I LIGURI

Probabilmente uno dei Popoli del Mare (Lukka)

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  1. vivamishapt
     
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    Lavorando un pò sull'appennino settentrionale, non è difficile sentir parlar dei Liguri, bellicoso popolo che i romani conobbero bene, dato che fecero non poca fatica per conquistare i loro territori che, storicamente, andavano dal Rodano all'Arno..... praticamente fin sopra casa mia!!!

    Mi sto rendendo conto che, al pari degli Shardana, anch'esso è poco conosciuto ed è stato poco approfondito il loro studio (anche se, dobbiamo ammetterlo, per gli shardana c'è stato molto più ostracismo che per i liguri in terra natìa...) :(

    Ho letto un pò di cose, a dir vero frammentate, ma spero che Iperboreo e pora reita mi possano dare una mano ad inquadrare questo popolo che sembra sia di origine nord Europea (gli antenati dei celti, praticamente).... vediamo un pò cosa ho trovato....

    tutto ciò che segue, proviene dalla Biblioteca Comunale di San Marcello Pistoiese.... :shifty:

    la più antica citazione dei liguri è di Esiodo, riportata da Strabone in "Geografia": "e gli Etiopi e i Liguri e gli Sciti mungitori di cavalle"....

    Erodoto collocava i celti come successori dei Liguri, oltre le colonne d'Ercole.... quindi mi vien da pensare oltre gibilterra.... :rolleyes:

    Nel III sec. aC la penisola iberica era chiamata "Ligustiké", mentre quella italiana era chiamata "Italiké"...

    ma già i primi greci consideravano la Liguria quel territorio che andava dall'etruria fino all'Oceano, olte le Colonne d'Ercole... :rolleyes:

    Stefano di Bisanzio verifica lemmi presi in considerazione da Ecateo di Mileto, nel VI Sec. aC :

    Massalia: città della Liguria nel paese dei Celti... :rolleyes:
    Ampelòs: città ligure ma di ignota locazione...
    Monoìkos: Monaco, città "ligustica"....
    Elisyci: popolo che faceva parte dei liguri, la cui capitale era Narbona
    Ligustìne: città iberica vicino a Tartesso
    Agàthe: città dei ligusti presso il lago "ligustio"...

    Questo "lago lacustio" evoca il "lacusticus lacus" dell'area di tartesso, quindi in iberia. ma vi è una Agàthe anche nella zona della linguadoca, zona della camargue occidentale... Per cui si pensa che questa Agàthe iberica sia la città di ligustìne presso tartesso.... :rolleyes:

    Comunque vi sono state delle migrazioni molto complicate... ad esempio Antioco di Siracusa riporta che i liguri iberici abbiano costretto gli abitanti della zona del fiume Sikànos (il moderno Jùcar, vicbio a Valencia) ad emigrare e questi abbiano trovato posto in Sicilia, prendendo il nome di siculi (ma non potevano essere i Sicani?...ndr)

    Filisto di Siracusa prende, invece, in causa i liguri della costa nord-adriatica, i quali sarebbero stati scacciati dall'arrivo di umbri e pelasgi... e sempre Filisto fa presente i liguri nel lazio e gli identifica come Siculi!!!! :ph34r: Quasi avessero delle correlazioni comuni..... :alienff:

    per Umbri si intendono coloro che abitavano fra il Po e il Piceno.
    per pelasgi si intendono coloro che avevano i loro porti presso Spina e Ravenna.
    Viene legato il popolo degli antichi liguri con gli antichi abitanti della pianura padana prima dell'arrivo dei celti.... :vandal:

    Secondo Seneca, i liguri abitavano la Corsica... (i Meshwesh....?)



    Ci sono tesi per cui i Liguri sarebbero un popolo disceso dal nord europa.... se qualcuno non scrive prima... vedo di aggiungere qualcosa domani!!!! :B):




     
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  2. iperboreo50
     
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    Dei liguri si sa poco, erano uno di quei popoli dell’antichità arrivati non si sa da dove e senza lasciare il ricordo di se nei grandi eventi dell’epoca.
    Si dice che sono venuti dalla Spania, dal nord dalle terre dei celti ecc.
    Si possono fare alcune congetture però:
    Le terre di loro insediamento nel circa 2000 a.C. si estendevano dal fiume Rodano (Francia) al Arno.
    La valle del Rodano era una via di penetrazione nel mediterraneo provenendo dall’Europa del nord (Reno-Rodano o Senna-Rodano)
    Ci avevano navigato popolazioni delle culture megalitiche scandinave, scozzesi e irlandesi.

    image

    Lungo gli stessi fiumi si spostavano nel secondo e terzo millennio le genti della cultura del bicchiere campaniforme. Questa cultura si era diffusa dalle coste del mare del nord fino in Iberia e Sardegna.
    Si pensa che i liguri fossero un popolo pre indoeuropeo e pertanto sarebbe da escludere un loro arrivo dalle steppe dell’Eurasia nel nord Europa e da lì verso il Mediterraneo.
    Rimane un collegamento con megalitismo francese.
    Una delle zone abitate dai liguri era lungo il fiume Magra in Lunigiana (oggi provincia di La Spezia e Massa Carrara). E proprio in Lunigiana ci sono state ritrovate decine di statue stele con forme maschili e femminili. A Pontremoli nel castello del Piagnaro c’è un esposizione permanente con 80 statue stele ritrovate in Lunigiana,
    www.statuestele.org/default.asp?lng=ITA&pg=1&fz=
    image image
    Le stele della stessa fattura e simbologia sono state trovate sia in Francia nella zona del Rodano che in Corsica. Le più vecchie sono datate prima del 2000 a.C mentre quella più “recenti” attorno al 500 a.C. Le armi rappresentate sulle statue (asce, pugnali e spade) sembrano di metallo, probabilmente rame
    Queste armi sono di forma simile a queste due image image
    Sempre nella valle del Magra, in Garfagnana e Versilia viveva la popolazione ligure degli Apuani (da loro prendono nome i monti marmiferi di Carrara – Alpi Apuane) che passava il loro tempo a dare noia ai romani.
    Prima a fianco di Annibale e poi per conto proprio avevano interdetto alle legioni di Roma le vie che attraversavano l’Appennino di Parma e la valle del Serchio. Dopo alcuni decenni sono stati sconfitti e per punizione trasferiti tutti quanti nel Sannio (Molise, Puglia, Lucania).

    A chi dovesse casualmente trovarsi dalle parti di Pontremoli (autostrada da La Spezia a Parma) raccomando la visita al museo delle statue stele nel castello del piagnaro. Veramente molto affascinante anche l’ambientazione.

    Queste storie degli antichi Apuani mi raccontavano vecchi montanari del pontremolese (mio padre era della Lunigiana). Erano fieri di due cose. di essere stati Alpini, e delle scorribande degli apuani ai danni dei romani.


    :salute:

     
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    STUDIOSO DEI POPOLI DEL MARE

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    la OCINCIDENZA vuole che la LUKANIA prenda il nome dai LIKKU, che alcuni assimilano ai LIGURI (LIKURI?) :rolleyes: stanziatisi in europa insieme agli altri PdM nel 2000 a.C. circa.... ;)
     
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    è vero...dei Liguri non si sa molto, le uniche fonti che ho trovato li descrivono quasi come dei barbari, non diversi dai nostri Sardi pelliti di Romana memoria...

    C'è un altro passo, che ora non ricordo testualmente, sui liguri...

    Mi pare che qualche vecchio cronista (Erodoto? non ricordo) li citasse come "gli antichi iperborei".
     
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  5. pietrusco
     
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    bisogna chiedere al nostro esperto ligure, ITAMA, che pare sia ferrato nell'argomento
     
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  6. vivamishapt
     
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    in un libro che parla in generale dei popoli italici ante-roma, è stato evidenziato uno spopolamento del territorio ligure (dalle Alpi occidentali fino in Piemonte, dalla Liguria attuale e per buona parte dell'Appennino tosco-emiliano tra il XII e il IX sec aC :o: (ma guarda un pò!!!! Lo stesso periodo delle invasioni dei PdM!!!)... prendendo in considerazione il numero dei resti funerari trovati...

    in appoggio ad Ale, ho letto anche io che Esiodo ed Erodoto associano i Liguri agli Iperborei (sono le fonti più antiche che trattano dei Liguri).
    Venivano associati all'AMBRA, all'ERIDANO ed all' ESCHILO (Il Rodano), al mito di Fetonte ed il Cigno :o: ma non è stata trovata alcuna prova al riguardo.

    Sembra che tutti si imperni sulla figura di Cicno "Re della Liguria", provato dalla morte dell'amico e parente Fetonte, sarebbe stato tramutato in cigno da Apollo. le sorelle Eliadi, piangendo, generarono l'ambra.
    E Cicno, figlio di Arles, era rivale di Eracle!!! :o:
    Di questo discorso non è riportato alcun riferimento scritto, legherebbe la mitologia ligure a quella nordica.... tanto per dire chi forse venivano dal nord europa...


    Plutarco racconta che il grido di battaglia dei Liguri contro i romani nella battaglia di Acquae Sixtiae del 102 aC era "Ambrones!" ;) e che questo era l'antico appellativo del popolo dei Liguri.

    In Lunigiana si hanno 4 iscrizioni, anche se incerte nella decifrazione, che portano a pensare che i celti ed i liguri fossero imparentati (ma non sono riuscito a trovare né immagini nè riferimenti a quali iscrizioni possano essere.... :( )


    Purtroppo è vero che ci sono rimasti pochi resti, se non le stele della Lunigiana, qualche iscrizione (mi hanno segnalato un libro dove c'è qualche foto, lo devo trovare....) e pochi resti dei villaggi.

    Se non sbaglio è famoso l'insediamento di Bric Tana (Tana-Dana...) presso Millesimo, in provincia di Savona...


    Galleria immagini tratte da www.valtaro.it/lunigiana_sandro_santini/index.htm

    E' famoso questo elmo rituale:
    image

    e questo...
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    Questo labirinto si trova a Pontremoli, piena Lunigiana, in una Chiesa..
    image

    E le famose "mummie" che troviamo anche sulle facciate delle case dell' appennino pistoiese e bolognese che rimandano al mito di medusa, quindi di Forco... Orco... (vedi discussione sul forum)
    image



     
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  7.  
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    SRDN

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    il riferimento che citi è l'estrema somiglianza della lingua ligure con quella celtica. (da quanto ho letto) è come se il Ligure fosse una lingua protoceltica.
    Insomma liguri e celti erano imparentati e parlavano una lingua molto simile, pur non essendo la stessa entità etnico-culturale.

    i due elmi postati sono esemplari di ontefortino di età romana.
     
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  8. !tama!
     
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    chiamato in causa da Pietrusco (che ringrazio) cerco di dire la mia, anche se non sò molto purtroppo ma vi posso assicurare che basta veramente poco per raggiungere dalla città luoghi sui monti con antiche testimonianze megalitiche.

    ad esempio a pochi minuti di treno da casa mia vi è inciso sulla roccia un calendario astronomico, sul monte Beigua vi sono molte strutture megalitiche e pure una strada.
    molti altri siti sono nascosti e scambiati da molti per strutture di contadini..ci vorrebbe anche qui un GRS!:D

    come link esterno vi posso mettere questo:
    www.oopart.it/prime-indagini-archeo...in-liguria.html
    che racchiude un gran numero di siti megalitici in liguria (per leggere l'articolo occorre iscrivervi al sito..conviene c'è anche del materiale sulla sardegna!)

    comunque mi informo di più anche perchè i libri in merito non mancano in casa XD

    AGGIUNGO:


    anche questo è molto famoso..un volto inciso nella roccia scambiato nel medioevo per Gesù
    www.paleolithicartmagazine.org/pagina4.html
     
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  9. iperboreo50
     
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    Qui di seguito il significato e funzione delle statue stele.
    Dal sito del museo di Pontremoli: www.statuestele.org/default.asp?lng=ITA&pg=119&fz=
    (il significato di una cosa, ci parla di quel popolo che queste cose creava, quindi non è fine a se stesso)

    ………..Lo stile di vita nomade-pastorale, causava antagonismi ed una sempre maggiore diffusione delle armi, usate sia a scopo di rapina che di difesa, ed anche una maggiore consapevolezza del potere e del ruolo dei mercanti-pastori-guerrieri, la cui organizzazione si fondava sulla ricchezza e sul privilegio economico. Particolarmente evidenti nel periodo del Bronzo antico sono gli indizi di attività bellica e di differenziazione sociale, testimoniati dalla presenza di abitazioni fortificate, dalla disposizione strategica dei villaggi in posizioni dominanti di collina e dalle caratteristiche dei corredi tombali e dei ripostigli.
    Proprio il nuovo modello di vita nomade determinò, probabilmente, l'usanza di segnalare aree specifiche degli itinerari più importanti con monumenti di grandi dimensioni come le statue stele. Esse infatti possono trovarsi indifferentemente sia in pieno ambiente naturale (Rouergue, Lunigiana), che in aree abitate (Linguadoca) od in corrispondenza di sepolture (zona balcanico-pontica, Provenza, Bacino Parigino, Bretagna).
    I gruppi di statue stele appaiono sempre dislocati lungo direttrici ben precise, in situazioni geografiche ed ambientali altrettanto caratteristiche e ricorrenti: quasi sempre, ad esempio, in prossimità di corsi d'acqua ed in zone montuose. Non si trovano mai in luoghi impervi o inaccessibili, ma lungo grandi valli di collegamento e in zone montane in corrispondenza di importanti vie di comunicazione tra vaste regioni d'Europa.
    Le statue stele dell'arco alpino, in particolare, si trovano lungo le valli che collegano le regioni mediterranee con quelle nordiche di oltralpe e risultano essere zone di approdo e direttrici di attraversamento di importante valore commerciale, soprattutto con lo svilupparsi della metallurgia, quando la montagna non appare più come ambiente arido e privo di risorse, ma sede di filoni metalliferi e di cave minerarie.
    In Lunigiana sono stati rinvenuti alcuni raggruppamenti di statue stele come ad esempio a Pontevecchio, dove ne sono state ritrovate nove, otto delle quali infisse verticalmente nel terreno, allineate a poca distanza le une dalle altre con la faccia rivolta verso occidente. Altri probabili gruppi di statue stele dovevano presentarsi nella Selva di Filetto, dove sono state rinvenute 11 statue stele e a Malgrate con 6 statue stele recuperate. Piccoli gruppi si individuano anche a Minucciano, nella zona di Monti di Licciana Nardi, Filattiera, Canossa, La Spezia, e denotano un aspetto ricorrente anche in altre zone extralunigianesi (ad esempio ad Aosta e Sion), dove i monumenti, spesso associati a sepolture collettive, venivano disposti in allineamento a ricordare antiche e mai perdute tradizioni culturali.
    Da tutti questi elementi nasce una duplice interpretazione di questi monumenti megalitici, sia "sacra" che "profana". In un caso le statue stele potevano rivestire significati simbolici e astratti, legati alla sfera del culto religioso, e rappresentare immagini di divinità celesti, nell'altro potevano raffigurare personaggi reali viventi o defunti che, comunque, dovevano aver avuto una posizione sociale emergente all'interno della comunità (antenati eroizzati, capi o capostipiti del clan patriarcale). Le statue stele potevano rappresentare immagini di entità protettrici o di personaggi reali posti come punti di riferimento o di "guardia " alla sommità dei villaggi, in zone di caccia, di transito o di interesse economico.
    Come nel Neolitico con la scoperta dell'agricoltura si era affermata e diffusa l'immagine femminile, nell'età dei Metalli, all'interno di comunità di mercanti-nomadi-guerrieri, assume maggiore importanza la figura maschile.
    Le statue stele appaiono così riflessi di credenze e probabilmente di attività che facevano perno su entità "sovrumane" (nel senso di divinità), o almeno "superumane", cioè connesse non a uomini singoli ma a gruppi sociali o tribali dotati di competenze tali da acquisire valore e prestigio.


    Le foto con descrizioni di tutte la statue stele della Lunigiana sono sempre nello stesso sito del museo e precisamente: www.statuestele.org/default.asp?lng=ITA&pg=122&fz=
    (poi selezionare gruppo A, B, C)
    image image image

    Su alcune di queste statue ci sono delle iscrizioni incise in alfabeto etrusco:
    image Su alcune statue stele più tarde, appartenenti al gruppo C, appaiono delle iscrizioni incise in alfabeto etrusco, che hanno suscitato interesse, ma la cui interpretazione è ancora incerta. Il tipo di alfabeto usato, comprendente il tipico segno a "croce di S.Andrea" con suono dentale "th", è caratteristico dell'Etruria interna e settentrionale, e anche della Padania e del Veneto. Questo tipo di scrittura viene datato al pieno VI sec.a.C..
    Le iscrizioni note sono tre:
    mezunemunius (oppure mezu nemunius) sulla statua stele di Zignago

    (u) vezaruapus (oppure vezaru apus) sulla statua stele di Filetto II

    vemetuvis sulla statua stele di Bigliolo.

    Anche se l'interpretazione non è sicura, si ipotizza che si tratti di nomi di persona, espressi in una forma composta da un unico membro (mezunemunius) oppure da due membri (mezu nemunius).


    Anche il tipo di armi scolpite selle steli assomiglia alle armi celte image image

    continua............

    :salute: :salute:

     
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  10. pora reitia
     
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    I LIGURI

    Ad Aquae Sextiae, nello scontro con gli Ambroni che si erano uniti ai Teutoni, contro i Romani, riferisce Plutarco (Vita di C. Mario, 19) che i Liguri, primi fra gli Italici a scendere in campo, gridarono anch’essi lo stesso nome degli avversari, Ambroni, antica denominazione del loro popolo.
    L’antico nome che i Liguri antichi si riconoscevano era dunque Ambrones: esso, come quello degli Ambroni germani, deriva dalla base corrispondente ad accadico appāru, sumero ambar che significa “luogo paludoso”: a questo nome ambar, appāru è da ricondurre la voce “ambra”, ricavata dai fondali del mare Baltico e il cui traffico conosceva vie carovaniere che passavano anche per la Liguria.

    Erodoto riporta una voce ligure σγύννας (V, 9) che significa “trafficanti” (di ambra) ed è della stessa origine del latino sucinum: ambra.
    Sucinum confema l’etimologia di ambra, perché deriva da una base sinonimica corrispondente ad accadico šikin, šiknu (sedimento, in zona acquitrinosa, ‘sediment im Fluss’).
    L’italico Sicanus, che fu connesso al nome del fiume iberico, deriva dalla stessa base “šikin, šiknu”: “šikānu” (getto di detriti fluviali, ma anche stanziamento, fondazione, assetto, ‘Ablagerung, Sediment im Fluss’; ‘das Setzen Gestaltung : v. Gebäuden’, vS, 1234 sg.), dal verbo šakānu (stabilire, fissare), in liste sinonimiche šaḫan (abitare), cananeo šakan, ebraico šahan (‘to settle down, to lie down, to abide, to inhabit’), šahēn (abitante, vicino, ‘dwelling, inhabitant, neighbour’).

    Aristocle, presumibilmente l’autore del Περι χορνῶν, ricordato da Ateneo (14, 620 e), citato da Clemente Alessandrino e da Arnobio ma confuso con Aristotele (cfr. Rose, Aristoteles pseudephigraphus, p. 615 sgg.; F. Jakoby, Aristokles: F. Gr, Hist., 33) conosce i Ligyreis di Tracia (Macrob., I, 18, 1).

    L’etnico Liguri è stato variamente tentato : il raccordo Ligures -Λίγυες, la presenza dei Λιγυστîνοι in Tessaglia, i Λιγυναîοι nella Baetica, i Ligyreis in Tracia, sollecitano una soluzione che non si limiti a individuare una base LIG- o a supporre, a torto, un fenomeno di rotacismo tessalico in Ligyreis; né la coincidenza tematica basta a classificare come “deuteroliguri” i Λιγυρεîς traci, né il culto oracolare di Apollo attribuito a questi ultimi è elemento risolutivo a chiarire la denominazione dei Liguri.

    La più colorita presentazione dell’ethnos ligure è in Diodoro Siculo (IV, 20): « i Liguri, che sono gli abitanti di questa regione, occupano un suolo aspro, assolutamente povero, che offre alle loro fatiche, alle loro angustie senza pari, magri frutti strappati a forza. Perciò tesi sotto questo peso e per il loro costante esercizio essi sono vigorosi...» con quello che segue, che è una esaltazione del vigore delle donne liguri e della loro tenacia nel lavoro.
    Occorre dire subito che il nome Liguri sembra accostarli ai destini dei Veneti, per comuni origini mediorientali : i Veneti, gli Eneti, vedremo, sono il popolo che serba nel nome il ricordo del fiume Enio, Ainios, Aenius, che lo rinnoverà nel nome dell’Inn.

    Strabone (II, 5, 28) dichiara i Liguri di razza diversa rispetto ai Celti, ma simili nei costumi.
    Li colloca nella parte delle Alpi che tocca gli Apennini e in una parte degli Appennini stessi.
    Jullian (Histoire de la Gaule, I, 321) lanciò l'affascinante teoria panligure, secondo la quale tutto l’occidente europeo sarebbe stato popolato e civilizzato dai Liguri.

    Le figure dotate di armi e utensili di bronzo, alabarde, accette, falci, incise sulle rocce, a quote superiori ai 2000 metri, nelle valli delle Alpi Marittime, intorno al massiccio del Monte Bego, vengono datate dall’età del bronzo (caratteristico il pugnale triangolare) o dalle prime fasi del ferro.
    Testimonianze di riti cultuali sono offerte dalla rappresentazione, sia pure schematica, di bovini, per lo più aggiogati all’aratro.
    Anche le stele della Lunigiana tramandano talora il segno del pugnale triangolare.
    Ma questi che diciamo Liguri non sono le genti cavernicole, o vissute in stazioni all’aperto, che hanno dato origine al neolitico e sono risalite dal bacino del Mediterraneo : dolicocefali, bruni, in Liguria hanno in parte continuato i riti del paleolitico superiore di Grimaldi.
    Le figure cornute testimoniano culti lunari della fecondità.

    Una tradizione vuole che gli Argonauti risalissero il corso del Danubio sino all’Adriatico: è noto che la concezione geografica dell’antichità vede il Danubio come congiunzione fra il Ponto Eusino e l’Adriatico. Essi risalgono il corso dell’Eridano e del Rodano attraverso il paese dei Liguri.
    Si ha l'impressione che si tratti delle genti che assumeranno la denominazione di Liguri.

    Nella leggendaria spedizione di Ercole in Occidente, l’Eroe deve affrontare in Liguria genti assai fiere e utilizza per la lotta le pietre che Zeus fa prodigiosamente cadere dal cielo.

    Le denominazioni delle loro popolazioni non si spiegano né col gallico né con l’indoeuropeo : i Genuates, gli Apuani, gli Ingauni, gli Intimilii, gli Statielli, i Bagienni o Vagienni, i Taurini, i Salassi, i Friniates, i quali erano stanziati nell’Emilia.
    Fuori d'Italia, i Salyes o Salluvii, nella bassa valle del Rodano, gli Elisyces nel territorio di Narbona.

    Sulla fede di Artemidoro e di Eustazio sappiamo che gli antichi tendevano ad assimilare il nome dei Liguri a quello della Loira, Liger e, in epoca più recente, si credette di intravedere il nostro etnico in Llogrys, Locyers, Locgrws della Gran Bretagna, a nord del Tamigi, così come l’antico nome Albion dell’Inghilterra fu connesso con l’italico Album, Albium, Alba: Album Intemilium, Ventimiglia, Albium Ingaunum, Albenga, e così Alba Docilia, Alba Longa, Albula, l’antico nome del Tevere.

    Costante indagatore della base Ligur è stato Deloche che ha creduto di scorgere quella voce in vaste zone della Francia, nei bacini della Senna e della Mosa.

    La base originaria da cui deriva l’etnico Ligus, Ligures ha lo stesso significato di Ambrones, cioè “abitanti delle paludi” (si ricordino Vada Sabbatia), nome col quale anche si riconoscono i Ligures: Ligures ha la stessa base di Liger, Loire, Luca, Lucca, Lugii etc.: tale base corrisponde alla voce accadica liḫmû (liḫwû), luḫmû (terreno paludoso, ‘Morast’), che torna in Lugdunum, in Lucca e in Lucania che ripete il nome del suo fiume Laus.
    Ma Ligus è calcato su basi come accadico l-igu (ad flumen).

    La scoperta recente della necropoli di Chiavari, al centro della Liguria, se ha rivelato un mondo culturale sconosciuto che differisce dal villanoviano e dall’atestino, non ha dissipato le tenebre che avvolgono gli antichissimi Liguri.

    Dal fondo della remota tradizione greca emerge per bocca di Esiodo un’eco perduta nella indeterminatezza di un frammento citato da Eratostene e ripreso da Strabone (VII, 3, 7) : « gli Etiopi, i Liguri e gli Sciti che mungono cavalle, Αêθίοπάς τε Λίγς τε êδè Σχύθας ëππημολγούς».

    Nei frammenti di Ecateo accenni indiretti ai Liguri troviamo nel ricordo degli Έλίσυxοι, che sono detti œθνος Λιγύων: sono i Liguri che abitano le alture, l’etnico ha lo stesso valore etimologico di Elimi e la sua base corrisponde ad accadico eli (in alto, su, ‘oben, ins Oberland: die Leute ... elišma’, vS, 201 b); eliš è avverbio di elûm, elium (alto, ‘hoch’). Marsiglia (Massaglia)è detta da Ecateo (63) città della ΛιγυστιχÖς, come Monaco e Ampelo (65, 66, Nenci).

    In Erodoto (VII, 165) ritroviamo dei Liguri mercenari di Terillo, tiranno di Imera, attruppati con Cartaginesi, Libici, Iberi, Elisici, Sardi e Corsi, tutte genti con cui essi dovevano avere alle origini qualche affinità.
    Si è discusso a lungo dei Λίγυες che marciano nell’esercito di Serse (Herod., VII, 72) con lo stesso armamento dei Paflagoni, dei Siri, dei Mariandini.
    Una notizia preziosa di Eustazio, alla quale non si è data molta importanza, accenna a una colonia di Λίγυες nella Colchide, ben più ad est cioè dei Liguri di cui si fa cenno in questo passo erodoteo.
    È illuminante l’idea (Legrand, Hérod., VII, p. 99, n. 1) che in Erodoto si tratti di una tribù di Assiri (Siri) della Cappadocia.

    Ci preme rilevare l’importanza che Erodoto dà a gli stanziamenti egizi nella Colchide, alla stessa maniera di lavorare il lino, alla somiglianza di lingua, al medesimo uso della circoncisione, a certe somiglianze fisiche: Erodoto afferma trionfalmente : « È evidente che i Colchi sono di razza egizia e lo sostengo per averlo intuito da me prima di averlo sentito da altri » (II, 104-105).
    Non basta: Erodoto ci elargisce un’altra preziosa notizia: il lino dei Colchi i Greci lo chiamano sardonico, σαρδονιχόν, dice, e i filologi non hanno saputo far di meglio a commento della notizia se non aggiungere il sospetto che si tratti, al solito, dell’errore di un copista.

    Ma è un caso che Strabone parli delle tuniche e dei sai che vengono dalla Liguria? «...............................................» (IV, 6, 2).
    L’etnico di quei Λίγυες orientali richiama una base corrispondente all’egiziano rhw (uomini, persone, ‘men, fellows’, rḫyt (‘people, common folk’).

    Ma i nostri Liguri, in epoca storica, non si riconoscevano sotto la denominazione Λίγυες tramandataci dai Greci, come gli Etruschi non si riconoscevano nel greco Τυρσηνοί, né gli Umbri nel greco ’Ομβριχοί.

    I Greci sono i più fantastici trasmettitori di toponimi e di etnici.
    Perciò, per certi conguagli etrusco-greci, alcuni presunti stravolgimenti etruschi vanno giudicati sulla scorta di una testimonianza comune alle due lingue.

    Dobbiamo, dunque, ai Greci l’etnico Λίγυς, ed è certo che essi hanno avuto notizia di Liguri attraverso il vicino Oriente prima che direttamente.
    Per Λίγυς hanno alle origini recepito una voce che suonava come la base da cui vien fuori la parola λιγύς (sonoro) di cui non fu data una etimologia, ma che è certo della stessa base di accadico rigwu, rigmu (suono, voce, ‘Stimme, Stimmengewirr, Lärm’) : moltissime voci greche e latine risultano da una base la cui iniziale è r-, definita la regina delle consonanti.
    La voce da cui ha origine λιγύς (sonoro) : rigmu (suono, voce), può lasciar pensare che sull’etnico abbia influito una voce che indica, come molti etnici italici, popolazioni ancora in preda a sconvolgenti, indisciplinate situazioni idrologiche, la voce che in accadico significa “alluvioni”, riḫsu (‘inundation, flood’).

    Le piane costiere, formate da terreni alluvionali, la vasta pianura di Albenga, costituita dalle alluvioni del Centa, la pianura alluvionale di Loano (forse anca la Val Liona nei colli Berici ?), contrastano con i rapidi rilievi montani alle spalle della costa ligure, e rendendo non agevoli le comunicazioni con il retroterra dovettero costringere gli abitanti al mare.
    Le voci liques, liquor latine, che vengono annodate al persiano rēxtan (versare) risalgono alla stessa vicenda liḫ- riḫsu (‘inundation’; cfr. il verbo, antico accadico raḫājum : ‘to water’).

    Il ricalco della base liḫwu su riḫ- trova conferma oltre che in Liger in molte antiche designazioni di fiumi in territorio celtico, come Legra fluvio, dal quale William of Malmesbury (Gesta Pontificum) fa derivare la Legorensis civitas, 803 (Leicester), Ligera ceaster, 942; più antico nome del fiume deve essere stato Ligor (cfr. E. Ekwall, Engl. piace names, 4a, 1974, p. 294); nomi antichi di fiumi del Galles come Lligwy, Llufwy, inoltre Lugg, Lhygwy (1572). È il noto esito > l in ligure (Merlo, Bottiglioni).

    Ligures e l’aggettivo Ligusticus, Λιγυστιxός, postulano per / l, la corrispondenza con accadico riḫsu, riḫistu (‘Überschwemmung’) che testimonia di “zone lagunari” come sedi di una popolazione ligure, il cui nome è stato assunto a simbolo di tutte le popolazioni liguri.
    Per chiarire la forma Lig- di Ligures, Λιγυρεîς etc. occorre vedervi l’interferenza di voci corrispondenti a l-igu (vicino al canale) : semitico occidentale l- (avanti, accanto, ‘at, for’), corrispondente ad accadico an, e la base che richiama antico accadico īgu, īku, siriaco īgā (canale, ‘canal’) seguita dalla base come accadico rē’ū (padrone, signore, ‘ruler, leader’).
    In tale forma denotò originariamente le genti delle zone limitrofe a quello che è il pelago nel senso originario di “fiume” e insieme mare secondo l’accezione greca, di πόντος, l’Ellesponto.

    Dopo tale premessa possiamo saggiare le vicende a cui sarà stato assoggettato tale etnico per interferenze semantiche e foniche.

    Molti etnici italici, si è detto, e toponimi testimoniano nell’antichità di genti condizionate dalle situazioni ecologiche, specie idrologiche, e richiamano a remote esperienze di palafitticoli.

    Si ricorda che l’etnico Enotri, Ο(ί)νωτροί fu inteso sulla base di una glossa di Esichio che registra ο(ί)νωτρον, palo al quale si appoggia la vite, ma per la parte d'Italia che si sarebbe denominata Ο(ί)νωτρία ciò contrasta con la realtà. Ο(ί)νωτροί deve essere stato sentito come accadico ēnu, semitico ‘ain (fiume, ‘river’) e semitico: ugaritico asr, aramaico asrā (luogo), accadico ašru: la zona dei fiumi, la Lucania; analogamente Bruttium indica la terra affacciata allo stretto: būrtum (‘waterhole, pit, well’).

    Salassi, liguri, da accadico salā'u, salāhu (inondare, innaffiare, ‘besprengen mit Wasser’), e apsû, sumero ab-zu (acqua profonda, abisso ? ‘Grundwasser’) ;

    Osci anch'essi da apsû;
    Sabini ha subito la suggestione dalla base sabû sapû (‘to irrigate: a field’; durchfeuchten, tränken’, cfr. accadico zâbu nel senso di ebraico, aramaico ‘to flow’);

    Umbri, etnico che non compare nelle fonti indigene, nome del popolo che dà origine ai Sabini, cacciato dal territorio di Rieti (Dionys. Alicarn., II, 49), Όμβριχοί è dalla base corrispondente ad accadico appāru, sumero, ambar (palude, acquitrino, ‘marsh’, ‘marse’), base che si ritrova negli idronimi Ambra e Ombrone; si pensi alla etimologia di Ravenna e a quella più notevole di Rieti, bagnata dal fiume Velino: Reate dalla base di accadico rātu, aramaico raḫat (corrente, ‘Rinne’) : " la città dei fiumi "; l'Umbria con il suo fiume Nera, Nar, accadico nāru (fiume, ‘Fluss, Kanal’), a Rasna, Rasenna che potè suonare da basi come accadico rāšu-ēni (i signori dei fiumi): rāšu (capo, ‘Haupt’ ), ebraico roš (‘chief, head, leader’) ed ēnu, semitico ‘ain (‘river’) ;
    l'etnico Marsi, nobilitato come “gente di Marte”, ma forse calcato su base come accadico marḫāsu (lo sgorgare dei fiumi, il dilavare dei fiumi, ‘Spülung, Abfluss’) da raḫāsu (überschwennen’).



    L'etnico Liguri ha avuto originario riferimento a genti che vivevano nelle condizioni di abitanti fra i Vada Sabatia (Vado; cfr. con Vago di Lavagno, Guà/guado/wado/uado???): l'etnico Sabati è dalla base che corrisponde ad accadico sapûm, sapiu, sepû (bagnato, ammollato, ‘bewässert, aufgeweicht’), sapûm (innaffiare, bagnare, abbeverare, ‘durchfeuchten, tränken’), ed esprime la stessa situazione dell'etnico Salii, Salluvii, Sallui, Salyes o Salues, la popolazione di origine ligure della regione che fu detta Gallia Narbonese, tra la riva sinistra del Rodano e la Durance, costretta ai monti e alle cime delle valli dall'avanzata dei Celti, mentre i loro parenti, i Salassi, stanziano nella regione corrispondente al Canavese.

    Così per i Friniates ligures, Briniates dei codici liviani, popolazione che dette nome all'attuale Frignano, tra le altre valli del Secchia e del Panaro, l'etnico si chiarisce con la base corrispondente ad accadico bīru (‘terrain surrounded by water’) e ēnu, semitico ‘ain (fiume).

    L'etnico Vagienni, che si alterna coi Salluvii nella valle del Varaita, si chiarisce come accadico (w)agî- ēni le genti vicine al " corso del fiume ": (w)agû ‘flow of water, current’) e ēnu (‘spring’); il fiume è ovviamente il Varaita: tale idronimo Varaita serba intatti i suoi elementi costitutivi, corrispondenti ad accadico wârum (corso, letteralmente l'andare, lo scorrere, ' to go '; ‘gehen, wandeln, fliessen’) e accadico rātum (fiume, canale, ‘canal, Rinne’).
    L'etnico Vennonetes o Vennones delle alte valli dell'Inn e dell'Adda, indica come Veneti, " gli abitanti presso il fiume ";






    e così Anauni della valle del Non (Trentino): corrisponde ad accadico ana-ēnu ("presso il fiume");
    cfr. accadico ēnu, semitico ‘ain (fiume, ‘river’) con la preposizione corrispondente ad accadico ana, an (lat. ad.).

    L'etnico Ligures richiama semanticamente ciò che è implicito, oltre che nell'etnico Salassi, Salii ubicati là dove si sviluppò il nucleo di Aquae Sextiae, anche nel toponimo Vada (Sabatia), i luoghi dove sorse Vado Ligure: vada è dalla base corrispondente ad accadico (w)adû (‘onrush of water, high water’) e sabatia, abbiamo visto, è dalla nota base corrispondente ad accadico sabû (‘to irrigate’) e rappresenta un originario plurale dell'aggettivo verbale di sabû ; Ligures esprime certo ciò che dice già il loro vero etnico, Ambroni.

    L'etnico Ingauni chiarisce il carattere della popolazione ligure stanziata nella zona pianeggiante lungo la costa, dedita ai traffici, ai commerci, la cui forza era nei fondachi e nei magazzini e la cui capitale era Albium Ingaunum.
    Tale etnico deriva da basi corrispondenti ad accadico in- e la voce semitica corrispondente ad ebraico gay (terra bassa, valle, ` valley, lowland’) : In- è accadadico in, ina (‘in, on’).

    L'etnico Intimili denota dei " popoli rivieraschi ", al limite del mare: in-itî-mīli : accadico itû (‘border, territory, region, confines’) e mīlu (‘fiood, high water, mass of waters’), base che torna nel nome del fiume Mela.

    Gli Statielli sono la piccola tribù ligure dell'alto Monferrato sulla via tra Genova e Piacenza; essi ebbero come capoluogo Acqui, Aquae Statiellae (Strab., V, i, 11; Plin., Nat. hbist., XXXI, 2, 4), appoggiata agli ameni colli : l'etnico si chiarisce nel senso di " quelli delle alture " e corrisponde alle basi accadiche šat-ellî: šat pronome determinativo e ellû, elû (‘high, tali’; ‘hoch’), ma šat è ricalco di šadû (monte).

    Gli Steni, Stoeni in Plinio il Vecchio e in Livio, Στόνοι, con capitale Στόνος, in Strabone, secondo gli Acta Triumphalia sono Ligures. Occupavano le zone montuose sopra Brescia.

    L'etnico si chiarisce con accadico šadāni (monti, ‘Gebirge’), con lo stesso significato di Carni, accadico qarni (cime, letteralmente corna) da qarnu (‘Zinne, Horn’).
    Pausania informa che Κορσιχή Corsica, è denominazione data dagli abitanti, d'origine libica, all'isola che i Greci dicono Κύρνος. Dallo stesso (X, 17, 9) sappiamo che i Cartaginesi riuscirono a sottomettere tutti gli abitanti della Sardegna, eccetto gli Iliensi e gli oriundi corsi asserragliati sui monti.
    I quali Corsi poi chiamarono βαλαροί quegli Iberi o Libici che ribellatisi ai Cartaginesi si rifugiarono sulle cime dei monti : Pausania informa che nella loro lingua i Cirnii (Corsi), chiamano βαλορούς i φυγάδας cioè i " banditi " Iberi o Libici : in realtà se la base di βαλαροί è il bala- (altura) mediterraneo, largamente documentato sino al sardo pala (altura, pendio), etrusco *falat- (cielo) pregreco βαλόν, aramaico ba’lā' (signore, padrone, ‘master’; ‘Herr’) incrociatosi con accadico ba’lu (grande, ‘gross’), βαλαροί sono gli occupanti, " i padroni dei monti ", e la componente - αροί richiama accadico ḫarru (‘mountain’) : la voce pala delle iscrizioni leponzie è l'eterno semitico baal, che indicò il luogo elevato su cui si celebrava il culto di Baal.

    Perciò è qualcosa più di una pietra, è un’"ara ".
    Mello- (altura) corrisponde ad accadico mēlūm (altura, ‘Höhe’); alba (corso d'acqua) corrisponde al sumero accadico ḫalpû, sumero ḫalbia (pozzo, ‘a kind of well’); *rugia (corso d'acqua), latino rugia, è dà una base corrispondente ad antico accadico raḫājum (‘to water, to fertilize’), accadico raḫû, reḫû (versare, ‘ergiessen’), rāḫù (‘ergiessend’), riḫītum (‘Ergiessung’), raḫāsu (‘spiilen’), riḫsum (‘trberschwemmung’).

    Appenninus (crinale di monte) è dalla base corrispondente ad accadico appu (cima, ‘tim, crown, rim, edge, spur of land’); -bormo (gorgo) è accadico būrum, ebraico bōr (‘pit, hole, well, pond, pool’);
    merides (parte di terreno diviso dal resto) è accadico meḫretum (detto di giardini, di località: parte che sta discosto, a fronte, ‘gegenüberliegende Seite : nach ša : Garten’, vS, 640 b).

    Lo Schulten considerava il ligure non indeuropeo, ma il Trombetti trovava che, ad esempio, « Porcobera, *porcifera (porcus, nome di un pesce) è chiaramente indeuropeo ».
    Ma scarso lume recava su Blustemelus (monte), Quiamelius e Intimelius, limitandosi a rimandare a irlandese mell “collina”, albanese mal’ “monte”.

    Saggiamo ancora qualche voce della lingua dei Liguri, che Livio (XXI, 32, 10) accostava in qualche modo al gallico e Seneca sentiva confluire nell'iberico, su territorio corso.

    Seneca, che ci visse il suo esilio, informa (Ad Helv. matrem de cons., VII, 9) che la Corsica fu abitata da Liguri e che certi vocaboli sono comuni ai Cantabri e ai Corsi, ma in genere il linguaggio si è scostato dalla lingua originaria per influenza dei Liguri oltre che dei Greci.

    La voce ligure riferita da Erodoto, σιγύννας, " mercanti al minuto ", deve aver -subito l'influsso di una parola antichissima : sumero šagan- (mercante al dettaglio, ‘Kleinhàndler’ (ŠAGAN.LA) : ma v. p. 548.

    Erodoto aggiunge che a Cipro davano il nome di σιγύννας alle aste, giavellotti, presumibilmente per caccia (cfr. sumero-accadico suginnu asta, ‘Dürrholz’).
    La base sumerica šagan- sarà calcata sulla base corrispondente ad accadico sūqum (via, ‘Strasse’), (ina) sūqim > sūqin nel senso di " ambulante " (letteralmente " nella strada ").
    Questo è termine generico che darà zigani.

    Erodoto dunque annota tre voci omofone di diversa origine.

    Erodoto interrompe l'esposizione sui Traci per parlare della popolazione dei Siginni, di là dal Danubio, dei loro cavalli piccoli e camusi, dalla loro spessa coltre di peli, incapaci di portar un uomo, ma agili attaccati ai carri (V, 9).
    I Siginni dì Erodoto furono localizzati in Ungheria, ma Strabone (XI, 11, 8), Apollonio Rodio (IV, 320), Ctesia (fr. 88 M.) collocano non discosto dal Danubio inferiore dei Siginni, Σύρννοι, Σίρυννοι e una città omonima nel Caucaso.
    Erodoto si stupiva che essi pretendessero discendere dai Medi; in epoca moderna gli zingari, ungherese Czigáni, coi quali qualcuno ha assimilati i Siginni, pretesero di discendere dagli Egiziani.

    La voce γίννοι con cui, secondo Strabone (IV, 6, 2), i Liguri denotano i muli e i cavalli, è originariamente in funzione di attributo a indicare i muli, " cavalli di montagna ": è sumero-accadico ginnû (montagna, ‘mountain’) : analogamente in sumero anše-kurra indica il cavallo di montagna (‘Pferd: der Osten lag den Babyloniern den Bergen zu’).
    Le voci liguri e piemontesi del tipo Faiallo, passo a m. 1061 a nord di Voltri, Faial, Feejal (a. 1558), Fajal, frazione di Ponte Canavese, si fanno derivare da faget-ale: cfr. Ceriale (Savona), da cerret-ale e nella toponomastica aragonese la serie dei collettivi arborei del tipo Genestal (a. 1089): ma la terminazione -alo -allo -ale si chiarisce ad evidenza con accadico ālu (luogo, regione, area, ‘region’) e torna in zona francese.
    Plinio (XVIII, 141) informa: « Secale Taurinii sub Alpibus [u]asiam vocant, deterrimum et tantum ad arcendam famem: fecunda, sed gracili stipula ».
    Fu proposta una etimologia indeuropea, antico indiano ásitah (nera), che dovrebbe avere l'originario valore di annerito dal fuoco: accadico išātum (fire).

    In realtà asia corrisponde ad accadico aššultu (erba ‘a grass’, reso, anche, da accadico con la base di daš’u, dēšu (‘grass’); così disarru (‘a wildgrowing cereal’; ‘Getreideart : Hafer oder Roggen’).

    Λεβηρίς-[leberis], coniglio (lievore, levore o liore in veneto), che si ritrova in Erotiano (Hippokrates-lex. 244: Μασσαλιῶται), Strabone (III, 144 : œνιοι λεβηρίδας προς) è dato per ligure dal Brück (v. qui Diz. lat.: lepus).
    Ma Esichio dà altro significato: ‘Schlangenhaut, Bohnenhülse’ (v. λοβός).
    Il ligure pe, che si traduce “con”, corrisponde a ugaritico p (‘und’), etrusco pi (e).
    Ernst Hirsch (Die asca-Namen am Osthang der Wistalpen, in « Beiträge » del Krahe, 5-7, 1954-1956, p. 224 sgg.) allarga l'ambito topograico della ricerca avviata dal Flechia in nomi di epoca preromana e dei primi tempi di Roma. Il suffisso -asca si risolve nella pronunzia persino in -astšo, atšo etc.

    Nella valle della Clairée, un affluente della Durante, Nēvache (Nevātšo) è da ricondurre alla forma originaria ANNAVASCA (documentata nell'anno 739: E. Hirsch, ibid., 226, D. T. Hautes-Alpes, 101), mentre documenti più tardi danno Nevasca (1118), Nevascha (1225), Novachia (1358) etc.70

    Il caratteristico suffisso in -asco (cfr. Sententia Minuciorum, in C.I.L., V, 7749), che indica " appartenenza " è rideterminazione di pronome possessivo (accadico sue) con suffisso come latino -cus (v.): valga per analogia il tipo sardo in -itanus studiato dal Wackernagel: Sulcitanus etc. con ricalco di -ites e -ānus. È, ricalco su base simile a accadico ešqu (‘lot as a device to determine a selection, share: a portion of land, property’).

    Strabone annota (IV, 6, 1) che le Alpi si chiamarono originariamente Albia, Alpionia e che Albios è nome di un monte presso gli Iapodi, supergiù vicino a Ocra e alle Alpi.

    Il nome delle Alpi fu ritenuto ligure: Alpes fu accostato ai nomi Alba, Albium degli abitanti di origine preromana nella Liguria augustea: Alba Docilia, Albissola, Alba Pompeia, Alba Piemonte etc., base che tornerebbe in varie regioni europee abitate da Liguri o presumibilmente sotto influssi liguri (Nissen, Ital. Landeskunde, I, p. 140).

    Festo (Ep., 4) chiariva Alpes col sabino Alpus, latino Albus, « a candore nivium »; mentre per Servio «Alpes Gallorum lingua alti montes vocantur ».
    In realtà la base corrisponde a sumero ḫalbia, ḫalbi (ghiaccio, ‘frost, freezing’), che può aver concorso all'origine di ugaritico ḫlb (monte, ‘mountain’).

    Nota 70 (sui suffissi liguri -asco, -usco, -osco)
    II merito di una prima penetrante indagine spetta a d'Arbois de Jubainville, che ricalca le linee del nostro Flechia e insegue in Liguria, ma anche in Lombardia, in Piemonte, in Emilia, in Toscana i toponimi con suffissi -asco, -usco, -osco, testimoniati dalla nota iscrizione di Isola, nei pressi di Genova, contenente un giudizio arbitrale dei fratelli Minucii relativo ad una questione sorta tra Genova e i Liguri Langati (117 a. C.), suffissi attestati anche dalla cosidetta tavola alimentare di Traiano, del 102-103 a. C., ritrovata a Veleia. Tali suffissi si rinvengono in Francia, nei bacini del Rodano, della Loira, della Senna e, inoltre, in Spagna, in Svizzera, in Baviera, nelle valli del Reno, della Mosella, in Gran Bretagna.

    Il Petracco-Siccardi (Ricerche topografiche e linguistiche sulla Tavola di Polcevera, «Studi genuensi», II, 1958-1959, p.33 dell’estratto) ha creduto di poter dimostrare che Vindupala non è il nome del ruscello, ma della zona da cui discende, ciò nella presunzione che Vindu- rappresenti la base con significato di " bianco ".
    In realtà i toponimi, con tale base, come Vindobona (Vienna) " costruzione o città sul fiume ", Vindonissa (‘Windisch’) tra l’Aar e il Reuss, Vindalum, alla confluenza del Sulgas e del Rodano, Vindelicia, tra l’Inn e il Danubio, mettono in evidenza che Vind- ha valore originario di fiume o per lo meno di riva; confine, limite: sumero e accadico (w)id (fiume, ‘river’; ‘Fluss’), (w)idu (‘border, side of the river’; ‘Seite’).

    Vindius, sistema orografico a nord-ovest della Spagna Tarraconese, costituì il confine fra i Cantabri e gli Asturi.
    Perciò l'idronimo Vindupala più verisimilmente ha il valore di fluminis caput, sorgente, dove -pala ha il noto valore di rilievo, altura e quindi roccia, pietra.
    Entella, il più importante fra i torrenti della Riviera di Levante, deriva dalle basi corrispondenti ad accadico ēnu-telli (sorgente dell'altura); e anche Entella, città siciliana presso il fiume Cremiso, Rocca d'Entella, che la tradizione voleva fondata da Aceste e dal troiano Entello, è presumibilmente il nome stesso del fiume e deriva, come il nome del ligure Entella, dalle stesse basi.
    Il nome del troiano Entello, invece, richiama accadico etellu (eroe, ‘prince, lord’), cfr. Metello/Metellu ?

    Ballista, nome di monte in Livio (XXXIX, 2, 7) fu inteso come un superlativo riferibile a indeuropeo *bhal-(l) col senso di " bianco lucente ", e fu accostato a greco φαλός φαλαχρός, (Kretschmer, « KZ. », XXXVIII, 118).
    La formazione di Ballista non può divergere da quella di Blustiemelus che vedremo della stessa base corrispondente ad accadico balāsu col significato di sporgere (‘to protrude’, CAD, 2, 45) attestato anche da m. ebraico bālat, aramaico b(e)lat (‘hervorstehen’) ; tale base si incrociò con quella corrispondente ad accadico palāsu (erompere, venir fuori, ‘durchbrechen’) della stessa base di flos.

    Bego, il nome del monte sul quale si raccoglievano le antiche popolazioni richiama etrusco Begoe: aramaico-ebraico peha (capo) non " picco ", nel senso di " punta ", che viene derivato da una mal intesa radice onomatopeica *pikk- (punta), ma è invece corrispondente ad accadico pīqu (sottile, ‘eng’), da accadico piāqum (essere sottile, ‘eng sein’) : l'italiano " piccolo ", è dalla stessa base di accadico pīqu (sottile).


    La voce Alba talora richiama una base corrispondente ad accadico ḫalpû, ḫalpiu sumero ḫalbi(.), ḫalbia (specchio d'acqua, ‘well’), da non confondere con Alba derivante dalla base suddetta indicante alti monti candidi di neve: accadico ḫalpû (‘frost, freezing’), sumero ḫalbia.


    Album Ingaunum, Albenga, nel suo nome antico Album riflette la sua ubicazione nella vasta piana costiera, costituita dai depositi alluvionali del fiume Centa che, dopo il Varo, è il più ricco di acqua nella Liguria occidentale.
    Così in Album Intimilum, l'antica Ventimiglia presso l'attuale Ponte Nervia del fiume Roia, che nei pressi della città ha la sua foce, la voce Album, come la base del nome antico del Tevere, Albula, richiama ancora la voce di origine sumerica ḫalbia, accadico ḫalpû (riserva d'acqua, pozzo, ‘a kind of well’), alla quale deve ricondursi l'idronimo indoeuropeo *albh- al quale il Krahe (Sprache u. Vorzeit, p. 49) assegnava il significato di " acqua corrente ".
    Alba, nell'attuale provincia di Cuneo, l'antica Alba Pompeia, alla confluenza del torrente Cherasco col Tanaro e a dominio sulla via della valle del Tanaro, è ricordata da Plinio (III, 5, 49), Tolomeo (III, 1, 48) e altri; posa su una importante stazione neolitica.
    Holder (s.v. Albion) ritenne il nome ligure e significherebbe " città bianca ". Si tratta anche di toponimo d'origine idronimica per Alba Julia, in Transilvania, posta sul torrente Ampoele, per Alba Fucente, Alba Fucens o Fucentia, a nord ovest del lago Fucino.

    La voce Genua, omonima di Genève, Genava, Ginevra, Genua, come è nei codici del De bello Gallico, risale ai remoti stanziamenti liguri.
    I tentativi etimologici che accostarono Genua al latino genua (ginocchia) sono ingenui.

    L'oppidum preromano di Genova, su un poggio a dirupo sul mare, nell'attuale regione di Castello, delle Grazie e di p. Sarzano, così come la posizione di Ginevra, oppidum degli Allobrogi, ma di nome preceltico, sul poggio che scende ripido verso il lago, lascia pensare che successivamente la base sia stata sentita come sumero gen (monte; ‘Berg’), accadico gennû, ginnû (montagna, ‘mountain’), che si ritrova in Gennargentu, il nome del massiccio montuoso centro-orientale della Sardegna inteso poi " Porta d'argento " (v. p. 595 Gonnos e i vari genna sardi).

    Chiavari, città ligure presso il mare, alla foce dell'Entella, il più notevole torrente della Riviera, deriva da basi corrispondenti ad accadico kalû-ḫāri (argine del fiume): kalû (argine, diga, ‘dike: surrounding fields to keep the irrigation water inside the field; a type of marshy ground affected by salinity’) e ḫarru (‘watercourse’).

    Il nome di Camogli nella tradizione viene legato a quello di una divinità. In realtà il toponimo, di base antica, richiama testimonianze liguro-celtiche come il britannico Camulodum (Colchester), dal nome del celtico : Camulus " il furioso " corrispondente ad accadico kamlu (‘wrathful’); Camulogeno (il figlio di Camulus), re dei Galli, da base di importazione di origine fenicia.

    Larius il nome probabilmente ligure del lago di Como, riflette perfettamente la sua configurazione, poiché correndo da nord a sud si divide in due rami. Larius corrisponde ad antico babilonese lârum (ramo, biforcazione, ‘branch, fork’).
    La stessa etimologia ha il nome dell'antica città dei Frentani, Larinum, ubicata su un ramo del Tifernus: -inum corrisponde ad accadico -īnum che ha costantemente il significato di " fiume ", più che di " sorgente ".


    Monaco, quiete in zona battuta da venti (Strab. 4, 6, 2), Μόνοιχος, sembra attributo di Ercole che vi ebbe un tempio, un Melkart che acquieta le acque: significa ‘Meeresstille’; accadico (acque) e nuāḫu (calmarsi).

    Per testimonianza di Catone (in Plin., III, 124 sgg.) Bergomum, Bergamo, è orobia: ovviamente ci si affrettò a riannodarlo alla radice indoeuropea bherg-: ma il senso di bergen " nascondere " mal si chiarì col concetto di tollendo servare.
    Bergomum, come Πέργαμος, Parga, Barga, Περγασή, demo greco, hanno origine da una base che si ritrova in accadico parakkum (posto alto nel tempio, cella, santuario, ‘Hochsitz, Kapelle; Heiligtum od. Cella’; cfr. parak- seguito dal nome di divinità, vS, 828 a), dalla base di accadico parākum (sbarrare, ‘sich quer legen’; cfr. parāqu ‘abtrennen’), con aggettivo verbale parkum (che sbarra, ‘querliegend’), greco πύργος (recinto, baluardo), ittita parkuš (alto), latino burgus, m. n. tededesco Burg.

    Plinio ha qualche giustificato riserbo nell'attingere ai Greci notizie di casa sua: « Pudet a Graecis Italiae rationem mutuari »; e, nonostante, si induce a riferire che Bodincus, greco Βόδεγχος, nome dell'alto Po, già ricordato da Polibio come nome usato dagli abitanti, παρά τοῖς ™γχωρίοις, a stare a Metrodoro (Plinio, N.h., III, 122) in ligure significherebbe " senza fondo ".
    Plinio ricorda a tale proposito il più antico nome della città di Industria, Bodincomagus, non lontano da Chivasso.
    Il Müllenhoff (D. Altertumsk. III, 191) accostò l'indogermanico *bhudb- (fondo), antico indiano budhnah, greco πυφμήν, latino fundus, antico alto tedesco bodam.
    Il Geografo Ravennate (IV, 26) reca Bodungo, località sul lago di Costanza, dove dovremmo ammettere giungesse l'influenza ligure.
    In realtà l'equazione Bodincum ligure, latino fondo carantem, merita il credito che raccoglie l'idronimo Padus dallo stesso Metrodoro derivato dal gallico padi, cioè arbor ... picea.

    Padus, *Patus (cfr. Patavium) come risulta nel capitolo degli idronimi, corrisponde ad accadico pattum (‘canal’; ‘Kanal’), da accostare ad accadico pātum (riva, ‘side Seite, Rand’), pā(t)um (limite, ‘Grenze’) ; antico assiro battu (‘side’'); e Bodincus, Βόδεγχος, che deve avere indicato un particolare tratto, significa " giro del fiume ", le così dette ancone (anse, anche) del Po: l'affisso -encus, -incus richiama la base corrispondente ad accadico enqu, unqu (piega, giro, ‘Windung’].

    Ma non dobbiamo ammettere che sia del tutto invenzione di Metrodoro di Scepsi il significato di " privo di fondo " attribuito alla voce Βόδεγχος.
    Egli può avere avuto presente una base corrispondente ad antico assiro e antico babilonese butuqqû che significa " mancanza di ...e ciò è la spia che in realtà Bodincus risulti dal remoto incrocio con la base corrispondente ad accadico (butuqtu) butiqtu (inondazione, ‘fiood’).

    I nomi antichi dei fiumi liguri sono di una chiara trasparenza: l'antico idronimo Rutuba, la Roia, echeggia l'antico nome del fiume britannico Richborough, Rutupae, chiara testimonianza di una grande unità che si inserisce in un più vasto contesto: l'origine di questo idronimo si ritrova nella base corrispondente ad accadico rutbu (irrigazione, umidità, ‘irrigation, moisture’; ‘Feuchtigkeit’), dal verbo ratābu (‘to irrigate’; ‘befeuchten’), incrociatosi con antico babilonese ratāpu (scorrere oltre, ‘fortfahren’); la Magra, Macra, corrisponde ad accadico makrum, aggettivo verbale di makāru (‘to flood to irrigate’) : ugaritico mqr (fonte, ‘Brunnen’), arabo maqrā (luogo dove si raccoglie l'acqua, ‘Ort, wo sich Wasser sammelt’); altrettanto leggibile è il significato di Vara, il Varo, di cui si può scorgere nel capitolo dedicato agli idronimi.

    Ma non si può tacere qui del Polcevera che nella tavola di bronzo del 117 a. C. appare nella forma Porcobera o Procobera; è fiume secco o quasi in estate.
    Plinio (Nat. hist., III, 48) ha Porcifera, inteso come “porteur de truites ou de perches” sulla base di irlandese orc (*PORK0-, Olsen, « KZ. », XXXIX, 1906, p. 608 sgg.): il Devoto giustamente intuì la corrispondenza col latino porca, ma tradusse “porteur de sillons”, che non ha senso.
    (Non c’entra il porco-maiale; così anche tutti i toponimi Porcilaie-Porciglia che ci sono in giro, non hanno nulla a che fare con i porci.)

    Il latino porca ha l'accezione addotta da Festo: «porcae appellantur rari sulci qui ducuntur aquae derivandae gratia»; e la voce latina, come antico alto tedecso furh richiama accadico perku, perkat (solco, linea trasversale, ‘Querlinie’, plurale’ Querfurchen’), e la componente -bera corrisponde al suddetto accadico bēru, būru, semitico bi’r, ebraico bōr (corso d'acqua, fonte, ‘well’; ‘Wasserlauf, Brunnen’).
    (A -bera si può connettere Berua, antico nome nella Venetia)

    Porcobera va connessa con la base di Pergine, in Valsugana, sulla sella spartiacque tra Fersina e Brenta e persino con la base di Perge, Πέργη, città della Panfilia, sulla destra del fiume Cistro.
    Non è dubbio che la componente Perco- o Porco- sia la stessa che si ritrova nel nome che gli indigeni Iberi davano al Baetis, per testimonianza di Stefano Bizantino (Steph.: « Βαῖτις ποταμÕς χατ¦ Ίβηρίαν Öς Πέρχης λέγεται ύπÕ τῶν ™γχωρίων»).
    Il Bochard richiama anche il nome dello stagno nei pressi di Enna, Percusa (Geogr., p. 606).
    In senso più aderente, dunque, la base richiama accadico perku (riva, limite, argine, es. perku ša nāri ‘Ein Flussdamm’ vS, 855): Polcevera indica " l'argine del fiume ", un fiume che nelle piene ha ben bisogno di argini!

    Gandobora non può disgiungersi da altri idronimi consimili, come Cantwara base di Cantwara-byrig (Canterbury), inteso a torto come la " città degli uomini del Kent ".
    La base ganda, di Gandobera, si ritrova persino nel nome del castello romano Ganda, Gand, alla confluenza della Lys con la Schelda.
    L'idronimo fu analizzato dal Bertoldi in maniera che al Devoto parve impeccabile, come composto da un tema mediterraneo ganda " pietra " bera " che porta ".

    Ben a ragione Dante Olivieri (Diz. di toponomastica lombarda, Milano 1961, p. 247) respinge l'interpretazione " trascinatore di sassi ", del Beroldi, meno bene reputa " illusoria " l'analogia supposta dal Bertoldi (Problemi di substrato., « Boll. Soc. Ling. », XXXII, 110; e « Norsk Tidskrift », V, 1930, 1768) del nome Gandovere, che egli scrive Gandòvera, col. n. ligure Polcevera.
    Il Monti (Voc. Como, 92; e Saggio Vcabilario Gallia Cisalpina, 43) ricondusse Ganda al gallico GANDA "macereto, frana ".
    Ma “macereto” non dà senso appropriato per un fiume. Gando- risale a base antichissima che si ritrova persino in ebraico gādā (sponda, riva, ‘bank of a river’), accadico gadu, qadu, ḫadu, ad (latino ad, ‘up to, as far as, concerning’) es. qadu narē (lungo fiumi, ad flumina, cfr. vS, 892) : Gandobera significa dunque "lungo fiume ", come si direbbe "Lungotevere, Lungarno".
    La seconda componente richiama l'eterno accadico bēru < bērtu (corso d'acqua, ‘Wasserlauf’, vS, 122).

    Per Comberanea, corso d'acqua nei pressi di Genova (C.I.L., ebd. 7) vengono richiamati cimrico cymmer, confluvium, bretone kemper ‘confluent’, e un celtico *kom-bero ‘Vereinigung’ (Kretschmer, « KZ. », XXXVIII, 118) per i quali non si può escludere l'interferenza della base corrispondente ad accadico kibru, kipru (‘bank of a canal, a river’). Per Comberanea occorre partire dal volgare cumba, dato per celtico, col valore di " piega del terreno ", piemontese cumba “sinclinale, convalle”, francese combe, spagnolo comba “concavità”.
    E la base di cumba, come del latino cuppa, corrisponde ad accadico kuppu, gubbu (‘catchwater at a well, well’) dal verbo kapāpu, kabābu (‘to curve, to wrap around’), per assumere in cumba il valore di “convessità del terreno ove confluiscono le acque” (come anche in campo): la componente -beranea, richiama la base corrispondente ad accadico -būrāni, plurale, di būru, bēru, semitico bi'ir, ebraico bōr (‘pit, hole, well, pool’).

    Nizza, da un presunto Νίχη, Nicaea, richiama un'antica base accadica nikkassa (tenuta, colonia, ‘property, assets’); il suo torrente Palo è accadico palgu (canale); Cemenelum (Cimiez), dalla base di Cevenne (v. p. 769) e accadico nīlum (corrente, watering ').

    Antibes, Antipoli significò " al promontorio ": accadico adi, latino ad e la base di pala, “altura”.

    Pentema, sardo pèntuma (precipizio), prelatino pèntima (rupe), dialetti salentini pentima, pentema, pentuma (macigno, scoglio), antico portoghese Bendoma monte (vedere anche Val Pantena nel veronese): antecedenti in accadico bāmtum > bāntu, pāntu, ugaritico bmt (costa montana, ‘Berg Hang, Rippengegend’), cfr. il monte Pindo.
    Vesulus, Monviso, da base che significa “emergente, che si eleva”: corrisponde ad accadico wāsu-(e)lu (che si leva in alto): accadico wāsu (‘protruding’), da accadico asu (elevarsi, ‘to rise’) e elu (alto, ‘tall’).

    Voltri. L’antico Veiturium, poi Vulturium, che ora è parte integrante di Genova, sorge sul punto più settentrionale della costiera ligure, sulle rive del torrente Leiro; il suo antico nome Veiturium significa sobborgo: battu-uri: bātu, battu (‘region around a city, side, edge’) e ūru (cinta di città, città, ‘enceinte, surrounding’), ebraico ‘īr (‘city, town, tower’).

    Edited by pora reitia - 13/3/2010, 21:56
     
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  11. iperboreo50
     
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    Da www.celticworld.it/sh_wiki.php?act=sh_art&iart=31



    Liguri, antichi abitanti d'Europa ( prima parte)
    1
    Dalla preistoria alla colonizzazione romana

    . . montani piratae qui Alpium asperrima colunt . . .Varr.

    Le prime testimonianze a proposito dei Liguri risalgono ad Esiodo, Ecateo di Mileto ed Eschilo, che li citano come i più antichi abitatori dell’Italia.
    Le fonti che descrivono le popolazioni liguri, il loro modo di vivere, la loro fiera lotta per l’indipendenza contro gli eserciti romani, sono scaglionate su ben dieci secoli, frammentarie e , soprattutto, sono le voci dei vincitori.
    I Liguri non scrissero di loro stessi, delle loro origini e delle migrazioni che li portarono sul Mediterraneo, dal Rodano all’Arno, nè parlarono della loro fierezza, dell’amore per le montagne dalle quali traevano a gran fatica di che vivere e che veneravano, adorandone le vette.
    Le voci dei Romani ci raccontano di in popolo ribelle, che rifiutò più di ogni altro di piegarsi alla potenza dell’Urbe e sta a noi tradurre la malvagità in spirito indomito, la sedizione in desiderio di libertà.
    Strabone, Plutarco, Floro e Diodoro Siculo sono concordi nel definire i Liguri come il popolo che più creò problemi agli eserciti romani[1], caratteristica estremamente negativa agli occhi di questi storici, indice di ferocia barbarica, ma il dato, letto da un altro punto di vista, è il segno della fierezza e dell’ indipendenza di un’ antica stirpe.
    Virgilio e Livio ci descrivono i Liguri come genti rozze, incuranti dell’ arte, della cultura e della loro stessa storia.
    Catone dice che neppure essi sapevano da dove provenissero e, ancor oggi, l’ origine dei Liguri e le loro migrazioni preistoriche rappresentano un affascinante mistero sul quale gli storici e gli archeologi hanno fatto luce solo parzialmente.
    Gli studiosi antichi ci hanno lasciato ipotesi varie e spesso in contraddizione fra loro, alle quali occorre, però, rifarsi per un confronto con le teorie più recenti avanzate dai paleoantropologi.
    Strabone e Diodoro Siculo ritenevano che fossero di origine greca; Plinio, Pseudo Scillace e Festo Avieno li dissero Iberici, mentre Plutarco li aveva classificati come Celti.
    Dionigi d’ Alicarnasso ricorda che si favoleggiava dei Liguri identificandoli con i mitici Aborigeni, finitimi degli Umbri, ma che, in realtà, nessuno conosceva la loro origine.
    Più facile era per gli storici antichi rifarsi alla espansione territoriale delle varie tribù liguri, confondendo, però, in questo modo, le terre occupate durante le tappe di una lunga migrazione con quelle dalle quali tale migrazione era partita.
    I Liguri per un lungo periodo si erano spostati nell’ Europa Occidentale acquisendo o abbandonando territori; i vari momenti della loro espansione sono registrati dagli antichi scrittori.
    Quando Esiodo parla degli abitanti delle coste occidentali del Mediterraneo cita esclusivamente il popolo dei Liguri; Eratostene testimonia la loro espansione territoriale chiamando Ligustica la penisola Iberica, mentre Aristotele ed Ecateo li collocano in Provenza, sul basso Rodano.
    Polibio dice che i Liguri, incalzati dai Celti a Nord e dagli Etruschi ad Est avevano perso grandemente terreno e si erano ridotti tra il Rodano e l’ Arno, comprese le regioni alpine ed appenniniche e il Sud della pianura piemontese[2]
    Livio ricorda che avevano, un tempo, il dominio dell’ intera valle del Po e Giustino afferma che erano stanziati anche nella valle dell’ Arno.
    Questo è quanto ci tramanda la tradizione più antica, né gli scritti degli studiosi dell' epoca medioevale e di quella rinascimentale servono a far luce a proposito dell' origine dei Liguri.
    Nonostante il procedere della Paletnologia, ancor oggi non esiste una teoria comprovata che possa indicarci le terre dalle quali le prime tribù liguri iniziarono le loro migrazioni.
    Malgrado le teorie sull' etnogenesi dei Liguri siano varie e spesso in contrasto tra di loro, tutti gli studiosi concordano sul fatto che essi furono fra i più antichi abitatori dell' Europa occidentale.
    Il Berthelot[3] giunge alla conclusione che i Liguri abbiano avuto origine nell' Europa settentrionale, basandosi sia sui racconti mitologici, sia su dati archeologici quali la rappresentazione del cigno sulle armature, presente nella tarda età del bronzo e l' uso di ornamenti e talismani d' ambra.
    L' ipotesi turanica, che vuole i Liguri discendenti degli Ugro-Finni, è ormai considerata poco accettabile. Essa si basa sulla comparazione dell' ultimo residuo linguistico della razza turanica, il basco, con i pochi vocaboli liguri giunti fino a noi[4].
    Il Curotto confuta questa teoria mettendo in evidenza il fatto che neppure la toponomastica constata alcuna sinonimia tra nomi baschi e nomi liguri[5]
    Il fatto che tutti i documenti mitologici connettano i Liguri con il Nord, sostiene la tesi dello stesso Curotto, che, poggiandosi alle teorie del Muellehof[6] considera le popolazioni liguri protoarie, ossia venute in Europa con le primissime migrazioni dall' Asia.
    Non si conoscono con certezza le regioni dalle quali passarono le ondate migratorie; nulla vieta di supporre che i protoariani, come altri dopo di loro nei secoli, si diressero inizialmente verso il Nord Europa, per poi scendere a Sud, sospinti dall' incalzare di nuovi popoli.

    [1]E. Curotto “La Liguria dalla preistoria alla sua fusione con Roma” - Quaderni di studi romani -Roma 1942.
    [2]La zona intorno al monte Ebro,della quale tratteremo in modo specifico nella seconda parte di questo volume, era abitate dai Liguri Euburiati.
    [3]A. Berthelot "Le Ligures- Revue Archéologique", 1933.
    [4]F. Molon" Preistorici e contemporanei”, 1880.

    [5]E. Curotto " La Liguria dalla Preistoria alla colonizzazione romana"
    [6]E. Curotto opera citata.


    I Liguri, antichi abitanti d'Europa ( seconda parte)
    . . . adsuetumque malo Ligurem . . . Virg. Aen.

    I costumi e le attività dei Liguri prima della colonizzazione romana sono stati descritti da storici antichi illustri ed attendibili come Tito Livio e, in epoche recenti, queste testimonianze sono state confermate dai numerosi ritrovamenti archeologici .
    Le popolazioni liguri, dai Balzi Rossi alla Palmaria, alle sommità dell' Appennino vivevano di caccia, dei prodotti della pastorizia e dell' agricoltura, usavano manufatti litici ed ossei, lavorati con notevole abilità.
    Il lavoro degli archeologi ha riportato alla luce stupende asce in pietra, levigate con incredibile perizia, talmente affilate e robuste da poter abbattere i grandi faggi appenninici, frammenti di corda e di stoffe di lino.
    L' uso dei metalli è piuttosto tardo, risale, circa al 600 a.C., periodo nel quale si iniziarono a fabbricare utensili in bronzo; il ferro fu sfruttato quasi esclusivamente per scopi ornamentali.
    Tito Livio ci parla di una stirpe indomita, rude e fiera, che passava la vita tra le foreste, in lotta con gli elementi e le belve.
    I Liguri non erano conquistatori di terre e uomini, amavano vivere in sedi fisse, coltivando lino e orzo[1],melo, nocciolo e castagno.
    Vivevano in oppida e castella, tenevano conciliabula in apposite piazze e in campi di riunione[2],dimoravano in vici o viculi presso sorgenti e posti, in genere lungo vie frequentate.[3]
    Le tribù liguri vivevano isolate le une dalle altre, come clans autonomi retti da un capo che presiedeva anche a riti religiosi.
    La proprietà privata non era in vigore[4], nei nuclei familiari esisteva una tendenza al matriarcato, anche se i figli erano riconosciuti dai padri.
    In caso di grave pericolo i vari clans si associavano per combattere, ma, finita l’ emergenza, riprendevano la loro vita indipendente.
    Esiste una scarsa documentazione a proposito delle credenze religiose degli antichi Liguri, rappresentata soprattutto da epigrafi di epoca romana, provenienti dalle regioni Alpine ed Appenniniche. Venivano venerate le vette delle montagne, le piante e, soprattutto, le sorgenti[5].
    Il culto delle vette era spesso associato a quello dei venti e diverse iscrizioni ricordano la venerazione per il faggio, alto e forte, in grado di sopravvivere a chi lo ha piantato.
    Il corvo ed il serpente sono spesso raffigurati nella pietra dagli antichi Liguri, erano probabilmente oggetto di culto insieme a tutto ciò che pareva animato o generatore di vita: il sole, la luna la stella del mattino e quella della sera, la terra ed il fuoco.
    Il legame con la propria terra, quello che spingerà intere tribù a suicidarsi, piuttosto che affrontare la deportazione ad opera dei Romani, appare chiaramente connesso all’ adorazione per gli elementi che di quella terra- madre fanno parte.
    I testi classici forniscono elementi sufficienti per connotare fisicamente e caratterialmente gli antichi Liguri.
    Diodoro Siculo descrive una razza di individui tenaci e rudi, piccoli di statura, asciutti, nervosi....Costoro abitano una terra sassosa e del tutto sterile e trascorrono un’ esistenza faticosa ed infelice per gli sforzi e le vessazioni sostenuti nel lavoro.
    E dal momento che la terra è coperta di alberi, alcuni di costoro per l’ intera giornata, abbattono gli alberi, forniti di scuri affilati e pesanti, altri, avendo avuto l’ incarico di lavorare la terra, non fanno altro che estrarre pietre... A causa del continuo lavoro fisico e della scarsezza di cibo, si mantengono nel corpo forti e vigorosi. In queste fatiche hanno le donne come aiuto, abituate a lavorare nel medesimo modo degli uomini. Vivendo di conseguenza sulle montagne coperte di neve ed essendo soliti affrontare dislivelli incredibili sono forti e muscolosi nei corpi...Trascorrono la notte nei campi, raramente in qualche semplice podere o capanna, più spesso in cavità della roccia o in caverne naturali...Generalmente le donne di questi luoghi sono forti come gli uomini e questi come le belve...essi sono coraggiosi e nobili non solo in guerra, ma anche in quelle condizioni della vita non scevre di pericolo. [6]
    Lucano descrive la capigliatura lunga e irsuta dei Liguri, mentre Livio parla della loro resistenza alla fatica, dell’ agilità e velocità nella corsa.[7]
    Cicerone narra di uomini attivi, forti e intrepidi[8]e del medesimo avviso è Virgilio, nelle Georgiche, anche se, poi, nell’ Eneide descrive i Liguri in modo assai poco lusinghiero, facendoli apparire come astuti, mendaci e perfidi, in grado di trarsi d’ impaccio con trovate abili ed insidiose.
    Il medesimo quadro del carattere ligure ci viene fatto da Catone e dalla maggior parte degli storici romani ed ancora si sente in questi scritti la voce del popolo dominatore, troppo spesso e troppo a lungo beffato da bande di rozzi montanari.
    Vincitori o vinti i Liguri furono sempre dei ribelli[9], tanto da non riconoscere capi carismatici che li guidassero nelle lotte per l’ indipendenza.
    Rispettosi della libertà altrui come della propria, non si ricorda nessuna spedizione di conquista partita dai loro monti, ci appaiono attraverso i secoli quasi fatti ad immagine delle loro aspre montagne, duri e stabili come esse[10].

    [1]Gli storici romani affermano che la bevanda più diffusa fra i Liguri era la birra, la coltivazione della vite fu introdotta con la romanizzazione.
    [2]Liv.XXI,33,2; XXV,3,6; XXIX, 32,2.
    [3]Liv.XXI, 32,7,XXXV,11,XXXIX,2,7.
    [4]GiustinoXLIII,3,8.
    [5]Plin. .XXXI,4.
    [6]Diod.IV, 20,1,2
    [7]LivXXIX,2,3, XXXIX,16,4, XL,27,12.
    [8]Cic.De lege agraria.
    [9]Liv. XXXIX, 1; XL,18 .
    [10]Curotto” I Liguri dalla preistoria alla colonizzazione romana”


    I Liguri, antichi abitanti d'Europa ( terza parte)
    . . . durum in armis genum . . . Liv.

    Le guerre di Roma contro i Liguri[1], proprio a causa del profondo bisogno di indipendenza insito nell’animo di questi ultimi,furono lunghe, dure ed aspre.
    Per mettervi fine i Romani non trovarono altra via che la deportazione in massa dei popoli che avevano dato più filo da torcere ed i Liguri ancora una volta seppero ribellarsi anteponendo la libertà alla loro stessa vita.
    Narra Livio che una intera tribù sub radice Alpium scelse la via del suicidio collettivo per non abbandonare la terra degli avi.
    La sconfitta definitiva dei Liguri viene storicamente determinata con la pace degli Ingauni ed è strettamente legata alle vicende delle guerre Romano-Puniche.
    Negli anni che seguirono immediatamente la fine della prima guerra punica una coalizione dei Boi e dei Liguri aprì le ostilità contro Roma; nel 238 a.C. si sfiorò la guerra, ma sorsero attriti fra i confederati e l’ alleanza si sciolse.
    Con la marcia di avvicinamento di Annibale alle Alpi arrivò per i Liguri, per i Galli Boi ed Insubri la speranza della rivincita su Roma[2].
    Annibale preparò e sostenne la rivolta sul Po del 218, che distolse le due legioni di P. Scipione[3], impedendo al console di imbarcarsi per la Spagna.
    Quando i Romani furono pronti a Pisa con un nuovo contingente, Annibale era oltre il Rodano; lì tentarono di intercettarlo, contando sull’ appoggio dei Massilioti, da sempre avversi a Cartagine, ma non ebbero successo.
    Il condottiero cartaginese ebbe guide dai Boi e dagli Isubri, che gli mostrarono il cammino verso i valichi alpini loro noti.
    Gli indicarono probabilmente la via del Monginevro, che le tribù dei Galli avevano disceso a suo tempo per stanziarsi nella Pianura Padana.
    Annibale, ci tramanda Polibio, riteneva che Scipione lo attendesse a quel valico già noto: risalì la valle dell’ Isère e si fece guidare dagli Allobrogi lungo il cammino delle Alpi.
    I Liguri furono le guide di Annibale sull’ Appennino: come gli Allobrogi dovettero accoglierlo con ogni onore.
    Il condottiero punico era palesemente l’ unico in grado di opporsi all’ arroganza romana, con il suo grande esercito e i trentasette elefanti, che avevano superato indenni le nevi alpine.
    I grandi animali esotici dovettero sembrare ai montanari macchine da guerra terribili, indici di un potere quasi divino; li videro poi morire di stenti quasi tutti prima della battaglia della Trebbia.
    I Liguri, come i Boi, gli Insubri e gli Allobrogi fornirono esploratori e truppe ad Annibale, partecipando al secondo scontro fra Romani e Cartaginesi, quello sul fiume Trebbia.
    Nell’ accanita lotta lungo le rive della Trebbia Annibale seppe trovare un nuovo,feroce alleato locale.
    Aveva scelto con cura le posizioni sulle quali attestarsi, narra Polibio, studiando la natura dei luoghi della riva sinistra del fiume, dopo aver disceso i sentieri che i Liguri gli avevano mostrato; il campo romano, dove Scipione giaceva ferito nella sua tenda, stava sull’ altra riva.
    Prima dell’alba nutrì abbondantemente uomini e cavalli e li fece riscaldare intorno a grandi fuochi; ai soldati fornì olio di oliva, perchè si ungessero il corpo e lo proteggessero dal nevischio che cadeva a raffiche,poi cercò lungo il corso del fiume un luogo dove riparare una parte delle sue truppe ed attaccò i Romani, provocandoli a tal punto che essi uscirono digiuni nel freddo del mattino.
    Fingendo di ritirarsi li spinse a guadare il fiume e il nuovo alleato colpì, col gelo delle sue acque, placide solo in apparenza.
    I legionari semiassiderati che uscirono dalla Trebbia combatterono con valore, ma alla fine degli scontri, dopo che Annibale aveva messo in campo le truppe nascoste all’ alba lungo la riva, la Trebbia era gonfia di corpi e di scudi [4].
    Dopo la partenza dell’ esercito vittorioso, l’ eco della gloria di Annibale rimase nelle valli dell’ Appennino: a lungo nei secoli dei secoli ed ancora ai giorni nostri, se a Bobbio si stampa un giornale- La Trebbia- che porta nella testata ...un medaglione di Annibale.[5]
    La sconfitta di Cartagine alla fine della seconda guerra punica segnò un momento decisivo e tragico per i Liguri: Roma, liberatasi del grande nemico potè concentrare le sue forze per la pacificazione del suolo italico.
    Dal 180 a.C., nonostante qualche sporadica insurrezione, i Liguri entrarono nell’ orbita dell’ Urbe; combatterono valorosamente per Roma nella guerra contro Giugurta ed in quella contro i Cimbri e i Teutoni.

    [1]L’ inizio delle guerre romano- liguri risale al 237 a.C.; la fine si ebbe dopo la sconfitta di Cartagine, intorno al 180 a.C., con la pace degli Ingauni e la deportazione dei Friniati nel Sannio.
    [2]I Romani avevano sottomesso le popolazioni della Valle Padana tra l’ Appennino e il Po, tra Clastidium e i Boi, nel 222, sotto la guida del console Flaminio Nepote. Gli abitanti di questa zona erano Liguri; Plinio li cita erroneamente come Galli Anari ed Anamori, nomi che caratterizzavano due tribù liguri, come dimostra Tito Livio. Anari - Anamori, significa abitanti di zone soggette ad acqua, furono i costruttori di palafitte della zona padana.
    [3]P ublio Cornelio Scipione, padre di P. C. Scipione l’ Africano, il vincitore di Zama, che a quest’ epoca, diciassettenne segue il padre e già si distingue in battaglia.
    [4]Silio Italico; dice anche che gli stessi Cartaginesi erano a tal punto tormentati dal freddo che sentirono appena la letizia della vittoria
    [5]G. Granzotto “Annibale” Mondadori 1980.


    I liguri, antichi abitanti d'Europa ( quarta ed ultima parte)
    ...Quos timuit superat; quos superavit amat.[1]

    Il territorio dei Liguri divenne la IX regio; ne abbiamo scarse notizie, per lo più riguardanti Albingaunum e Albintimilium.
    Livio narra che, dopo la sottomissione a Roma, parte dei Liguri fu forzosamente trasferita in pianura;[2]chi rimase sui monti fu privato delle armi e lasciato alla sua vita primitiva.[3]
    Gli insediamenti liguri situati nei punti strategici dell’ Appennino ( oppida, fora, castella, vici..) assunsero sempre più importanza col progredire della rete viaria romana nella zona.
    Nel 109 a.C. il censore Emilio Scauro fece tracciare lungo l’ Appennino Ligure, la via Aemilia Scauri, che prolungava una strada già esistente, costruita da Aurelio Cotta due secoli prima.
    Nel 12 a. C. La via Aemilia Scauri fu continuata da Augusto e prese il nome di Julia Augusti.
    Augusto fece anche ripristinare la via che collegava il porto di Vado con Aquae Statiellae e Derthona, attraverso la valle Bormida e quella che dalla costa risaliva la valle del Tanaro, verso Pollentium e Alba Pompeia..
    Le vie romane diedero una svolta decisiva alla vita economico- culturale della Liguria incentivando la crescita delle città costiere, che divennero centri portuali e commerciali sempre più fiorenti.
    Dall’ Appennino prese il via un flusso migratorio diretto alle città litoranee quali Genua, da un lato o ai grandi centri della pianura come Derthona e Vicus Iriae.
    La pacificazione delle tribù liguri, con la conseguente fusione con Roma, può essere datata intorno al 7 a. C., quando fu innalzato il trofeo delle Alpi alla Turbia, presso Monaco, per celebrare le vittorie di Augusto e l’ unificazione dell’ Italia[4] entro il confine delle Alpi.

    ________________________________________
    [1]Roma. Rutilio Namaziano Itin. I, 72
    [2]Liv.XXXIX 2,4.XL 53,2.
    [3]Floro I 19. Diod.V 39.
    [4]...Diis sacra...Plinio, N. H., III 20.

     
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  12. iperboreo50
     
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    Alcune note dal libro "Popoli Italici" image

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    Ma non erano solamente i romani a disturbare il "quieto vivere" dei liguri, anche sardi non erano da meno :D

    nel libro: image

    c'è questa nota: ...............image

    più avanti, nell'860, una squadra navale vichinga con al commando un certo Hasting, dopo aver risalito l'Arno e saccheggiato Pisa e Fiesole, si decise ad attaccare Roma. Solo che, evidentemente ebbri di idromele, confusero la città di Luni (in Lunigiana vicino Sarzana) con Roma. Con un inganno si fecero aprire le porte della città ed una volta dentro la saccheggiarono passando a fil di lama la popolazione.
    Ma questa era già un altra epoca


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    SRDN

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    si sa che tipo di elmo?????
     
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  14. iperboreo50
     
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    Purtroppo non si sa niente di più rispetto a quello che avevo postato.
    L'elmo se catturato ad un romano poteva essere come quello postato da Misha ma senza le corna.
    Altrimenti poteva essere un elmo preso ai liguri e quindi simile a quello celta.
    Non so cosa dirti.
    L'interpretazione della scoperta è di un certo Gianfrotta. Ho fatto una ricerca e risulta che un certo prof. Piero Alfredo Gianfrotta è ordinario all'Università della Tuscia, Dipartimento scienze del mondo antico nonché dedito all'archeologia subacquea.
    Gli ho inviato una mail chiedendo dei lumi sulla vicenda e se mi arriva qualcosa lo metterò sul forum.

    P.S. il libro sui marinai sardi di Nonnis non è male. Elenca tutti ritrovamenti sui marinai sardi sia in Sardegna che in continente.
    Da anche dei numeri, nelle due flotte "d'altura" il numero dei marinai sardi era maggiore tra tutti i popoli dell'Italia e terzo tra tutte le nazioni che componevano l'impero.
    Non male per chi aveva paura di navigare............. :D


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    ENOCH

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    .S. il libro sui marinai sardi di Nonnis non è male. Elenca tutti ritrovamenti sui marinai sardi sia in Sardegna che in continente.
    Da anche dei numeri, nelle due flotte "d'altura" il numero dei marinai sardi era maggiore tra tutti i popoli dell'Italia e terzo tra tutte le nazioni che componevano l'impero.
    Non male per chi aveva paura di navigare.............

    Questo dato aveva incuriosito subito anche me...... Lascia infatti intendere che vi fosse una tradizione "consolidata" nella marineria sarda o,comunque, almeno una discreta esperienza.
    Difficile credere che di colpo, centinaia di persone inesperte e timorose del mare decidessero di imbarcarsi per combattere....
    :salute:
     
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