attuale via degli Orti, ieri tradizionalmente chiamata “lo camí del Caragol”, che non aveva un percorso tortuoso, come da altri sostenuto, ma semi circolare che si chiudeva in località “la Puríssima”. Come spiegano gli storici di Roma che la maggior parte dei relitti di navi romane sia stata rilevata nello specchio di mare adiacente alla spiaggia di San Giovanni? Come può essere data da un rispettabile linguista dell’ateneo cagliaritano una spiegazione così banale del “Camí del Caragol” di “sentiero dove abbondano le lumache” o “di sentiero tortuoso simile a quello che percorrono le lumache”? Uno dei principi sui quali si basa la linguistica e la filologia è la prudenza; un dubbio interpretativo, prima di essere sciolto, ha bisogno di lunghi ed estenuanti riscontri documentari. Non c’era bisogno di scomodare il citato linguista (che per rispetto del medesimo e di altri, non nomino), per avere la stessa definizione da un incolto e incolpevole agricoltore algherese. Il catalano Cargol, versione algherese Caragol, significa ‘lumaca’. Accettare siffatte scontate interpretazioni cosi dette “all’impronta”, senza un minimo di analisi critica e filologica, non credo sia cosa seria! Qui non si tratta di “caragol” = lumaca, ma dell’alterazione morfologica e infine semantica di Coracodes (lezione già alterata di Corax [corvo] + oras < ora [costa, spiaggia, litorale], Nel tempo avrebbe avuto questa probabile sequenza: CORACODES > CORACODAS > CORACORAS > CARACORAS > CARAGORAS > CARAGOLAS > CARAGOL a ragione del fatto che il toponimo, passando da una lingua a un’altra o semplicemente entrando in contatto con un altra lingua estranea al latino, ha dovuto necessariamente adattarsi a più strutture linguistiche che comportarono più alterazioni fonetiche per giungere per assonanza, all’attuale di “Caragol”. In pratica si può agevolmente intuire che si tratti di una voce composta da Corax [corvo] + oras [costa, lido, golfo], per estensione porto di Corax o dei ‘corvi marini (o cormorani’). Risparmio al lettore la descrizione fenomenica di tutte le alterazioni fonetiche e morfologiche intervenute nei secoli, dalle quali, tuttavia, mi è stato agevole ricostruire il nome originario del toponimo (vd articolo allegato in pdf). Stiamo parlando di Corax, di una città romano-nuragica posta a 50 km da Porto Torres, e a 20 da Nure, i cui scavi credo che faranno giustizia alla storia romana del nostro territorio, prima che l’Amministrazione comunale, per quel vezzo provinciale tutto nostro, non assuma un posizione ufficiale in proposito. Per questo ho posto molti ragionevoli interrogativi sul carattere ‘definitivo’ della scoperta, sulla quale c’è ancora molto da discutere.

    A tale scopo, appellandomi alla conosciuta sensibilità culturale del Sindaco Tedde, e a quella di tutte le forze democratiche presenti in Consiglio, rivolgo questa pubblica petizione volta a:

    a) affidare l’incarico ad alcuni esperti in filologia semitica, latina e romanica di diversa provenienza accademica, per stabilire, mediante lo studio della documentazione esistente, l’origine ed il significato di voci come Coracodes, Coracenses di tolemaica memoria ed il moderno ‘Caragol’, come evoluzione ‘naturale’ delle suddette voci, ed infine di Càrbia.

    b) Istituire una commissione tecnico-politica che censisca lo stato attuale dei luoghi di particolare interesse storico-archeologico, paesaggistico e ambientale (intimamente legati con la lingua catalana di Alghero), la quale, avvalendosi anche della rilevazione aerea, porti a termine e faccia conoscere alla cittadinanza quale territorio erediteranno tra 20 anni, le nuove generazioni di algheresi.

    c) Sollecitare il completamento delle indagini, già in corso, della magistratura per accertare la legittimità del rilascio delle licenze d’urbanizzazione in siti di interesse archeologico, paesaggistico e ambientale di tutto il territorio comunale. / LE IMMAGINI / LA REVISTA DE L'ALGUER

    Nella foto: Rafael Caria, Studioso di Storia della Lingua Catalana

    http://www.alguer.it/notizie/alghero/13174...rax_non_carbia/


    Corax, la primigenia "Algarium"

    http://download.alguer.it/20070810.pdf

    Immagini
    LA DEVASTAZIONE di Monte Carro

    http://photogallery.alguer.it/devastazione...dex.php?start=5
     
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  2. Gratia
     
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    Soprintendenza: Tedde scrive a Rutelli

    24.08.2007 13.40

    Dopo aver appreso la decisione del Ministero dei Beni Culturali di cancellare la Soprintendenza di Sassari e Nuoro, il sindaco di Alghero scrive una lettera a Francesco Rutelli, titolare del dicastero di riferimento
    ALGHERO - «E’ con vivo disappunto e stupore che ho recentemente appreso della decisione del Ministero dei Beni Culturali che condurrà alla soppressione della Sopraintendenza di Sassari e Nuoro accorpandola a quella di Cagliari». Inizia così la lettera che Marco Tedde, sindaco di Alghero, ha inviato ieri a Francesco Rutelli, ministro dei Beni Culturali, per chedere di sospendere il «dannoso provvedimento e di avviare una seria e approfondità riflessione sulle sue negative ripercussioni». Evitando considerazioni sul decentramento capillare delle funzioni amministrative dello Stato, più teoriche che pratiche, il sindaco prende atto che «si continuano a perpetrare a livello regionale ed ora anche a livello centrale, azioni d’impoverimento della Sardegna centro-settentrionale che solo apparentemente – sottolinea – avvantaggiano la parte meridionale dell’isola, ma che di fatto peggiorano nel complesso le condizioni generali della nostra regione che, è bene ricordarlo, è la seconda per estensione». Per Tedde, la Sardegna è un vasto territorio che custodisce un incommensurabile patrimonio archeologico di inestimabile valore, parte del quale deve essere ancora scoperto e riportato alla luce, così come dimostrano anche i recenti ritrovamenti nell’agro algherese. «Una storia – osserva il sindaco – quella della Sardegna e della civiltà nuragica, con peculiarità uniche al mondo che deve essere ancora studiata, approfondita e svelata. Ciò avrebbe richiesto un potenziamento ed una più capillare presenza delle Sopraintendenze sul territorio della Sardegna. Invece, al contrario, si assiste ad un loro ridimensionamento in termini numerici e di presenza territoriale». Questa decisione, secondo il primo cittadino algherese, è un duro colpo per tutta la Sardegna e per ciò che la civiltà nuragica e sarda rappresenta non soltanto sotto il profilo archeologico ed architettonico. «Tutto ciò – conclude Tedde – senza considerare i risvolti più pratici, ma non per questo meno importanti, che l’infelice decisione comporterà per via dell’enorme disagio che improvvisamente si arrecherà ai dipendenti della Sopraintendenza di Sassari e Nuoro, costretti a trasferire casa e famiglia a Cagliari dall’oggi al domani con conseguente e notevole aggravio di spese, specie di quelle relative all’alloggio».

    http://www.alguer.it/notizie/alghero/13335...scrive_rutelli/
     
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  3. Gratia
     
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    Vi ricordate dei giganti di Monti Prama?

    https://www.youtube.com/watch?v=woKHLYc8Brw
     
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  4. Gratia
     
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    Sorradile. Sito archeologico
    https://www.youtube.com/watch?v=dzs7c6TcHFA...related&search=

    Sa Sedda e Sos Carros - Fonte Sacra
    https://www.youtube.com/watch?v=QwmsK6nvz8U...related&search=

    Domus de Jana
    https://www.youtube.com/watch?v=DcGgbIBSjSE...related&search=



    Scritti Sardi: La Tomba dei Giganti del Parco Appiu
    https://www.youtube.com/watch?v=34-uozypOpg


    Scritti Sardi:La Tomba dei Giganti di "Su Crabile"
    https://www.youtube.com/watch?v=npC1JTW9AAQ


    Scritti Sardi: Il Nuraghe Appiu di VillanovaMonteleone
    https://www.youtube.com/watch?v=FoDRgjE_hdc


    Scritti Sardi: La Rosa di Adone
    https://www.youtube.com/watch?v=B5P3sw5lCTU


    Archeomagia Sarda
    https://www.youtube.com/watch?v=jit4vuyKGlg...related&search=


    Benezziddo: sito nuragico abbandonato a Aidomaggiore
    https://www.youtube.com/watch?v=CRRcfmWDzAE...related&search=


    Nuraghi di Sardegna - URN Sardigna Indipendentzia
    https://www.youtube.com/watch?v=P_CPmjODYpg...related&search=


     
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  5. Gratia
     
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    Giganti Monti Prama
    iTB intervista Sisinni e Battista, i due agricoltori del Sinis artefici del casuale ritrovamento dei Giganti di Monti Prama

    http://www.teleindipendentzia.net/pol83.php
     
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  6. Gratia
     
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    Un gruppo di divulgatori svolge, in una prospettiva di rigore, un’opera di promozione didattica che prevede incontri con il pubblico in siti particolarmente suggestivi

    Finestre aperte sul tempo
    Pier Giorgio Pinna
    C’è un mondo quasi sconosciuto da esplorare nell’isola: coniuga archeologia e studio del cielo oltre facili esoterismi SASSARI. C’è un mondo quasi sconosciuto da esplorare a fondo: l’archeoastronomia sarda. Tra miti, leggende e realtà, sembra destinato a riservare sorprese mozzafiato. Croce degli specialisti, che spesso non nascondono il loro scetticismo. Delizia dei fan di esoterismo e scienze più o meno occulte legate all’osservazione del cosmo, che al contrario fanno sfoggio di ottimismo sfrenato su teorie spesso improponibili. A metà del guado, in una prospettiva di rigore, la divulgazione didattica. Settore in espansione costante: nell’isola, durante l’estate, ha visto il moltiplicarsi di appuntamenti sul territorio. Con decine d’incontri e convegni che, di volta in volta, fanno radunare duecento-trecento appassionati in aree strategiche. L’ultimo in ordine di tempo, appena l’altro ieri. A Ottana, nel campo sportivo, si è svolta una serata di descrizione del cielo col patrocinio del Comune accompagnata da illustrazioni multimediali. «Finestre aperte sul tempo e nello spazio», le ha definite più d’uno.
    Tra i promotori degli interventi sul campo, la Società astronomica turritana e uno dei suoi dirigenti più attivi, Gian Nicola Cabizza, docente di fisica a Sassari. Le tappe più recenti di questo caleidoscopico viaggio per diffondere conoscenze di frequente ignote o sottovalutate? Il santuario di San Francesco di Lula, l’altopiano di Goni, la zona di Perdaxius, Monte Gonare, l’Argentiera, Monte Arci, il tempio di Antas, Capo Sandalo, Piscinas, Monte Sirai. Ormai da tempo, uno degli epicentri dell’attività di circolazione di un sapere che di anno in anno attira sempre più attenzione rimane poi l’Osservatorio di Siligo. Qui vengono di frequente organizzati rendez vous destinati alle scuole, oltre a iniziative scientifiche nelle sale al centro del paese. E promossi dibattiti aperti a studi multidisciplinari.
    Compresa, appunto, l’archeoastronomia. Branca che in Sardegna può avere mille spunti d’interesse per via delle antiche genti che hanno abitato la regione sin dal Paleolitico. Ma che va comunque seguita con equilibrio, come raccomandano gli esperti, primi fra tutti storici e archeologi. Ci sono aree ricchissime di fascino, tanto da suscitare illazioni, dubbi e ingiustificate fantasie. Ce ne sono altre tutte da decifrare. E altre ancora destinate a custodire, forse per sempre, i loro segreti. Ma alcuni siti presentano retroscena suscettibili di maggiore evidenza. Soprattutto se ci si riferisce a considerazioni fondate sulla fisica. Come, per esempio, il pozzo sacro di Santa Cristina, vicino a Paulilatino. O Is Cirquittus di Laconi. Oppure i menhir di Goni, vera Stonehenge sarda. E, ancora, le chance collegate a un possibile studio da sondare e verificare sui nuraghi che s’affacciano sulla Cala del vino, lungo il litorale nord occidentale dell’isola, tra Capo Caccia e l’Argentiera.
    «Da parte degli specialisti si riscontra spesso un eccesso di cautela verso certi temi - mette le mani avanti Gian Nicola Cabizza - Ma girare la faccia da un’altra parte e non vedere penso non sia utile. Invece, io sono convinto di un fatto: più occhi guardano più c’è la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo. Specie in una materia su cui c’è pochissimo di scritto, almeno nella nostra regione». E che l’isola riservi motivi d’interesse lo dimostra la cura con cui alcuni processi legati a credenze ancestrali, negli ultimi tempi, sono stati analizzati all’estero da studiosi delle civiltà scomparse. Fra gli altri, l’antropologo Anthony Aveni. Nel suo libro «Gli imperi del tempo - Calendari, orologi, culture», edizioni Dedalo, nella parte introduttiva all’edizione italiana, l’autore ricorda come i sardi della preistoria seppellissero i loro capi in Tombe di giganti posizionate verso il levare del sole in date significative dell’anno. E va poi oltre, arrivando a sostenere: «I sacerdoti di quest’antica isola avevano creato un calendario nel paesaggio molto prima che fosse inventata la scrittura». Affermazione che trova pochi o inesistenti consensi tra gli archeologi sardi. Ma certo contribuisce a rafforzare l’esigenza di esami più analitici di luoghi e rebus della storia più remota.
    Partendo magari da Cala del vino, come suggerisce Eugenio Muroni: appassionato di spedizioni sub e lungo le coste, da queste parti ha scoperto un nuraghe finora del tutto sconosciuto e contribuito a rilanciare la tesi che proprio qui sorgesse un porto già in un’epoca molto precedente all’arrivo dei Fenici in Sardegna. «Altre osservazioni astronomiche, fisiche e sotto la superficie dell’acqua - emulate al computer - mostrano ora la presenza di un canale d’accesso alla baia visibile dal mare assumendo come dromi, ossia punti di riferimento a terra, due nuraghi allineati più la cima del Monte Doglia - evidenzia Muroni - In definitiva, un angolo sicuro, presumibilmente conosciuto già migliaia di anni fa, per arrivare sino alla spiaggia. È solo un caso un po’ eccezionale? Un’ipotesi infondata? Personalmente sono convinto del contrario. E penso che una visita guidata sarebbe istruttiva per gli studenti. Ma nessuno ha la pretesa di sostituirsi agli specialisti: l’importante è che se ne discuta, si faccia luce». «Quando si parla di nuraghi ci sono mille e una ragione di prudenza - conferma Cabizza - Infatti da ogni sommità di torre se ne vedono mumerosi altri, per cui gli allineamenti si possono scegliere a discrezione. Ma dal nuraghe scoperto di recente se ne osservano solo altri due. Così il loro allineamento appare rilevante per due motivi. Da un lato, per l’accesso allo scalo naturale. Dall’altro lato, e allo stesso tempo, come riferimento per individuare il solstizio estivo. E quindi comprendere la stagione più adatta per prendere il mare».
    Il solstizio estivo nell’emisfero nord (cioè il nostro) corrisponde solitamente al 21 giugno. Segna la data del giorno più lungo dell’anno e, dunque, della notte più corta. Sugli antichi saperi delle civiltà mediterranee, dagli egizi agli assiro-babilonesi in poi, c’è del resto poco di cui stupirsi. «In un passo della sua opera Le opere e i giorni Esiodo fa riferimento proprio alle fasi successive al solstizio estivo, sino all’equinozio di settembre, come ottimali per la navigazione», ricorda Muroni.
    Insomma, una didattica dell’archeoastronomia. Che spesso deve destreggiarsi, anche nell’isola, tra falsi miti e fatti certi. Come a Pranu Mutteddu, vicino a Goni, nel sito del Neolitico dedicato al culto dei morti. «In quest’area, a un esame attento, risulta evidente l’allineamento di 18 menhir sulla linea equinoziale - spiega Cabizza - È un quadro sotto certi profili sorprendente: presuppone un livello di conoscenza superiore alla semplice individuazione degli esclusivi elementi solstiziali. Chiunque vada lì lo vede concretamente. Soprattutto per il mondo della scuola sarebbe formativa una lezione specifica in quel sito: consentirebbe di scoprire le tecniche per determinare un allineamento come quello già tre millenni prima di Cristo». Ma se non ne si avesse la possibilità di raggiungere Pranu Mutteddu è sufficiente che partecipare agli incontri promossi dalla Società astronomica turritana. Ogni data è buona, come l’altra sera a Ottana. «Perché, lo ripeto, il nostro obiettivo è suscitare ragioni valide per discutere di una realtà da svelare», conclude Cabizza.
    (17 settembre 2007)

    http://espresso.repubblica.it/dettaglio-lo...tempo/1773628/6




     
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  7. Gratia
     
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    di Rebecca Vespa


    Sirbo e is seti fradis
    Soggetto: Eleonora Carboni, Andrea Mureddu, Emanuela CarboniSceneggiatura: Eleonora CarboniDisegni: Andrea Mureddu
    Supervisione della traduzione Prof. Mario Puddu

    Questo fumetto è un'occasione per avvicinare i ragazzi alla lingua sarda.La trama ironica segue, inoltre, le direttive degli studi di Joseph Campbell sul viaggio dell'eroe e si fa forte dell'ideale divisione in tre atti, per cui avremo una parte introduttiva, un culmine e la risoluzione dei conflitti: una struttura studiata in modo tale da attirare l'attenzione dei ragazzi.Il lavoro ha inoltre l'intento di trasmettere un messaggio positivo ed educativo, un ammonimento per chi sogna di "ottenere tutto e subito".In un primo momento i protagonisti sono ansiosi di acquistare una gratificazione immediata, ovvero diventare grandi tramite l'assunzione di una ghianda magica (la superghianda della crescita), ma ben presto si rendono conto che la vera maturità in questo caso e, più in generale, qualsiasi tipo di gratificazione o traguardo, si conquista giorno dopo giorno con fatica e sacrifici.I piccoli cinghiali, imbrogliati dai tordi, mangiano la superghianda sbagliata, la prospettiva è quella di rimanere piccoli per sempre.Imbrigliati in un corpo puerile cercheranno in diversi modi di trovare l'antidoto a ciò (l'antighianda sbloccacrescita) e, partiti alla ricerca di questo, affronteranno numerosi pericoli che li metteranno a dura prova nel corpo e nella mente.I diversi viaggi sono un'occasione per presentare diversi paesaggi sardi ed evidenziare molte delle usanze isolane.Viene mostrata la madre dei cinghialetti mentre fa "sa mexina 'e s'ogu liau", viene mostrato un tipo particolare di ballo tondo, senza citarlo direttamente, che ha valenza magico-sacrale e, da questo spunto, si è cercato di enfatizzare al massimo questa valenza in termini fumettistici per farla risaltare e percepire ai bambini. Si è mostrata la pianta di un Nuraghe. Si sono creati diversi spunti descrittivi e lessicali dai quali si può trarre materia di discussione.

    http://www.opinione.it/pages.php?dir=naz&a...rt=6069&aa=2007
     
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    "I Templari e la Sardegna"
    http://www.duepassinelmistero.com/Templari...%20Sardegna.htm


    Misteri ed Elisir
    http://www.duepassinelmistero.com/Mostra%20Stg.htm


    "Stregoneria, Eresia e santa Inquisizione"
    http://www.duepassinelmistero.com/palazzo_episcopale.htm



    Sardegna del Nord
    http://www.duepassinelmistero.com/Sardegna.htm
     
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  9. Gratia
     
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    Offerta museale archelogica, stanziati dalla Giunta Sarda quasi cinque milioni di euro

    Auspicabile che i corsi di laurea della materie scientifiche contemplassero sempre più le problematiche inerenti ai beni culturali

    REGIONE.SARDEGNA.it - Pubblicata il 20/09/2007


    Cagliari, 19 Settembre 2007 - Un'azione organica, coerente con le linee strategiche regionali e in grado di valorizzare i beni culturali del territorio, su queste premesse la Giunta regionale, tenendo conto anche degli accordi raggiunti con il Ministero per lo Sviluppo Economico, ha modificato l'elenco degli interventi finanziati con risorse del Cipe (Comitato Interministeriale per la programmazione economica).

    Condiviso l'approccio per l'azione sul patrimonio culturale con gli amministratori e gli operatori del settore i quali, convocati questa mattina, hanno apprezzato l'indirizzo espresso dall'Assessora Mongiu teso innanzitutto al restauro conservativo, ovvero alla tutela dell'esistente attraverso l'utilizzo delle tecnologie appropriate e interventi di diagnostica. In questo senso, ha sottolineato l'Assessora, sarebbe auspicabile che i corsi di laurea della materie scientifiche contemplassero sempre più le problematiche inerenti ai beni culturali.

    La delibera della Giunta individua in maniera specifica le nuove iniziative per le quali è stata resa disponibile la somma di 4.490.000 euro.
    Con l'intento di potenziare l'offerta museale di quello che è oggi un esempio d'eccellenza nel territorio sardo, vengono destinati 860.000 euro per l'ampliamento Museo d'arte MAN di Nuoro per il quale si prevedono dunque nuovi spazi espositivi.

    Interventi consistenti anche ad Asuni, per la realizzazione del Centro di documentazione e rete dei musei dell'emigrazione dei Sardi (500.000 euro) e a Sanluri, dove viene finanziata la realizzazione dell'Archivio storico e dei laboratori dei mestieri medievali del Comune (400.000 euro).

    Il resto della cifra sarà destinato alla salvaguardia, conservazione e restauro di opere di rilevante interesse archeologico ed architettonico diffuse nel territorio. Tra i beni archeologici sono stati individuati: l'area prenuragica di Monte d'Accoddi a Sassari, unico esempio di ziqqurat nel Mediterraeno Occidentale; il poderoso nuraghe polilobato Arrubiu a Orroli; il nuraghe Nolza a Meana Sardo, particolare esempio di fortezza nuragica; il tempio a pozzo di Santa Cristina, irripetibile manufatto di architettura sacra, e il nuraghe Lugherras, che anche nel nome rimanda allo straordinario deposito di lucerne votive ivi rinvenuto, entrambi a Paulilatino; il nuraghe Santu Antine di Torralba, usato anche in periodo romano, ripetutamente restaurato e non sempre in
    forme consone; i villaggi nuragici di S'Urbale e di Abini a Teti, i cui bronzetti sono tra i più conosciuti ed importanti della bronzistica figurata; e infine l'area tardo romana di Sant'Efis a Orune, straordinario esempio di architettura insediativa romana nel cuore della Barbagia ed oggetto di scavi da parte di Università italiane e straniere, che necessita di opere di protezione e messa in sicurezza.


    regione.sardegna.it

    http://www.newsfood.com/Articolo/Italia/20...ilioni-euro.asp


     
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    Trovati due relitti nei fondali del Golfo dell'Asinara
    Redazione Archaeogate, 19-09-2007
    Durante le ricerche sottomarine strumentali condotte sui fondali del Golfo dell'Asinara dall'Ing. Guido Gay a bordo del catamarano DAEDALUS, sono stati ritrovati e segnalati alla Soprintendenza due relitti antichi, giacenti a notevole profondità al largo di Isola Rossa (Trinità d'Agultu, OT).
    I relitti sono stati documentati con l'ausilio dei due veicoli sottomarini telecomandati (ROV), Pluto UX e Pluto 1000, di proprietà dell'Ing. Gay.
    Nei giorni tra il 6 e l'8 settembre scorso sono stati recuperati alcuni campioni delle anfore, allo scopo di esaminarle da vicino, grazie all'assistenza tecnica specialistica assicurata dall'Ing. Gay e dalla sua squadra, con il controllo del responsabile del servizio per l'archeologia subacquea della Soprintendenza, Dott.ssa Gabriella Gasperetti, e la collaborazione dei restauratori ed operatori subacquei della Soprintendenza, Sigg. Giovanni Antonio Chessa e Antonio Serra.
    Il recupero è stato reso possibile, senza alcun danno per i reperti e per il resto del carico, grazie all'attrezzatura progettata e realizzata dall'Ing. Gay allo scopo.
    Il primo relitto, su un fondale di oltre 300 metri, è un carico di centinaia, forse migliaia, di anfore di età romana imperiale, provenienti dalla regione della Betica, nel sud della Penisola Iberica, che trasportavano salsa di pesce, il "garum" tanto apprezzato sulle tavole dei Romani.
    Il secondo è collocato su un fondale di circa 200 metri ed è composto da alcune decine di anfore e da una grande concrezione, resto di minerali o metalli trasportati nella stiva della nave.
    In base alla tipologia delle anfore si può stabilire una datazione più recente di quest'ultimo relitto, in epoca romana tardo imperiale. La regione di provenienza è, anche in questo caso, la parte occidentale dell'impero e più precisamente le coste del Portogallo, l'antica Lusitania.
    Queste anfore trasportavano anch'esse salsa di pesce, che era una delle attività produttive principali della Penisola Iberica, assieme a quella mineraria e alla produzione di olio per il rifornimento di Roma e di scali intermedi, quale quello di Turris Libisonis (Porto Torres, SS), che si trovava a breve distanza, lungo la rotta percorsa da questi sfortunati equipaggi.
    Le anfore sono attualmente in fase di restauro presso il Centro di Restauro e Conservazione di Li Punti a Sassari.
    La Soprintendenza sta provvedendo a tutelare i due siti archeologici dai danni arrecati dalle reti per la pesca d'altura, unico reale pericolo per la conservazione dei relitti.

    FONTE:
    Soprintendenza per i beni archeologici per le province di Sassari e Nuoro
    Settore Comunicazione e Promozione
    Dott.ssa Maria Rosaria Manunta
    (tel. 0792067426
    fax 079232666
    cell. aziend. 3491847674
    [email protected]
    [email protected]

    Tratto da:
    http://www.archaeogate.org/subacquea/article.php?id=678
     
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    ROTTE DEI FENICI E ROUTE DU JASMIN
    Entrerà in vigore questo mese il protocollo d’intesa tra la Regione Sardegna e l’Istituto europeo degli itinerari culturali, il quale ha accettato, poco prima dell’estate, l’itinerario Rotta dei Fenici come progetto pilota del turismo culturale in Europa. Un turismo definito dagli operatori del settore “lento”, capace di gustare le bellezze culturali e ambientali, senza la frenesia del turismo mordi e fuggi che, invece, ama accumulare mete senza riuscire a farle proprie. Ad agosto c’è stato inoltre un incontro, sia ideale che materiale, con la Route du Jasmin, che da diciassette anni naviga nel mediterraneo da Tolone a Tunisi, passando per la Sardegna e la Sicilia. I 250 velisti francesi infatti ripercorrono ogni anno le tappe che tra l’VIII e il VI secolo a.C. furono le mete dei Fenici. Il primo incontro è avvenuto in una città fenicia d’eccezione, Tharros, in un territorio che non a caso da diversi anni punta al turismo culturale e ambientale. 05 ottobre 2007
    Articolo tratto da:
    http://www.ondeculturali.com
    http://www.ecomatrix.it/news.php?d=2007100...e-du-jasmin_com

     
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    PRESENTAZIONE DI "ATLANTIS", NUOVA OPERA DI ENZO MARCIANTE

    GENOVA. 19 OTT. Oggi, alle ore 18, il Berio Café, locale di tendenza all'interno della Biblioteca Berio in Via del Seminario 16, ospiterà la presentazione al pubblico cittadino della nuova graphic novel di Enzo Marciante, popolare cartoonist genovese, autore della Storia di Genova, Colombo, Marco Polo, Leonardo e, recentemente, della Storia del Porto di Genova. La nuova opera, "ATLANTIS. La Principessa Shardana e il mistero della Cassa nuziale trafugata", è un romanzo/fiaba d'avventura e d'amore, coloratissimo e ricco di suggestioni, ambientato nel Mediterraneo di 3.000 anni fa nel quadro di un conflitto tra l'Egitto di Ramsess III e il Popolo del Mare, popolo Shardana dell'Isola di Atlantis...probabile Sardegna, dove inconfutabili tracce ci garantiscono l'esistenza di una grande civiltà in quell'epoca. L'opera, un brossurato di circa 70 tavole a colori, è già in vendita on demand nella versione cartacea a 19 e in versione scaricabile a 6, sul sito emergente specializzato in pubblicazione on line Lulu.com. Marciante è quindi forse il primo tra i grandi professionisti del fumetto a sbarcare in Rete per rendere globali le proprie opere su Internet, con la promessa di trasferirvi pian piano anche quelle ormai introvabili sul mercato.


    19/10/2007

    http://www.ligurianotizie.it/news.php?news_id=28791
     
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    25.10.07 - comunicati stampa - anno 2007
    Rai Utile, l'assessora Mongiu sul restauro delle statue di Monti Prama L'assessora regionale della cultura Maria Antonietta Mongiu, il giornalista Sergio Frau e Danielle Mazzonis, già direttrice dei Musei Capitolini, saranno ospiti domani, Venerdì 26 dalle ore 8.00 alle 10.00, della diretta televisiva condotta Flavia Marimpietri in onda su Rai Utile nello spazio dedicato alla politica.

    Tema della trasmissione, la riscoperta e il restauro dei numerosi frammenti delle grandi statue in arenaria, recuperate tra gli anni '70 e '80 nel corso dello scavo della necropoli nuragica di Monte Prama nel territorio di Cabras, che rappresentano in forma monumentale arcieri e pugilatori e costituiscono, assieme ai bronzetti, una delle manifestazioni più significative della civiltà nuragica.

    I Giganti in pietra, tuttora quasi sconosciuti al grande pubblico e solo parzialmente noti agli specialisti, risalgono al VII - VIII secolo avanti Cristo e anticipano lo svilupparsi della grande statuaria mediterranea dei secoli successivi. Un'importante parte del ritrovamento è composta da modelli di nuraghe che costituiscono l'insieme più consistente di rappresentazione simboliche delle torri nuragiche. Nel complesso, si delinea dunque l'ipotesi di un heroon senza precedenti, la cui portata sia simbolica sia materiale permetterebbe di riposizionare la storia della Sardegna e della sua civiltà.

    Un totale di circa 4800 reperti sono ora allo studio presso il Centro di Conservazione e Restauro della Soprintendenza per i BB.AA. di Sassari e Nuoro, in località Li Punti, dopo il trentennale "soggiorno" nei depositi del Museo Archeologico di Cagliari. Sul progetto di restauro e valorizzazione del complesso scultoreo, la Regione Sardegna sta attualmente investendo risorse considerevoli, essendo stato finanziato nell'Accordo di Programma Quadro per i Beni Culturali tra Stato e Regione Autonoma della Sardegna con un importo di un milione e 600 mila euro; un ulteriore milione e 300 mila euro sono stati destinati alla Scuola e 3 milioni di euro al Centro di Restauro.

    http://www.regione.sardegna.it/j/v/24?s=60...=3310&c1=57&t=1
     
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    Halloween? In Sardegna sono certi "La festa è nata sotto i nuraghi"

    Artisti e intellettuali dagli Usa nell'isola per un incontro di musica
    e culture
    E si scopre che in Barbagia da secoli si intagliano zucche e i bimbi
    chiedono doni...
    di GIOVANNI MARIA BELLU

    Nessuno pensa di chiedere i diritti d'autore al governo degli Stati
    Uniti, ma i ragazzi di Sorgono e Tonara, due paesi della Barbagia, non
    hanno dubbi: "Halloween l'abbiamo inventata noi". Anche se, chiariscono,
    con altri nomi: "Il bene delle anime" (in sardo "Su bene 'e is
    animas") o "Su mortu mortu", che non necessita traduzione. La "scoperta" è
    stata resa possibile dall'arrivo in questa zona della Sardegna centrale di
    una delegazione dei titolari ufficiali di Halloween, i newyorkesi,
    che, per il quinto anno consecutivo, animano l'"Ichnusa Festival - un
    ponte tra New York e la Barbagia".

    In ogni parte d'Italia esistono da secoli - e dunque da molto prima
    dell'importazione di Halloween - rituali per la commemorazione dei
    defunti. Ma, secondo i ragazzi del posto, i rituali di questa zona della
    Barbagia - ed è da ciò che nasce la scherzosa rivendicazione di
    primogenitura - hanno analogie davvero impressionanti con quelli della festa
    americana: zucche intagliate e illuminate, bambini vestiti di stracci che
    bussano di casa in casa chiedendo doni. Gli studenti del laboratorio di
    giornalismo realizzato in occasione del Festival non hanno dubbi: "Del
    resto - fa notare Rita, 17 anni, studentessa del quarto anno all'Itis di
    Tonara - i nuraghi noi li abbiamo costruiti millenni prima dei
    grattacieli di Manhattan".



    Chiunque sia il titolare del copyright di Halloween, gli artisti
    americani giunti in Barbagia per l'Ichnusa Festival - I percussionisti Victor
    See Yuen e Ron Mc Bee, il cantante Fred Johnson - hanno riconosciuto i
    buoni argomenti delle gente del posto. Il pomeriggio del 31 a Sorgono
    e la mattina del primo novembre a Tonara animeranno due parate di
    questo Halloween di compromesso tra la Sardegna e gli States.
    Saranno aiutati dall'incontro, che li ha strabiliati, con i cori
    polifonici di Tonara. Victor See Yuen - che nella sua lunga carriera ha
    accompagnato leggende del jazz quali Miles Davis, Wynton Marsalis e Sonny
    Rollins - ha detto di non aver mai incontrato delle voci così originali e
    struggenti. Fred Johnson (partner in concerto di Aretha Franklin e
    Chick Corea) nel condividere il giudizio, ha aggiunto d'essere rimasto
    sorpreso per come un famoso canto etnico sardo ("Nanneddu meu" del poeta
    tonarese Peppino Mereu) si è amalgamato con la vocalizzazione degli
    spiritual afro-americani.

    D'altra parte, la commistione tra culture lontane è la caratteristica
    di questa iniziativa (realizzata col sostegno della Fondazione del Banco
    di Sardegna, della Presidenza della Regione sarda e delle
    amministrazioni dei due comuni). In una delle precedenti edizioni, una delegazione
    di indiani irochesi realizzò una cerimonia davanti al nuraghe di
    Sorgono, il nuraghe Lò, che da quel momento in poi è diventato un monumento
    sacro per gli indiani d'America.
    A ideare la coreografia dell'Halloween barbaricino, l'associazione
    non-profit di New York "American Dance Asylum" che, con la regista
    italo-americana Paola Bellu, cura la direzione artistica del Festival.

    (31 ottobre 2007)


    http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/s...ween-sardo.html


     
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    Sito archeologico in degrado

    04/11/2007 - Sardegna - :: Photo Gallery Vedi le altre foto
    Proprio dietro la Saras in territorio di Sarroch, località Antigori (in sardo luogo di cose antiche), c’è una testimonianza storica archeologica unica nel suo genere in Sardegna, che molti non conoscono, È il sito archeologico che sovrasta la collina. In questa area insiste una fortezza micenea (avamposto fortificato) realizzato da questo popolo, ancor prima che venisse utilizzato dai nuragici.

    Ne sono testimonianza non solo le tecniche costruttive (vedasi la Tholos del nuraghe principale) ma anche la significativa quantità di reperti archeologici rinvenuti, fra cui frammenti di vaso policromo con figure geometriche e stilizzazioni di animali e la piccola ascia bipenne rinvenuta negli anni ‘80 dal presidente dell’Associazione Amici di Sardegna, già ispettore onorario della Soprintendenza Archeologica di Cagliari, proprio in una delle tante cavità della collina .

    Dopo la doverosa segnalazione alla Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano e i relativi studi curati dalla Dottoressa Cerruti, il sito di Antigori è stata abbandonata all’incuria.

    Recentemente, nel corso di un ennesimo sopralluogo si è potuto appurare che tutta l’area è oggetto di scavi abusivi, asportazioni di reperti, danneggiamenti alle strutture con scritte (realizzate con vernice bianca) sulle pareti della collina.

    Come se non bastasse, degli sconosciuti, hanno sfondato la parete della struttura, che fra l’altro ci risulta essere l’unica struttura micenea la cui copertura a volta (tholos) è ancora intatta, indebolendo non poco la già precaria staticità dell’intera costruzione.

    Per tutto questo l’Associazione Amici di Sardegna chiede un urgente intervento finalizzato alla salvaguardia della struttura la cui conservazione non può e non deve essere ulteriormente procrastinata.

    http://www.sabaudiain.it/notizia.php?id=1194163200
    Attached Image
    mic2.jpg

     
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