carrasecare

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  1. ELCERDEA
     
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    http://www.mamoiada.net/ILCarnevaleSardo%5B1%5D.pdf

    Il carnevale sardo - Su carrasecare
    (testi Prof.ssa Dolores Turchi)
    Il carnevale che sopravvive all’interno dell’isola si presenta con tratti assai arcaici.
    Non ha niente a che fare con i carnevali trasgressivi che comportano travestimenti e
    capovolgimenti di ruoli. É un carnevale tragico e luttuoso, basato sul concetto di morte e
    rinascita, teso alla richiesta della pioggia e alla commemorazione di Dioniso, dio della
    vegetazione e dell’estasi, che ogni anno muore e rinasce nel ciclo naturale dell’eterno
    ritorno. La parola carrasecare (carre de secare), con la quale si designa il carnevale
    sardo, etimologicamente significa carne viva da smembrare. I seguaci di Dioniso infatti
    laceravano capretti e torelli vivi per ricordare la morte del dio che era stato sbranato dai
    titani. Osservare le arcaiche maschere dell’interno della Sardegna, vestite di pelli, cariche
    di campanacci o di ossi animali, col volto annerito dal sughero bruciato o coperto da una
    maschera nera, significa fare un tuffo nella preistoria. Mimano la passione e la morte di
    Dioniso Mainoles, il cui nome in Sardegna si è corrotto in Maimone, nome che viene dato
    genericamente a tutte le maschere. La cattura e la morte di Dioniso viene rappresentata
    attraverso la cattura e la morte di una vittima sostitutiva.
    Le maschere si muovono in una sorta di danza zoppicante che rappresenta lo
    squilibrio deambulatorio tipico delle feste dionisiache. Di questo culto è rimasta la
    gestualità, il ritmo, gli strumenti sonori e quelli agricoli che le maschere si portano dietro,
    nonché il laccio per catturare la vittima e la soga con cui veniva legata. Questa vittima
    viene generalmente presentata sottoforma di capro, toro, cervo, cinghiale, tutte ipostasi di
    Dioniso che sotto questi aspetti si manifestava. I carnevali tradizionali rappresentano tutti
    questo rito. Si differenziano da un paese all’altro perché ciascuno ha conservato un
    momento diverso di questa rappresentazione. Figure vestite a lutto piangono la morte del
    dio e con esso la fertilità che viene a mancare.Appaiono uomini col gabbano nero, il
    cappuccio calato sugli occhi, il volto annerito. Tutti segni di lutto profondo perché con la
    morte del dio muore, per un certo periodo, anche la fertilità della terra. Ci troviamo
    pertanto davanti ad un rito agrario antichissimo. Sono gli ultimi retaggi di un culto
    dionisiaco sopravvissuto a livello d’inconscio, le cui tracce sono però ancora evidenti.
    Culto che un tempo era presente in tanti paesi dell’area mediterranea e che in Sardegna,
    per quanto banalizzato e relegato nel carnevale, poté sopravvivere proprio perché era
    legato alle annate agrarie e allo spettro della siccità, che bisognava esorcizzare ripetendo
    il rito del Maimone. Ancora nel 1700, secondo le testimonianze del gesuita B. Licheri, tutte
    le maschere avevano le spalle cariche di ossi animali, anziché di campanacci, che
    agitavano ripetutamente perché dalle ossa si rigenera la vita. Dioniso era divinità agraria
    traco-frigia, antichissima, la più importante nel mondo agropastorale, come rivelano le
    tavolette in lineare B di Pilo e Micene. Probabilmente il suo culto penetrò in Sardegna
    intorno al XIV – XIII sec. a. C. nella forma più cruenta, non mitigato dalla religione orfica.

    Cosa ne pensate ragazzi, Dioniso godeva da noi delle stesse caratteristiche del mito greco???? iNOLTRE AVEVO TROVATO IN UN FUEDDHARIU la traduzione di Carrasecada come spasmo... insomma ho qualche dubbio sul significato del carrasecare dato su queste pagine...

    Edited by ELCERDEA - 4/11/2009, 09:57
     
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12 replies since 2/11/2009, 12:54   1628 views
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