Sardegna

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  1. elsa gammata
     
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    CITAZIONE (Gratia @ 21/4/2007, 16:26)
    Ricognizione nel Dorghalese: Prima parte
    http://www.businessportal24.com/it/Ricogni...ima_174941.html

    ***********

    Ma... ma... Ma questa è roba mia.... Ahahahha. Che onore :D


    CITAZIONE (Gratia @ 1/5/2007, 22:17)
    Il nuraghe Li Luzzani

    Con la primavera ed il bel tempo mi sono ripromesso di alzare il sedere dalla sedia e di visitare qualche sito di mio interesse.
    La mia prima perenigrazione (rigorosamente da solo per non essere disturbato) si è svolta nella periferia di Sassari. Qua, nei pressi della zona industriale denominata Predda Niedda si trova il nuraghe Li Luzzani, che è anche l'unico nuraghe che si trova nei dintorni della città.
    Li Luzzani (che letteralmente vuole dire "le formiche") si trova in cima ad una piccola collinetta dove il pendio si appiattisce. A prima vista il nuraghe sembra un grosso
    cespuglio tant'è ricoperto di vegetazione; soltanto qua e la si scorge qualche filare, composto da grossi massi irregolari di calcare e di trachite. Lo stato completo di abbandono non fa apprezzare appieno la forma della struttura che in origine doveva essere trilobato o addirittura quadrilobato. Oltre alla torre centrale infatti (definita mastio) vi erano altre 3/4 torri che andavano a formare il bastione. L'igresso della torre principale è seminterrato (ImageShack - Hosting :: nuragheliluzzani001bg0.jpg (http://img260.imageshack.us/my.phpimage=nu...zzani001bg0.jpg )) ma in origine immetteva in una camera circolare, con copertura a tholos, che presenta tre nicchie disposte a croce e risparmiate nella muratura della camera. La nicchia che sta di fronte all'ingresso d'entrata è stato sfondata in passato e ad oggi costituisce l'unico ingresso al nuraghe(http://img260.imageshack.us/my.php?image=n...zzani007fy7.jpg). In sostanza entrando da questo ingresso "moderno"](*,) ci si trova dentro la camera, proprio di fronte all'andito che conduce all'igresso originale. Alla sinistra si può vedere una nicchia che presenta, sopra l'architrave, l'accesso alla scala sussidiaria di camera,a 2,60 m dal piano di calpestio. Il vano scala (ImageShack - Hosting :: nuragheliluzzani004zu5.jpg (http://img443.imageshack.us/my.php?image=n...zzani004zu5.jpg)), a sezione ogivale s'interrompe bruscamente sopra il piombatoio sull'andito d'ingresso. L'igresso della scala,probabilmente veniva raggiunto attraverso un ballatoio ligneo del quale son stati rinvenuti gli attacchi risparmiati nella muratura. E' un peccato che del nuraghe possa essere visitata soltanto questa camera, ma i vari crolli ne hanno reso inacessibili le altre zone. Il nuraghe è stato datato al XV- XI sec. a.C.

    http://www.businessportal24.com/it/Il_Li_Luzzani_183464.html

    Ma... ma... ma anche questo!!! :woot: :serenad:
     
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    STUDIOSO DEI POPOLI DEL MARE

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    caro (finisce che ti chiamerò CARA, se non cambi il NIK :D . A me non lo fa cambiare... ) Elsa... coasa credi LA NOSTRA INVIATA SPECIALE scova tutto e tutti! :P :B): :B):
    SHAR :devil:
     
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  3. Gratia
     
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    Si, Elsa.
    Cerco e trovo..... la Sardegna merita, del resto. Nel cercare sei capitata/o anche Tu.

    Buona vita,

    Grazia

    Torna su Videolina "La Porta sull'Infinito"

    Da sabato 7 luglio torna in onda su videolina

    "La porta sull'infinito". Per otto settimane alle 21, oltre che sul terrestre, sul canale sky 838 si potranno rivedere le puntate su:
    COSPIRAZIONE E CONTROLLO GLOBALE, I DRAGHI, IL DIAVOLO, L'ANIMA, I SOGNI, SARDEGNA E ENERGIE, GLI AVATAR, I VANGELI APOCRIFI

    http://www.dnamagazine.it/

     
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  4. Gratia
     
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    Racconti del Milese : I Giganti di Pietra

    Video:
    http://it.youtube.com/watch?v=lDHGRyMmC20

    I racconti del milese

    Kantu a tenore
    Fala su tempu in su nurake eternu
    Antigu entu e bellu pensamentu
    Sa' oghe de sas memòrias
    E sas caras des sos betzos imbenniados

    Pregana sos monumentos de pedra
    Su maestrale forte comente unu demoniu
    Si que jugede totta sas kàrtas
    Des sos mannos dimentigados
    Narana antigos testamentos
    de una terra gloriosa e immortale
    de druches e fortes sentimentos
    de unu populu fieru e de cultura musicale

    resthana sos padres qui narana
    sas gloria des sos mastros costrudores
    sa belleza de su bellu iere
    y sos versos de madre santa nostra.

    Ma su entu sinde pesada
    Da terra bentula e invida
    Sos pizzinos e sos ezzos
    A si ischidare e a bolare con issu

    Canto su sublime disizzu
    D'esser parte de su giogu de sa vida
    D'esser parte de su core de sa zente
    E de sa sardinia liberada

    Loi Salvatore, sctritto per essere cantato, dedicato al coro di Orgosolo

    Traduzione libera
    Il tempo si disperde sui nuraghi,
    un antico vento ed un bel pensare,
    la voce delle memorie
    ed i visi dei vecchi travolti dall'età

    Pregano i monumenti di pietra,
    il maestrale forte come un demonio
    si gioca delle carte dei Grandi dimenticati.
    Raccontano antichi testamenti di una terra gloriosa e
    Immortale
    Di dolci e forti sentimenti
    Di un popolo fiero e di cultura musicale

    Restano i padri che raccontano
    La gloria dei Grandi costruttori
    La bellezza del Vivere bello
    Ed i versi di nostra Santa Madre

    Ma il vento si solleva da terra
    E soffia ed invita
    I bambini ed i vecchi a svegliarsi
    E a volare con lui.

    Canto il sublime desiderio
    Di essere parte del gioco della vita,
    di essere parte del cuore della gente
    e dell'isola liberata


    Danza di Desulo
    CANZONE A BALLU
    Questo mirabile brano di musica sarda tra i più difficili da cantare e poco eseguito dalle corali sarde fu compostoda Ennio Porrino. A lui sono legati pezzi famosi come traccas del 1931 con versi del poeta Sebastiano Satta e Sardegna,
    poema sinfonico del 1933.
    Ennio Porrino nacque a Cagliari nel 1910, nel 1957 venne nominato direttore del conservatorio del capoluogo sardo,i morì a Roma nel 1959. Tra le sue composizioni si possono annoverare
    Gli Orazi, Il processo di Cristo, I canti dell'Esilio.Canzone a ballo e Ninna Nanna
    molto ritmica che evoca alcuni strumenti musicali della cultura sarda.
    I colori utilizzati dal maestro cagliaritano sono precisi e dettagliati: sonoro, vibrato, rude e cavernoso; pesante come fisarmonica; molto ritmato e accelerato.
    Dalle indicazioni della partitura del musicista cagliaritano sembrerebbe emergere un rapporto stretto tra la voce umana ed i timbri strumentali, come quello della fisarmonica.
    Lo stesso colore rude e cavernoso ripropone magicamente gli ambienti naturali della Sardegna, quasi come se fosse
    un richiamo ancestrale, cosi come nella notte dei tempi si perde questo brano. Forse la natura stessa è chiamata in causa imitata, richiamando sinergicamente sia il vociare
    ed il canto degli animali sia il rumore incalzante del vento.
    Proud to be Sardinian
     
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  5. Gratia
     
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    Riprendono gli scavi archeologici nel sito fenicio-punico di Pani Loriga di Santadi, nella provincia di Carbonia Iglesias.
    Redazione Archaeogate, 11-07-2007
    Sono ripresi dopo tanti anni i lavori di scavo nel sito di Pani Loriga (Santadi, CI). La Missione, che si è svolta durante il mese di giugno, è stata diretta sul campo dai Dott. Massimo Botto e Ida Oggiano, ricercatori dell'ISCIMA del CNR, in accordo con la Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano e con la collaborazione del Comune di Santadi e del curatore del locale Museo archeologico, Remo Forresu.
    L'indagine si è rivolta a due differenti aree del sito. Da una parte sono stati ripresi gli scavi dell'abitato punico, dall'altra si è proceduto al rilievo del complesso sistema difensivo. Le ricerche in abitato sono state indirizzate allo scavo di un settore di un edificio non interessato dalle precedenti indagini svoltesi a Pani Loriga fra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta del secolo scorso. I nuovi scavi hanno dato risultati di estremo interesse mettendo in luce sotto il crollo delle strutture murarie, realizzate con uno zoccolo in pietra ed un alzato in mattoni crudi, uno strato di distruzione con la presenza di un considerevole numero di anfore puniche datate al V sec. a.C. destinate alla conservazione degli alimenti. L'omogeneità del complesso dei materiali sigillati dal crollo permette inoltre di datare il settore dell'abitato dove risulta ubicato l'edificio nei momenti iniziali della presenza cartaginese in Sardegna.
    Le indagini alle fortificazioni che interessano l'intera collina dove è ubicato l'insediamento hanno portato all'individuazione di un sistema difensivo articolato del quale sono state individuate due fasi edilizie databili in via preliminare al VI e al IV/III sec. a.C. Tali fortificazioni si collegano quindi alla più tarda presenza fenicia sull'isola (VI secolo) e al momento di massima espansione cartaginese nel territorio sulcitano (IV/III secolo).

    http://www.archaeogate.org/classica/article.php?id=625
     
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  6. Gratia
     
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    Comparazioni etnografiche

    http://www.antichicammini.it/gallerie/Comp...lbum/index.html
     
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  7. Gratia
     
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    Protocollo d'intesa tra Regione e Istituto europeo itinerari culturali

    La Regione Sardegna si impegna a promuovere gli itinerari fenici e, con atti successivi, a contribuire a realizzare progetti di valorizzazione dei siti fenici isolani
    REGIONE.SARDEGNA.it - 3 Luglio 2007

    Cagliari, 2 Luglio 2007 - L'assessorato del Turismo della Regione Sardegna e l'Istituto europeo degli itinerari culturali firmeranno domani a Cagliari una convenzione per la promozione del progetto "Rotta dei fenici".

    L'itinerario "Rotta dei Fenici" è stato accettato dall'Istituto europeo quale progetto pilota del turismo culturale in Europa e ha ricevuto la menzione di itinerario culturale del Consiglio d'Europa. L'iniziativa ha lo scopo di mettere in evidenza il rapporto storico tra Sardegna, Sicilia, Mediterraneo ed Europa seguendo le direttrici nautiche dei Fenici.

    Con questo protocollo d'intesa la Regione Sardegna si impegna a promuovere gli itinerari fenici e, con atti successivi, a contribuire a realizzare progetti di valorizzazione dei siti fenici isolani.

    L'Istituto europeo assicurerà il supporto tecnologico, strumenti istituzionali, informazione e diffusione del progetto a livello europeo. Assicurerà altresì la partecipazione alla formazione del personale che la Regione coinvolgerà nel progetto, in particolare nel campo amministrativo, della mediazione culturale e della comunicazione. Infine l'Istituto europeo si impegnerà a valorizzare i siti fenici della Sardegna.

    La convenzione sarà firmata dall'Assessore del Turismo Luisanna Depau e dal direttore dell'Istituto europeo degli itinerari culturali, Michel Thomas-Penette.

    L'Istituto europeo degli itinerari culturali è nato nel 1997 in seguito alla firma di un accordo politico tra il Consiglio d'Europa e il Gran Ducato del Lussemburgo. Scopo principale dell'istituzione è dare attuazione al programma degli itinerari culturali del Consiglio d'Europa.

    www.regione.sardegna.it

    http://www.newsfood.com/Articolo/Italia/20...i-culturali.asp
     
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  8. Gratia
     
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    23.07.2007 12.12


    Monte Carru, la necropoli a rischio cemento
    Durante i lavori di scavo per un nuovo complesso residenziale alle porte della città, sarebbe tornata alla luce una necropoli risalente a più di duemila anni fa
    ALGHERO – Allarme archeologia nell'agro ad Alghero. A lanciarlo è Ferruccio Zarini, ispettore onorario alle antichità, che commenta le ultime notizie relative al ritrovamento di una necropoli risalente all’anno 50 avanti Cristo. Sarebbero ben centocinquantotto le tombe già scoperte nella zona e, secondo Zarini «Se c’è una necropoli di queste dimensioni, ci dev’essere anche una città di grandi proporzioni». Dopo le prime notizie diffuse dalla stampa, Zarini sente la necessità di chiarirne alcuni aspetti. «Il ritrovamento è stato effettuato proprio alla base di Monte Carru, non durante lavori di scavo a La Purissima. Mi spiace, ma sembra quasi che si voglia far sparire il toponimo di Monte Carru , legato al nascente complesso residenziale e trasferire la necropoli in altro luogo. Per consuetudine non è considerata cosa confacente al proprio prestigio vivere in prossimità di un cimitero». Ma le incongruenze, o mancanza di chiarezza, per l’ispettore alle antichità, non finiscono qui. «Non si accenna minimamente – prosegue - al fatto che dopo gli scavi ed i rilievi effettuati dai quattordici archeologi presenti e, chissà per quale motivo stabiliti sino al 9 Agosto, il tutto verrà completamente distrutto con l’ausilio di grossi mezzi meccanici. Si potrebbe quindi recepire che, oltre al valore pubblicitario per la “Amp Costruzioni” di Mariano Carta, per le sue duecentoventi ville, si stava facendo la commemorazione di un importante sito archeologico, millenaria testimonianza conservata dal nostro territorio». Ma Ferruccio Zarini non ci sta. «Di fronte a situazioni simili, parlo della distruzione del luogo, - spiega - si rimane perplessi. Ovviamente il tutto si farà col beneplacito degli organi competenti, sia quelli comunali che quelli preposti alla tutela del patrimonio storico archeologico. Purtroppo si assiste spesso a strani modi di agire di cui bisognerebbe dare esauriente spiegazione alla cittadinanza. Per quanto riguarda la necropoli si dice semplicemente che non è monumentale. Se qualche algherese ha nella sua campagna gli insignificanti resti di un nuraghe conclude ironizzando amaramente - magari solo un filare di pietre, può tranquillamente spianare. Non è certo una testimonianza monumentale»

    http://www.alguer.it/notizie/alghero/12931...ischio_cemento/

     
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  9. Gratia
     
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    Il riso sardonico

    Scritto da Junfan
    giovedì 19 luglio 2007

    Antoine-Claude Pasquin (1789-1847), noto con lo pseudonimo di Valery, francese, classicista e romantico, scrisse "Il Viaggio in Sardegna" con l'intento di costituire una sorta di guida, un “Indicatore” che, analogamente alla sua opera più nota, "Voyages historiques et littéraires en Italie, pendant les anneés 1826, 1827 et 1828, ou l’Indicateur italien", avrebbe dovuto accompagnare i turisti nella visita di quella terra quasi sconosciuta che era allora l’Isola, consentendo inoltre l’iniziazione di un pubblico più vasto all’originalità della sua letteratura, alle diversità di lingua e di costumi.

    Leggiamo cosa scrive relativamente al famoso "riso sardonico".....



    L’abbondanza di ranunculus sceleratus nelle vallate di Fordongianus riporta alla ribalta la questione del riso sardonico o della smorfia.
    Secondo un’antica tradizione, la contrazione dei muscoli facciali veniva provocata dall’ingestione di una certa pianta ed era seguita da contorsioni del tutto involontarie che diedero luogo all’espressione «ridere contro voglia» e, di conseguenza, fu usato come sinonimo di ipocrisia o scettica risata di scherno.

    Un medico che viveva in città, la cui conoscenza della botanica, acquisita presso un’università straniera, e la grande esperienza dell’Isola, gli conferivano molta autorevolezza, mi informò che esistono due piante: una, che è qualcosa di simile al prezzemolo selvatico, nota come aethusa cynaprium; l’altra, il ranunculus sceleratus, o ranuncolo dalle foglie a forma di sedano, da molti ritenuta una specie inferiore.
    Queste piante crescono in abbondanza in luoghi paludosi e spesso vengono confuse con altre commestibili. Se vengono ingerite, gli effetti che causano sono la nausea, il vomito e le vertigini, seguiti non soltanto da una contrazione dei nervi del viso, ma anche di altre parti del corpo. I rimedi cui il citato medico ricorreva in tali evenienze erano gli emetici, l’olio d’oliva, i salassi, la dieta assoluta e l’acqua zuccherata.

    Il capitano Smyth così annota: «Nelle mie frequenti indagini sull’argomento, riscontrai che era molto diffusa l’opinione della sua esistenza e che il risus sardonicus era un termine d’uso comune. Da diverse persone la pianta mi fu
    descritta come un’erbaccia parassita che cresce sulle sponde dei ruscelletti fra le piante acquatiche e che, a Terranova, viene chiamata djarra mentre a Tempio cohone. Un agricoltore di Alghero mi disse che era pericolosissimo mangiare i crescioni d’acqua perché il mortale parassita aderisce strettamente alle foglie ed a ragione di ciò mi consigliò di ordinare ai miei barcaioli di buttar via alcuni begli esemplari che avevano appena colti.
    Comunque, dal momento che non riuscii a procurarmene uno in alcuna di quelle località, né ad ottenere una qualche attendibile informazione sull’argomento, debbo dedurre che, o in quelle zone l’erba non è stata riconosciuta dagli studiosi moderni, oppure che tutta la faccenda sia da ascrivere ad una leggenda popolare che non merita credibilità maggiore di quella delle fonti magiche ecc.».

    Vediamo ora in quale misura queste affermazioni siano confermate dagli autori antichi.
    Plinio (1) parla di quattro specie di ranuncolo, la seconda delle quali si identifica nel summenzionato sceleratus e nel sedano selvatico, o melissophyllon, il nostro aethusa cynaprium, che egli afferma essere «decisamente da bandire in Sardegna per le sue proprietà venefiche». Dioscoride (2) afferma che «quando esso viene ingerito, fa perdere i sensi e produce uno strano spasimo, così che sembra veramente che coloro che lo hanno mangiato ridano di continuo e da qui deriva, perciò, l’espressione del “riso sardonico”. In caso di spasmi, occorre somministrare al paziente miele ed acqua, fargli bere una grande quantità di latte, praticare bagni caldi a base di olio ed acqua, frizioni, unzioni ed ogni altro genere di rimedi».
    Andrés de Laguna, dibattendo l’argomento in un brano della sua opera, Sobre Dioscórides Amazarbeo (dedicato, non a caso, all’Imperatrice del Cielo, la Vergine degli Abbandonati, «a la Emperatriz del Cielo, la Virgen de los desamparados»), consiglia di trattare il caso in modo simile a qualsiasi altro spasmo, soltanto che è necessario l’impiego di calore. Il rimedio suggerito, per certi versi, è anche divertente: «Tiénese pues en este caso por remedio excelente la borrachez; y así convién emborrachar los pacientes, dándoles a bever vino dulce en gran cantidad para que duerman muy largo tiempo», «In questo caso l’ubriachezza costituisce un rimedio eccellente e perciò conviene
    ubriacare i pazienti, dando loro da bere gran quantità di vino dolce cosicché dormano a lungo».
    Egli consiglia inoltre impacchi caldi di vino e di erbe varie applicati, in particolare, sulla colonna vertebrale e sul collo.
    Solino nel Polyhistor (3) fa una descrizione analoga degli effetti di questa pianta.

    L’espressione proverbiale del “riso sardonico” è assai antica.
    La usa anche Omero (4) e su questo punto i commentatori si sono cimentati in una lunga dissertazione, attribuendone l’origine alla tradizione dell’accabadura (5), un argomento trattato in altro punto.
    Per ulteriori delucidazioni il lettore viene rinviato a Strabone, Platone (6), Cicerone, Virgilio, Polibio, Plutarco, Luciano e Xenodoto i quali tutti usano l’espressione nel medesimo senso.
    Le parole di Pausania sono forse sufficientemente interessanti da meritare una completa citazione: «L’Isola è inoltre indenne da ogni specie di erbe velenose e letali, ad eccezione di una che assomiglia al prezzemolo la quale, si dice, faccia morire ridendo coloro che la mangiano. Da questo particolare, Omero per primo, successivamente gli altri, definiscono sardonico il riso che nasconde una malattia mortale. Quest’erba cresce per lo più in vicinanza di ruscelli e tuttavia non trasmette all’acqua la sua potenza venefica».
    Xenodoto, citando il proverbio (7), allude ad una frase di Eschilo la quale è stata interpretata in maniera analoga al brano di Omero con riferimento alla accabadura ed anche Andrea Scotto ha formulato dotte osservazioni sull’argomento nella sua edizione di Xenodoto (8).

    Quasi tutti i botanici si soffermano sul sapore am aro della pianta del ranuncolo, specialmente dello sceleratus, e dai summenzionati accreditati autori risulta evidente che le sue qualità peculiari fossero ben note agli antichi, così come lo sono agli attuali abitanti dell’Isola. L’uso della pianta, come dimostrato dalla moderna farmacopea, conferma
    pienamente la leggenda e il proverbio, ma con questa differenza: invece che dannosa, viene ora considerata un’erba medicinale di grande utilità.


    1. Plinio, lib. XXV, cap. 109.
    2. Dioscoride, lib. VI, cap. 14.
    3. Solino, Polyhistor, cap. IV.
    4. Omero, Odissea, XX, v. 301.
    5. Si dice che nei tempi antichi fosse usanza dei figli uccidere i genitori una volta diventati inabili per età o per altre cause. Gli veniva sfracellato il cranio con dei grossi bastoni ed i loro corpi venivano gettati da un precipizio in onore di Saturno. Da qui il termine accabadura dallo spagnolo acabar, finire, uccidere (N.d.T.).
    6. Platone, lib. I; Cicerone, Epistula ad Familiares, lib. VII; Epistula XXV ad Fabium; Virgilio, Egloghe, VII, v. 41; Virgilio, Eneide, I, v. 213; Polibio, lib. XVII, cap. 7; Plutarco, Vita di Caio Gracco, cap. 12 e in Saggi sulle dottrine di Epicuro; Luciano, Lucius sive Asinus, cap. 23; Xenodoto, Centuria, v. 85; Pausania, lib. X, cap. 17.
    7. Xenodoto, Centuria, v. 85.
    8. A. Scotto, Anversa, 1611, p. 147.

    http://www.contusu.it/index.php?option=com...ask=view&id=427
     
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  10. Gratia
     
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    IL RITORNO DI ANNIBALE. In viaggio sulle orme del condottiero che sfidò Roma

    Prima tappa Sant'Antioco, in Sardegna, la Sulkì della tradizione punica

    Sardegna, l'isola che profuma di oriente
    Perla contesa da Romani e Cartaginesi

    DI PAOLO RUMIZ


    Il vento africano si sveglia a mezzogiorno sull'isola di Sant'Antioco, a Ovest di Capo Teulada. Picchia rovente sul porto fenicio semisommerso e il castello sabaudo in cima alla collina, strapazza le bandiere dei pescherecci, fa ondeggiare le agavi, disidrata i lentischi come un enorme asciugacapelli. Ti cucina dentro. Quando succede, è meglio non uscir di casa e aspettare la sera, finché il mare diventa "color del vino" come quello descritto da Omero, gli osti stendono bianche tovaglie sotto i pergolati e sull'Iglesiente si sveglia la brezza di terra.

    Sant'Antioco - la Sulkì dei fenici e dei cartaginesi - non appartiene all'Europa. Lo dicono le vigne millenarie venute dal Libano, i leoni di pietra africani che guardano le porte della città perduta, i bronzi e i cocci sparsi nei campi. Lo confermano gli uomini, irsuti e taciturni come naufraghi di un mondo perduto; e le donne, olivastre, dagli occhi duri, cloni inconsapevoli della dea Demetra. Qui tutto sembra venire da oltremare, persino il mucchio selvaggio di olivastri, corbezzoli e mirti sparsi sul pendio. Anche la laguna interna, che al mattino s'incendia come un tempo a Cartagine.

    Se l'Africa è vicina, Cartagine - alla periferia di Tunisi - è vicinissima. 105 miglia appena, meno della Sicilia. A bordo di una trireme ci avrei messo, per andarci, un giorno e una notte soltanto, con l'aiuto del maestrale. Un posto a bordo l'avrei trovato subito, il traffico era continuo. Oggi è tutto finito. Non esistono più linee passeggeri dirette: con l'aereo dovrei fare scalo a Roma e col traghetto a Trapani. Questi peripli infami sono il regalo della globalizzazione: l'Africa è diventata lontana, le isole hanno perso importanza, il Mediterraneo s'è spaccato in due, Islam contro Cristianesimo.

    Proprio per questo cominciamo da qui, dove pure Annibale non è stato mai. E' in Sardegna che misuriamo la decadenza dalla gloria di allora. Qui comprendiamo il "grande gioco" che scatenò il secondo, micidiale conflitto punico. A differenza dell'Italia di oggi, Roma non trascurava le isole. Voleva fortissimamente la Sardegna perché stava al centro del mare, e quel mare era il volano del suo dominio nascente. Per questo la rubò a Cartagine alla prima occasione, approfittando di una crudele guerra civile scoppiata in Africa dopo il primo conflitto punico. Fu allora che il padre di Annibale, Amilcare Barca, capì: con Roma la coabitazione era impossibile.

    Piero Bartoloni è il governatore-ombra di Sulkì. Come archeologo, regna incontrastato sui tremila anni di storia dell'isola, le rovine cartaginesi e la sterminata popolazione di trapassati di un territorio dove case e necropoli si toccano, in labirinti sotterranei inestricabili. Ma il professore non è solo questo. E' anche l'unico romano di Roma tenacemente filo-annibalico che esista. Lui a Sulkì ci abita apposta per stare lontano dalla Dominante. Si sente a casa sua solo in quest'ultima periferia, accanto al suo mondo perduto.

    "I Fenici - racconta - venivano dal Medio Oriente, erano gente di mare come i Filistei, i palestinesi. Commerciavano la porpora e il bisso color dell'argento. Navigavano fino alla latitudine dei Quaranta Ruggenti, quando ancora i Romani abitavano in capanne di fango". Poi vennero i Cartaginesi, che erano Fenici africanizzati, intrisi di cultura greca. Anche loro erano navigatori indomiti. Con l'ammiraglio Annone spinsero le loro navi fino al golfo di Guinea approfittando degli alisei.

    Ma Roma imparò presto a usare il mare, entrando in conflitto con Cartagine e battendola nello scontro navale delle Egadi. Il mare era la grande autostrada, la ricchezza, la misura del mondo conosciuto. Quando se ne allontanavano, gli antichi provavano vertigine da ignoto. Per questo le legioni, dopo aver sconfitto Annibale, avrebbero atteso decenni a conquistare la Padania, pur avendo già messo le mani sulle coste di mezzo Mediterraneo. Roma soffriva di mal di terra.
    Per i Greci non era diverso. "Pontos" - da cui "ponte" - era la mitica passerella per l'altrove. "Andrai fin dove i popoli non hanno mai visto il mare", aveva detto un indovino a Odisseo col tono di una tremenda condanna. La paura della profonda terraferma e delle sue montagne era tale che gli elleni la battezzarono Epiro, cioè "il non misurabile". Solo un figlio di quelle selvagge Terre del Limite, Alessandro, sarebbe riuscito a rompere il tabù, spalancando ai Greci - con la conquista dell'Asia - una dimensione terrestre mozzafiato.

    Vento, scampanìo, agavi che ondeggiano come alberi maestri. Saliamo sul castello sabaudo, costruito su un basamento di gigantesche pietre puniche. "Ecco, qui sei sull'ago del compasso. Intorno hai Trapani, Cartagine, Roma, le Baleari. Tutte a un tiro di schioppo. Più lontano, Marsiglia dei Greci. Dall'altra parte il faro d'Alessandria sul Delta del Nilo. Un po' più a Nord, la favolosa Colchide in fondo al Mar Nero. A Occidente, le porte dell'Oceano, le Colonne d'Ercole. Traguardi questo smisurato campo d'azione e misuri tutta la potenza marittima di Cartagine".

    Ceniamo all'aperto con tonno fresco e vino fenicio, un Kanai robusto e denso come la terra di Sardegna. Il viceré mastica in silenzio, un sole albicocca tramonta nel mare color prugna. "Vuoi davvero capire quel mondo?" chiede a bruciapelo. "Pensa a ciò che mangi. Questo tonno l'hanno preso stamattina. Sapevi che a Sant'Antioco c'è una delle ultime tonnare? E da chi credi che qui abbiano imparato la tecnica della tonnara?". Lascia la domanda in sospeso, poi stringe il pugno come per quagliare un concetto, e risponde a se stesso: "Dai Fenici".

    Sono uscite le stelle, la macchina del tempo s'è messa in moto alla grande. "Prendi i nomi dei pesci. Anche quelli vengono da Oriente. Salpa, da "Shelba". Murena, da "Mrina". Triglia da "Trilia". Orata era "Orata" già tremila anni fa". Con l'espansione dell'Islam, l'arabo - parente stretto del fenicio - si limitò a far breccia sulla strada già segnata dai cartaginesi. Ammiraglio viene da "Al amir al bakhr", il capo del mare. Feluca, da "Fluka", barca. Cassero è figlio di "Al Kasr", il castello. E poi arsenale, generato da "Dar assina", la fabbrica. Roma avrà anche dominato le terre emerse, ma forse è stata solo una parentesi in un mare tutto segnato dall'Oriente. Fenici, Cartaginesi, Arabi, Greci, Turchi. E Venezia.

    Luna, silenzio. Alture con rocce sommitali grigie, squadrate come fortezze, coperte di licheni arancione, disseminate di piccole lapidi. Saliamo verso il "Tofet", il cimitero dei bambini. In posti così i cartaginesi seppellivano i loro morti prematuri, dolcemente, in pentole da cucina in terracotta, con accanto giocattoli e piccoli doni. Il mondo punico è disseminato di queste necropoli infantili, riservate a chi non aveva passato ancora il rito dell'iniziazione.

    Ebbene, su questi teneri monumenti alla pietà s'è consumato uno dei più sporchi imbrogli della storiografia. I cartaginesi, si disse, sacrificavano i loro primogeniti, li sgozzavano da bambini e li gettavano nel fuoco, per ingraziarsi il dio Molok. L'idea prese piede nell'Ottocento e fu in gran voga fino alla fine del ventesimo secolo. Nessuno osava contestarla. Tutto congiurava a tenerla in piedi. La "damnatio memoriae" dei Romani contro il "perfido" Annibale e la sua gente, la diffidenza latina contro i levantini "imbroglioni", il pregiudizio cattolico contro i pagani. Perfino l'accusa dei sacrifici rituali di bambini, mossa contro gli ebrei, e poi trasferita pari pari sui loro cugini naviganti.

    "Era, ovviamente, una balla colossale. Non ci volle molto a capirlo. Allora la mortalità era altissima, sette bambini su dieci morivano nel primo anno di vita; se avessero sacrificato i sopravvissuti, l'intero popolo fenicio si sarebbe estinto". Bartoloni raccoglie una piccola pietra incastrata in una fessura, la soppesa, la alza verso le stelle. Mormora: "Chissà chi l'ha messa, e quando". Poi sillaba: "Bet-El". Casa di Dio. E' il nome di quel sasso. Nel mondo semita bastava una pietra a rappresentare il Tutto.

    Chissà quanto peseranno le ceneri di Annibale, si chiedevano ironicamente i Romani a guerra finita. La domanda era costruita apposta per ricevere in risposta un'unica parola: "Niente". La conferma, cioè, che il grande babau era diventato nulla, era sparito dalla storia. Ma i Romani non avevano fatto i conti col mito. La leggenda che - come vedremo - avrebbe invaso il Mediterraneo per secoli dopo la sua morte.

    (30 luglio 2007)

    http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/c...o-annibale.html
     
    .
  11. Gratia
     
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    Monti Carru, l'antica Carbia?

    Si tratta dunque di uno dei ritrovamenti più importanti degli
    ultimi anni in Sardegna, e certamente di una delle necropoli più
    interessanti fino ad ora venute alla luce ALGHERO - L’area di Monti
    Carru è da sempre zona di interesse archeologico, in quanto nelle
    estremità ovest ed est della collina sono presenti due torri nuragiche.

    A seguito di una lottizzazione, attualmente in esecuzione, sono state
    cedute al Comune, come aree di verde pubblico, le due fasce di rispetto
    intorno ai nuraghi, che quindi potranno essere oggetto di futura
    valorizzazione.

    Durante i primi lavori edilizi sono state individuate due urne
    cinerarie di età romana che hanno pertanto determinato l’intervento della
    Soprintendenza Archeologica di SS-NU per le tutele del caso. Con la
    prosecuzione dei lavori, nel periodo di giugno di quest’anno è stata fatta
    un’indagine preliminare nella fascia di terreno interessata da nuovi
    interventi, per verificare la eventuale sussistenza di rischio archeologico.

    Le indagini eseguite hanno rivelato da subito la presenza di alcune
    tombe di età romana (di I^ sec. d.C.) facenti parte, come si è poi potuto
    accertare con l’ampliamento delle ricerche, di una vera e propria
    necropoli, costituita al momento da circa 160 tombe di varia tipologia (a
    fossa terragna, alla cappuccina, a cassa, in anfora). Si tratta dunque di
    uno dei ritrovamenti più importanti degli ultimi anni in Sardegna, e
    certamente di una delle necropoli più interessanti fino ad ora venute
    alla luce.

    Dato altrettanto importante dal punta di vista storico è che questa
    necropoli conferma ulteriormente la presenza nelle vicinanze di un abitato
    romano di notevole estensione ( le cui tracce per altro erano già
    state evidenziate ed accertate negli anni passati negli scavi archeologici
    effettuati nell’area limitrofa della Purissima), che potrebbe
    ragionevolmente far supporre che si tratti dell’antica città di Carbia, citata
    dalle fonti antiche, la cui collocazione certa però è sempre stata
    oggetto di studio.

    Le indagini vanno avanti ormai da un paio di mesi e sono impegnati
    nelle attività di scavo 15 archeologi. Le spese sono sostenute interamente
    dall’Impresa Amp costruzioni di Mariano Carta, titolare dei lavori di
    lottizzazione dell’area. I lavori sono seguiti dalla Soprintendenza
    Archeologica di SS-NU, nella persona della Dott.ssa Daniela Rovina,
    responsabile del cantiere di scavo archeologico è la Dott.ssa Alessandra La
    Fragola.

    L’Ufficio Servizi Culturali e Territorio-Museo fornisce assistenza
    logistica, in relazione alle attività del costituendo Museo Civico
    Archeologico, che quindi si appronta ad ospitare anche i reperti provenienti
    dalla Necropoli di Monti Carru.



    foto: Monte Carru

    http://www.algheronotizie.it/articoli.php?id_articolo=4381


    ***

    Necropoli di Monte Carru, visita del sindaco Cresce
    l´interesse intorno al ritrovamento nell´agro algherese ALGHERO – Dopo
    lo straordinario ritrovamento della necropoli di età romana a Monte
    Carru e l’allarme archeologia lanciato dall’ispettore onorario alle
    antichità Ferrucio Zarini, affinché non vengano danneggiati i preziosi
    ritrovamenti, ecco l’atteso intervento del sindaco. Domani mattina alle ore
    11, Marco Tedde sarà proprio nei pressi della Necropoli per un più
    approfondito sopralluogo. Si tratta di uno dei ritrovamenti più importanti
    degli ultimi anni in Sardegna, e certamente di una delle necropoli più
    interessanti fino ad ora venute alla luce. Le indagini eseguite hanno
    rivelato da subito la presenza di alcune tombe di età romana (di Io sec.
    d.C.) facenti parte, come si è poi potuto accertare con l’ampliamento
    delle ricerche, di una vera e propria necropoli, costituita al momento
    da circa 160 tombe di varia tipologia. Sarà certamente importante
    che gli organi competenti, dalla Soprintendenza allo stesso comune di
    Alghero, provvedano alla salvaguardia dell’importante ritrovamento,
    nella speranza che una volta terminati i lavori di scavo e messa in
    sicurezza, possa essere reso fruibile alla collettività.


    http://www.alguer.it/notizie/alghero/13047...visita_sindaco/



     
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  12. Gratia
     
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    SCOPERTE ARCHEOLOGICHE A SANTA GIUSTA VICINO ORISTANO

    Due eccezionali scoperte archeologiche nel territorio del Comune di Santa Giusta, vicino Oristano, sono state annunciate dal sindaco del paese Antonello Figus e dagli arcehologici Sandra Del Vais, dell'Universita' di Cagliari, e Ignazio Sanna, della Sovrintendenza ai beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano. Si tratta del rinvenimento, nelle acque dello stagno, di un molo in legno dell'antico porto della citta' fenicia di Othoca e di una tomba a camera nella necropoli di Santa Severa, al centro dell'abitato. Due testimonianze risalenti al periodo tra il VI e III secolo a.C. "L'eccezionalita' della scoperta", ha spiegato il sindaco di Santa Giusta Antonello Figus, "e' data dal fatto che i resti del molo sono una testimonianza eccezionale, in quanto il materiale ligneo e' stato preservato dal fango del fondale dello stagno. La tomba a camera, invece, sara' la quinta di questa tipologia scoperta nel bacino del Mediterraneo". Una tomba a camera era stata scoperta nella stessa necropoli di Santa Severa 25 anni orsono. All'interno era stato recuperato materiale di grande valore storico. Stavolta l'apertura della tomba appena scoperta seguira' una procedura molto piu' attenta. Si indaghera' utilizzando delle microtelecamere e con molta probabilita' si costruira' attorno una sorta di camera sterile per evitare che eventuali pareti affrescate possano essere danneggiate dall'ingresso di aria. Di notevole interesse storico anche la scoperta avvenuta nello stagno di alcuni pali e listelli in legno che formavano secondo i ricercatori un molo del porto dell'antica Othoca. La struttura si trova su un fondale di appena un metro ed e' sommersa da circa un metro e mezzo di fanghiglia. Il rinvenimento e' avvenuto a circa 500 metri dalla riva dello specchio d'acqua. Cio' induce a pensare che le acque dello stagno di Santa Giusta nel tempo si siano sollevate e abbiamo occupato nuovi spazi, accrescendo la superficie del compendio. Troverebbe conferma, inoltre, l'ipotesi che le navi fenicie raggiungessero il porto della citta' di Othoca addentrandosi dalla foce del Tirso e percorrendo poi il canale di Pesaria, tra Oristano e Santa Giusta. "Gia' nei mesi scorsi erano stati recuperati materiali di grande valore storico", ha spiegato ancora il sindaco Figus. "Va sottolineato che l'area dello stagno oggetto di indagine da parte degli archeologi e' di appena 20 metri quadrati, mentre l'intero specchio d'acqua si estende per 850 ettari. Cio' induce a pensare che possano seguire nuove e ancora significative scoperte". Gli archeologi hanno gia' provveduto a inviare frammenti dei materiali rinvenuti sul fondo dello stagno di Santa Giusta a un laboratorio di un'Universita' del Massachusetts per una datazione certa da ottenere attraverso le analisi chimiche.
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    STUDIOSO DEI POPOLI DEL MARE

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    Un'altra prova archeo che dà ragione alla teoria di L. Melis sulle città shardana sommerse nel 1200 a.C.... quindi costruite PRIMA dell'arrivo dei cosidetti Fenici. :B):
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  14. Gratia
     
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    La bella età dei giganti di pietra

    http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_...70719154154.pdf
     
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  15. Gratia
     
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    La Nuova Sardegna, sabato 11 agosto 2007

    Cultura&spettacolo, pag. 41
    ARCHEOLOGIA

    IN TRE SERATE LA VERA STORIA DEI SARDI
    Al via a Orosei dal 21 agosto un ciclo di dibattiti scientifici sulla
    civiltà nuragica

    Di Antonello Sechi

    OROSEI. I sardi di oggi e quelli che abitavano nei nuraghi avevano
    praticamente lo stesso Dna. Lo si poteva immaginare ma adesso è una
    certezza che arriva dagli studi di Guido Barbujani, dell'Università di
    Ferrara. Un dato eclatante, di cui finora sapevano solo gli addetti ai lavori.
    Più fa-
    cile pensare che l'ossidiana del Monte Arci, utilizzata per costruire
    armi e arnesi per tagliare, fosse esportata fuori dalla Sardegna. Anche
    questo ora è una certezza, confermata dagli esami di laboratorio: i
    sardi di qualche millennio fa piazzavano quella pietra nera e lucente
    nell'Italia settentrionale e nel sud della Francia.
    Così come è ormai quasi certo che il cannonau sia "roba sarda" e non un
    vitigno importato dalla Spagna.
    Sarà che un sardo emigrato sente più forte il legame con la sua terra,
    ma è certo che gli argomenti scelti da Gianfranco Bangone per la prima
    edizione delle "Serate di Archeologia", che si terranno a Orosei nei
    prossimi giorni, hanno un fascino che va anche oltre il loro valore
    scientifico. Ban gone, oroseino è il direttore del bimestrale "Darwin", una
    rivista che conta nel board editoriale nomi come Umberto Veronesi ed
    Edoardo Boncinelli. Da sempre fa il giornalista scientifico, ha lavorato
    al
    "Manifesto" e a "Panorama", è consulente di "Spoleto Scienza" e di
    manifestazioni internazionali sul futuro della scienza. L'idea,, adesso, è
    di mettere in piedi a Orosei un vero e proprio festival della scienza,
    un appuntamento annuale che, in qualche modo, potrebbe essere
    paragonato al
    festival letterario di Gavoi o al festival del cinema di Tavolara.
    «L'idea — spiega Bangone — è nata dopo il successo di uno speciale come
    "Archeologia in Sardegna", che abbiamo fatto l'anno scorso ed è andato
    esaurito in quattro giorni. Altrettanto, quest'anno, è successo per
    "Sardegna sconosciuta". Il secondo elemento è stato la disponibilità di Casa
    Cabras». Gianni Cabras, anche lui oroseino, psichiatra a Torino, l'ha
    restaurata. «È un edificio antico e bellissimo — spiega Bangone — Un
    altro ne avrebbe fatto un hotel de charme, lui ha deciso di metterla a
    disposizione per questo progetto che ha trovato l'entusiasmo
    dell'amministrazione comunale guidata da Gino Derosas».
    E così il 21, 24 e 27 agosto il cortile dell'antica caserma del la
    regia guardia di finanza ospiterà i relatori e il pubblico delle serate di
    archeologia. Ad aprirle saranno proprio Guido Barbujani e la sua
    clamorosa ricerca sul Dna degli antenati. Un tema che si lega benissimo al
    secondo intervento
    della serata: Antonio Cao, professore dell'istituto di neurogenetica e
    neurofarmacologia dell'Università di Cagliari, rivelerà "II segreto
    della longevità" grazie agli studi genetici sulle popolazioni
    dell'Ogliastra. La seconda giornata, il 24, sarà dedicata ai giganti di Monti
    Prama, con l'intervento di Paolo Bernardini, dell'Università di Cagliari,
    mentre l'archeologa Giovanna Pietra
    parlerà della politica di conquista dei Vandali in Sardegna alla luce
    delle navi romane affondate intorno al 450 dopo Cristo nel porto di
    Olbia e scoperte durante i lavori per la costruzione di un tunnel.
    L'ossidiana del Monte Arci e il Neolitico apriranno la terza e ultima giornata
    del festival scientifico. Sarà Carlo Lugliè, dell'Università di
    Cagliari, a parlare della montagna della roccia nera. Si chiuderà con il vino:
    Mario Sanges. della Soprintendenza archeologica di Nuoro e Sassari.
    spiegherà che i nuragici si intendevano, eccome, di uva e di
    vinificazione, mentre Gianni Lovicu, cel Centro regionale agrario sperimentale,
    spiegherà perché il Cannonau è cosa nostra.
    ………………………………………………
    L’archeologia sarda ha messo la freccia.


    Fonte:
    http://www.antikitera.net/forum2/topic.asp?TOPIC_ID=767
     
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539 replies since 11/12/2006, 22:40   23514 views
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