L'origine del popolo gitano

dall'india? o erano...

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  1. ELCERDEA
     
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    hii, giá ho visto come me l'hai detto :woot:
    comunque ho deposto le armi :rolleyes: nell'altra discussione, vai lá

    Proseguiamo con il saggio N·1 di Sándor Avraham

    La maggioranza dei Rom legge oggi la Bibbia, e tutti loro esclamano
    con stupore: "Tutte le nostre leggi e regole sono scritte nella
    Bibbia!" - Nessun altro popolo al mondo eccetto i Giudei può dire
    queste cose, nessun popolo dell'India, né di nessun'altra terra:

    (Questo è lo spazio tra parentesi sopra)
    "In ogni caso, a Bisanzio in tempi lontani, gli indovini zingari erano
    chiamati Aigyptissai, 'Egizi', ed il clero proibì a chiunque di
    consultarli per la predizione della fortuna. Sulla base del libro
    d'Ezechiele (30:23), i Rom erano chiamati Egizi non solo nei Balkani
    ma anche in Ungheria, dove nel passato vi si riferiva a loro come
    'popolo del Faraone' (Faraonépek), e nell'occidente, dove parole
    d'origine greca in riferimento agli Egizi (Aigypt[an]oi, Gypsy e
    Gitano) sono ampiamente usate per nominare il ramo atlantico del
    popolo Rom".

    Doveva pur esserci un motivo per cui a Bisanzio erano chiamati Egizi,
    motivo che l'autore non spiega. Ciò era perché i Rom stessi
    riconoscevano d'essere stati in Egitto in un'epoca remota. C'è anche
    un'altra parola greca con cui i Rom erano identificati a Bisanzio:
    "Athinganoi", di cui derivano i termini Cigány, Tsigan, Zingaro, etc.
    I bizantini conoscevano perfettamente chi erano gli Athinganoi, ed
    identificarono con loro i Rom. Infatti, la scarsa informazione che
    abbiamo riguardante quel gruppo coincide in molti aspetti con la
    descrizione dei Rom odierni. Non ci sono prove sufficienti per
    asserire che gli Athinganoi erano Rom, ma non ci sono neanche evidenze
    del contrario. L'unica ragione per cui si è rigettato a priori la
    possibilità che gli Athinganoi possano identificarsi con i Rom è che
    quelli sono nominati in documenti risalenti all'inizio del sesto
    secolo d.c., periodo in cui, secondo i sostenitori incalliti della
    teoria dell'origine indiana, i Rom non dovevano essere in Anatolia in
    quel periodo. Gli Athinganoi erano chiamati così a causa delle loro
    leggi di purezza rituale, per cui ritenevano impuro il contatto con
    altre persone, molto simili alle leggi Rom riguardanti i "gagè" (i
    non-Rom). Praticavano la magia, la divinazione, l'incantare serpenti,
    ecc. ed il loro credo era una specie di giudaismo "riformato"
    mescolato con cristianesimo (o con zoroastrismo?), perché osservavano
    lo Shabat ed altri precetti mosaici, credevano nell'Unità di Dio, ma
    non praticavano più la circoncisione e si battezzavano (che non è
    esclusivamente in rito cristiano ma anche molto comune fra gli
    adoratori del fuoco). In quanto agli Athinganoi, l'Enciclopedia
    Giudaica dice: "possono essere considerati Ebrei".
    Altro fatto significativo è che i Rom attribuiscono il loro girovagare
    al Faraone, una particolarità esclusiva degli Ebrei. I documenti più
    antichi concernenti l'arrivo dei Rom in Europa riportano la loro
    dichiarazione d'essere stati schiavi del Faraone in Egitto; quindi ci
    sono due possibilità: o questo era parte della loro memoria storica
    oppure è qualcosa che si sono inventati per guadagnarsi il favore
    della gente - la seconda possibilità è piuttosto improbabile, visto
    che una tale dichiarazione poteva identificare loro soltanto con un
    popolo, precisamente quello più odiato in Europa e quindi non
    certamente l'identità più idonea da scegliere.
     
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  2. SaCraba
     
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    la storia dei Gitani si fà molto interessante.. :( peccato che non si sappia molto sulla loro permanenza in Egitto..
     
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  3. ELCERDEA
     
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    Spero ti stia, interessando, per il resto pare che i documenti siano pochi...
    Diciamo anche perchè: non si tratta di una civilitá definita... per coloro, tra il gruppi Gitani, che erano nomadi, il nomadismo comporta una certa irreperibilitá di informazioni se la stessa tribu non fa memoria di se stessa. Per i gruppi Rhom sedentari è difficile perchè hanno sempre usato, mantenendo la loro cultura, gli elementi, civili, architettonici etc etc della civilltá o cultura ospitante...
     
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  4. ELCERDEA
     
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    Seguiamo ancora con il primo saggio:

    "Osservando i rimanenti d'una precedente migrazione egizia verso
    l'Asia Minore ed i Balkani, s'accorsero che sarebbe stato profittevole
    per loro dire d'essere cristiani d'Egitto perseguitati dai musulmani o
    condannati a girovagare in perpetuo per espiare la loro apostasia".

    Questa fu una "correzione" che fecero dopo aver capito che la loro
    versione originale sul soggiorno in Egitto in servitù sotto il Faraone
    era controproducente perché in questo modo erano etichettati come
    Giudei. Questa seconda versione è quella che l'autore considera come
    "la più datata menzione di questa leggenda nel sedicesimo secolo
    d.c.", ma il racconto originale era molto più antico. I Rom non hanno
    mai detto di provenire dall'India fino a quando i gagè nel ventesimo
    secolo dissero loro d'aver studiato molto e che la "scienza" stabiliva
    che erano indiani!
    La convinzione dell'autore che la patria originale dei Rom era la
    città di Kànnaugi si fonda su una semplice congettura, assemblando
    degli elementi dubbi che non provano nulla e che sono facilmente
    confutabili da altre evidenze che esporrò più avanti. Ora leggiamo la
    sua ipotesi:
    "...un passo nel Kitab al-Yamini (libro dello Yamin) del cronista
    arabo Abu Nasr Al-'Utbi (961-1040), riporta l'attacco che il sultano
    Mahmud di Ghazni perpetrò sulla città imperiale di Kànnaugi, che si
    concluse con il saccheggio e la distruzione, e la deportazione dei
    suoi abitanti in Afghanistan in dicembre 1018... Tuttavia, in base a
    cronache incomplete che menzionano solo poche incursioni nel nordovest
    dell'India, non è stato possibile descrivere il meccanismo di
    quest'esodo... questo descrive una razzia perpetrata nell'inverno
    1018-1019, che giunse molto più ad est, oltre Mathura, fino alla
    prestigiosa città medievale di Kànnaugi, 50 miglia a nordovest di
    Kanpur... Ad inizi dell'undicesimo secolo, Kànnaugi (la Kanakubja del
    Mahabharata e del Ramayana), s'estendeva su quattro miglia lungo le
    coste del Gange ed era ancora un importante centro culturale ed
    economico dell'India settentrionale. Non solo i più studiosi dei
    brahmini dell'India asseriscono di provenire da Kànnaugi (come lo
    fanno tuttóra), ma era anche una città che raggiunse un alto livello
    di civiltà nei termini che oggi definiremmo come democrazia,
    tolleranza, diritti umani, pacifismo ed anche ecumenismo. Tuttavia,
    nell'inverno 1018-1019, un esercito di predoni venne da Ghazni
    (Afghanistan) e catturò gli abitanti di Kànnaugi per venderli come
    schiavi. Questa non fu la prima razzia del sultano, ma quelle
    precedenti erano arrivate soltanto fino al Pundjab ed il Rajasthan.
    Questa volta si spinse fino a Kànnaugi, una grande città con più di 50
    mila abitanti, e il 20 dicembre 1018 catturò l'intera popolazione,
    'ricchi e poveri, chiari e scuri [...] la maggior parte di loro erano
    dei 'notabili, artisti ed artigiani' per venderli, 'intere famiglie',
    in Ghazni e Kabul (secondo il testo di Al-'Utbi). Dopo, secondo lo
    stesso testo, Khorassan ed Iraq erano 'pieni di questo popolo'.
    Cosa ci porta a pensare che l'origine dei Rom ha a che fare con questa razzia?"

    Edited by ELCERDEA - 19/11/2009, 14:12
     
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  5. ELCERDEA
     
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    Continuiamo con il saggio blu


    Señala también que los que se usan en las coplas flamencas son en
    realidad cultismos de los autores gachós -o payos-, que han querido
    imitar el lenguaje gitano que suponen que debe ser el verdadero.

    Segnala pure che quei vocaboli che usano nelle “coplas” e nel “flamenco”
    sono, in realtá, cultismi degli autori gauchòs- o payos- che han
    voluto imitare il linguaggio gitano che si suppone sia quello vero.


    Se debería estudiar por tanto el castellano real que hablan los
    gitanos, todavía vivo por ejemplo en los pueblos de Granada y quizá no
    por muchos años, para comprobar los arabismos que puedan usar que no
    pertenezcan al castellano payo, que entonces serían propiamente
    moriscos.

    Si dovrebbe studiare quindi il castigliano reale che parloano i gitani,
    ancora vivo tra le popolazioni granadine e forse non ancora per molto,
    , per verificare gli arabismi que usano che non appartengano giá al castigliano
    Payo, che quindi sarebbero propriamente mori.


    Entre ellos está, en primerísimo lugar, la interjección “¡ole!”, común
    a los toros y al flamenco, las dos formas culturales más relacionadas
    con los majos y también con los gitanos y, por tanto, por unos y
    otros, con los moriscos.

    Tra questi c’è, primissimamente, l’interiezione “olè”, comune
    alla corrida e al flamenco, le due forme culturali più relazionate con i
    “majos” e con i gitani e, dunque, per gli uni e per gli altri, con i mori.



    Corominas la da como de origen desconocido. Pero Manuel Barrios
    recuerda que Ibn Arabi señala que los oyentes gritaban “Wa Allah!”
    (“¡Por Dios!”)al entusiasmarse con el canto. La misma exclamación, el
    mismo rito de participación en el arte, que hace al público cantaor,
    entre andalusíes y flamencos.´

    Corominas gli conferisce un origine sconosciuta. Pero Manuel Barrios
    Ricorda che Ibn Arabi segnala che gli ascoltatori gridavano “Wa Allah”
    Che significa “Per Dio” al entusiasmarsi per il canto. La stessa esclamazione,
    lo stesso rito di partecipazione all’arte, che fa del pubblico il “cantaro”,
    tra andalusi e flamenchi.


    Entonces, el olé, junto al ojalá, son las dos últimas invocaciones al
    nombre de Dios como Allah que se mantienen en nuestra lengua.

    Quindi l’”olè”, insieme all’”ojalá”, sono le due ultime invocazioni
    Al nome di Dio quale Allah che si mantengono nella nostra lingua.
     
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  6. ELCERDEA
     
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    Seguiamo con il primo saggio Sandor Avraham

    Qui l'autore dimostra che egli non è affatto interessato negli aspetti
    culturali dei Rom, ma soltanto in trovare una loro possibile origine
    nell'India ed in nessun altro posto. Di conseguenza, molti particolari
    importanti sono stati trascurati. Per esempio:
    ·In quell'epoca, nella città di Kànnaugi regnava la dinastia
    Pratihara, che non era indoariana ma bensì Gujjar, ovvero, Khazar.
    Secondo i parametri linguistici, i termini indoariani "Gujjar" e
    "Gujrati" sono derivati dal nome "Khazar" attraverso le regole di
    trasformazione fonetica: le lingue indoariane non avendo i fonemi "kh"
    e "z" li trascrivono rispettivamente "g" e "j". Di conseguenza, se i
    Rom erano gli abitanti di Kànnaugi, non erano indoariani ma
    strettamente imparentati con gli odierni Ungheresi, i Bulgari, una
    piccola parte dei Giudei Ashkenazim, i Bashkir, i Chuvash ed alcuni
    altri popoli del Caucaso e del bacino del Volga... La denominazione
    "ungheresi" con cui sono conosciuti in molti paesi occidentali non
    sarebbe quindi tanto imprecisa - più esatta di quella di "indiani",
    sicuramente.
    ·Se i Rom fossero stati sempre in India fino all'undicesimo secolo,
    come afferma l'autore, avrebbero certamente praticato la religione più
    diffusa in quell'area, o perlomeno sarebbero stati fortemente
    impregnati degli elementi culturali del brahmanesimo, soprattutto se
    l'essere un brahmino di Kànnaugi è una qualità così prestigiosa.
    Ciononostante, non esiste la più minima traccia di brahmanesimo nella
    spiritualità e nella cultura romanì; al contrario, non c'è alcuna cosa
    più lontana dal "Romaimòs" (l'essere Rom) che l'induismo, il
    giainismo, lo sikhismo e qualsiasi altro "-ismo" d'origine indiana.
    ·Il sultano di Ghazni era sicuramente un musulmano. La gente ch'egli
    deportò fu trasferita in Afghanistan, Khorassan ed altre regioni
    dell'Iran. Questo non avrebbe favorito l'adozione d'elementi culturali
    del mazdeismo (i quali sono molto evidenti nella cultura romanì), ma
    al contrario, avrebbe contribuito ad evitarli, perché gli adoratori
    del fuoco erano stati quasi annichiliti dai musulmani - certamente un
    popolo in esilio non avrebbe adottato una religione messa al bando per
    essere così sterminati definitivamente! Di conseguenza, i Rom sono
    stati in terre iraniche molto prima dell'avvento dell'islam, quando il
    culto del fuoco era la religione dominante. I Rom sono stati in Iran
    prima del loro arrivo in India, e la loro cultura era già ben definita
    quando giunsero là. Esiste un solo popolo che ha esattamente le stesse
    caratteristiche: gli Israeliti del Regno di Samaria esiliati in Media,
    che conservarono la loro eredità mosaica ma nello stesso tempo
    adottarono pratiche dei magi, e solo una cosa non conservarono: la
    loro lingua originale (come neanche i Giudei; l'ebraico non è stato
    più la loro lingua corrente fino a quando lo Stato di Israele fu
    ristabilito nel 1948 e.c.). I Giudei indiani parlano lingue indiane,
    tuttavia sono Ebrei, non indoeuropei.

    Quindi, avendo brevemente stabilito quali sono i punti deboli sui
    quali si fonda la teoria dell'origine in Kànnaugi, è giusto
    considerare le ragioni presentate dall'autore:

    Devo fare luce su questi affermazioni, qualche suggerimento??? scusate l'ignoranza, ma la questione, indoeuropei, mi risulta ancora vaga...
     
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  7. ELCERDEA
     
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    "Soprattutto i seguenti punti:

    ·Il particolare 'chiari e scuri' spiegherebbe la diversità di
    carnagione che esiste tra i diversi gruppi Rom, se la popolazione
    originale era veramente mista. C'erano probabilmente molti Rajput in
    Kànnaugi. Questi non erano imparentati con la popolazione nativa, ma
    erano stati elevati alla dignità di kshatria per i loro meriti.
    Quindi, essi possono ritenersi come la parte 'scura' della
    popolazione."

    Quest'è un'affermazione piuttosto ingenua per uno studioso. È
    perfettamente stabilito il fatto che i Rom si sono mescolati con
    diversi popoli lungo il loro pellegrinaggio. Esattamente come i
    Giudei. È sufficiente visitare Israele per notare che ci sono Ebrei
    scuri, Ebrei biondi, Ebrei alti, Ebrei bassi, Ebrei che sembrano
    indiani, cinesi, europei, ecc. Il racconto dell'autore dimostra che la
    popolazione di Kànnaugi non era omogenea, non appartenente ad una
    singola etnia! Infatti, c'erano molti Rajput, come anche Gujrati e
    molti altri, se la città era così cosmopolita come sembra. Questo non
    prova che i Rom siano la popolazione di Kànnaugi.

    "·Il fatto che gli schiavi catturati appartenevano ad ogni tipo di
    categoria sociale, incluso individui d'alto lignaggio, spiegherebbe
    perché sono stati così facilmente inseriti tra persone importanti ed
    influenti quali re, imperatori e papi quando giunsero in Europa.
    Questo è dovuto al fatto che fra i Rom c'erano discendenti dei
    'nobili' di Kànnaugi. L'indologo francese Louis Frédéric conferma che
    la popolazione di Kànnaugi consisteva soprattutto di 'nobili',
    artisti, artigiani e guerrieri ."

    Quest'è pura speculazione. I Rom normalmente si attribuiscono titoli
    nobiliari o di prestigio per ottenere dei favori, lasciapassare, ecc.
    Era ancora praticato dai Rom al loro arrivo in Sudamerica soltanto un
    secolo fa, quando dicevano d'essere "prìncipi d'Egitto" o nobili di
    qualche altra parte. Le autorità iniziarono a sospettare dopo che
    tanti prìncipi arrivavano da paesi esotici. C'è un particolare
    importante che l'autore non ha preso in considerazione: egli ha
    asserito precedentemente che Kànnaugi era un importante centro
    brahmanico: com'è possibile che non esista una casta sacerdotale tra i
    Rom? cos'è successo con i presunti "brahmini Rom"? Tutti i popoli
    indoariani hanno una casta sacerdotale, e molti altri popoli,
    compressi i Medo-Persiani (i magi) ed anche i popoli semitici, eccetto
    uno: gli Israeliti del nord - dopo la loro separazione da Yehudah,
    persero la Tribù Levitica e di conseguenza, nessuna Tribù fu adibita
    al sacerdozio. C'erano notabili, artisti, artigiani, guerrieri ed ogni
    categoria sociale tra gli Israeliti, ma non sacerdoti. Ciò ch'è
    altrettanto interessante è il fatto che i notabili Israeliti erano
    molto apprezzati nelle corti dei re pagani, e siccome avevano un
    particolare dono profetico, molti Israeliti divennero dei magi in
    Persia, così come indovini ed incantatori. Da non dimenticare che la
    pratica più comune tra i Rom sono i tarot (tarocchi), un'invenzione
    ebraica.
     
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  8. ELCERDEA
     
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    Proseguiamo ancora una volta col saggio blu

    Otros arabismos, según Barrios, estarían en la “caña”, lo más prístino
    y antiguo del flamenco, lo que sería su nombre más antiguo, de
    “gaunnia”, canto, (encuentro en un diccionario de árabe “giná”) o
    “qayna”, cantor, el “serrano” o “serrana” de los vocativos, derivado
    del “charrán” o “sarrani”, como malo y duro, en “los cabales”, o
    íntimos, de “qaba’il”, (encuentro “qabíl”), cábila o tribu, palabra
    que entonces sería muy profunda, étnica y excluyente, el “macho” o
    parte final, de “machus”, fuerte, el “jaleo”, de “hala”, la
    “seguirya”, de “seguir” (encuentro “saguir”), corto o breve…

    Altri arabismi, secondo Barrios, starebbero nella parola “caña”, uno
    dei più antichi e simbolici del flamenco, quello chesarebbe il suo nome
    piú antico, di “gaunnia”, canto, (dall’arabo giná) o “qayna, cantor, il “serrano
    e serrana” dei vocativi, derivado dal “charran o “sarrani”, come Cattivo o duro,
    nei “cabales”, o intimi, “qaba’il” ( da qabil), cabila o tribu, parola quinde molt
    profunda, etnica ed escludente, il “macho” o parte finale, “da machus”, forte, il
    “jaleo”, da “hala”, la “seguirya”, da seguire (da seguir), corto o breve


    No se nos olvide el “chavea”, que Corominas da como el vocativo gitano
    “chavaia”, y que existe en Granada. En los toros y en el flamenco es
    frecuente llamar a un artista “Niño” o “Niña”, lo mismo que entre los
    magrebíes es corriente llamarlo “Chab”, como en el rai…

    Non dimentichiamo “chavaia”, che Corominas da come il vocativo gitano
    Chavaia, e che esiste a Granada. Nel “toreo” en el flamenco è frequente
    Chiamare un artista “ninño” o “niña”, alla stessa maniera che tra i maghrebini
    È corrrente chiamrli “chab” come nel “rai”…


    Es que además los gitanos -nombre que podría entenderse como la suma
    de los calés y los moriscos- han sido los guardadores, durante los
    siglos del silencio público, del flamenco, hasta que en el siglo XIX
    liberal salió a la luz, en las juergas de los señoritos.

    In piú i Gitani- nome che potrebbe intendersi come la Osma
    dei Calès e dei mori- sono statu i guardiani, durante i secoli del silenzio
    pubblico, del flamenco, fino a che nel liberale sec XIX è uscito alla
    luce, nelle feste dei signorotti.


    Tuvo que pasar de boca a oídos en las cuevas humosas o en los caminos,
    como yo lo oí una vez, a un cantaor desconocido que subía lento y
    solitario sobre un burro por la cuesta del cortijo; en noches sueltas
    o noche tras noche, de los arrieros o los bandoleros o los mendigos
    moriscos; ¡historia invisible de tantos siglos!

    Dovette che passare da bocca a udito nelle grotte fumase o nei camini,
    Come io lo sentii una volta, a un “cantaor” sconosciuto che saliva lento
    E solitario sopra un mulo per la pendente del “cortijo(casa di campagna andalusa)”;
    nelle notti isolate o notte dopo notte, i traspotatori di mercanzia o i ”bandoleros”
    o i mendicante mori. Storiaminvisibile di tanti secoli!
     
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  9. ELCERDEA
     
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    Sempre dal saggio di Sándor Avraham:

    Questa diversità sociale della popolazione originale deportata si
    può considerare determinante per la sopravvivenza della lingua romanì,
    dopo circa un millennio dall'esodo. Come dimostra la sociolinguistica,
    quanto più alto è il grado di diversità sociale in una popolazione
    deportata, più fortemente e più a lungo persisteranno nel mantenere la
    loro lingua originale."

    Quest'asserzione non prova nulla, ed è alquanto discutibile dal
    momento che ci sono molti esempi del contrario: la storia dimostra che
    gli Ebrei furono portati in esilio da ogni categoria sociale, e
    persero la loro lingua in un tempo relativamente breve - un fatto
    singolare è che conservarono le diverse lingue che adottarono in
    esilio invece della propria, ad esempio, i Giudei Mizrachim parlano
    tuttóra l'assiro-aramaico; i Giudei Sefarditi parlano il ladino, una
    forma medioevale dello spagnolo che conservano dopo sei secoli dalla
    loro espulsione dalla Spagna; i Giudei Ashkenazim parlano lo yiddisch,
    ed i Rom parlano il romanì, la lingua adottata in esilio.
    Altri esempi di popoli da ogni categoria sociale deportati o emigrati
    in numero considerevole che hanno perso la loro lingua in breve tempo
    sono gli Africani dell'America, il Caribe ed il Brasile, la seconda e
    terza generazione d'Italiani in America, Argentina, Uruguay, Brasile,
    ecc., la seconda e terza generazione d'Arabi negli stessi Paesi, ecc.
    Altre comunità hanno un legame più stretto con le loro lingue, come
    gli Armeni, i Rom o i Giudei. non c'è un parametro universale come
    asserisce l'autore.

    "·L'unità geografica del luogo dal quale gli antenati dei Rom sono
    partiti è importante anche per la sorprendente coerenza dell'elemento
    indiano nella lingua romanì, perché le differenze dialettali non si
    trovano nella componente ìndica della lingua ma nel vocabolario
    formato in suolo europeo."

    Questo fattore non implica che la loro origine sia l'area indostanica.
    È vero che la lingua romanì s'è formata inizialmente in un contesto
    indoeuropeo, ma le stesse parole "indiane" sono comuni ad altre lingue
    che esistevano fuori dal subcontinente, ovvero in Mesopotamia. Le
    lingue urritiche sono l'origine più verosimile delle lingue ìndiche
    (basta ricercare negli antichi testi Mitanni per riconoscere che il
    sànscrito nacque in quella regione). Lingue collegate al sànscrito si
    parlavano in una vasta area del Medio Oriente, compresso Canaan: i
    biblici Horei (Hurriti o Urriti) abitavano nel Neghev, i Gevusei e gli
    Hivvei, due tribù urrite, nell'area di Yehudah e Galilea. I
    Nord-Israeliti sono stati inizialmente trasferiti a "Hala, Havur,
    Gozàn e nelle città dei Medi" (2Re 17:6) - quella è precisamente la
    terra degli Urriti. Dopo la caduta di Ninive sotto Babilonia, la
    maggioranza degli Urriti e parte degli esuli Israeliti emigrarono
    verso est e fondarono Khwarezm, da dove si spinsero ulteriormente e
    colonizzarono la Valle dell'Indo e l'alta Valle del Gange. È
    interessante notare che certe parole della lingua romanì sono antico
    ebraico o aramaico, parole che non potrebbero aver mai acquisito in un
    periodo successivo o nel loro passaggio attraverso il Medio Oriente
    verso l'Europa, ma solo in un'epoca remota della loro storia, prima
    del loro arrivo in India. Un termine molto importante eppure mai
    tenuto in considerazione dagli studiosi sostenitori della teoria
    dell'origine indiana è la propria denominazione etnica "Rom". Non
    esiste nessuna menzione in alcun documento sànscrito di nessun popolo
    Rom. Il significato del termine "rom" è "uomo", e c'è soltanto
    un'altra lingua in cui questa parola aveva lo stesso significato:
    l'antico egizio. Secondo la Bibbia, i Nord-Israeliti avevano delle
    differenze dialettali con i Giudei, ed erano più legati alla cultura
    egizia come anche all'ambiente cananeo
    . La religione d'Israele dopo la
    loro separazione da Yehudah richiamava quella egizia, l'adorazione del
    vitello. Quindi, non è improbabile che la parola egizia per definire
    l'uomo fosse ancora in uso nel Nord Israele, anche durante l'esilio in
    Hanigalbat e Arrapkha, e dopo.
    Tuttavia, siccome l'origine non dev'essere cercata attraverso la
    lingua, non mi dilungherò oltre su questo soggetto.

    Edited by ELCERDEA - 20/11/2009, 14:45
     
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  10. ELCERDEA
     
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    E qua invece terminiamo col saggio blu, ossia quello di Kim Perez...

    ¿No será ésta del mestizaje con los moriscos la explicación de que, de
    entre todas las regiones del mundo, sólo en Andalucía los gitanos se
    hayan hecho sedentarios; no habrá sido la querencia de los moriscos
    agitanados lo que los trajo al Sacromonte, al lado de su antiguo
    Albayzín, simbólicamente sobre una antigua maqabar muslim? ¿

    Non sará questa dell’imbastardimento con i mori la spiegazione del
    fatto che tra tutte le regioni del mondo, solo in Andalusia i gitani
    si siano resi sedentari; non sará stata la volontá dei mori ingitaniti
    ciò che li portò al Sacromonte, al lato del loro antico Albazyin,
    simbolicamente sopra un antica maqabar muslim?


    Eduardo Molina Fajardo creía también que unos y otros habían vivido
    juntos, en el arrabal de San Ildefonso, en Granada, en el siglo XVI;
    los gitanos habían llegado poco antes a Andalucía, hacia 1425 ó 1462;
    por lo que a la luz de las fogatas debieron cantarse y bailarse muchos
    fandangos y zambras cuando todavía mantenían este nombre, antes de que
    fuera resucitado arqueológicamente en el siglo XIX.

    Eduardo Molina fajardo credeva pure gli uni e gli altri fossero
    Vissuti assieme, nel “arrabal” (quartiere di stranieri) di san Ildefonso,
    a Granada, nel XVI sec;
    perciò che alla luce delle fiaccole si cantarono e ballarono
    molti “fandangos” e “zambras” quando ancora avevano questo nome,
    prima che fosse resuscitato archeologicamente nel XIX sec
    .

    Toda esta vida, de la que la historia escrita no puede decir casi
    nada, tendrá que ser rastreada por la antropología, la lingüística o
    la genética de poblaciones.

    Tutta questa esistenza, della quale la storia scritta non puó
    Raccontare quasi nulla , dovrá essere rallestrata dall’antropologia,
    la linguistica o la genetica delle popolazioni.
     
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  11. ELCERDEA
     
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    ·Questo argomento mina la teoria che i Rom derivano 'da una
    conglomerazione di tribù Dom' (o qualunque altro gruppo). È doveroso
    menzionare che Sampson ha specificato che i Rom 'sono entrati in
    Persia come un unico gruppo, parlando la stessa lingua'."

    Sono pienamente d'accordo con questo concetto, tuttavia è importante
    far notare che la "teoria Dom" è stata quella "ufficiale" fra gli
    studiosi fino a poco tempo fa, e cadde successivamente in discredito
    come qualunque teoria che, insistendo sull'origine indiana, si basa su
    parametri sbagliati che portano ad una ricerca interminabile e
    contraddittoria.

    "·È probabile che ci sia stato un numero considerevole d'artisti
    Dhomba in Kànnaugi, come in ogni città civilizzata di quei tempi. Come
    principale centro intellettuale e spirituale nell'India
    settentrionale, Kànnaugi senza dubbio attirava numerosi artisti, tra i
    quali c'erano molti Dhomba (forse, ma non definitivamente, gli
    antenati degli odierni Dhomb). Ora, quando la popolazione di Kannaugia
    fu dispersa nel Khorassan ed aree circostanti, gli artisti Dhomba
    probabilmente catturarono l'immaginazione della popolazione locale
    piuttosto che i nobili ed artigiani, e ciò spiegherebbe l'estensione
    del termine Dhomba in riferimento all'intero gruppo di esuli di
    Kànnaugi. Questi potrebbero in seguito aver preso questa denominazione
    in riferimento a sè stessi, come termine di autodefinizione (in
    opposizione alla più generalizzata denominazione Sind[h]~, persiano
    Hind~, greco ionico Indh~ significando 'indiani' - da dove provenne
    forse il nome 'Sinto', malgrado la paradossale evoluzione da ~nd~ a
    ~nt~, che si deve postulare in questo caso. Infatti, alcuni dialetti
    romanì individuali, soprattutto in Ungheria, Austria e Slovenia,
    sembrano presentare quest'evoluzione da ~nd~ a ~nt~ )."

    Siccome l'autore non trova una spiegazione fattibile per il termine
    "Rom", ricorre a sotterfugi speculativi assolutamente improbabili. Ciò
    si manifesta nelle sue espressioni "è probabile", "forse",
    "spiegherebbe", "sembra"... Tutta la struttura su cui si fonda questa
    teoria cade per l'impossibilità di spiegare i fattori culturali e
    spirituali dei popoli Rom e Sinti, e sostanzialmente l'asserzione che
    "questi potrebbero in seguito aver preso la denominazione Dhom in
    riferimento a sè stessi, come termine di autodefinizione" si rivela
    totalmente fallace. L'autore si contraddice, perché prima aveva
    asserito che "molti degli esuli di Kànnaugi erano dei nobili", ora
    egli suppone che questi stessi "nobili" adottarono per sé stessi la
    denominazione appartenente ad una "casta inferiore" come lo erano gli
    artisti Dhomba.

    "·Il fatto che la popolazione proto-romanì provenne da un'area urbana
    e ch'erano principalmente dei notabili, artisti ed artigiani, potrebbe
    essere il motivo per cui un così basso numero di Rom lavorano
    nell'agricoltura fino ad oggi. Anche se 'il suolo della regione era
    ricco e fertile, i raccolti abbondanti ed il clima caldo', il
    pellegrino cinese Xuán Zàng (latinizzato Hsüan Tsang), nota che 'pochi
    degli abitanti della regione si dedicavano all'agricoltura'. In
    realtà, la terra era coltivata soprattutto per la produzione di fiori
    da profumo sin dall'antichità (principalmente a scopi religiosi."

    Anche quest'affermazione non prova nulla, ma rafforza l'ipotesi che i
    Rom non erano infatti indiani: un confronto accurato con il popolo
    Giudeo porta alle stesse conclusioni, perché i giudei furono portati
    via dalla loro terra da ogni strato sociale, tuttavia, i Giudei non si
    sono mai dedicati all'agricoltura e sono sempre vissuti in città
    dovunque fossero nella Diaspora. I Giudei divennero agricoltori
    soltanto recentemente, nello Stato di Israele, perché era necessario
    per lo sviluppo della Nazione. Ci sono evidenze in supporto del fatto
    che quando i Rom sono arrivati in India, erano già un popolo con
    queste caratteristiche; perché sia i Nord-Assiri che gli Assiri
    Babilonesi praticarono la deportazione selettiva d'entrambi Regni di
    Israele e Yehudah, come leggiamo: "E (il re di Babilonia) menò in
    cattività tutta Yerushalaym, tutti i capi, tutti gli uomini valorosi,
    in numero di diecimila, e tutti i falegnami e i fabbri, non vi rimase
    che la parte più povera della popolazione del paese, e deportò
    Yehoyakin a Babilonia, e la madre del re, le mogli del re, i suoi
    servi, i magnati del paese, tutti i guerrieri, falegnami e i
    fabbri..." (2Re 24:14-16); "Il capo dell'esercito (di Babilonia) non
    lasciò che alcuni dei più poveri del paese a coltivare le vigne e i
    campi" (2Re 25:12). La stessa cosa avevano fatto i re d'Assiria 120
    anni prima con il Regno di Samaria, ed i coltivatori ch'essi
    lasciarono sono gli odierni Samaritani, mentre la maggior parte degli
    Israeliti ancora risultano "tribù perdute", ed esiste evidenza certa
    che la maggioranza di loro emigrò in India.

    "·Sembra che un piccolo gruppo fuggì dalla razzia sulle acque del
    Gange e giunsero a Benares, da dove, a causa dell'ostilità della
    popolazione indigena se ne andarono e si stabilirono nell'area di
    Ranchee. Questa gente parla il sadri, una lingua indiana
    specificamente usata per la comunicazione intertribale. È degno
    menzionare che il sadri sembra essere la lingua indiana che permette
    una migliore comunicazione fra i loro parlanti e quelli che parlano il
    romanès."

    Ancora una volta, l'autore si fida delle teorie speculative che
    collegano una tribù indiana con i Rom soltanto attraverso alcuni
    fattori linguistici, ma niente che abbia a che fare con la cultura e
    spiritualità Rom, né con le leggi e tradizioni, e nessuna prova
    storica. Le lingue sono un punto di riferimento molto relativo e
    spesso fuorviante, perché possono essere adottate da popoli
    completamente diversi. Forse l'autore non conosce alcuni casi
    enigmatici come il seguente: c'è una provincia in Argentina, Santiago
    del Estero, dove una lingua indigena pre-coloniale si parla ancora: il
    kéciua, un dialetto della lingua degli Inca. Il fatto curioso è che
    quasi tutti gli individui che la parlano non sono indigeni ma Arabi
    siriano-libanesi stabiliti in quella provincia da circa un secolo. In
    un ipotetico evento catastrofico nel futuro da cui non sopravvivesse
    alcun attestato dell'immigrazione araba, gli studiosi del 25mo secolo
    sicuramente speculeranno affermando che quelli Arabi sono gli ultimi
    autentici discendenti dell'antica civiltà Incaica... Ciò che magari
    non riusciranno a spiegare è perché quelli "Inca" hanno tradizioni
    cristiano-ortodosse in un paese cattolico-romano, anche se queste due
    tradizioni sono molto più vicine che quella dei Rom nei confronti di
    quelle indiane.
    Un altro esempio di questo tipo ci è dato dagli stessi Sinti: in
    Piemonte, il dialetto locale è sempre meno parlato dai 'gagè', ancora
    usato da persone adulte ma non è più la prima lingua dei bambini
    piemontesi, che parlano l'italiano. La conservazione del dialetto
    dipende quasi esclusivamente dai Sinti Piemontesi, che l'hanno
    adottato come la propria lingua "romanì" e saranno probabilmente gli
    unici che parleranno questo dialetto verso la fine del presente
    secolo. In un evento immaginario come quello descritto sopra, gli
    studiosi del futuro giungeranno alla conclusione che gli autentici
    Piemontesi sono i Sinti di quella regione...
     
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  12. ELCERDEA
     
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    "·Inoltre, i parlanti di sadri hanno l'abitudine, durante cerimonie
    speciali, di versare un poco di bevanda sul suolo prima di bere,
    dicendo: 'per i nostri fratelli portati via dal vento freddo aldilà
    delle montagne' (comunicazione personale da Rèzmuves Melinda). Questi
    'fratelli' potrebbero essere i prigionieri di Mahmud. Tuttavia, è
    necessario uno studio più estensivo sul gruppo che parla sadri."

    Un'altra congettura speculativa basata su fatti non concreti. Le
    deportazioni erano frequenti in quei tempi, ed asserire che si possano
    riferire ai Rom è più che azzardato. È significativo che questa
    tradizione sadri si riferisce al "vento freddo aldilà delle montagne",
    una frase difficilmente applicabile ad una deportazione verso ovest
    aldilà dei fiumi, logicamente da un vento caldo, ed è piuttosto
    coerente con una deportazione verso nord, oltre l'Himalaya, dove
    soffia il vento freddo.

    "·La dea protettrice di Kànnaugi era Kali, una divinità ch'è ancora
    molto popolare fra i Rom."

    Questa è un'affermazione molto strana per uno studioso della cultura
    romanì, perché di fatto, i Rom non hanno la minima idea dell'esistenza
    della dea indiana Kali, che non ha questa presunta "popolarità". Non
    sò se l'autore ha inserito questa falsa asserzione con l'unico scopo
    di rafforzare la sua teoria, ma preferisco pensare che sia in buona
    fede. Non esiste alcun elemento nella mia famiglia che possa indicare
    l'esistenza di una tale tradizione nel passato, e non esiste in
    nessuna della numerose famiglie Rom e Sinti che ho incontrato in tutto
    il mondo, dalla Russia alla Spagna, dalla Svezia all'Italia, dagli
    Stati Uniti alla Terra del Fuoco (l'estremità più a sud nel mondo
    abitato), da ogni tribù Rom, dai Kalderash/Lovarya/Churarya ai Kalé
    spagnoli, dai Sinti Estraxharya/Eftavagarya ai Kale finlandesi, dai
    Machwaya ai Khoraxhané sudamericani. Invito a chiunque a chiedere ai
    Rom chi pensano loro che sia Kali - la loro risposta sarà: "una donna
    nera", perché "kali" è il femminile di "kalò", che significa nero (non
    perché sappiano che pure l'idolo indiano è nero). Conosco la
    maggioranza delle famiglie Rom importanti di tutto il mondo, e
    consiglio all'autore di fare una visita ai Rom in Argentina, dove per
    qualche ragione, la tradizione culturale Kalderash si mantiene più
    genuina che altrove.
    La devozione di alcuni gruppi verso "Sara kali" in Camargue ha a che
    fare con la tradizione cattolico-romana, non con quella induista.
    Infatti, ci sono "madonne nere" in quasi tutti i paesi
    cattolico-romani (compresa la Polonia!). Sara "kali" si chiama così
    perché è nera e, per puro caso o no, ha lo stesso nome della madre del
    popolo Ebreo, il che può essere il motivo per cui i Rom cattolici
    l'abbiano scelta come la propria santa.

    "·Inoltre, l'antico nome della città era Kanakubja (o Kanogyza nei
    documenti greci), che significava 'vergine gobba, storpia'. L'origine
    di questo nome sorprendente si trova in un passo del Ramagian di
    Valmiki: Kusmabha fondò una città chiamata Mahodaja (Grande
    Prosperità); egli aveva cento belle figlie di cui un giorno, quando
    giocavano nel giardino reale, Vàju, dio del vento, s'innamorò e volle
    sposarle. Sfortunatamente, fu rifiutato e nella sua ira le fece
    diventare gobbe, e quindi la città acquisì questo nome. In un'altra
    versione, Kana Kubja era il nomignolo d'una devota storpia di Krishna,
    a chi il dio donò un corpo bello e forte per la sua fervente unzione
    dei suoi piedi. Infatti, 'vergine gobba' era uno dei titoli dati a
    Dorga, la dea guerriera, un'altra forma di Kali. In altre parole,
    possiamo fare un parallelismo: kana kubja ('vergine gobba') = Durga =
    Kali. Rajko Djuric ha segnalato alcune similarità con il culto Rom di
    Bibia o Kali Bibi ed il mito indiano di Kali."
     
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  13. ELCERDEA
     
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    User deleted


    Ancora un'argomentazione puramente speculativa senza alcun sostegno
    reale. Storie simili sono molto comuni nel Medio Oriente (raccomando
    all'autore di leggere le "1001 Notte" per una migliore
    documentazione). È ben risaputo che i Rom adottano favole dai paesi
    dove sono vissuti, e le adattano alla propria fantasia. È anche un
    dato di fatto che la maggioranza delle leggende "romanì" sono
    altrettanto etichettate come "ebraiche", ed entrambe riconosciute come
    originali. Ci sono anche racconti armeni, persiani ed arabi nella
    letteratura orale romanì.
    Mi domando perché l'autore non menziona la popolarità che ha il
    Profeta Eliyah fra molti gruppi Rom... forse perché non può spiegare
    l'origine "indiana" di tale tradizione. Eliyah era un Profeta del
    Regno di Samaria.

    "·Il tempo che i Rom hanno soggiornato nel Khorassan (uno o più
    secoli) spiegherebbe anche le numerose etimologie persiane integrate
    nella lingua romanì (circa 70 - inoltre a 900 indiane e 220 greche),
    perché il Khorassan era una regione di lingua persiana."

    Lo stesso criterio è valido per il soggiorno indiano. Così come queste
    etimologie non provano un'origine persiana, nemmeno quelle indiane
    provano un'origine indiana, ma solo un lungo soggiorno. L'esposizione
    seguente dell'autore è orientata esclusivamente sulla traccia
    linguistica, e anche se è un ragionamento valido, non riesce a provare
    l'origine Kànnaugi, come vedremo:

    "Un altro elemento sorprendente è la coincidenza di tre caratteri
    linguistici che collegano il romanès con le lingue dell'area di
    Kànnaugi, e solo o principalmente con queste, ossia:

    - fra tutte le lingue indoariane moderne, solo il braj (chiamato anche
    braj bhaka, una lingua parlata da circa 15 milioni nell'area
    immediatamente ad ovest di Kànnaugi) ed il romanès distinguono due
    generi nella terza persona singolare del pronome personale: jo o vo in
    braj (probabilmente o in braj antico) e ov, vov o jov 'egli' in romanì
    per il maschile e ja o va in braj e oj, voj or joj 'ella' per il
    femminile, mentre le altre lingue indoariane hanno una forma unica,
    usualmente yé, vé 'egli, ella' per entrambi i sessi. Questi pronomi
    specifici possono essere uditi ogni giorno sulle strade di Kànnaugi.

    · fra tutte le lingue indoariane moderne, solo i dialetti dell'area di
    Kànnaugi, alcuni dei braj e nepalese (il Nepal dista solo 60 miglia da
    Kànnaugi) hanno una terminazione dei nomi ed aggettivi maschili in ~o
    (o ~au = ~o) identica alla controparte romanì, che è anche ~o: purano
    'antico, vecchio' (in altre lingue indoariane purana, romanès purano),
    taruno 'giovane [lit. in hindi]' (altre lingue taruna, sinto tarno,
    romanès terno). Infatti, l'evoluzione dialettale da ~a a ~o è
    sottoposta a regole piuttosto complicate che devono ancora essere
    dilucidate.

    - ed infine, ma non meno importante, fra tutte le lingue indoariane
    moderne, solo l'awadhi (una lingua parlata da circa 20 milioni in una
    vasta area ad est di Kànnaugi) presenta, come il romanès, una forma
    lunga alternativa della posposizione genitiva. Non c'è solo uno
    stretto parallelo nel fenomeno in sè stesso ma anche le posposizioni
    sono identiche nella forma: in addizione alla forma corta (~ka, ~ki
    ~ke) che è comune a tutte le lingue indoariane, l'awadhi ha una
    variante lunga ~kar(a), ~keri, ~kere, esattamente come la maggioranza
    dei dialetti romanì arcaici, come quelli della Macedonia, Bulgaria
    (~qoro, ~qiri and ~qere), Slovacchia e Russia (~qero, ~qeri, ~qere);
    forma che è stata ridotta nei dialetti sinti (~qro, ~qri, ~qre). In
    più, una recente missione svolta in certi villaggi dell'area di
    Kànnaugi ha rivelato tracce d'un vocabolario inesplorato molto simile
    al romanì (tikni 'piccolo', daj 'madre' [hindi 'donna'], ghoro
    'brocca', larika 'giovane' [hindi larhka] ecc...). Tutto ciò
    giustifica l'asserzione del professore Ian Hancock che dice che 'le
    lingue più vicine al romanès sono quelle indiane occidentali', più
    comunemente conosciute come braj e che condividono molte
    caratteristiche con il kànnaugi moderno ."

     
    .
  14. ELCERDEA
     
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    User deleted


    Come ho detto prima, il ragionamento è interessante; tuttavia non
    prova niente, per i seguenti motivi:
    ·Tutte le osservazioni che l'autore ha elencato dimostrano che il
    romanès è grammaticalmente più complesso della maggioranza delle
    lingue parlate oggi in India, ciò significa che quando i Rom erano
    esuli in India, molto probabilmente c'era una lingua più omogenea
    ancora non evoluta verso le varie lingue che per logica linguistica
    devono essere più semplici dal punto di vista grammaticale. Ciò è
    successo, ad esempio, con il latino, che una volta era parlato in una
    vasta area dell'Europa occidentale e che si è trasformato in italiano,
    spagnolo, portoghese, catalano, occitano, romeno, ecc., tutti quanti
    avendo una grammatica molto più semplice.
    ·Di conseguenza, com'è anche reso noto, tutte le lingue indiane
    occidentali erano una volta una sola, da cui il romanès si separò in
    un periodo di formazione iniziale. Un tale stadio primitivo della
    lingua può perfettamente implicare che si trattasse del periodo
    urritico, ancora prima del soggiorno in India, ma questo è solo un
    suggerimento. Ciò che emerge in ogni caso è che tutta la famiglia
    ìndica occidentale, ovvero le lingue della Valle dell'Indo e del
    Rajasthan, sono diretti discendenti della cosiddetta lingua
    "Kànnaugi", e ciò implica che il romanès non deve necessariamente
    essere collegato all'area di Kànnaugi, ma può benissimo esserlo con
    l'intera regione dal Kashmir al Gujarat e dal Sindh all'Uttar Pradesh.
    ·È anche certo che la regione menzionata sopra, da dove la lingua
    romanì si presume sia originaria, non era allora popolata da
    indoariani ma bensì da popoli scito-sarmatici stabilitisi nella Valle
    dell'Indo e nel Sakastan, compreso il territorio di Kànnaugi (che era
    governato da una dinastia Gujrati) e che avevano una cosa in comune:
    tutti provenivano dall'occidente! Ci sono evidenze inconfutabili che
    confermano che i popoli della Valle dell'Indo erano Saka e non Ariani,
    ma questo non è l'argomento del presente studio.
    ·Il fatto che tracce dell'antica lingua esistano tuttóra nell'area di
    Kànnaugi non implica assolutamente che essa sia la terra d'origine; la
    storia linguistica ci provvede diversi esempi:
    - una volta le lingue celtiche erano diffuse su quasi tutta l'Europa;
    oggi sopravvivono in alcune regioni delle Isole Britanniche ed in
    Bretagna, che non sono la terra d'origine dei Celti.
    - prendendo di nuovo il latino come esempio, la lingua più vicina
    parlata oggi non è l'italiano ma il romeno, molto lontano dalla terra
    dove il latino nacque.
    - durante un periodo di quasi quattro secoli in tutta l'Ukraina si
    parlava l'ungherese e lingue dello stesso ceppo (fra l'epoca d'Attila
    e d'Árpád), mentre che oggi non ci sono tracce dell'ungherese in
    Ukraina e si parla in Ungheria, Transilvania e zone circonvicine.
    - nello stesso modo, il turco non s'è parlato nell'Asia Minore fino
    alla fine del Medioevo, e non esiste più nella sua terra d'origine.
    - è provato che il basco (euskara) proviene dal Caucaso, l'estremo
    opposto d'Europa con rispetto a dove si parla oggi il basco, non
    esistono tracce intermedie che possano testimoniare il lungo viaggio
    effettuato dagli antichi Baschi, e nessuna regione del Caucaso dove si
    parli, ma soltanto delle lingue imparentate.
    - l'unica gente ch'è ancora in grado di leggere le Saga Vikinghe nella
    lingua che furono scritte sono gl'Islandesi e Feroesi, mentre che gli
    Svedesi, Norvegesi e Danesi, dove le Saga sono state scritte, possono
    difficilmente leggerle.
    - è stato possibile decifrare l'antica lingua sumeria soltanto con
    l'aiuto dell'ungherese moderno; ciò dimostra quanto sia impreciso
    collegare una lingua all'area dove essa è parlata nel presente.
    Ci sono molti altri esempi come questi, ma essi sono sufficienti.
    Ancora c'è un'altro quesito proposto dall'autore:

    "In quanto concerne alla cronologia dell'esodo, essa coincide con
    l'epoca di Mahmud perché è chiaro che non potrebbe essere successo
    prima del 10° secolo e.c., visto che il romanès presenta due
    caratteristiche grammaticali che si sono formate verso la fine del
    primo millennio, ossia:
    a) la formazione del sistema posposizionale invece delle flessioni
    ìndiche antica e media;
    b) la perdita del neutro con passaggio al genere maschile o al
    femminile dei nomi già neutri. Visto che quasi tutti questi nomi sono
    stati ascritti in romanès agli stessi generi che in hindi ci si può concludere che tale fenomeno si verificò quando il
    romanès era ancora parlato sul suolo indiano. In base a questo, il
    romanès si separò dalle lingue ìndiche solo dopo queste evoluzioni."

    Edited by ELCERDEA - 23/11/2009, 15:57
     
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  15. ELCERDEA
     
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    User deleted


    Ciò che l'autore non considera è quanto segue: non esisteva una lingua
    indiana unificata, ma un fattore distintivo fra l'area scito-sarmatica
    e quella ariana, e che:
    a) la posposizione è una caratteristica molto comune nelle lingue
    parlate dai popoli scito-sàrmati;
    b) solo i generi maschile e femminile esistevano nella variante
    dell'"ìndico antico" parlata nella Valle dell'Indo, prima che i
    brahmini riuscissero ad unificare tutta l'India o la maggior parte
    d'essa e di conseguenza, anche la lingua fu unificata in qualche modo
    - essendo logico che entrambi i rami abbiano contribuito, tuttavia la
    forma più semplice prevalse ed il genere neutro scomparve dalla
    variante ariana. Non era necessario che i Rom fossero ancora in India
    quando la lingua fu unificata.

    Il resto dello studio dell'autore della "teoria Kànnaugi" non tratta
    sulla presunta origine dei Rom ma d'aspetti storici di Kànnaugi che
    non sono rilevanti per la nostra ricerca, quindi concludo qui con i
    commenti sulla sua ipotesi ed inizio con l'esposizione d'altri aspetti
    della cultura romanì che sono certamente più importanti della lingua e
    che dimostrano che i Rom non hanno niente in comune con alcun popolo
    dell'India, né al presente né nel passato. Gli aspetti che presenterò
    qui non possono essere spiegati dai sostenitori della teoria
    dell'origine indiana.

    Gli aspetti culturali e spirituali dei Rom possono classificarsi in
    due categorie principali:
    1) credenze, leggi, regole e pratiche d'origine ebraica; molto
    importanti all'interno della vita comunitaria romanì;
    2) pratiche ed alcuni elementi di tipo superstizioso collegati al
    culto del fuoco; che soprattutto regolano i loro rapporti con
    l'ambiente non-romanì.

    Prima d'esporre questi aspetti, è conveniente presentare un breve
    riassunto storico in modo tale d'agevolare il lettore a capire come e
    perché i Rom erano in India in un determinato momento e perché non
    possono essere originari di quella terra. La "preistoria" dei Rom
    iniziò in Mesopotamia, nella bassa Valle dell'Eufrate, la loro
    "protoistoria", nella bassa Valle del Nilo e Canaan...
     
    .
48 replies since 17/11/2009, 10:09   10069 views
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