carrasecare

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  1. ELCERDEA
     
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    http://www.mamoiada.net/ILCarnevaleSardo%5B1%5D.pdf

    Il carnevale sardo - Su carrasecare
    (testi Prof.ssa Dolores Turchi)
    Il carnevale che sopravvive all’interno dell’isola si presenta con tratti assai arcaici.
    Non ha niente a che fare con i carnevali trasgressivi che comportano travestimenti e
    capovolgimenti di ruoli. É un carnevale tragico e luttuoso, basato sul concetto di morte e
    rinascita, teso alla richiesta della pioggia e alla commemorazione di Dioniso, dio della
    vegetazione e dell’estasi, che ogni anno muore e rinasce nel ciclo naturale dell’eterno
    ritorno. La parola carrasecare (carre de secare), con la quale si designa il carnevale
    sardo, etimologicamente significa carne viva da smembrare. I seguaci di Dioniso infatti
    laceravano capretti e torelli vivi per ricordare la morte del dio che era stato sbranato dai
    titani. Osservare le arcaiche maschere dell’interno della Sardegna, vestite di pelli, cariche
    di campanacci o di ossi animali, col volto annerito dal sughero bruciato o coperto da una
    maschera nera, significa fare un tuffo nella preistoria. Mimano la passione e la morte di
    Dioniso Mainoles, il cui nome in Sardegna si è corrotto in Maimone, nome che viene dato
    genericamente a tutte le maschere. La cattura e la morte di Dioniso viene rappresentata
    attraverso la cattura e la morte di una vittima sostitutiva.
    Le maschere si muovono in una sorta di danza zoppicante che rappresenta lo
    squilibrio deambulatorio tipico delle feste dionisiache. Di questo culto è rimasta la
    gestualità, il ritmo, gli strumenti sonori e quelli agricoli che le maschere si portano dietro,
    nonché il laccio per catturare la vittima e la soga con cui veniva legata. Questa vittima
    viene generalmente presentata sottoforma di capro, toro, cervo, cinghiale, tutte ipostasi di
    Dioniso che sotto questi aspetti si manifestava. I carnevali tradizionali rappresentano tutti
    questo rito. Si differenziano da un paese all’altro perché ciascuno ha conservato un
    momento diverso di questa rappresentazione. Figure vestite a lutto piangono la morte del
    dio e con esso la fertilità che viene a mancare.Appaiono uomini col gabbano nero, il
    cappuccio calato sugli occhi, il volto annerito. Tutti segni di lutto profondo perché con la
    morte del dio muore, per un certo periodo, anche la fertilità della terra. Ci troviamo
    pertanto davanti ad un rito agrario antichissimo. Sono gli ultimi retaggi di un culto
    dionisiaco sopravvissuto a livello d’inconscio, le cui tracce sono però ancora evidenti.
    Culto che un tempo era presente in tanti paesi dell’area mediterranea e che in Sardegna,
    per quanto banalizzato e relegato nel carnevale, poté sopravvivere proprio perché era
    legato alle annate agrarie e allo spettro della siccità, che bisognava esorcizzare ripetendo
    il rito del Maimone. Ancora nel 1700, secondo le testimonianze del gesuita B. Licheri, tutte
    le maschere avevano le spalle cariche di ossi animali, anziché di campanacci, che
    agitavano ripetutamente perché dalle ossa si rigenera la vita. Dioniso era divinità agraria
    traco-frigia, antichissima, la più importante nel mondo agropastorale, come rivelano le
    tavolette in lineare B di Pilo e Micene. Probabilmente il suo culto penetrò in Sardegna
    intorno al XIV – XIII sec. a. C. nella forma più cruenta, non mitigato dalla religione orfica.

    Cosa ne pensate ragazzi, Dioniso godeva da noi delle stesse caratteristiche del mito greco???? iNOLTRE AVEVO TROVATO IN UN FUEDDHARIU la traduzione di Carrasecada come spasmo... insomma ho qualche dubbio sul significato del carrasecare dato su queste pagine...

    Edited by ELCERDEA - 4/11/2009, 09:57
     
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  2. ELCERDEA
     
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    insomma, io ci vedrei proprio l'origine del culto dei morti...
    a riprova, c'è da chiarire (non sono espertissimo di storia della chiesa
    ma fortunatamente non sono scemo)
    anticamente il giorno dei morti non era festeggiato a novembre,
    infatti: L'idea di commemorare i defunti in suffragio nasce su
    ispirazione di un rito bizantino, che celebrava infatti tutti i morti
    il sabato prima della domenica di Sessagesima (così chiamata prima
    della riforma liturgica del Concilio Vaticano II ) , ossia la domenica
    che attualmente nel rito romano coincide con quella delle Palme,
    all'incirca in un periodo compreso fra la fine di gennaio ed il mese
    di febbraio, ed era a febbraio che aveva luogo il carrasecare ed miti
    simili (vedere anche: Studi mitologici universali di J.J. Bergua. Il
    rito dei morti che noi festeggiamo dovrebbe risalire risalire
    all'abate benedettino sant'Odilone di Cluny nel 998: con la riforma
    cluniacense aveva stabilito infatti che le campane dell'abbazia
    fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1
    novembre per celebrare i defunti, ed il giorno dopo l'eucaristia
    sarebbe stata offerta "pro requie omnium defunctorum.
    insomma la chiesa l'avrebbe proprio preso dal culto pagano!!!


    - Mostra el text citat -

    Edited by ELCERDEA - 11/11/2009, 15:37
     
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    STUDIOSO DEI POPOLI DEL MARE

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    Cosa ne pensate ragazzi, Dioniso godeva da noi delle stesse caratteristiche del mito greco???? iNOLTRE AVEVO TROVATO IN UN FUEDDHARIU la traduzione di Carrasecada come spasmo... insomma ho qualche dubbio sul significato del carrasecare dato su queste pagine...

    diciamo che è esattamente l'OPPOSTO. I riti descritti erano presenti già da quando DIONISO si chiamava BAKU ... il PAZZO toccato dal martello di Dio.
    e la danza diede origine alla Pasqua. Infatti lo zoppiccare tipico delle maschere sarde e mesopotamiche poi kananee e infine greche era chiamato PESAH... da cui PASQUA... in ebraico. La chiesa RETROCESSE a prima della pasqua queste raprresentazioni pagane che non volevano scomparire... e così nacque il carnevale. Che però si festeggia in antichità prpprio nel periodo in cui cade la pasqua attuale: EQUINOZIO DI PRIMAVERA e PLENILUNIO. :rolleyes:
     
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  4. ELCERDEA
     
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    Ok, invece come origine del culto dei morti?
    quale sarebbe la festa pagana, opure gli daresti strettamente un origine bisantino-cristiana?
     
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  5. lyala2
     
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    Elcerdea.... spidocchiando tra i miei ricordi sono approdata in questo brano.... poterbbe essere interessante... è una piccola porzione dell fetta della torta che si sta confezionando (per stare in tema)........

    tratto dal portale MONDO FEMMINEO


    Erroneamente si pensa che la festa di Halloween sia tipicamente anglossassone.
    Per l’esattezza di origine celtica nata per il culto dei morti.
    In realtà in forme lievemente diverse anche in altre parti del mondo si festeggia la notte di ogni santi e dei morti facendo dei bambini protagonisti assoluti.

    I bambini che sono ancora puri e incontaminati dal mondo e dalle sue cattiverie.

    Nella mia terra, la Sardegna, esiste ad esempio una festa simile che si tramanda di generazione in generazione.
    E’ la festa de: “IS ANIMADDAS” o “IS MORTUS” (delle anime o dei morti)

    Sono i bambini che fin dalla mattina presto bussano alle porte della case chiedendo: “carchi cosa po sas animas” (qualche cosa per le anime), dolci fatti in casa come le “pabassias”, “pani de sapa”, arance, mandarini, noci e l’immancabile melagrana (frutto simbolo dei morti) è ciò che verrà regalato loro.

    Sembra strano ma, nostante il lavoro che c’è alle spalle di questa festa è un momento che ricordo come qualcosa di speciale.

    Dovete sapere che in Sardegna è tradizione, ancora viva in molte zone, che la preparazione del pane e dei dolci tipici, sia un memento al femminili.
    Gli uomini sono esclusi, non ammessi.
    L’anziana, riunisce figlie e nipoti e tramanda la tradizione con la preparazione dei dolci .
    Un momento dove non solo la storia diviene parte integrante ma anche i racconti, le confidenze.
    Nonna, con il suo “miccaloru” (fazzoletto) in testa snocciolava ordini in sardo, insegnando come impastare, come tritare e il segreto dell’ingrediente che era unico perché simbolo della famiglia.
    Raccontava dei tempi lontani, delle leggende legate alla festa e insegnava le canzoni che sono simbolo della nostra tradizione.




    Di questi momenti, non solo della festa di ogni santi e dei morti, custodisco un ricordo dolce, fatto di canti sussurrati in sardo, di profumo di cannella e arancia.




    FAMMI SAPERE SE DEVO FARE ULTERIORI RICERCHE..... :P :salute: :vandal:
     
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  6. ELCERDEA
     
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    Io purtroppo qua, non ho una biblioteca abbastanza grande, ed il dubbio che mi rimane: è se l'origine della festa fosse pagana o no...
    se qualcuno ha notizie si faccia vivo :rolleyes:
    Zia, sono sicuro che tu qualcos'altro lo trovi...
    :rolleyes:
     
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  7. ELCERDEA
     
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    a proposito di pasqua...

    I riti remotissimi che esaltavano la rinascita della natura dopo il primo plenilunio di primavera. Il ritorno della Stella dell'Est nei giorni dell'equinozio.
    Le feste Adonie dei greci. Il cero, fuoco sacro per la religione cristiana e l'uovo, simbolo di creazione. Tradizioni che resistono. La pulizia della casa e i dolci.

    Per i Cristiani la Pasqua segna il culmine dell'anno liturgico celebrando la Resurrezione del Cristo, che è trionfo sulla morte e sul male del mondo. E' una festa mobile, che può cadere tra il 22 marzo e il 25 aprile, ossia la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera, proprio all'inizio della bella stagione, quando le ore di luce pareggiano quelle di buio e cominciano lentamente, giorno dopo giorno, a superarle, dando avvio alla metà luminosa dell'anno, da sempre considerata più propizia dagli esseri umani.


    Inevitabile, perciò, che le tradizioni pasquali abbiano legami più o meno espliciti con i riti, di origine remotissima, che esaltavano la rinascita della natura, la fecondità, la vita stessa che si rinnova dopo la desolazione dell'autunno e dell'inverno, la metà oscura dell'anno.

    Del resto, il termine inglese Easter o quello tedesco Ostern non hanno evidentemente nessuna affinità con l'ebraico pesah, ("passaggio"), da cui deriva il greco paska e il latino pascha: la Resurrezione di Gesù avvenne infatti durante la "Pasqua ebraica", che ricorda l'esodo dall'Egitto del popolo d'Israele, ma i Cristiani conservarono il nome della festività primitiva ad indicare un evento del tutto diverso da quello originario.


    Easter e Ostern, invece, etimologicamente, alludono a uno scenario mitologico pagano, che proprio nei giorni dell'equinozio festeggiava il ritorno della "stella dell'est", la divinità anglo-sassone della fertilità chiamata Eostre o Ostara, l'equivalente "nordico" delle mediterranee Afrodite e Venere e della babilonese Ishtar.


    Ne parla Beda il Venerabile, dotto monaco benedettino inglese, vissuto tra il settimo e l'ottavo secolo, che nel suo De temporum ratione la mette in relazione con il risveglio della vegetazione, mentre Jacob Grimm, in Teutonic Mythology, oltre a renderla generosa dispensatrice di fecondità, la collega alla luce d'oriente e all'equinozio, chiamato dai Celti Eostur-Monath e poi Ostara.


    Ebbene, il tema della luce, del "fuoco" ricorre molto anche nella cultura cristiana, che si è sovrapposta a quella pagana operando con essa una sorta di convincente, e a tratti inestricabile, sincretismo religioso.

    Nel suo Ramo d'oro Frazer ci parla delle feste del fuoco primaverili, che di solito iniziavano la prima domenica di quaresima: esse erano diffuse in tutta Europa, con scopo augurale e scaramantico. Intorno a tali "fuochi di gioia" si cantava e si danzava.


    I falò sulle colline, nelle intenzioni di chi li accendeva, dovevano propiziare la fertilità ed allontanare le congiunture atmosferiche negative, come i fulmini o la grandine e, quanto più tardi si spengevano, tanto più fruttifera sarebbe stata la terra.

    In Germania, ma anche in altre parti d'Europa e della stessa Italia, sembra che ancora oggi i contadini, in omaggio all'antico rito, raccolgano tutti i rami secchi che trovano nelle campagne, ne facciano un grande rogo e ne spargano le ceneri sui campi, mentre i tizzoni ardenti vengono portati all'interno delle abitazioni per scacciarne gli spiriti maligni.


    Da queste consuetudini deriverebbe la tradizione del grande cero pasquale, fuoco sacro per la religione cristiana, col quale il sacerdote, il sabato santo, prima della celebrazione della Messa di Resurrezione, usa riaccendere i lumi spenti della chiesa: sul buio, simbolo del dominio del male e del peccato, trionfa la luce, emblema di vita spirituale; per questo le candele santificate da quel fuoco sono (erano) degne di essere portate a casa e custodite con cura.

    Tra le usanze pasquali più diffuse e radicate c'è quella di scambiarsi le uova di cioccolato. L'uovo, da sempre, è simbolo di creazione, di rinascita: la primavera porta gli uccelli a deporre le uova e queste, per il cacciatore e il raccoglitore di un tempo lontanissimo, costituivano una preziosa fonte di sussistenza dopo le ristrettezze invernali.


    Presso molte mitologie, inoltre, l'uovo primordiale, embrione e germe di vita, è il primo essere a emergere dal caos: esso stesso emblema, per la forma, la compattezza, il valore oggettivo, ma soprattutto virtuale (dal suo dischiudersi può nascere un nuovo essere), di "cosmos".


    Una tradizione ancora oggi diffusa in area germanica è la ricerca, nei giardini delle case, delle uova nascoste dal "coniglio pasquale"; in Inghilterra invece si fanno rotolare sulla strada uova sode fino a quando il guscio non si sia completamente rotto.

    Tali usanze hanno uno stretto legame proprio con il culto di Eostre: infatti presso i pagani si celebrava il ritorno della dea andando a scambiarsi "uova sacre" sotto l'albero ritenuto magico del villaggi, in quanto la divinità proteggeva e favoriva la fertilità di ogni aspetto della natura.

    Cari ad Eostre erano la lepre o il coniglio, animali prolifici per eccellenza, che i britanni e i germani associavano alle divinità lunari, in quanto le aree nere della luna li rappresenterebbero.

    La raffigurazione della "lepre nella luna" è presente anche in tradizioni cinesi, africane e indiane. Alcune leggende narrano infatti del sacrificio dell'animale, che si sarebbe buttato spontaneamente nel fuoco per nutrire il Buddha affamato: in seguito, per gratitudine, egli avrebbe impresso l'immagine della lepre sulla luna. In Cina "l'animale lunare" è raffigurato con un mortaio e un pestello mentre prepara un elisir d'immortalità. Gli indiani algonchini addirittura adoravano la Grande Lepre come creatrice della Terra.

    L'antenato dell'odierno coniglio pasquale, dunque, quello che nasconde le uova nei giardini delle case perché i bambini tedeschi ne vadano gioiosamente alla caccia, era dunque la lepre di Eostre che deponeva l'uovo della vita per annunciare la rinascita della Natura.

    Il cibarsi delle uova a Pasqua, all'inizio del periodo primaverile, diventa così un rito di partecipazione alla resurrezione, mentre l'usanza di colorarle diversamente, prima di posarle su un cestino di vimini, anch'esso abbellito da nastri e fiocchi, per portarle a benedire in chiesa, è un probabile riferimento alla deposizione di uova differenti da parte delle diverse specie d'uccelli.

    La stretta connessione tra consuetudini pasquali, ancora oggi vive, e i remoti riti primaverili si riflette nei "giardini" del Sepolcro di Cristo, tipici del venerdì santo di molte località, che appaiono una rilettura in chiave cristiana degli antichi e pagani "giardini d'Adone".

    Dopo l'equinozio di marzo, si celebravano nel mondo greco le feste Adonie che ricordavano la resurrezione di Adone, bellissimo giovane amato da Afrodite. Nella sua infanzia la dea lo nascose in una cassa che consegnò a Persefone, regina del mondo sotterraneo; ma quando Persefone aprì la cassa e vide la bellezza del bambino, si rifiutò di renderla ad Afrodite, malgrado la dea in persona fosse scesa agli Inferi.


    La disputa fu placata da Zeus, il quale stabilì che Adone abitasse con Persefone nel mondo delle tenebre per una parte dell'anno e, per l'altra, nel mondo superiore. Il giovane venne poi ucciso per gelosia da Ares trasformato in cinghiale. Adone è in mitologia il corrispondente greco del dio assiro-babilonese Tammuz cui ci si rivolgeva chiamandolo Adon, cioè signore, il quale dimorava sei mesi all'anno negli Inferi e a primavera risaliva alla luce, congiungendosi con Ishtar, l'Afrodite babilonese.

    Ebbene, che Adone rappresentasse in realtà lo "spirito arboreo", che si eclissa per metà dell'anno e risuscita nel rimanente, è testimoniato appunto dai "giardini" a lui offerti: cesti e vasi pieni di terra in cui si seminavano grano, orzo, lattuga e varie specie di fiori, che il calore faceva rapidamente germinare; insomma, una sorta di "modello d'imitazione" per incoraggiare la crescita della vegetazione e soprattutto delle mèssi.

    Ora, sappiamo dal Ramo d'oro di Frazer che, all'avvicinarsi della Pasqua, "le donne siciliane seminano grano e lenticchie in piatti che tengono al buio e annacquano ogni due giorni": le piante crescono bianche, private come sono della clorofilla, e con esse si ornano, nelle chiese cattoliche, gli altari che ricordano il Sepolcro del Cristo morto. Proprio come si faceva un tempo col dio Adone!

    Lo studioso ipotizza che in altre parti d'Italia questo avvenga ed ha ragione, perché anche all'Elba era diffusa quest'usanza: ciascuno portava al Sepolcro le piante più belle del proprio giardino e i piatti di candidi grani. Al pari di altri luoghi, all'Elba la festività è avvertita, oltre che per la sua valenza spirituale, come preludio ad un periodo dell'anno più favorevole e propizio.


    La si accoglie con le cosiddette "pulizie di Pasqua" nelle abitazioni e nei giardini. Le giornata più lunghe e luminose si prestano a queste operazioni, che probabilmente hanno anche un valore catartico: la purificazione interiore legata alla Quaresima si deve accompagnare a quella materiale dell' ambiente quotidiano.

    I giorni precedenti la domenica di Resurrezione, dunque, nelle abitazioni private, ma non soltanto, considerando che proprio la Pasqua segna da noi l'esordio della stagione turistica, al profumo di pulito si mescola quello dei dolci tipici del periodo. Oggi la tradizione casalinga si è un po' persa, soppiantata dal meno faticoso ricorso ai prodotti dei forni locali, ma in molte case sopravvive, specialmente dove ci sono nonne volenterose e in forze. Rammentare questi dolci mi porta il profumo delle fresie, oltre quello dell'infanzia, e il suono delle campane a festa. La schiaccia pasqualina richiedeva tempo, pazienza ed esperienza: i tempi di lievitazione erano lunghissimi, l'impasto doveva assolutamente accogliere semi d'anice, che diffondevano intorno un aroma inconfondibile, mentre la spalmatura esterna era rigorosamente eseguita col rosso d'uovo. L'attenzione delle donne in quei giorni era anche dedicata all'anellata, un dolce con lo strutto, senza lievito, simile alla crostata.

    Lo si cospargeva di zucchero e lo si decorava con buchini di forchetta e circolini fatti con il ditale prima di infornarlo. Aveva un sapore buonissimo, unico. Credo sia in disuso e comunque oggi si preferisce utilizzare il burro. Ancora molto diffusa in tutta l'Elba, sebbene la sua origine appartenga al versante orientale, resta invece la sportella, ciambellina di pasta frolla, cosparsa di zuccherini colorati, simbolo di fertilità femminile, a cui gli antichi riesi abbinavano il cirimito, il corrispondente maschile: i due tipi di dolci venivano scambiati dai giovani in festa il lunedì dell'Angelo, giorno di Pasquetta, durante la scampagnata a Santa Caterina, antico santuario mèta del duplice pellegrinaggio, non sempre tranquillo data la proverbiale rivalità tra i due "campanili", da Rio Marina e da Rio Elba.

    Anche le radici di questa consuetudine nostrana sono probabilmente da ricercare in quel patrimonio di riti primaverili, comune a popoli diversi, che celebravano con modalità affini l'inizio della bella stagione e con essa la fecondità di tutti gli esseri viventi, perché, almeno tra le specie, se non nel singolo individuo, sulla morte potesse trionfare decisamente la vita.

    Fonte:
    http://nuraghelogia.blogspot.com/search?up...0&max-results=7

     
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  8. SaCraba
     
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    Mamutzonedd e'Samugheo... foto del 12/2/2006

    Carresecare A Maimone

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    Edited by SaCraba - 4/1/2010, 18:02
     
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  9. dedalonur9
     
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    .....m'era sfuggito questo 3d.... il buon Elce si è dato da fare....dovrò smembrare il suo intervento troppo lungo...
     
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  10. ARRUIASA DE GHENTIANA
     
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    CITAZIONE (SaCraba @ 4/1/2010, 17:58)
    Mamutzonedd e'Samugheo... foto del 12/2/2006

    Carresecare A Maimone

    E' chi penso che sia??
     
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  11. Dennis seui
     
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    CITAZIONE (ELCERDEA @ 2/11/2009, 12:54) 
    Cosa ne pensate ragazzi, Dioniso godeva da noi delle stesse caratteristiche del mito greco???? iNOLTRE AVEVO TROVATO IN UN FUEDDHARIU la traduzione di Carrasecada come spasmo... insomma ho qualche dubbio sul significato del carrasecare dato su queste pagine...

    Che Dioniso era un Dio appartenete alle genti era sicuro, però ovviamente con il nome Baku o Bakis...
    A testimonianza di ciò posso dire che nel mio paese finno a una cinquantina d'anni , vi era una tradizione particolare che si svolgeva durante is fogoronis ,legata alla rinascita appunto in onore di Bacco,questa era sa matta e su cuccuzzulloni che non erano nient'altro che dei giochi erotici in cui si faccievano delle pretese sessuali tra donna e uomo.
    Sepre durante is shogur de s'antantoni alcune persone si travestivano con una maschera tipica del mio paese sa Mammulada che significa rumore assordante, frastuono,di cui ho parlato in altra discussione:Sos Mammuthones e sa Mammulada. :salute:
     
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  12. shardar
     
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    il carnevale si sa, e' una festivita'pagana,romana,greca.
     
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  13. pora reitia
     
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    Sparagagna (etimologia e storia)


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    http://img228.imageshack.us/img228/6302/conpsparagagne.jpg


    http://vec.wikipedia.org/wiki/Sparagagna
    La sparagagna a la Vixentina la xe on piato tepego de Viçensa, fato co le costexine de mas-cio, dite apunto sparagagne.


    Sparagmos

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    http://img258.imageshack.us/img258/8978/conpsparagmos.jpg


    El Misterio de li riti dionexiaghi el jera dà da la parteçipada de le bacanti a la befana (epifania totale) de Dionixo. Li riti li jera fati de note, lonsi da la çità, sora li monti e rento le foreste. Traverso el sagrefiço de la vitima (ostia) par scoartamento (sparagmos en grego) e la consumasion de la carne crua (omofaja) se realixa la comonion col dio, parkè le bestie fate a toki e divorà le xe befane (epifanie) o encarnasion de Dionixo


    http://en.wikipedia.org/wiki/Sparagmos
    Sparagmos (Ancient Greek: σπαραγμός) refers to an ancient Dionysian ritual in which a living animal, or sometimes even a human being, would be sacrificed by being dismembered, by the tearing apart of limbs from the body. Sparagmos was frequently followed by omophagia (the eating of the raw flesh of the one dismembered). It is associated with the Maenads or Bacchantes, followers of Dionysus, and the Dionysian Mysteries.

    Examples of sparagmos appear in Euripides's play The Bacchae, which concerns Dionysus and the Maenads. At one point guards sent to control the Maenads witness them pulling a live bull to pieces with their hands. Later, Dionysus lures his cousin, king Pentheus, into a forest after he bans worship of the god where he was attacked by Maenads, including his own mother Agave. The reference of his mother tearing apart his limbs is sparagmos. Similarly, Medea is said to have killed and dismembered her brother whilst fleeing with Jason and the stolen fleece in order to delay their pursuers (who would be forced to collect the remains of the prince). The Italian film director Pier Paolo Pasolini staged a sparagmos ritual as part of a long sequence near the beginning of his film Medea (1969), before dramatising the episode in which Medea kills her brother in a similar way. In Tennessee Williams's play Suddenly, Last Summer, Sebastian Venable is killed in an episode of sparagmos and omophagia.

    According to some myths, Orpheus notably met this fate at the hands of the Thracian women. Interpreting the ritual through the lens of the Freudian Oedipus complex, Catherine Maxwell identifies sparagmos as a form of castration, particularly in the case of Orpheus.

    http://de.wikipedia.org/wiki/Sparagmos

    Euripide, Le Baccanti, trad. M.Vitali, Ed. Bompiani
    www.richardwolfnathan.com/ita/Artic...a%20clinica.pdf

    Disse Agave allora: “Orsù, Baccanti disponetevi tutte intorno al tronco ed afferratelo: prendiamo quella fiera appollaiata lassù tra i rami, che non vada a rivelare i segreti cori del dio.” Mille mani afferrarono il tronco e sbarbicarono l’albero dal suolo. Pénteo, seduto là in alto, dall’alto rovinò giù a precipizio, gridando di dolore e di paura: aveva compreso ormai d’essere vicino ad una fine orrenda.
    E fu sua madre, prima fra tutte, a dar inizio, quasi sacerdotessa, al sanguinoso rito, e ad avventarsi su di lui; e lui, strappate dai capelli le bende perché Agave, ugualmente infelice, lo riconoscesse e risparmiasse la sua vita, ”Madre”, le disse, e con mano tremante osò sfiorarla sulla guancia, “guardami, sono io, il figlio tuo Pénteo che tu hai partorito ad Echione, nella sua casa... abbi pietà di me, madre, ti prego, e nonostante le sue colpe, non uccidere tuo figlio!”
    Quella schiumava alla bocca e roteava le pupille nello sguardo stravolto, incapace di capire ciò che doveva capire, totalmente posseduta dal dio. Le parole di lui non la raggiunsero. Lo afferrò per il braccio sinistro con entrambe le mani e, calcando il piede sul torace dell’infelice, gli staccò di schianto l’omero. Non era forza, quella: era la sovrumana facilità della mano di un dio. Dall’altra parte si accaniva mo, squarciandone le carni, Autonoe incalzava con le Baccanti in folla. Era contemporaneamente tutto un grido di tutti: lui urlava il suo strazio, per quanto respiro ancora gli restava; le Baccanti levavano il grido del trionfo. Una portava un braccio, un’altra un piede ancor calzato: biancheggiavano le costole nei fianchi scarnificati. Ognuna con le mani insanguinate lanciava in aria brandelli della carne di Pénteo... il suo corpo or non è più che pezzi sparsi sul terreno, quali ai piedi di aspre rocce, quali nel denso fogliame della selva.., non sarà facile trovarli.”

    http://it.wikipedia.org/wiki/Penteo


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    http://img805.imageshack.us/img805/905/conpspardos.jpg


    Edited by pora reitia - 17/12/2010, 08:32
     
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