-
ELCERDEA.
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hii, giá ho visto come me l'hai detto
comunque ho deposto le armi nell'altra discussione, vai lá
Proseguiamo con il saggio N·1 di Sándor Avraham
La maggioranza dei Rom legge oggi la Bibbia, e tutti loro esclamano
con stupore: "Tutte le nostre leggi e regole sono scritte nella
Bibbia!" - Nessun altro popolo al mondo eccetto i Giudei può dire
queste cose, nessun popolo dell'India, né di nessun'altra terra:
(Questo è lo spazio tra parentesi sopra)
"In ogni caso, a Bisanzio in tempi lontani, gli indovini zingari erano
chiamati Aigyptissai, 'Egizi', ed il clero proibì a chiunque di
consultarli per la predizione della fortuna. Sulla base del libro
d'Ezechiele (30:23), i Rom erano chiamati Egizi non solo nei Balkani
ma anche in Ungheria, dove nel passato vi si riferiva a loro come
'popolo del Faraone' (Faraonépek), e nell'occidente, dove parole
d'origine greca in riferimento agli Egizi (Aigypt[an]oi, Gypsy e
Gitano) sono ampiamente usate per nominare il ramo atlantico del
popolo Rom".
Doveva pur esserci un motivo per cui a Bisanzio erano chiamati Egizi,
motivo che l'autore non spiega. Ciò era perché i Rom stessi
riconoscevano d'essere stati in Egitto in un'epoca remota. C'è anche
un'altra parola greca con cui i Rom erano identificati a Bisanzio:
"Athinganoi", di cui derivano i termini Cigány, Tsigan, Zingaro, etc.
I bizantini conoscevano perfettamente chi erano gli Athinganoi, ed
identificarono con loro i Rom. Infatti, la scarsa informazione che
abbiamo riguardante quel gruppo coincide in molti aspetti con la
descrizione dei Rom odierni. Non ci sono prove sufficienti per
asserire che gli Athinganoi erano Rom, ma non ci sono neanche evidenze
del contrario. L'unica ragione per cui si è rigettato a priori la
possibilità che gli Athinganoi possano identificarsi con i Rom è che
quelli sono nominati in documenti risalenti all'inizio del sesto
secolo d.c., periodo in cui, secondo i sostenitori incalliti della
teoria dell'origine indiana, i Rom non dovevano essere in Anatolia in
quel periodo. Gli Athinganoi erano chiamati così a causa delle loro
leggi di purezza rituale, per cui ritenevano impuro il contatto con
altre persone, molto simili alle leggi Rom riguardanti i "gagè" (i
non-Rom). Praticavano la magia, la divinazione, l'incantare serpenti,
ecc. ed il loro credo era una specie di giudaismo "riformato"
mescolato con cristianesimo (o con zoroastrismo?), perché osservavano
lo Shabat ed altri precetti mosaici, credevano nell'Unità di Dio, ma
non praticavano più la circoncisione e si battezzavano (che non è
esclusivamente in rito cristiano ma anche molto comune fra gli
adoratori del fuoco). In quanto agli Athinganoi, l'Enciclopedia
Giudaica dice: "possono essere considerati Ebrei".
Altro fatto significativo è che i Rom attribuiscono il loro girovagare
al Faraone, una particolarità esclusiva degli Ebrei. I documenti più
antichi concernenti l'arrivo dei Rom in Europa riportano la loro
dichiarazione d'essere stati schiavi del Faraone in Egitto; quindi ci
sono due possibilità: o questo era parte della loro memoria storica
oppure è qualcosa che si sono inventati per guadagnarsi il favore
della gente - la seconda possibilità è piuttosto improbabile, visto
che una tale dichiarazione poteva identificare loro soltanto con un
popolo, precisamente quello più odiato in Europa e quindi non
certamente l'identità più idonea da scegliere.. -
SaCraba.
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la storia dei Gitani si fà molto interessante.. peccato che non si sappia molto sulla loro permanenza in Egitto.. . -
ELCERDEA.
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Spero ti stia, interessando, per il resto pare che i documenti siano pochi...
Diciamo anche perchè: non si tratta di una civilitá definita... per coloro, tra il gruppi Gitani, che erano nomadi, il nomadismo comporta una certa irreperibilitá di informazioni se la stessa tribu non fa memoria di se stessa. Per i gruppi Rhom sedentari è difficile perchè hanno sempre usato, mantenendo la loro cultura, gli elementi, civili, architettonici etc etc della civilltá o cultura ospitante.... -
ELCERDEA.
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Seguiamo ancora con il primo saggio:
"Osservando i rimanenti d'una precedente migrazione egizia verso
l'Asia Minore ed i Balkani, s'accorsero che sarebbe stato profittevole
per loro dire d'essere cristiani d'Egitto perseguitati dai musulmani o
condannati a girovagare in perpetuo per espiare la loro apostasia".
Questa fu una "correzione" che fecero dopo aver capito che la loro
versione originale sul soggiorno in Egitto in servitù sotto il Faraone
era controproducente perché in questo modo erano etichettati come
Giudei. Questa seconda versione è quella che l'autore considera come
"la più datata menzione di questa leggenda nel sedicesimo secolo
d.c.", ma il racconto originale era molto più antico. I Rom non hanno
mai detto di provenire dall'India fino a quando i gagè nel ventesimo
secolo dissero loro d'aver studiato molto e che la "scienza" stabiliva
che erano indiani!
La convinzione dell'autore che la patria originale dei Rom era la
città di Kànnaugi si fonda su una semplice congettura, assemblando
degli elementi dubbi che non provano nulla e che sono facilmente
confutabili da altre evidenze che esporrò più avanti. Ora leggiamo la
sua ipotesi:
"...un passo nel Kitab al-Yamini (libro dello Yamin) del cronista
arabo Abu Nasr Al-'Utbi (961-1040), riporta l'attacco che il sultano
Mahmud di Ghazni perpetrò sulla città imperiale di Kànnaugi, che si
concluse con il saccheggio e la distruzione, e la deportazione dei
suoi abitanti in Afghanistan in dicembre 1018... Tuttavia, in base a
cronache incomplete che menzionano solo poche incursioni nel nordovest
dell'India, non è stato possibile descrivere il meccanismo di
quest'esodo... questo descrive una razzia perpetrata nell'inverno
1018-1019, che giunse molto più ad est, oltre Mathura, fino alla
prestigiosa città medievale di Kànnaugi, 50 miglia a nordovest di
Kanpur... Ad inizi dell'undicesimo secolo, Kànnaugi (la Kanakubja del
Mahabharata e del Ramayana), s'estendeva su quattro miglia lungo le
coste del Gange ed era ancora un importante centro culturale ed
economico dell'India settentrionale. Non solo i più studiosi dei
brahmini dell'India asseriscono di provenire da Kànnaugi (come lo
fanno tuttóra), ma era anche una città che raggiunse un alto livello
di civiltà nei termini che oggi definiremmo come democrazia,
tolleranza, diritti umani, pacifismo ed anche ecumenismo. Tuttavia,
nell'inverno 1018-1019, un esercito di predoni venne da Ghazni
(Afghanistan) e catturò gli abitanti di Kànnaugi per venderli come
schiavi. Questa non fu la prima razzia del sultano, ma quelle
precedenti erano arrivate soltanto fino al Pundjab ed il Rajasthan.
Questa volta si spinse fino a Kànnaugi, una grande città con più di 50
mila abitanti, e il 20 dicembre 1018 catturò l'intera popolazione,
'ricchi e poveri, chiari e scuri [...] la maggior parte di loro erano
dei 'notabili, artisti ed artigiani' per venderli, 'intere famiglie',
in Ghazni e Kabul (secondo il testo di Al-'Utbi). Dopo, secondo lo
stesso testo, Khorassan ed Iraq erano 'pieni di questo popolo'.
Cosa ci porta a pensare che l'origine dei Rom ha a che fare con questa razzia?"
Edited by ELCERDEA - 19/11/2009, 14:12. -
ELCERDEA.
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Continuiamo con il saggio blu
Señala también que los que se usan en las coplas flamencas son en
realidad cultismos de los autores gachós -o payos-, que han querido
imitar el lenguaje gitano que suponen que debe ser el verdadero.
Segnala pure che quei vocaboli che usano nelle “coplas” e nel “flamenco”
sono, in realtá, cultismi degli autori gauchòs- o payos- che han
voluto imitare il linguaggio gitano che si suppone sia quello vero.
Se debería estudiar por tanto el castellano real que hablan los
gitanos, todavía vivo por ejemplo en los pueblos de Granada y quizá no
por muchos años, para comprobar los arabismos que puedan usar que no
pertenezcan al castellano payo, que entonces serían propiamente
moriscos.
Si dovrebbe studiare quindi il castigliano reale che parloano i gitani,
ancora vivo tra le popolazioni granadine e forse non ancora per molto,
, per verificare gli arabismi que usano che non appartengano giá al castigliano
Payo, che quindi sarebbero propriamente mori.
Entre ellos está, en primerísimo lugar, la interjección “¡ole!”, común
a los toros y al flamenco, las dos formas culturales más relacionadas
con los majos y también con los gitanos y, por tanto, por unos y
otros, con los moriscos.
Tra questi c’è, primissimamente, l’interiezione “olè”, comune
alla corrida e al flamenco, le due forme culturali più relazionate con i
“majos” e con i gitani e, dunque, per gli uni e per gli altri, con i mori.
Corominas la da como de origen desconocido. Pero Manuel Barrios
recuerda que Ibn Arabi señala que los oyentes gritaban “Wa Allah!”
(“¡Por Dios!”)al entusiasmarse con el canto. La misma exclamación, el
mismo rito de participación en el arte, que hace al público cantaor,
entre andalusíes y flamencos.´
Corominas gli conferisce un origine sconosciuta. Pero Manuel Barrios
Ricorda che Ibn Arabi segnala che gli ascoltatori gridavano “Wa Allah”
Che significa “Per Dio” al entusiasmarsi per il canto. La stessa esclamazione,
lo stesso rito di partecipazione all’arte, che fa del pubblico il “cantaro”,
tra andalusi e flamenchi.
Entonces, el olé, junto al ojalá, son las dos últimas invocaciones al
nombre de Dios como Allah que se mantienen en nuestra lengua.
Quindi l’”olè”, insieme all’”ojalá”, sono le due ultime invocazioni
Al nome di Dio quale Allah che si mantengono nella nostra lingua.. -
ELCERDEA.
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Seguiamo con il primo saggio Sandor Avraham
Qui l'autore dimostra che egli non è affatto interessato negli aspetti
culturali dei Rom, ma soltanto in trovare una loro possibile origine
nell'India ed in nessun altro posto. Di conseguenza, molti particolari
importanti sono stati trascurati. Per esempio:
·In quell'epoca, nella città di Kànnaugi regnava la dinastia
Pratihara, che non era indoariana ma bensì Gujjar, ovvero, Khazar.
Secondo i parametri linguistici, i termini indoariani "Gujjar" e
"Gujrati" sono derivati dal nome "Khazar" attraverso le regole di
trasformazione fonetica: le lingue indoariane non avendo i fonemi "kh"
e "z" li trascrivono rispettivamente "g" e "j". Di conseguenza, se i
Rom erano gli abitanti di Kànnaugi, non erano indoariani ma
strettamente imparentati con gli odierni Ungheresi, i Bulgari, una
piccola parte dei Giudei Ashkenazim, i Bashkir, i Chuvash ed alcuni
altri popoli del Caucaso e del bacino del Volga... La denominazione
"ungheresi" con cui sono conosciuti in molti paesi occidentali non
sarebbe quindi tanto imprecisa - più esatta di quella di "indiani",
sicuramente.
·Se i Rom fossero stati sempre in India fino all'undicesimo secolo,
come afferma l'autore, avrebbero certamente praticato la religione più
diffusa in quell'area, o perlomeno sarebbero stati fortemente
impregnati degli elementi culturali del brahmanesimo, soprattutto se
l'essere un brahmino di Kànnaugi è una qualità così prestigiosa.
Ciononostante, non esiste la più minima traccia di brahmanesimo nella
spiritualità e nella cultura romanì; al contrario, non c'è alcuna cosa
più lontana dal "Romaimòs" (l'essere Rom) che l'induismo, il
giainismo, lo sikhismo e qualsiasi altro "-ismo" d'origine indiana.
·Il sultano di Ghazni era sicuramente un musulmano. La gente ch'egli
deportò fu trasferita in Afghanistan, Khorassan ed altre regioni
dell'Iran. Questo non avrebbe favorito l'adozione d'elementi culturali
del mazdeismo (i quali sono molto evidenti nella cultura romanì), ma
al contrario, avrebbe contribuito ad evitarli, perché gli adoratori
del fuoco erano stati quasi annichiliti dai musulmani - certamente un
popolo in esilio non avrebbe adottato una religione messa al bando per
essere così sterminati definitivamente! Di conseguenza, i Rom sono
stati in terre iraniche molto prima dell'avvento dell'islam, quando il
culto del fuoco era la religione dominante. I Rom sono stati in Iran
prima del loro arrivo in India, e la loro cultura era già ben definita
quando giunsero là. Esiste un solo popolo che ha esattamente le stesse
caratteristiche: gli Israeliti del Regno di Samaria esiliati in Media,
che conservarono la loro eredità mosaica ma nello stesso tempo
adottarono pratiche dei magi, e solo una cosa non conservarono: la
loro lingua originale (come neanche i Giudei; l'ebraico non è stato
più la loro lingua corrente fino a quando lo Stato di Israele fu
ristabilito nel 1948 e.c.). I Giudei indiani parlano lingue indiane,
tuttavia sono Ebrei, non indoeuropei.
Quindi, avendo brevemente stabilito quali sono i punti deboli sui
quali si fonda la teoria dell'origine in Kànnaugi, è giusto
considerare le ragioni presentate dall'autore:
Devo fare luce su questi affermazioni, qualche suggerimento??? scusate l'ignoranza, ma la questione, indoeuropei, mi risulta ancora vaga.... -
ELCERDEA.
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"Soprattutto i seguenti punti:
·Il particolare 'chiari e scuri' spiegherebbe la diversità di
carnagione che esiste tra i diversi gruppi Rom, se la popolazione
originale era veramente mista. C'erano probabilmente molti Rajput in
Kànnaugi. Questi non erano imparentati con la popolazione nativa, ma
erano stati elevati alla dignità di kshatria per i loro meriti.
Quindi, essi possono ritenersi come la parte 'scura' della
popolazione."
Quest'è un'affermazione piuttosto ingenua per uno studioso. È
perfettamente stabilito il fatto che i Rom si sono mescolati con
diversi popoli lungo il loro pellegrinaggio. Esattamente come i
Giudei. È sufficiente visitare Israele per notare che ci sono Ebrei
scuri, Ebrei biondi, Ebrei alti, Ebrei bassi, Ebrei che sembrano
indiani, cinesi, europei, ecc. Il racconto dell'autore dimostra che la
popolazione di Kànnaugi non era omogenea, non appartenente ad una
singola etnia! Infatti, c'erano molti Rajput, come anche Gujrati e
molti altri, se la città era così cosmopolita come sembra. Questo non
prova che i Rom siano la popolazione di Kànnaugi.
"·Il fatto che gli schiavi catturati appartenevano ad ogni tipo di
categoria sociale, incluso individui d'alto lignaggio, spiegherebbe
perché sono stati così facilmente inseriti tra persone importanti ed
influenti quali re, imperatori e papi quando giunsero in Europa.
Questo è dovuto al fatto che fra i Rom c'erano discendenti dei
'nobili' di Kànnaugi. L'indologo francese Louis Frédéric conferma che
la popolazione di Kànnaugi consisteva soprattutto di 'nobili',
artisti, artigiani e guerrieri ."
Quest'è pura speculazione. I Rom normalmente si attribuiscono titoli
nobiliari o di prestigio per ottenere dei favori, lasciapassare, ecc.
Era ancora praticato dai Rom al loro arrivo in Sudamerica soltanto un
secolo fa, quando dicevano d'essere "prìncipi d'Egitto" o nobili di
qualche altra parte. Le autorità iniziarono a sospettare dopo che
tanti prìncipi arrivavano da paesi esotici. C'è un particolare
importante che l'autore non ha preso in considerazione: egli ha
asserito precedentemente che Kànnaugi era un importante centro
brahmanico: com'è possibile che non esista una casta sacerdotale tra i
Rom? cos'è successo con i presunti "brahmini Rom"? Tutti i popoli
indoariani hanno una casta sacerdotale, e molti altri popoli,
compressi i Medo-Persiani (i magi) ed anche i popoli semitici, eccetto
uno: gli Israeliti del nord - dopo la loro separazione da Yehudah,
persero la Tribù Levitica e di conseguenza, nessuna Tribù fu adibita
al sacerdozio. C'erano notabili, artisti, artigiani, guerrieri ed ogni
categoria sociale tra gli Israeliti, ma non sacerdoti. Ciò ch'è
altrettanto interessante è il fatto che i notabili Israeliti erano
molto apprezzati nelle corti dei re pagani, e siccome avevano un
particolare dono profetico, molti Israeliti divennero dei magi in
Persia, così come indovini ed incantatori. Da non dimenticare che la
pratica più comune tra i Rom sono i tarot (tarocchi), un'invenzione
ebraica.. -
ELCERDEA.
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Proseguiamo ancora una volta col saggio blu
Otros arabismos, según Barrios, estarían en la “caña”, lo más prístino
y antiguo del flamenco, lo que sería su nombre más antiguo, de
“gaunnia”, canto, (encuentro en un diccionario de árabe “giná”) o
“qayna”, cantor, el “serrano” o “serrana” de los vocativos, derivado
del “charrán” o “sarrani”, como malo y duro, en “los cabales”, o
íntimos, de “qaba’il”, (encuentro “qabíl”), cábila o tribu, palabra
que entonces sería muy profunda, étnica y excluyente, el “macho” o
parte final, de “machus”, fuerte, el “jaleo”, de “hala”, la
“seguirya”, de “seguir” (encuentro “saguir”), corto o breve…
Altri arabismi, secondo Barrios, starebbero nella parola “caña”, uno
dei più antichi e simbolici del flamenco, quello chesarebbe il suo nome
piú antico, di “gaunnia”, canto, (dall’arabo giná) o “qayna, cantor, il “serrano
e serrana” dei vocativi, derivado dal “charran o “sarrani”, come Cattivo o duro,
nei “cabales”, o intimi, “qaba’il” ( da qabil), cabila o tribu, parola quinde molt
profunda, etnica ed escludente, il “macho” o parte finale, “da machus”, forte, il
“jaleo”, da “hala”, la “seguirya”, da seguire (da seguir), corto o breve…
No se nos olvide el “chavea”, que Corominas da como el vocativo gitano
“chavaia”, y que existe en Granada. En los toros y en el flamenco es
frecuente llamar a un artista “Niño” o “Niña”, lo mismo que entre los
magrebíes es corriente llamarlo “Chab”, como en el rai…
Non dimentichiamo “chavaia”, che Corominas da come il vocativo gitano
Chavaia, e che esiste a Granada. Nel “toreo” en el flamenco è frequente
Chiamare un artista “ninño” o “niña”, alla stessa maniera che tra i maghrebini
È corrrente chiamrli “chab” come nel “rai”…
Es que además los gitanos -nombre que podría entenderse como la suma
de los calés y los moriscos- han sido los guardadores, durante los
siglos del silencio público, del flamenco, hasta que en el siglo XIX
liberal salió a la luz, en las juergas de los señoritos.
In piú i Gitani- nome che potrebbe intendersi come la Osma
dei Calès e dei mori- sono statu i guardiani, durante i secoli del silenzio
pubblico, del flamenco, fino a che nel liberale sec XIX è uscito alla
luce, nelle feste dei signorotti.
Tuvo que pasar de boca a oídos en las cuevas humosas o en los caminos,
como yo lo oí una vez, a un cantaor desconocido que subía lento y
solitario sobre un burro por la cuesta del cortijo; en noches sueltas
o noche tras noche, de los arrieros o los bandoleros o los mendigos
moriscos; ¡historia invisible de tantos siglos!
Dovette che passare da bocca a udito nelle grotte fumase o nei camini,
Come io lo sentii una volta, a un “cantaor” sconosciuto che saliva lento
E solitario sopra un mulo per la pendente del “cortijo(casa di campagna andalusa)”;
nelle notti isolate o notte dopo notte, i traspotatori di mercanzia o i ”bandoleros”
o i mendicante mori. Storiaminvisibile di tanti secoli!. -
ELCERDEA.
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Sempre dal saggio di Sándor Avraham:"·
Questa diversità sociale della popolazione originale deportata si
può considerare determinante per la sopravvivenza della lingua romanì,
dopo circa un millennio dall'esodo. Come dimostra la sociolinguistica,
quanto più alto è il grado di diversità sociale in una popolazione
deportata, più fortemente e più a lungo persisteranno nel mantenere la
loro lingua originale."
Quest'asserzione non prova nulla, ed è alquanto discutibile dal
momento che ci sono molti esempi del contrario: la storia dimostra che
gli Ebrei furono portati in esilio da ogni categoria sociale, e
persero la loro lingua in un tempo relativamente breve - un fatto
singolare è che conservarono le diverse lingue che adottarono in
esilio invece della propria, ad esempio, i Giudei Mizrachim parlano
tuttóra l'assiro-aramaico; i Giudei Sefarditi parlano il ladino, una
forma medioevale dello spagnolo che conservano dopo sei secoli dalla
loro espulsione dalla Spagna; i Giudei Ashkenazim parlano lo yiddisch,
ed i Rom parlano il romanì, la lingua adottata in esilio.
Altri esempi di popoli da ogni categoria sociale deportati o emigrati
in numero considerevole che hanno perso la loro lingua in breve tempo
sono gli Africani dell'America, il Caribe ed il Brasile, la seconda e
terza generazione d'Italiani in America, Argentina, Uruguay, Brasile,
ecc., la seconda e terza generazione d'Arabi negli stessi Paesi, ecc.
Altre comunità hanno un legame più stretto con le loro lingue, come
gli Armeni, i Rom o i Giudei. non c'è un parametro universale come
asserisce l'autore.
"·L'unità geografica del luogo dal quale gli antenati dei Rom sono
partiti è importante anche per la sorprendente coerenza dell'elemento
indiano nella lingua romanì, perché le differenze dialettali non si
trovano nella componente ìndica della lingua ma nel vocabolario
formato in suolo europeo."
Questo fattore non implica che la loro origine sia l'area indostanica.
È vero che la lingua romanì s'è formata inizialmente in un contesto
indoeuropeo, ma le stesse parole "indiane" sono comuni ad altre lingue
che esistevano fuori dal subcontinente, ovvero in Mesopotamia. Le
lingue urritiche sono l'origine più verosimile delle lingue ìndiche
(basta ricercare negli antichi testi Mitanni per riconoscere che il
sànscrito nacque in quella regione). Lingue collegate al sànscrito si
parlavano in una vasta area del Medio Oriente, compresso Canaan: i
biblici Horei (Hurriti o Urriti) abitavano nel Neghev, i Gevusei e gli
Hivvei, due tribù urrite, nell'area di Yehudah e Galilea. I
Nord-Israeliti sono stati inizialmente trasferiti a "Hala, Havur,
Gozàn e nelle città dei Medi" (2Re 17:6) - quella è precisamente la
terra degli Urriti. Dopo la caduta di Ninive sotto Babilonia, la
maggioranza degli Urriti e parte degli esuli Israeliti emigrarono
verso est e fondarono Khwarezm, da dove si spinsero ulteriormente e
colonizzarono la Valle dell'Indo e l'alta Valle del Gange. È
interessante notare che certe parole della lingua romanì sono antico
ebraico o aramaico, parole che non potrebbero aver mai acquisito in un
periodo successivo o nel loro passaggio attraverso il Medio Oriente
verso l'Europa, ma solo in un'epoca remota della loro storia, prima
del loro arrivo in India. Un termine molto importante eppure mai
tenuto in considerazione dagli studiosi sostenitori della teoria
dell'origine indiana è la propria denominazione etnica "Rom". Non
esiste nessuna menzione in alcun documento sànscrito di nessun popolo
Rom. Il significato del termine "rom" è "uomo", e c'è soltanto
un'altra lingua in cui questa parola aveva lo stesso significato:
l'antico egizio. Secondo la Bibbia, i Nord-Israeliti avevano delle
differenze dialettali con i Giudei, ed erano più legati alla cultura
egizia come anche all'ambiente cananeo. La religione d'Israele dopo la
loro separazione da Yehudah richiamava quella egizia, l'adorazione del
vitello. Quindi, non è improbabile che la parola egizia per definire
l'uomo fosse ancora in uso nel Nord Israele, anche durante l'esilio in
Hanigalbat e Arrapkha, e dopo.
Tuttavia, siccome l'origine non dev'essere cercata attraverso la
lingua, non mi dilungherò oltre su questo soggetto.
Edited by ELCERDEA - 20/11/2009, 14:45. -
ELCERDEA.
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E qua invece terminiamo col saggio blu, ossia quello di Kim Perez...
¿No será ésta del mestizaje con los moriscos la explicación de que, de
entre todas las regiones del mundo, sólo en Andalucía los gitanos se
hayan hecho sedentarios; no habrá sido la querencia de los moriscos
agitanados lo que los trajo al Sacromonte, al lado de su antiguo
Albayzín, simbólicamente sobre una antigua maqabar muslim? ¿
Non sará questa dell’imbastardimento con i mori la spiegazione del
fatto che tra tutte le regioni del mondo, solo in Andalusia i gitani
si siano resi sedentari; non sará stata la volontá dei mori ingitaniti
ciò che li portò al Sacromonte, al lato del loro antico Albazyin,
simbolicamente sopra un antica maqabar muslim?
Eduardo Molina Fajardo creía también que unos y otros habían vivido
juntos, en el arrabal de San Ildefonso, en Granada, en el siglo XVI;
los gitanos habían llegado poco antes a Andalucía, hacia 1425 ó 1462;
por lo que a la luz de las fogatas debieron cantarse y bailarse muchos
fandangos y zambras cuando todavía mantenían este nombre, antes de que
fuera resucitado arqueológicamente en el siglo XIX.
Eduardo Molina fajardo credeva pure gli uni e gli altri fossero
Vissuti assieme, nel “arrabal” (quartiere di stranieri) di san Ildefonso,
a Granada, nel XVI sec;
perciò che alla luce delle fiaccole si cantarono e ballarono
molti “fandangos” e “zambras” quando ancora avevano questo nome,
prima che fosse resuscitato archeologicamente nel XIX sec.
Toda esta vida, de la que la historia escrita no puede decir casi
nada, tendrá que ser rastreada por la antropología, la lingüística o
la genética de poblaciones.
Tutta questa esistenza, della quale la storia scritta non puó
Raccontare quasi nulla , dovrá essere rallestrata dall’antropologia,
la linguistica o la genetica delle popolazioni.. -
ELCERDEA.
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·Questo argomento mina la teoria che i Rom derivano 'da una
conglomerazione di tribù Dom' (o qualunque altro gruppo). È doveroso
menzionare che Sampson ha specificato che i Rom 'sono entrati in
Persia come un unico gruppo, parlando la stessa lingua'."
Sono pienamente d'accordo con questo concetto, tuttavia è importante
far notare che la "teoria Dom" è stata quella "ufficiale" fra gli
studiosi fino a poco tempo fa, e cadde successivamente in discredito
come qualunque teoria che, insistendo sull'origine indiana, si basa su
parametri sbagliati che portano ad una ricerca interminabile e
contraddittoria.
"·È probabile che ci sia stato un numero considerevole d'artisti
Dhomba in Kànnaugi, come in ogni città civilizzata di quei tempi. Come
principale centro intellettuale e spirituale nell'India
settentrionale, Kànnaugi senza dubbio attirava numerosi artisti, tra i
quali c'erano molti Dhomba (forse, ma non definitivamente, gli
antenati degli odierni Dhomb). Ora, quando la popolazione di Kannaugia
fu dispersa nel Khorassan ed aree circostanti, gli artisti Dhomba
probabilmente catturarono l'immaginazione della popolazione locale
piuttosto che i nobili ed artigiani, e ciò spiegherebbe l'estensione
del termine Dhomba in riferimento all'intero gruppo di esuli di
Kànnaugi. Questi potrebbero in seguito aver preso questa denominazione
in riferimento a sè stessi, come termine di autodefinizione (in
opposizione alla più generalizzata denominazione Sind[h]~, persiano
Hind~, greco ionico Indh~ significando 'indiani' - da dove provenne
forse il nome 'Sinto', malgrado la paradossale evoluzione da ~nd~ a
~nt~, che si deve postulare in questo caso. Infatti, alcuni dialetti
romanì individuali, soprattutto in Ungheria, Austria e Slovenia,
sembrano presentare quest'evoluzione da ~nd~ a ~nt~ )."
Siccome l'autore non trova una spiegazione fattibile per il termine
"Rom", ricorre a sotterfugi speculativi assolutamente improbabili. Ciò
si manifesta nelle sue espressioni "è probabile", "forse",
"spiegherebbe", "sembra"... Tutta la struttura su cui si fonda questa
teoria cade per l'impossibilità di spiegare i fattori culturali e
spirituali dei popoli Rom e Sinti, e sostanzialmente l'asserzione che
"questi potrebbero in seguito aver preso la denominazione Dhom in
riferimento a sè stessi, come termine di autodefinizione" si rivela
totalmente fallace. L'autore si contraddice, perché prima aveva
asserito che "molti degli esuli di Kànnaugi erano dei nobili", ora
egli suppone che questi stessi "nobili" adottarono per sé stessi la
denominazione appartenente ad una "casta inferiore" come lo erano gli
artisti Dhomba.
"·Il fatto che la popolazione proto-romanì provenne da un'area urbana
e ch'erano principalmente dei notabili, artisti ed artigiani, potrebbe
essere il motivo per cui un così basso numero di Rom lavorano
nell'agricoltura fino ad oggi. Anche se 'il suolo della regione era
ricco e fertile, i raccolti abbondanti ed il clima caldo', il
pellegrino cinese Xuán Zàng (latinizzato Hsüan Tsang), nota che 'pochi
degli abitanti della regione si dedicavano all'agricoltura'. In
realtà, la terra era coltivata soprattutto per la produzione di fiori
da profumo sin dall'antichità (principalmente a scopi religiosi."
Anche quest'affermazione non prova nulla, ma rafforza l'ipotesi che i
Rom non erano infatti indiani: un confronto accurato con il popolo
Giudeo porta alle stesse conclusioni, perché i giudei furono portati
via dalla loro terra da ogni strato sociale, tuttavia, i Giudei non si
sono mai dedicati all'agricoltura e sono sempre vissuti in città
dovunque fossero nella Diaspora. I Giudei divennero agricoltori
soltanto recentemente, nello Stato di Israele, perché era necessario
per lo sviluppo della Nazione. Ci sono evidenze in supporto del fatto
che quando i Rom sono arrivati in India, erano già un popolo con
queste caratteristiche; perché sia i Nord-Assiri che gli Assiri
Babilonesi praticarono la deportazione selettiva d'entrambi Regni di
Israele e Yehudah, come leggiamo: "E (il re di Babilonia) menò in
cattività tutta Yerushalaym, tutti i capi, tutti gli uomini valorosi,
in numero di diecimila, e tutti i falegnami e i fabbri, non vi rimase
che la parte più povera della popolazione del paese, e deportò
Yehoyakin a Babilonia, e la madre del re, le mogli del re, i suoi
servi, i magnati del paese, tutti i guerrieri, falegnami e i
fabbri..." (2Re 24:14-16); "Il capo dell'esercito (di Babilonia) non
lasciò che alcuni dei più poveri del paese a coltivare le vigne e i
campi" (2Re 25:12). La stessa cosa avevano fatto i re d'Assiria 120
anni prima con il Regno di Samaria, ed i coltivatori ch'essi
lasciarono sono gli odierni Samaritani, mentre la maggior parte degli
Israeliti ancora risultano "tribù perdute", ed esiste evidenza certa
che la maggioranza di loro emigrò in India.
"·Sembra che un piccolo gruppo fuggì dalla razzia sulle acque del
Gange e giunsero a Benares, da dove, a causa dell'ostilità della
popolazione indigena se ne andarono e si stabilirono nell'area di
Ranchee. Questa gente parla il sadri, una lingua indiana
specificamente usata per la comunicazione intertribale. È degno
menzionare che il sadri sembra essere la lingua indiana che permette
una migliore comunicazione fra i loro parlanti e quelli che parlano il
romanès."
Ancora una volta, l'autore si fida delle teorie speculative che
collegano una tribù indiana con i Rom soltanto attraverso alcuni
fattori linguistici, ma niente che abbia a che fare con la cultura e
spiritualità Rom, né con le leggi e tradizioni, e nessuna prova
storica. Le lingue sono un punto di riferimento molto relativo e
spesso fuorviante, perché possono essere adottate da popoli
completamente diversi. Forse l'autore non conosce alcuni casi
enigmatici come il seguente: c'è una provincia in Argentina, Santiago
del Estero, dove una lingua indigena pre-coloniale si parla ancora: il
kéciua, un dialetto della lingua degli Inca. Il fatto curioso è che
quasi tutti gli individui che la parlano non sono indigeni ma Arabi
siriano-libanesi stabiliti in quella provincia da circa un secolo. In
un ipotetico evento catastrofico nel futuro da cui non sopravvivesse
alcun attestato dell'immigrazione araba, gli studiosi del 25mo secolo
sicuramente speculeranno affermando che quelli Arabi sono gli ultimi
autentici discendenti dell'antica civiltà Incaica... Ciò che magari
non riusciranno a spiegare è perché quelli "Inca" hanno tradizioni
cristiano-ortodosse in un paese cattolico-romano, anche se queste due
tradizioni sono molto più vicine che quella dei Rom nei confronti di
quelle indiane.
Un altro esempio di questo tipo ci è dato dagli stessi Sinti: in
Piemonte, il dialetto locale è sempre meno parlato dai 'gagè', ancora
usato da persone adulte ma non è più la prima lingua dei bambini
piemontesi, che parlano l'italiano. La conservazione del dialetto
dipende quasi esclusivamente dai Sinti Piemontesi, che l'hanno
adottato come la propria lingua "romanì" e saranno probabilmente gli
unici che parleranno questo dialetto verso la fine del presente
secolo. In un evento immaginario come quello descritto sopra, gli
studiosi del futuro giungeranno alla conclusione che gli autentici
Piemontesi sono i Sinti di quella regione.... -
ELCERDEA.
User deleted
"·Inoltre, i parlanti di sadri hanno l'abitudine, durante cerimonie
speciali, di versare un poco di bevanda sul suolo prima di bere,
dicendo: 'per i nostri fratelli portati via dal vento freddo aldilà
delle montagne' (comunicazione personale da Rèzmuves Melinda). Questi
'fratelli' potrebbero essere i prigionieri di Mahmud. Tuttavia, è
necessario uno studio più estensivo sul gruppo che parla sadri."
Un'altra congettura speculativa basata su fatti non concreti. Le
deportazioni erano frequenti in quei tempi, ed asserire che si possano
riferire ai Rom è più che azzardato. È significativo che questa
tradizione sadri si riferisce al "vento freddo aldilà delle montagne",
una frase difficilmente applicabile ad una deportazione verso ovest
aldilà dei fiumi, logicamente da un vento caldo, ed è piuttosto
coerente con una deportazione verso nord, oltre l'Himalaya, dove
soffia il vento freddo.
"·La dea protettrice di Kànnaugi era Kali, una divinità ch'è ancora
molto popolare fra i Rom."
Questa è un'affermazione molto strana per uno studioso della cultura
romanì, perché di fatto, i Rom non hanno la minima idea dell'esistenza
della dea indiana Kali, che non ha questa presunta "popolarità". Non
sò se l'autore ha inserito questa falsa asserzione con l'unico scopo
di rafforzare la sua teoria, ma preferisco pensare che sia in buona
fede. Non esiste alcun elemento nella mia famiglia che possa indicare
l'esistenza di una tale tradizione nel passato, e non esiste in
nessuna della numerose famiglie Rom e Sinti che ho incontrato in tutto
il mondo, dalla Russia alla Spagna, dalla Svezia all'Italia, dagli
Stati Uniti alla Terra del Fuoco (l'estremità più a sud nel mondo
abitato), da ogni tribù Rom, dai Kalderash/Lovarya/Churarya ai Kalé
spagnoli, dai Sinti Estraxharya/Eftavagarya ai Kale finlandesi, dai
Machwaya ai Khoraxhané sudamericani. Invito a chiunque a chiedere ai
Rom chi pensano loro che sia Kali - la loro risposta sarà: "una donna
nera", perché "kali" è il femminile di "kalò", che significa nero (non
perché sappiano che pure l'idolo indiano è nero). Conosco la
maggioranza delle famiglie Rom importanti di tutto il mondo, e
consiglio all'autore di fare una visita ai Rom in Argentina, dove per
qualche ragione, la tradizione culturale Kalderash si mantiene più
genuina che altrove.
La devozione di alcuni gruppi verso "Sara kali" in Camargue ha a che
fare con la tradizione cattolico-romana, non con quella induista.
Infatti, ci sono "madonne nere" in quasi tutti i paesi
cattolico-romani (compresa la Polonia!). Sara "kali" si chiama così
perché è nera e, per puro caso o no, ha lo stesso nome della madre del
popolo Ebreo, il che può essere il motivo per cui i Rom cattolici
l'abbiano scelta come la propria santa.
"·Inoltre, l'antico nome della città era Kanakubja (o Kanogyza nei
documenti greci), che significava 'vergine gobba, storpia'. L'origine
di questo nome sorprendente si trova in un passo del Ramagian di
Valmiki: Kusmabha fondò una città chiamata Mahodaja (Grande
Prosperità); egli aveva cento belle figlie di cui un giorno, quando
giocavano nel giardino reale, Vàju, dio del vento, s'innamorò e volle
sposarle. Sfortunatamente, fu rifiutato e nella sua ira le fece
diventare gobbe, e quindi la città acquisì questo nome. In un'altra
versione, Kana Kubja era il nomignolo d'una devota storpia di Krishna,
a chi il dio donò un corpo bello e forte per la sua fervente unzione
dei suoi piedi. Infatti, 'vergine gobba' era uno dei titoli dati a
Dorga, la dea guerriera, un'altra forma di Kali. In altre parole,
possiamo fare un parallelismo: kana kubja ('vergine gobba') = Durga =
Kali. Rajko Djuric ha segnalato alcune similarità con il culto Rom di
Bibia o Kali Bibi ed il mito indiano di Kali.". -
ELCERDEA.
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Ancora un'argomentazione puramente speculativa senza alcun sostegno
reale. Storie simili sono molto comuni nel Medio Oriente (raccomando
all'autore di leggere le "1001 Notte" per una migliore
documentazione). È ben risaputo che i Rom adottano favole dai paesi
dove sono vissuti, e le adattano alla propria fantasia. È anche un
dato di fatto che la maggioranza delle leggende "romanì" sono
altrettanto etichettate come "ebraiche", ed entrambe riconosciute come
originali. Ci sono anche racconti armeni, persiani ed arabi nella
letteratura orale romanì.
Mi domando perché l'autore non menziona la popolarità che ha il
Profeta Eliyah fra molti gruppi Rom... forse perché non può spiegare
l'origine "indiana" di tale tradizione. Eliyah era un Profeta del
Regno di Samaria.
"·Il tempo che i Rom hanno soggiornato nel Khorassan (uno o più
secoli) spiegherebbe anche le numerose etimologie persiane integrate
nella lingua romanì (circa 70 - inoltre a 900 indiane e 220 greche),
perché il Khorassan era una regione di lingua persiana."
Lo stesso criterio è valido per il soggiorno indiano. Così come queste
etimologie non provano un'origine persiana, nemmeno quelle indiane
provano un'origine indiana, ma solo un lungo soggiorno. L'esposizione
seguente dell'autore è orientata esclusivamente sulla traccia
linguistica, e anche se è un ragionamento valido, non riesce a provare
l'origine Kànnaugi, come vedremo:
"Un altro elemento sorprendente è la coincidenza di tre caratteri
linguistici che collegano il romanès con le lingue dell'area di
Kànnaugi, e solo o principalmente con queste, ossia:
- fra tutte le lingue indoariane moderne, solo il braj (chiamato anche
braj bhaka, una lingua parlata da circa 15 milioni nell'area
immediatamente ad ovest di Kànnaugi) ed il romanès distinguono due
generi nella terza persona singolare del pronome personale: jo o vo in
braj (probabilmente o in braj antico) e ov, vov o jov 'egli' in romanì
per il maschile e ja o va in braj e oj, voj or joj 'ella' per il
femminile, mentre le altre lingue indoariane hanno una forma unica,
usualmente yé, vé 'egli, ella' per entrambi i sessi. Questi pronomi
specifici possono essere uditi ogni giorno sulle strade di Kànnaugi.
· fra tutte le lingue indoariane moderne, solo i dialetti dell'area di
Kànnaugi, alcuni dei braj e nepalese (il Nepal dista solo 60 miglia da
Kànnaugi) hanno una terminazione dei nomi ed aggettivi maschili in ~o
(o ~au = ~o) identica alla controparte romanì, che è anche ~o: purano
'antico, vecchio' (in altre lingue indoariane purana, romanès purano),
taruno 'giovane [lit. in hindi]' (altre lingue taruna, sinto tarno,
romanès terno). Infatti, l'evoluzione dialettale da ~a a ~o è
sottoposta a regole piuttosto complicate che devono ancora essere
dilucidate.
- ed infine, ma non meno importante, fra tutte le lingue indoariane
moderne, solo l'awadhi (una lingua parlata da circa 20 milioni in una
vasta area ad est di Kànnaugi) presenta, come il romanès, una forma
lunga alternativa della posposizione genitiva. Non c'è solo uno
stretto parallelo nel fenomeno in sè stesso ma anche le posposizioni
sono identiche nella forma: in addizione alla forma corta (~ka, ~ki
~ke) che è comune a tutte le lingue indoariane, l'awadhi ha una
variante lunga ~kar(a), ~keri, ~kere, esattamente come la maggioranza
dei dialetti romanì arcaici, come quelli della Macedonia, Bulgaria
(~qoro, ~qiri and ~qere), Slovacchia e Russia (~qero, ~qeri, ~qere);
forma che è stata ridotta nei dialetti sinti (~qro, ~qri, ~qre). In
più, una recente missione svolta in certi villaggi dell'area di
Kànnaugi ha rivelato tracce d'un vocabolario inesplorato molto simile
al romanì (tikni 'piccolo', daj 'madre' [hindi 'donna'], ghoro
'brocca', larika 'giovane' [hindi larhka] ecc...). Tutto ciò
giustifica l'asserzione del professore Ian Hancock che dice che 'le
lingue più vicine al romanès sono quelle indiane occidentali', più
comunemente conosciute come braj e che condividono molte
caratteristiche con il kànnaugi moderno ."
. -
ELCERDEA.
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Come ho detto prima, il ragionamento è interessante; tuttavia non
prova niente, per i seguenti motivi:
·Tutte le osservazioni che l'autore ha elencato dimostrano che il
romanès è grammaticalmente più complesso della maggioranza delle
lingue parlate oggi in India, ciò significa che quando i Rom erano
esuli in India, molto probabilmente c'era una lingua più omogenea
ancora non evoluta verso le varie lingue che per logica linguistica
devono essere più semplici dal punto di vista grammaticale. Ciò è
successo, ad esempio, con il latino, che una volta era parlato in una
vasta area dell'Europa occidentale e che si è trasformato in italiano,
spagnolo, portoghese, catalano, occitano, romeno, ecc., tutti quanti
avendo una grammatica molto più semplice.
·Di conseguenza, com'è anche reso noto, tutte le lingue indiane
occidentali erano una volta una sola, da cui il romanès si separò in
un periodo di formazione iniziale. Un tale stadio primitivo della
lingua può perfettamente implicare che si trattasse del periodo
urritico, ancora prima del soggiorno in India, ma questo è solo un
suggerimento. Ciò che emerge in ogni caso è che tutta la famiglia
ìndica occidentale, ovvero le lingue della Valle dell'Indo e del
Rajasthan, sono diretti discendenti della cosiddetta lingua
"Kànnaugi", e ciò implica che il romanès non deve necessariamente
essere collegato all'area di Kànnaugi, ma può benissimo esserlo con
l'intera regione dal Kashmir al Gujarat e dal Sindh all'Uttar Pradesh.
·È anche certo che la regione menzionata sopra, da dove la lingua
romanì si presume sia originaria, non era allora popolata da
indoariani ma bensì da popoli scito-sarmatici stabilitisi nella Valle
dell'Indo e nel Sakastan, compreso il territorio di Kànnaugi (che era
governato da una dinastia Gujrati) e che avevano una cosa in comune:
tutti provenivano dall'occidente! Ci sono evidenze inconfutabili che
confermano che i popoli della Valle dell'Indo erano Saka e non Ariani,
ma questo non è l'argomento del presente studio.
·Il fatto che tracce dell'antica lingua esistano tuttóra nell'area di
Kànnaugi non implica assolutamente che essa sia la terra d'origine; la
storia linguistica ci provvede diversi esempi:
- una volta le lingue celtiche erano diffuse su quasi tutta l'Europa;
oggi sopravvivono in alcune regioni delle Isole Britanniche ed in
Bretagna, che non sono la terra d'origine dei Celti.
- prendendo di nuovo il latino come esempio, la lingua più vicina
parlata oggi non è l'italiano ma il romeno, molto lontano dalla terra
dove il latino nacque.
- durante un periodo di quasi quattro secoli in tutta l'Ukraina si
parlava l'ungherese e lingue dello stesso ceppo (fra l'epoca d'Attila
e d'Árpád), mentre che oggi non ci sono tracce dell'ungherese in
Ukraina e si parla in Ungheria, Transilvania e zone circonvicine.
- nello stesso modo, il turco non s'è parlato nell'Asia Minore fino
alla fine del Medioevo, e non esiste più nella sua terra d'origine.
- è provato che il basco (euskara) proviene dal Caucaso, l'estremo
opposto d'Europa con rispetto a dove si parla oggi il basco, non
esistono tracce intermedie che possano testimoniare il lungo viaggio
effettuato dagli antichi Baschi, e nessuna regione del Caucaso dove si
parli, ma soltanto delle lingue imparentate.
- l'unica gente ch'è ancora in grado di leggere le Saga Vikinghe nella
lingua che furono scritte sono gl'Islandesi e Feroesi, mentre che gli
Svedesi, Norvegesi e Danesi, dove le Saga sono state scritte, possono
difficilmente leggerle.
- è stato possibile decifrare l'antica lingua sumeria soltanto con
l'aiuto dell'ungherese moderno; ciò dimostra quanto sia impreciso
collegare una lingua all'area dove essa è parlata nel presente.
Ci sono molti altri esempi come questi, ma essi sono sufficienti.
Ancora c'è un'altro quesito proposto dall'autore:
"In quanto concerne alla cronologia dell'esodo, essa coincide con
l'epoca di Mahmud perché è chiaro che non potrebbe essere successo
prima del 10° secolo e.c., visto che il romanès presenta due
caratteristiche grammaticali che si sono formate verso la fine del
primo millennio, ossia:
a) la formazione del sistema posposizionale invece delle flessioni
ìndiche antica e media;
b) la perdita del neutro con passaggio al genere maschile o al
femminile dei nomi già neutri. Visto che quasi tutti questi nomi sono
stati ascritti in romanès agli stessi generi che in hindi ci si può concludere che tale fenomeno si verificò quando il
romanès era ancora parlato sul suolo indiano. In base a questo, il
romanès si separò dalle lingue ìndiche solo dopo queste evoluzioni."
Edited by ELCERDEA - 23/11/2009, 15:57. -
ELCERDEA.
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Ciò che l'autore non considera è quanto segue: non esisteva una lingua
indiana unificata, ma un fattore distintivo fra l'area scito-sarmatica
e quella ariana, e che:
a) la posposizione è una caratteristica molto comune nelle lingue
parlate dai popoli scito-sàrmati;
b) solo i generi maschile e femminile esistevano nella variante
dell'"ìndico antico" parlata nella Valle dell'Indo, prima che i
brahmini riuscissero ad unificare tutta l'India o la maggior parte
d'essa e di conseguenza, anche la lingua fu unificata in qualche modo
- essendo logico che entrambi i rami abbiano contribuito, tuttavia la
forma più semplice prevalse ed il genere neutro scomparve dalla
variante ariana. Non era necessario che i Rom fossero ancora in India
quando la lingua fu unificata.
Il resto dello studio dell'autore della "teoria Kànnaugi" non tratta
sulla presunta origine dei Rom ma d'aspetti storici di Kànnaugi che
non sono rilevanti per la nostra ricerca, quindi concludo qui con i
commenti sulla sua ipotesi ed inizio con l'esposizione d'altri aspetti
della cultura romanì che sono certamente più importanti della lingua e
che dimostrano che i Rom non hanno niente in comune con alcun popolo
dell'India, né al presente né nel passato. Gli aspetti che presenterò
qui non possono essere spiegati dai sostenitori della teoria
dell'origine indiana.
Gli aspetti culturali e spirituali dei Rom possono classificarsi in
due categorie principali:
1) credenze, leggi, regole e pratiche d'origine ebraica; molto
importanti all'interno della vita comunitaria romanì;
2) pratiche ed alcuni elementi di tipo superstizioso collegati al
culto del fuoco; che soprattutto regolano i loro rapporti con
l'ambiente non-romanì.
Prima d'esporre questi aspetti, è conveniente presentare un breve
riassunto storico in modo tale d'agevolare il lettore a capire come e
perché i Rom erano in India in un determinato momento e perché non
possono essere originari di quella terra. La "preistoria" dei Rom
iniziò in Mesopotamia, nella bassa Valle dell'Eufrate, la loro
"protoistoria", nella bassa Valle del Nilo e Canaan....