Annibale, il suo odio e le sue guerre.

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  1. LessàAlessandro
     
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    Non bene, ma dovresti saperlo. è la famosa vicenda di Amsicora.


    La flotta venne sbattuta verso le baleari, con un ritardo considerevole. Hosto attaccò battaglia nonostante i consigli del padre.
    Venne quindi sconfitto in una prima battaglia.
    In seguito i due eserciti si ricongiunsero. La fanteria pesante carteginese (in cui vi erano anche alcuni elefanti) fu accorpata assieme ai Sardo-punici e ai Sardi delle montagne (Balares ed Ilienses principalmente).
    Ma l'esito non fu troppo diverso dalla prima battaglia.
    Tito Manlio Torquato sconfisse i Sardo-punici in un area che è stata inquadrata attorno a S. Caterina di Pittinurri, e marciò verso Cornus, assediandola e ottenendone la resa.


    Ci sono comunque altre versioni.
    Ad esempio ho letto che spesso viene omessa la prima battaglia, oppure Amsicora viene considerato come il capo delle tribù di Balari e Ilienses.
    In realtà il suo ruolo fu sicuramente quello di mediatore fra i Sardi delle coste e dell'entroterra "punicizzati" e i Sardi che continuavano a proseguire la "tradizione nuragica" sulle montagne....
    In alcune versioni Hosto và all'attacco da solo e viene ucciso, mentre amsicora è in cerca di rinforzi presso le tribù dell'interno.

    In ogni versione comunque si toglie la vita.

    Non si capisce se per il dolore della scomparsa del figlio, o se per "dovere" di comandante.
    Non era insolito al tempo che in caso di fallimento ci si ammazzasse per vergogna o per onore.

    Varo nella selva di Teutoburgo si uccise di sua mano, mentre avveniva il disastro...e ci son tantissimi altri esempi.



    su wikipedia ho trovato la vicenda abbastanza stravolta.
    Manlio viene chiamato "Manilo" (!!!) e uno dei due condottieri spedito in Sardegna sarebbe il fratello di Annibale (assolutamente no...è uno dei mille Asdrubale della storia di Cartagine!)
     
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    STUDIOSO DEI POPOLI DEL MARE

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    L'episodio di AMPSI.KORRA ci dà, per fonte diretta dagli stessi romani, grandi notizie sulla situazione del mediterraneo di allora, ivi compresa la situazione delle attività di ANNIBALE. Oltre a drci una schermata sulle città shardana della costa sarda e del popolo dell'0interno delle barbage.

    <<Nel 215 a.C. la conquista si estese ad altre città costiere, ma Othoca, Tharros e Cornus resistevano ancora, inoltre gli Iliesi, i Balari e le altre tribù dell’interno continuavano a piombare sugli eserciti accampati nelle ricche pianure e a sparire velocemente, così come erano apparse. Questi attacchi, di solito spontanei, erano probabilmente mossi in questo frangente da un abile personaggio, la cui influenza era grande fra i suoi concittadini Cornensi e fra le Genti che popolavano i selvaggi monti delle Barbagie, o della Barbaria, come la chiamavano i Romani. Ampsicora era un Giudice, cioè un capo di stato, definito primus inter pares fra i cittadini di Cornus:
    Hampsicora, qui tum auctoritate atque opibus longe primus erat” scriveva Tito Livio.
    Nel frattempo Annibale le aveva suonate ripetutamente ai Romani e questo non era ignoto ad Ampsicora che, lungi dall’essere intimorito dalle legioni che ogni tanto minacciavano l’assalto contro la sua città, la quale osava resistere a uno dei più potenti eserciti dell’epoca, cominciò a pensare di passare al contrattacco per cacciare dall’Isola gli odiati invasori.
    Il Senato di Cornus accettò l’invito di Ampsicora e inviò un’ambasceria a Cartagine. Sempre T. Livio: “Haec clandestinum legatio per principes missa erat” (come a dire che i Sardi inviarono un’ambasciata “clandestina”).
    - Cartagine accolse l’ambasceria con entusiasmo e decise due contemporanee spedizioni: inviò in Spagna Magone, fratello di Annibale, con dodicimila fanti, millecinquecento cavalieri, venti elefanti e sessanta navi da guerra e inviò in Sardegna Asdrubale detto il Calvo con un altro esercito di poco inferiore.
    Livio: “Giunse nello stesso tempo a Roma Aulo Cornelio Mammula di ritorno dalla Sardegna e informò il Senato di quanto stava accadendo. Poiché Quinto Muzio, succeduto a Mammula, era in condizioni di salute non buone, il Senato ordinò che Quinto Fulvio Flacco arruolasse cinquemila fanti e quattrocento cavalieri e ne desse il comando a chi meglio egli ritenesse. Il prescelto fu quel Tito Manlio Torquato, che già fu console e censore e che durante il suo consolato aveva sottomesso i Sardi”.
    Sottomesso i Sardi? Quali Sardi andava allora a combattere con tali forze? Ventimila fanti e millecinquecento cavalieri, quattro legioni; tante erano le armate di cui egli disponeva una volta sbarcato a Karalis e congiuntosi con le altre forze di stanza nel territorio.
    Ampsicora intanto aveva pianificato lo sbarco della flotta cartaginese nella costa occidentale, presso il Capo Mannu, dove attendeva il grosso delle forze sarde e una volta unitisi i due eserciti avrebbero marciato attraverso il Campidano, su Karalis, tagliando fuori le città sarde sottomesse e ricevendone aiuti e armati.
    Ma l’imperizia dell’ammiraglio cartaginese fece fallire i piani predisposti. Il convoglio costeggiò l’Africa, forse per evitare contatti con la flotta romana di Karalis, e si trovò in mare aperto e troppo lontano da Cornus.
    Una tempesta colse la flotta cartaginese e la costrinse a riparare nelle Baleari, dando ai Romani l’occasione di marciare su Cornus con meno pericoli. Inoltre per il colmo della sfortuna l’esercito sardo era in quel momento privo del comandante. Ampsicora si trovava presso i Sardi Pelliti per chiedere rinforzi.
    Livio: “Il comando del campo era stato affidato al figlio Josto (Hostius), che imprudentemente ingaggiò battaglia e venne sconfitto e messo in rotta. Tremila Sardi morirono in combattimento e circa ottocento fatti prigionieri; il resto dell’esercito fuggì nei boschi, o rientrò a Cornus, dove era rientrato anche Ampsicora.”
    Leonardo Melis
     
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  3. pietrusco
     
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    notevole ricerca, leo, questo mette il luce alcuni lati poco chiari, anche leggendo il libro che acquistai tempo fa su ampsicora, "ampsicora tra mito e realtà", scritto da Sergio Atzeni, edito da BSA, artigianale editrice
     
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  4. dedalonur9
     
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    Amilcare Barca
    I soldati che avevan prestato servizio dal principio dell'avventura barcide in Spagna vedevano in Annibale il volto del padre. Le stesse sembianze, la stessa energia negli occhi ci dice Tito Livio. Polibio, racconta che sia pure a 10 anni dalla sua morte, fu Amilcare Barca ed il suo odio la vera causa della presa di Sagunto e quindi della guerra Annibalica. Anzi, se non fosse morto in anticipo, lo stesso odio che animava Annibale avrebbe prima animato e mosso a guerra l'apparentemente innocuo e pacifico Asdrubale, suo genero; così lascia intendere Polibio quando dice che Amilcare levò due nemici contro i Romani: Annibale e Asdrubale. Costui però non fece in tempo a manifestare il suo odio e nella storia ha solo il ruolo d'anticipatore e preparatore del regno di Annibale. Ad Asdrubale viene in genere riconosciuto il merito d'aver consolidato, anche con una politica matrimoniale i possedimenti ispanici conquistati da Amilcare. Con Asdrubale fu fondata e rafforzata la capitale del regno barcide: Nuova Carthago.

    Che Amilcare Barca fosse il vero ispiratore della II guerra punica, Polibio lo intese dimostrare con il famoso episodio del giuramento d'odio e vendetta a cui sottopose Annibale.
    Sedata la rivolta mercenaria, con l'animo colmo di fierezza per esser uscito imbattuto dalla campagna di Sicilia e di sdegno per la sconfitta della I guerra punica a cui si sommava la successiva perdita della Sardegna e il versamento di un aggiuntiva penale di guerra ai Romani, ad Amilcare Barca non restava che emigrare e cercare di restaurare le fortune cartagnesi altrove. Anche perchè era inviso al partito della pace e del quieto vivere con Roma che aveva preso piede nel senato punico.
    Era inviso sia perchè Amilcare avrebbe voluto riprendere le ostilità con Roma, sia perchè era capitano invitto e rispettato dagli stessi Romani, sia perchè Cartagine era verso Amilcare debitrice della sua stessa sopravivenza. Un uomo con questi titoli e talenti era troppo pericoloso.

    Doveva partire e nel farlo prese con se un pugno dei veterani di Sicilia; i figli più piccoli, la moglie e le figlie, no, il viaggio e l'avventura erano roppo pericolosi. Però durante quel commiato il piccolo Annibale, attendeva coi suoi 9 anni un gesto da parte del padre. Tutti quelli che hanno lasciato memorie su Annibale hanno descritto questo momento fin nei minimi dettagli divergendo solo per pochi elementi di contorno. Il padre pose la mano in capo al figlio chiedendo se volesse partire con lui. Annibale mostrò il suo consenso con degli infantili ardori come dice Polibio o con delle blandizie puerili com dice Livio; allora insieme e senza nessun altro attorno si recarono nel tetto dell'abitazione, in cui come da tradizione stava l'altare domestico di Baal e lì, il piccolo Annibale giurò solennemente di "odiare i romani come essi mi odieranno".

    Amilcare dunque a sentire Livio, Polibio, Floro preparò lo strumento della sua vendetta in Annibale. Chi era e come agiva Amilcare?

    Di lui non si conosce molto. Le fonti ne parlano in seguito alla battaglia di Tunisi, e alla spedizione navale di Asdrubale in Sicilia. Quando in seguito a dei gravosi rovesci navali i romani si ritrovarono senza flotta e la guerra per la Sicilia s'era riaperta il senato cartaginese mandò il giovanissimo Amilcare Barca con un buon contingente di uomini nell'isola. Gli storici raccontano che occupò il monte Erice e che da lì per vari anni molestò e mise a rischio i domini romani non solo di Sicilia ma anche d'Italia con spedizioni a Cuma e nel sud della penisola. Di queste azioni non abbiamo resoconti perchè gli storici li consideravano ripetitive e di secondaria importanza. Infatti viene rimarcato il fatto che Amilcare Barca non affrontò mai in battaglia campale e decisiva i romani, dice Polibio, più che per sua disposizione d'animo per vari episodi sfortunati.

    Monte Erice era imprendibile, aveva tre sole vie d'accesso, una dal mare e due da terra che di fatto assicuravano ad Amilcare l'inattacabilità e l'impunità per le sue azioni e scorrerie. Probabilmente lo stesso Amilcare da questa base praticava quella guerra di movimento che poi insegnerà al figlio.

    Con Cartagine sconfitta Amilcare racconta Polibio assunse la decisione di un grande comandante: andò a trattare con gli odiatissimi romani. Quest'ultimi erano a loro volta prostrati da 25 anni di guerra, ed assediare l'imprendibile Monte Erice con un Amilcare Barca non meno combattivo e in posizione favorevole non era certo una pospetiva allettante. Quindi il Barcide ottenne il suo baratto: le sue posizioni in Sicilia per l'incolumità e le armi dei suoi soldati. Ma proprio questo successo, rischiò d'esser esiziale per Cartagine che dovette ben presto accorgersi cosa volesse dire avere alle sue porte una grande concentrazione di mercenari armati ma senza il soldo.

    Dicono gli storici che la guerra mercenaria fu ancor più crudele della guerra appena perduta contro Roma. Spendio, il capo dei rivoltosi, non lesinava crudeltà; l'unica espressione comune che mercenari di così diversa provenienza avessero dice Polibio era la parola "dagli" che veniva sempre usata quando ubriachi ricevevano gli ambasciatori punici che lapidavano o in altre circostanze del genere. Cartagine non potendo apparire debole doveva contraccambiare i favori. Sulle prime il comando delle operazioni fu affidato a generali di poca esperienza con risultati disastrosi per la Città. Amilcare subentrò in comando solo dopo le prime pericolose sconfitte, forse perchè la presenza tra i rivoltosi di molti suoi veterani faceva diffidare se non sospettare.

    Ma alla fne ad Amilcare cartagine diede 70 elefanti, e circa diecimila soldati, la somma dei mercenari che si rivoltavano ai rivoltosi, e le fanterie e cavalleria urbane. La sua prima azione consistette nello sventare l'assedio di Utica, quindi passò alla controffensiva.

    Cartagine era collegata all'Africa da una lingua di terra in cui sono presenti colli di difficile accesso. Mato, uno dei rivoltosi, aveva occupato tali colli ed in più presidiato con una fortissima concentrazione di uomini (Polibio parla addirittura di "città") l'unico ponte del fiume Macara che non potendo esser guadato impediva ai cartaginesi qualsiasi movimento e collegamento con l'esterno.
    Il sistema di controlli doveva essere molto stringente perchè Polibio narra che neppure un singolo individuo avrebbe potuto sperare di guadare il fiume senza esser scorto dalle vedette. Figuriamoci un esercito.
    Amilcare osservò però come il vento fosse solito depositare nel greto del fiume talmente tanta sabbia da costituire una sorta di piccolo sentiero; attese che il fenomeno si verificasse nottetempo e sfuggì così col suo esercito ai presidi nemici attraversando il fiume. I nemici, si avvidero tardi delle mosse di Amilcare ma furono comunque in grado di organizzare una controsortita e mandare con Spendio circa 15.000 uomini. intanto Amilcare continuava la sua marcia avendo in testa i 70 elefanti, a cui seguivano cavalieri e fanti leggeri, ed infine in retroguardia, la fanteria pesante.

    Dice Polibio che non appena Barca si accorse come i nemici gli si facessero incontro baldanzosamente ribaltò il suo schieramento come un calzino. gli elefanti passarono dalla testa dello schieramento alle retoguardie, mentre i fanti pesanti, invertendo a loro vlta la direzione di marcia andarono in prima linea al cospetto dei nemici. Si trattava di un tranello, di un disordine e una ritirata simulati. I nemici nelle manovre dei punici vedettero una fuga precipitosa, mandando all'inseguimento le loro truppe in modo disordinato, mentre ormai ad attendere c'era la fanteria cartaginese rischierata. Fu un massacro. Prima affrontati dalla fanteria, poi caricati dalla cavalleria quindi calpestati dagli elefanti che li raggiunsero dalle retrovie, caddero circa 6.000 mercenari ribelli, mentre altri 2.000 furon fatti prigionieri. Amilcare con quella battaglia risollevò le sorti di Cartagine, e la stima di Narva, un comandante numida, potremmo dire il Maharbal di Amilcare che assicurò per il futuro i suoi 2.000 apprezzatissimi cavalieri ad Amilcare.

    dopo questa battaglia non vengono messi a disposizione molti altri e più specifici particolari sulle capacità tattiche e il carattere di Amilcare. Corse conme un pirata tutta l'africa con il suo fido Narva fino a quando Mato e Spendio furono sconfitti. Probabilmente egli stesso guardò impotente e con violenta rabbia alla perdita della sardegna. Dice Polibio che questi sentimenti ern diffusi in tutta cartagine poichè dall'isola sarda venivano tratte ingenti risorse sopratutto in caso di urgente e imprevista necessità . Partì infine per la spagna con Annibale e qui "morì da forte" come dice Tito Livio contro una forte tribù iberica. Ma ormai aveva teso nuovamente l'arco da guerra e trasfigurato se stesso in Annibale; e quando, dopo l'interregno di Asdrubale, finalmente il figlio sostituì il padre, diventando generale, Annibale "si comportò come se, non la Spagna, ma l'Italia gli fosse stata assegnata come provincia" (Tito Livio), e la freccia fu di nuovo pronta per esser scoccata.

    Edited by dedalonur9 - 12/6/2010, 00:23
     
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  5. pietrusco
     
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    Da dove proviene questo resoconto storico ded?
     
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  6. dedalonur9
     
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    da polibio e tito livio, sintesi mia.
     
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  7. LessàAlessandro
     
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    Bravo Dedalo, scrivi bene!


    CITAZIONE
    e di sdegno per la sconfitta della I guerra punica a cui si sommava la successiva perdita della Sardegna e il versamento di un aggiuntiva penale di guerra ai Romani, ad Amilcare Barca non restava che emigrare e cercare di restaurare le fortune cartagnesi altrove

    Ovunque si legge sempre che la molla che fece scattare la guerra fosse la presa di Sagunto.
    In realtà per me quello fu solo un pretesto, è più logico ritenere che la vera motivazione fosse la perdita della Sardegna, sottratta "indebitamente" dai Romani...tantè che anche Livio si schiera incredibilmente CONTRO la politica Romana messa in atto per prendere la Sardegna che, sempre secondo lo stesso autore, fu occupata in modo poco onorevole....senza rispettare i giuramenti presi precedentemente!
     
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  8. dedalonur9
     
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    CITAZIONE (LessàAlessandro @ 12/6/2010, 15:03)
    Bravo Dedalo, scrivi bene!

    grazie
    qualche ripetizione e refuso di troppo per la "fuetta-pressa"....infatti ho pure corretto qualcosina..

    CITAZIONE (LessàAlessandro @ 12/6/2010, 15:03)
    Ovunque si legge sempre che la molla che fece scattare la guerra fosse la presa di Sagunto.
    In realtà per me quello fu solo un pretesto, è più logico ritenere che la vera motivazione fosse la perdita della Sardegna, sottratta "indebitamente" dai Romani...tantè che anche Livio si schiera incredibilmente CONTRO la politica Romana messa in atto per prendere la Sardegna che, sempre secondo lo stesso autore, fu occupata in modo poco onorevole....senza rispettare i giuramenti presi precedentemente!

    sono d'accordo. Sagunto è il casus belli cercato da Annibale, sopratutto per la definizione ambigua dei trattati che ne disciplinavano la tutela e alleanza romana. si trovava nel punto di maggior attrito tra le faglie Punico romana. Comunque e per questi motivi a Sagunto la situazione era tanto precaria che se di lì non fosse passato il terremoto Annibale, un qualsiasi piccolo smottamento avrebbe comunque fatto crollare l'edificio e far scoppiare la guerra.
     
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  9. LessàAlessandro
     
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    Perfettamente d'accordo!
     
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  10. shardar
     
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    leo, la tua ricerca ha fatto capire come fossero indomabili e irriducibili i sardi di allora.
     
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54 replies since 22/5/2010, 08:52   1998 views
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