Egitto

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    EGITTO - Scoperta la fortezza più antica
    AFRICA, 17:20:00


    2007-08-09 Egitto - Scoperta, nei pressi del Canale di Suez, la più grande fortezza dei faraoni dell'antico Egitto. Nel sito archeologico denominato Tell-Huba, sono state rinvenute pure le tombe di soldati e di cavalli ed un pozzo d'acqua.
    La scoperta riguarda il periodo storico in cui l'antico Egitto combatteva per riconquistare la parte settentrionale del Sinai dagli Hyksos.

    http://www.icn-news.com/?do=news&id=1285
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    Che sia l'antica SHAR-UHeN? Casotruita proprio dai "Re Pastori"? :rolleyes:
    bentornata!
    leo :devil:
     
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    Grazie!

    Che sia davvero quella?

    Abbracci,

    Grazia
     
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    20 ago 19:22
    Archeologia: Egitto, scoperta orma umana, forse la piu' antica della storia
    IL CAIRO - Scoperta nel deserto occidentale quella che gli archeologi egiziani ritengono possa essere la piu' antica orma umana della storia. Lo ha annunciato oggi il capo delle Antichita' egiziane, Zahi Hawass. ''Questa orma potrebbe risalire a circa due milioni di anni fa'' ha detto alla Reuters Hawass, segretario generale del Consiglio superiore per le Antichita'. ''Potrebbe essere - ha aggiunto - la scoperta piu' importante in Egitto''. Gli archeologi hanno trovato l'orma, impressa nel fango poi diventato roccia, mentre esploravano un sito preistorico nell'oasi di Siwa. (Agr)

    http://www.corriere.it/ultima_ora/agrnews....A4-051153A5863A}

    ***

    EGITTO:TEST SU IMPRONTA UMANA, FORSE LA PIU’ ANTICA DEL MONDO

    (AGI/REUTERS) - Il Cairo, 20 ago. - Potrebbe essere la piu’ antica impronta umana della storia quella scoperta dagli archeologi egiziani in un deserto nella zona occidentale del Paese. Secondo il segretario generale del Consiglio supremo delle antichita’ egizie, Zahi Hawass, l’impronta potrebbe risalire a due milioni di anni fa. Gli archeologi hanno trovato l’orma impressa sul fango e indurita su una roccia, mentre stavano esplorando il sito preistorico di Siwa, un’oasi nel deserto. Gli esperti useranno i test al carbonio sulle piante della roccia per determinarne l’esatta eta’. Khaled Saad, direttore del Consiglio sulla preistoria, ha detto che l’impronta potrebbe essere addirittura piu’ antica di Lucy, lo scheletro di australopiteco trovato in Etiopia nel 1974, risalente a tre milioni di anni fa. (AGI)
    Red

    http://www.piante-oggi.it/archives/000424.html
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    Qualcosa di nuovo sul fronte orientale di Ramses II

    Ritrovata vicino a Suez la fortezza che difendeva l’Egitto dagli ittiti

    ARISTIDE MALNATI
    SUEZ (EGITTO)

    La splendida regina Ankh Esen Amon, in preda allo sconforto per la
    morte del marito Tut Ankh Amon e timorosa di venire eliminata dal
    successore del faraone-bambino, scrisse una lettera accorata a Suppiluliuma,
    sovrano degli ittiti, nemici dichiarati degli egizi: gli chiedeva in
    sposo un giovane principe, a cui avrebbe promesso amore eterno e la
    possibilità di regnare sull'Alto e Basso Egitto. La delegazione ittita venne
    però intercettata e annientata dall'esercito di Horemheb, che per conto
    del nuovo sovrano Ay aveva il delicato incarico di proteggere il Paese
    lungo la sua frontiera più vulnerabile, quella orientale, dall'odierno
    Canale di Suez fino all'attuale Striscia di Gaza. E l'agguato vincente
    al gruppo che scortava il principe ittita verso il regno tanto ambito
    si consumò - ci fanno sapere le tavolette in lingua ittita e le
    iscrizioni parietali sui templi egizi di Karnak e Luxor - presso una fortezza
    di ragguardevoli dimensioni, la più imponente tra le undici
    edificate a intervalli regolari quale invalicabile presidio della
    lunga strada a Nord del Sinai, la mitica via di Horus, percorso tra l'altro
    degli ebrei diretti alla Terra Promessa.

    Ebbene, questa fortezza è stata da poco rinvenuta al termine di una
    decennale campagna di scavi sistematici condotta da una missione egiziana;
    si trova a Nord di Qantara, tre chilometri a Est del moderno Canale di
    Suez, dove un tempo sorgevano i Laghi Amari (o Mar delle Canne). Sono
    ancora oggi ben distinguibili le fondamenta e le basi delle mura di un
    mastodontico complesso fortificato, che si sviluppa per 500 metri di
    lunghezza e 250 di larghezza; le mura sono imponenti, conservate per 2
    metri d'altezza (ma in origine, secondo il calcolo degli architetti,
    dovevano toccare i 20 metri) e con uno spessore ancora intatto di 13 metri.
    A intervalli regolari, lungo il profilo della costruzione
    rettangolare, si stagliano i resti di 24 torri, verosimilmente ciascuna sede di un
    corpo di guardia; l'intera costruzione era poi circondata da un ampio
    fossato pieno d'acqua con tanto di ponti levatoi, di cui restano ancora
    le tracce.

    «Era una struttura militare associata alla vicina città di Tharo, ma
    con una vita a sé», precisa Mohamed Abdel Maqsud, direttore dello scavo
    per conto del Consiglio Supremo delle Antichità in Egitto. «Aveva
    addirittura una propria necropoli, divisa in due settori: uno per i soldati,
    l'altro per i cavalli; ecco, proprio quest'ultimo elemento, unitamente
    alla stratigrafia e all'habitat archeologico, consente la datazione
    dell'intero complesso all'inizio del Nuovo Regno, nel XVI secolo a. C.,
    quando il cavallo prese piede in Egitto, come animale da lavoro e da
    guerra».

    Se la fortezza appena scoperta fu il probabile teatro dell'agguato
    mortale alla delegazione ittita, chiamata da Ankh Esen Amon in proprio
    aiuto, è ancora più certo che essa fu utilizzata da Ramses II (1279-1212 a.
    C.), come punto nodale per la difesa del confine orientale e come base
    di partenza per le sue guarnigioni verso il Vicino Oriente ancora una
    volta in chiave anti-ittita. Sono infatti evidenti le tracce di un
    potenziamento e allargamento delle già imponenti strutture all'epoca del
    longevo faraone della XIX dinastia, impegnato in reiterati tentativi di
    espansione verso Oriente, culminati con la celeberrima battaglia di
    Qadesh (attorno al 1250 a. C.), con cui contenne l'avanzata ittita,
    apparentemente inarrestabile. Sono ancora le iscrizioni dell'edicola del
    celebre sovrano nel tempio di Karnak, a Luxor, a fornire preziose
    testimonianze su queste epiche gesta belliche e a chiarirne la dinamica e spesso
    la successione temporale. Dalla combinazione delle testimonianze
    scritte con i recenti dati archeologici emerge con maggiore chiarezza
    l'importanza della zona nordsinaitica all'epoca di Ramses II, che
    edificò un centro nevralgico come Pi Ramesse (nel Delta, non distante da
    Suez), sede della cavalleria regia, e che rafforzò il sistema delle
    fortezze, rendendolo un impenetrabile baluardo difensivo.

    http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...24979girata.asp

     
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    Tutankhamon perse il regno per un cavallo

    25/8/2007 (9:1) - LA STORIA

    Risolto il giallo della morte: il faraone ucciso
    in un incidente

    MARCO ZATTERIN

    Un nitrito e poi il colpo mortale. Tutankhamon è stato ucciso da un
    cavallo, centrato in pieno torace dallo zoccolo dell'animale
    imbizzarrito che gli ha sfondato lo sterno, frantumato numerose costole e l’ha
    fatto volare a parecchi metri di distanza, provocandogli con l'impatto al
    suolo anche la rottura del femore sinistro. Non deve essere spirato
    all’istante, la gamba ha fatto in tempo a infettarsi. L'agonia potrebbe
    essere stata lunga, dolorosa come il resto della vita del faraone
    fanciullo, diciannovenne di appena 55 chili, pochi per il metro e 70 di
    altezza, un peso sotto la norma spiegato da qualche difformità congenita,
    forse la sindrome di Klippel-Feil, che lo costringeva all'uso del bastone
    per ovviare alla fusione delle vertebre cervicali. Una fine ingloriosa
    per una vita da disabile, un destino beffardo per il re che più ha
    segnato la storia della riscoperta dell'Antico Egitto.

    L'egittologo americano W. Benson Harer Jr. non ha dubbi che sia andata
    così. Dopo un esame della tomografia assiale computerizzata effettuata
    a inizio 2005 è certo di aver risolto il mistero della scomparsa di
    Tut. Non fu omicidio, come teorizzato dal collega statunitense Bob Brier,
    che ha visto nelle tracce di frattura alla nuca del faraone un colpo
    inferto da un sicario inviato dal potentissimo sacerdote Ay che gli
    succedette sul trono. Non si trattò di un incidente di caccia, tesi
    sostenuta da chi legge nel petto fracassato i segni dell'urto di un carro, e
    nemmeno fu vittima di un'infezione seguita alla frattura dell'arto
    inferiore o alla somministrazione di un veleno. L'assassino fu un essere in
    carne e ossa, tuttavia il delitto non è volontario: la bestia non sapeva
    di uccidere e non sapeva chi stava uccidendo.

    Gli enigmi si susseguono nella biografia dell'unico faraone di cui gli
    archeologi hanno trovato una tomba ricca e inviolata. Sembra uno
    scherzo del destino eppure è proprio dalle anomalie che nasce la tesi del
    metodico Harer, a lungo professore di egittologia alla California State
    University e ordinario di Ostetricia alla Western University Health
    Sciences di Pomona. I risultati delle sue ricerche, pubblicati nella
    britannica «Minerva Magazine», trovano terreno fertile nell'insolita procedura
    di mummificazione adottata per Tut. «Non avevo mai visto nulla di
    simile», confessa lo studioso.

    Sebbene le tecniche di imbalsamazione praticate lungo il Nilo siano
    cambiate nei secoli, il trattamento riservato ai faraoni del Nuovo Regno è
    piuttosto omogeneo. Si estraeva il cervello dal naso; il fegato, lo
    stomaco e l'intestino erano prelevati attraverso un taglio nel fianco
    sinistro; il cuore restava al suo posto, mentre le braccia venivano
    incrociate sul petto per simboleggiare la maestà. Con Tut la prassi è
    rivoluzionata. La cassa si presenta svuotata; gli imbalsamatori hanno
    sgombrato il ventre con un inedito taglio a sinistra dell'ombelico.
    Curiosamente, hanno segato maldestramente le costole e colmato il petto con bende
    di lino in modo da ripristinare le dimensioni originali, rimuovendo la
    cute nella regione. Gli arti superiori sono congiunti, ma in basso,
    sull'addome. Perché?

    «Avevano a che fare con un corpo lacerato e un torso sfondato»,
    risponde Harer. La gamba rotta, di per sé, non sarebbe stato un problema.
    L'insieme, però, doveva essere devastato. Per questo, dopo aver avviato la
    procedura tradizionale, hanno deciso di asportare il cuore e i polmoni,
    troncando le ossa. Ricomposta la salma, hanno protetto il torace con
    pettorine di perle e altri gioielli. Strano che Howard Carter, lo
    scopritore della tomba di Tut, non risulti aver notato la cosa durante
    l’autopsia nel 1925.

    Emerge dunque l'esigenza di violare gli schemi per comporre una mummia
    a cui devono tutti gli onori e del resto era il faraone del ritorno al
    politeismo, il probabile figlio di Akenathon, il sovrano che voleva un
    solo dio. «Le braccia furono disposte sotto il torace, forse per timore
    che la vicinanza con una ferita mettesse in pericolo la vita
    ultraterrena di Tut», spiega Harer. Per completare il processo, la prima
    vertebra cervicale fu separata dal cranio e ricongiunta con la resina, dopo
    che il cervello era stato fatto transitare nel foro occipitale. Un lavoro
    di fino.

    Davanti a questo travaglio ben illustrato dalla Tac del 2005,
    l'egittologo americano certifica che la causa principale della morte fu lo
    sfondamento del torace. Così esclude la possibilità che il decesso sia
    collegato ai segni di ispessimento nel collo e ai frammenti ossei trovati in
    cui taluni, fra cui Brier, intravedono una frattura alla nuca: doveva
    essere precedente, se non congenita. Addio congetture delittuose. Tut
    fu vittima di un incidente. Ma quale?

    Harer scarta l'ipotesi di scuola del carro da caccia. «L'altezza
    dell'asse dei sei carri del re è inferiore ai 50 centimetri», scrive su
    «Minerva Magazine». Troppo poco per colpire un metro più su. E se l'uomo
    fosse stato travolto dal mezzo, i segni sarebbero stati differenti. Una
    botta così isolata doveva avere altre origini. Un animale, pertanto. «E'
    improbabile che ci sia stata una causa diversa per il trauma toracico,
    se non un calcio di un cavallo», sentenzia l'americano. Il giallo, a
    suo avviso, si risolve così. Forse, viene da aggiungere. Due anni fa il
    soprintendente alle Antichità del Cairo, Zahi Hawass, ha letto la Tac e
    detto che ,Tutankhamon non è stato ucciso, né tanto meno è morto di
    morte violenta». Conoscendo la sua ortodossia, c'è da aspettarsi che la
    tesi di Harer avrà vita dura. Per il Faraone fanciullo continua a non
    esserci pace.


    http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...25098girata.asp

     
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    Ragazzi, ho spostato la discussione sul ARCHEOASTRONOMIA... pèer allegerire la sezione di gratia e per continuare in un luogo più consono...
    SHAR :B):
    https://shardanapopolidelmare.forumcommunity.net/?t=8817887
     
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    La Simmetria Nascosta

    Le Camere Mancanti della Grande Piramide

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    Intervista all'autore dell'articolo "La Simmetria Nascosta"

    http://www.torredeltempo.net/content/view/12/1/
     
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    Amenhotep I - di Franco Magnarini

    Redazione Archaeogate, 04-09-2007
    Occorre premettere che la maggior parte degli scarabei di Amenhotep I, figlio di Ahmose e secondo faraone della XVIII dinastia, non sono contemporanei al suo regno [1]. Il motivo è da ricercarsi nel culto di cui fu oggetto, insieme a sua madre Ahmose-Nefertari, culto che si prolungò per tutto il Nuovo Regno. Si ritiene perchè fu il primo faraone a farsi costruire la tomba lontano da suo tempio funerario, divenendo poi il patrono degli operai di Deir el-Medina, la comunità che lavorava alle tombe della Valle dei Re. Probabilmente il primo faraone a farsi seppellire nella Valle fu il suo successore Tuthmosi I, che deve anche ritenersi il vero fondatore del villaggio. Infatti il luogo di sepoltura di Amenhotep I è controverso: alcuni ritengono che sia stato sepolto nella necropoli di Dra Abu el-Naga, tomba AN-B, sua o di sua madre, altri nella tomba KV35 della valle dei Re.
    Il primo problema che si presenta nello studio di questi esemplari è quindi la loro datazione [2].
    Questo splendido scarabeo realizzato in steatite brunastra con invetriatura verde brillante parzialmente perduta sul ventre, misura mm. 20 x 12,5 x 8. Sul dorso, molto convesso, leggermente carenato e completamente liscio, il protorace è suggerito da due tacche diagonali, rivolte verso il posteriore. Zampe basse, intagliate poco in profondità e completamente zigrinate. Classificazione Tufnell [3] A7/O/d6. L'incisione è superficiale, livellata, con contorni precisi e particolari tratteggiati all'interno di qualche segno (corone rosse).
    Il decoro, a sviluppo verticale, è abbastanza complesso: al di sotto di una linea mediana il nome di intronizzazione di Amenhotep I, Djeserkara, posto sopra il segno dell'oro nwb e affiancato dai segni 'nkh e nfr disposti specularmente. Sopra la linea mediana il segno hs affiancato da una coppia di 'nkh e, più all'esterno, da due corone rosse. All'estremità superiore il cespuglio di papiro ha su una larga base rettangolare.
    Una prima considerazione deriva dall'osservazione che il motivo richiama il "symmetric pattern" [4] in uso nel Secondo Periodo Intermedio con coppie di segni reiterate e disposte simmetricamente intorno ad un motivo centrale, molte volte con una linea traversante la lunghezza disposta circa a metà [5]. I segni più comuni che compaiono nel motivo simmetrico sono 'nkh, nfr, nwb, ha corone rosse che ritroviamo tutti nel nostro esemplare. Si noti che il nome è scritto libero nel campo e proporzionalmente piccolo rispetto al resto del decoro. Infatti spesso è scritto con segni minuti o con grafie sghimbesce, scomposte e decentrate rispetto ad altri motivi, siano esse figure umane od animali [6], curiosamente quasi a voler dare poco risalto al nome.
    Un'altra caratteristica degli scarabei di questo faraone è che, su 52 paralleli che abbiamo preso in esame, il nome compare molto più spesso libero nel campo (75%) [7] di quanto non lo si trovi inscritto nel cartiglio (25%) [8].
    Secondariamente si noti che parte dei segni sono già svuotati all'interno come in uso dal Nuovo
    Regno in poi (la corona rossa di destra e il segno 'nkh in basso a sinistra); altri sono ancora scontornati (il segno nwb) o delineati allo stesso modo in uso nel Secondo Periodo Intermedio (il segno ha con larga base) [9].
    Il tipo di incisione, nel suo complesso, si avvicina a quello tipico della XVIII dinastia: superficiale, regolare con contorni molto precisi e con alcuni segni tratteggiati all'interno [10].
    La concomitanza dell'uso dei due tipi di incisione e la reminescenza del motivo simmetrico e della forma del corpo, più spesso in uso nel Medio Regno e nel Secondo Periodo Intermedio (sul dorso non sono ancora comparse le callosità omerali sulle elitre - generalmente tacche a V - che cominciano ad essere usate proprio all'inizio del Nuovo Regno), fanno pensare ad un periodo di transizione: appunto tra il Secondo Periodo Intermedio ed il Nuovo Regno, all'inizio del quale si colloca il regno di Amenhotep I.
    Verosimilmente, l'artigiano dell'inizio della XVIII dinastia ha realizzato questo scarabeo iniziando ad adottare gli innovativi stilemi della nuova epoca, ma ancora un po' condizionato dal vecchio stile in voga nel Secondo Periodo Intermedio.
    Tutto ciò premesso e per concludere, ci sembra di poter affermare che con buona probabilità l'esemplare può essere considerato contemporaneo al regno di Amenhotep I (1526-1506 a.C.).


    --------------------------------------------------------------------------------

    Note
    [1] Jaeger B.,"ESSAI DE DATATION ET CLASSIFICATION DES SCARABEES MENKHEPERRE", § 1533 e segg.

    [2] Purtroppo i paralleli citati qui sotto riportano quasi invariabilmente datazioni alla XVIII dinastia, non citando gli eventuali casi di realizzazioni postume.

    [3] Tufnell O., "STUDIES ON SCARAB SEALS" vol. 2, part 1 Warminster, UK - 1984, 32-37.

    [4] Tufnell O., "STUDIES ON SCARAB SEALS" vol. 2, part 1 Warminster, UK - 1984, p. 118.

    [5] Tufnell O., "STUDIES ON SCARAB SEALS" vol. 2, part 2 Warminster, UK - 1984, pl. X, 1513; pl.XII, 1556, 1560.

    [6] Flinder Petrie W.M., "HISTORICAL SCARABS", London, 1889, pl. 28, 816,820,821,824; Flinders Petrie W.M., "SCARABS AND CYLINDERS WITH NAMES", London 1917, pl. XXIV, 18.2.3 (questo, in particolare, ha un decoro molto simile, con gli stessi segni e la linea mediana)-4; Hall H.R., "CATALOGUE", London 1913, 404,407,414,415,418; Hornung E.-Staehlin E. "SKARABÄEN UND ANDERE SIEGELAMULETTE AUS BASLER SAMMLUNGEN" Basel, 1976, p. 232, 206 = Fraser 195; Matouk F.S., "CORPUS DU SCARABEE EGYPTIEN" tome 1°, Liban, 1971, p.183, 271b; p.208, 214; Newberry P.E., "SCARABS...", London 1906, pl. XXVI, 24,25,27.

    [7] Flinder Petrie W.M., "HISTORICAL SCARABS", London, 1889, pl.27, 803,809,808; pl. 28, 814,816,820,821,824; Flinders Petrie W.M., "SCARABS AND CYLINDERS WITH NAMES", London 1917, pl. XXIV, 18.2.3-4-6-7-8-9-16; Hall H.R., "CATALOGUE", London 1913, 395,396,397,399,400,404,407,409,414,415,418,420; Hodjash S., "ANCIENT EGYPTIAN SCARABS" Moscow, 1999, pl. 3,48,49; Hornung E.-Staehlin E. "SKARABÄEN UND ANDERE SIEGELAMULETTE AUS BASLER SAMMLUNGEN" Basel, 1976, p. 232, 206 (= Fraser 195), 207,208; Matouk F.S., "CORPUS DU SCARABEE EGYPTIEN" tome 1°, Liban, 1971, p.183, 271; p.208, 213,214; Newberry P.E., "SCARABS...", London 1906, pl. XXVI, 24,25,27,33.

    [8] Flinder Petrie W.M., "HISTORICAL SCARABS", London, 1889, pl. 817,819,822,823; Flinders Petrie W.M., "SCARABS AND CYLINDERS WITH NAMES", London 1917, pl. XXIV.18.2.5; Hall H.R., "CATALOGUE", London 1913, 405,413; Hodjash S., "ANCIENT EGYPTIAN SCARABS" Moscow, 1999, pl. 3,47; Matouk F.S., "CORPUS DU SCARABEE EGYPTIEN" tome 1°, Liban, 1971, p.183,271b; 208,212; Newberry P.E., "SCARABS...", London 1906, pl. XXVI, 23,26,28.

    [9] Vedi Hall H.R., "CATALOGUE", London 1913, 300.

    [10] Jaeger B.,"ESSAI DE DATATION ET CLASSIFICATION DES SCARABEES MENKHEPERRE", § 1071.


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    http://www.archaeogate.org/egittologia/article.php?id=658




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    Nuove scoperte archeologiche nell'area delle Piramidi di Abusir - di Miroslav Verner

    http://www.archaeogate.org/egittologia/article.php?id=657


    ======================================================================================================================

    Tut svela altri segreti

    Z. Hawass ha ritrovato nella tomba di Tutankhamen, in uno
    spazio chiuso al pubblico, degli altri reperti, non ancora classificati.

    Articolo in inglese e foto qui:
    http://www.philly.com/philly/news/homepage...ng_secrets.html


    =======================================================================



    Edited by Gratia - 7/9/2007, 23:11
     
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    Scoperte d'Egitto... in Giappone - di Michele Marcolin

    Redazione Archaeogate, 04-09-2007
    Per quanto l'Egitto resti il teatro naturale delle grandi
    scoperte archeologiche della civiltà faraonica, un occhio vigile meritano
    sempre le collezioni di antchità egizie dei musei minori sparsi in giro per
    il mondo, dove spesso si nascondono, ignorati o dimenticati, veri e
    propri tesori d'arte e storia. E in questo contesto, il Giappone
    rappresenta sicuramente un caso particolare. Entrato nell'Egittologia in tempi
    relativamente recenti (anni sessanta), le sue collezioni risultano
    ancora poco valorizzate e note all'estero. Ciò in conseguenza certo di
    barriere linguistiche e geografiche naturali, ma forse anche di una
    presunta inferiorità qualitativa dei reperti, che non trova fondamento nella
    realtà.
    Dovrebbe vedere la pubblicazione quest'anno, pur se annunciata
    ufficialmente due anni fa al simposio "Abusir and Saqqara in the Year 2005", la
    scoperta presso un piccolo museo di Tokyo, di una iscrizione
    autobiografica della VI dinastia di estremo valore storico e linguistico,
    assolutamente inedita. Il ritrovamento, che è stato definito il più rilevante
    tra quelli avvenuti fuori dall'Egitto negli ultimi anni, è stato
    effettuato dallo scrivente circa cinque anni fa, durante un progetto
    sperimentale di studio e catalogazione delle collezioni egizie di Tokyo. Il
    presente contributo desidera, pertanto, essere una anticipazione ad esso
    offrendo una introduzione in più a delle fonti altrimenti scarsamente
    accessibili ai più.
    L'iscrizione si conserva su due blocchi decorati provenienti dalla
    cappella funeraria della tomba del proprietario, un ufficiale finora
    sconosciuto di nome Ini, e si compone di diciannove colonne frammentarie di
    testo a cui si affianca una selezione di formule rituali e titoli
    provenienti dai frammenti di un architrave. L'origine è incerta. I blocchi
    vennero acquistati dal museo una quindicina di anni fa sul mercato
    antiquario giapponese, privi di riferimenti. Dalle ricerche svolte, la
    necropoli di Saqqara si è configurata quale il candidato più probabile per la
    provenienza. Tuttavia per una conferma assoluta sembra sia ancora
    presto, dato che l'ubicazione della tomba del proprietario è tuttora
    sconosciuta.
    L'eccezionalità del ritrovamento risiede naturalmente nel contenuto
    dell'iscrizione: ciò che resta del resoconto autobiografico delle
    vicissitudini e, soprattutto, dei viaggi del proprietario sotto il regno dei
    faraoni Pepi I, Mernera e Pepi II. Il titolo di spicco del suo protocollo
    è infatti quello di "Portasigilli del dio nelle due grandi navi", un
    incarico di rango elevato non molto attestato, le cui mansioni
    consitevano nella organizzazione e direzione di spedizioni commerciali (navali e
    no) fuori dall'Egitto per l'approvigionamento di beni di vario genere
    per conto del faraone.
    Ed è proprio la destinazione di due delle sei missioni riferite ad
    attrarre l'attenzione, perché, pur essendo i relativi toponimi in lacuna,
    la provenienza dei beni da esse riportati (lapislazuli, stagno/piombo,
    argento, uomini e donne 'asiatiche') non lascia adito a dubbi: le coste
    siro-palestinesi! Queste le parole del proprietario: "Per ben quattro
    volte sotto la maestà del mio signore, Pepi I, (/// mi recai) a (////)
    in qualità di portasigilli del dio (///) e la maestà del mio signore mi
    elogiò grandemente per ciò. (///) la maestà del mio signore Mernera (mi
    inviò ///) e ne riportai lapis lazuli e piombo/stagno (///) cosicché
    fui elogiato grandemente a corte". Ed ancora: "La maestà del mio
    signore, Neferkara, mi inviò a (///) ne riportai indietro una 'nave di Biblo'
    e (/// [quantità in lacuna]) navi (...) // (cariche) di argento e
    uomini e donne 'asiatiche' (...)".
    Purtroppo dal contesto non è chiaro se si trattasse di spedizioni
    pacifiche, come quelle dei rilievi della via processionale del faraone
    Sahura, con navi egiziane di ritorno da una spedizione commerciale nel
    Levante, o se si trattasse di rappresaglie militari contro le popolazioni
    del Sinai, come nel caso del quasi contemporaneo Uni di Abido.
    La rilevanza del riferimento è, però, evidente: assieme ad una conferma
    della vivacità delle relazioni commerciali dell'Egitto con i paesi
    nord-orientali durante il regno di Pepi I, Mernera e Pepi II, è questo il
    primo resoconto narrativo privato dell'Antico Regno a parlare
    esplicitamente di spedizioni navali in paesi delle coste levantine. Quelli noti
    finora, incluso il famoso racconto del capo-spedizione Harkhuf,
    scoperto nella sua tomba presso Aswan dall'egittologo italiano E. Schiaparelli
    alla fine dell'Ottocento, hanno infatti riguardato sempre missioni
    terrestri verso la Nubia o i deserti orientale ed occidentale.
    Numerosi i punti di interesse storico-linguistico nel testo: la
    menzione di piombo/stagno, che, pur nell'ambiguità dell'indicazione si è
    rivelata essere la più antica attestazione scritta del termine, e l'unica di
    tutto l'Antico Regno; la citazione del faraone Isesi in un passo
    apparentemente simile a quello del racconto di Harkhuf, che suggerisce
    l'esistenza di una tradizione storico-letteraria riguardante avvenimenti del
    suo regno non ancora ben noti; il riferimento ad un episodio di
    attribuzione all'ufficiale del soprannome di In-djefaw ("Colui che porta le
    offerte") da parte del faraone.
    Proprio questo ultimo passo merita qualche attenzione, perché a
    prescindere dal gioco di parole fondato sul nome del proprietario e l'attività
    da lui verosimilmente svolta in qualche contesto (trasportare
    offerte), esso si prefigura come una chiave di lettura molto invitante per il
    fenomeno dei cosiddetti rn-nfr "bei nomi", ossia una serie di nomi
    supplementari impiegati da buona parte degli ufficiali dell'epoca insieme al
    loro proprio, la cui origine finora non è stata ben motivata. Una
    proclamazione ufficiale da parte del sovrano assieme alle lodi per servizi
    potrebbe, dunque, spiegare l'elevata importanza ad essi attribuito e al
    loro impiego anche nelle iscrizioni funerarie.

    La recente identificazione - sempre da parte dello scrivente - presso
    un museo privato spagnolo di altri frammenti provenienti dalla tomba
    dello stesso personaggio, sembra lasciare ben sperare per ulteriori
    sviluppi informativi sulla provenienza dei reperti e sull'identità del loro
    proprietario.

    Marcolin Michele
    Visiting Research Fellow
    Waseda University (Tokyo)
    [email protected]


    http://www.archaeogate.org/egittologia/article.php?id=659
     
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  12. Gratia
     
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    Un papiro di medicina egizia donato al Museo del Louvre

    13 settembre 2007
    di Aristide Malnati
    Un superbo e prezioso papiro di
    antica medicina egizia è stato acquistato dal laboratorio farmaceutico
    francese Ipsen per la consistente cifra di 670.000 euro e donato al
    Museo del Louvre, già sede di una delle più ricche collezioni di
    Egittologia al mondo. L'importante documento, dalla ragguardevole lunghezza di
    7 metri, è scritto su entrambe le facce in ieratico (l'alfabeto più
    semplice del geroglifico, usato in particolare in ambito sacro). Un primo
    scriba sulla faccia interna (il "recto") ha descritto malattie
    ricorrenti in Egitto e ne ha elencato minuziosamente i rimedi: a un primo esame
    sembra che vengano trattate in particolare i gonfiori di varie parti
    del corpo e che vengano suggeriti preparati – soprattutto decotti di
    erbe – per guarirli.

    Il testo è stato redatto sul "recto" attorno al XV secolo a. C.,
    all'epoca di Tuthmosis III o di Amenophis II, come suggerisce la scrittura;
    successivamente è stato deposto in qualche santuario come manuale di
    medicina ad uso dei medici o dei sacerdoti per curare pazienti affetti da
    certe malattie; 150 più tardi, attorno al 1250 (durante il regno di
    Ramses II), il testo è stato ripreso e completato da un altro scriba sul
    "verso": è stato apportato un nuovo elenco di malattie con nuovi rimedi,
    che questa volta debordano nel mondo della magia, ad indicare ancora
    una volta il labile confine tra esoterismo e scienza medica. Già
    trattati di medicina conservati da papiri contemporanei o appena precedenti
    (come il papiro Ebers o Smith, dal nome di chi li ha studiati) avevano
    evidenziato l'uso di formule o pozioni magiche a scopo guaritivo o
    lenitivo.

    E comunque è possibile affermare che la pratica medica scientifica è
    nata all'ombra delle piramidi, o che quanto meno ha preso l'indirizzo,
    che sarebbe poi sfociato nella prassi medica ippocratea; fu proprio un
    greco, lo storico Erodono, nel II Libro delle "Storie" a riferire che la
    medicina egizia era fortemente specializzata.
    Come detto, prima dello studio del testo del Louvre, il documento
    medico egizio più autorevole era il cosiddetto Papiro Ebers (anch'esso del
    Nuovo Regno), lungo ben 20 metri; si tratta di una raccolta sistematica
    di casi di medicina, estratti da trattati diversi, giunta a noi
    completa e con glosse (osservazioni dotte e pertinenti). Ai papiri più
    importanti si aggiungono otto testi frammentari, alcuni contemporanei, altri
    posteriori, che sono semplicemente appunti scritti da praticanti o
    frettolose copie di originali andati perduti.

    Sotto il profilo della materia, risulta da tali documenti che la
    scienza trattava, parte a parte, la chirurgia, la medicina generale e
    parecchie specializzazioni fra cui oftalmologia, ginecologia, pediatria,
    gerontologia e infezioni.
    La sistematica della prassi, pur partendo da un empirismo di fondo,
    appare ineccepibile: anche i medici egizi esaminavano il malato,
    identificavano la malattia in base ai sintomi (diagnosi), cercando di prevederne
    il decorso e l'esito (prognosi), e prescrivendo una terapia.
    A titolo di curiosità ecco una ricetta per guarire un'infiammazione,
    riportata dal nuovo papiro del Louvre, che ben attesta l'empirismo e la
    sperimentazione nel campo della medicina egizia, che pure veniva
    arricchita anche da studi teorici, strumento più razionale per combattere le
    patologie: "unire insieme queste erbe e farne un impasto uniforme, da
    sistemare su un tampone di lino, da applicare a sua volta su un gonfiore,
    facendo un bendaggio stretto".


    http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4...ulesView=Libero
     
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  13. Gratia
     
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    Ritrovati rari manoscritti medici ed astronomici

    L'Egitto nasconde ancora immensi tesori ed ogni tanto ne scopriamo di "nuovi-vecchissimi"

    Inestimabili manoscritti con argomenti medici e astronomici sono stati dimenticati negli archivi della Libreria Nazionale egiziana, Dar al-Kotob;

    La notizia, pubblicata sul sito del SIS, è questa:

    Sunday, Septemper 16, 2007


    Rare medical, astronomical manuscripts found at Dar al-Kotob


    A number of rare and invaluable medical and astronomical manuscripts have been found at the National Library of Egypt (also known as Dar al-Kotob).

    A senior official at Alexandria Library said Saturday that the ancient documents were just laying there in the forgotten Dar al-Kotob archieves for many years but thanks to his Centre for Documentation of Cultural and Natural Heritage (CULTNAT) they were "technically rediscovered".

    "They are really priceless," he reiterated. The medical papers give prescription of the treatment of some chronic diseases, bone fractures and bruises and lessons in body and eye anatomy, CULTNAT chief Fathi Saleh said.

    The other manuscripts that are of the possessions of the al-Azhar Library are about astronomy and time measurement and they date back to the golden years of the ancient Arab and Islamic civilizations, he said.

    Saleh said CULTNAT has already started implementing an integrated project to establish the first expanded and encyclopedic e-library to register the rare collection of manuscripts at the Dar al-Kotob - dating back to the Mameluke era.

    http://www.sis.gov.eg/En/EgyptOnline/Cultu...00000000832.htm

    Saluti,

    Grazia
     
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  14. Gratia
     
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    Egitto, scoperto il tesoro segreto di Tut Ankh Amon

    29 settembre 2007
    di Aristide Malnati
    Non finisce di stupire Tut Ankh Amon, il faraone più celebre, che morì
    giovanissimo e la cui tomba – unico caso in Egitto - venne trovata
    stracolma di tesori dall'archeologo inglese Howard Carter nel 1922.

    Proprio la sepoltura di Tut , ubicata come tante altre tombe regie
    nella Valle dei Re di fronte a Luxor, ha rivelato un nuovo, piccolo tesoro,
    nascosto in una camera forse segreta, che finora nessuno aveva notato:
    si tratta di piccole giare, debitamente sigillate e due recipienti in
    calcare anch'essi recanti sigilli. Zahi Hawass, Direttore del Consiglio
    Supremo delle Antichità e dell'intera attività archeologica in riva al
    Nilo, non ci poteva credere: "Durante l'ennesima visita alla tomba di
    Tut Ankh Amon, nel corso di un'intervista televisiva, ho quasi per caso
    notato una nicchia ostruita da detriti, in precedenza mai osservata:
    in pochi giorni l'abbiamo liberata dai detriti e, sorpresa!: all'interno
    un certo numero di giare e due contenitori. Preso dalla curiosità,
    leggo subito il nome sui sigilli reali e non trattengo l'emozione. C'era
    scritto: Neb-Kheperu-Re, uno dei nomi di Tut Ankh Amon da faraone. Dopo
    85 dalla favolosa scoperta di Carter, la tomba più famosa della
    storia continua a regalarci tesori".

    Non resta da scoprire cosa ci sarà all'interno dei preziosi manufatti;
    probabilmente offerte, o forse resti di vivande, nutrimento prezioso
    per la vita eterna del faraone, che nell'al di là conservava le abitudini
    dell'esistenza terrena.

    I nuovi oggetti sono stati prontamente inventariati e andranno presto
    ad arricchire il tesoro del faraone-bambino, 2099 manufatti, esposti in
    bella mostra in appositi sale al Museo Egizio del Cairo: dalla favolosa
    maschera d'oro a gioielli di tutte le forme, senza dimenticare il
    trono, su cui Tut è istoriato a fianco della bellissima moglie Ankh Esen
    Amon.


    E Tut Ankh amon è al centro di un rinnovato interesse scientifico e
    mediatico, soprattutto dopo che è stata eseguita la TAC, direttamente a
    fianco della sua tomba. Hawass, sulla base di riscontri tanto precisi,
    si dice sicuro sulle vere cause della morte del giovane faraone (il
    decesso si verificò a neanche 19 anni compiuti): sarebbe stata una caduta
    da cavallo a provocare la frattura del ginocchio sinistro e una
    conseguente infezione, rivelatasi di lì a poco letale.

    Ma non è tutto: da poco gli archeologi dell'Università di Memphis
    (USA), guidati da Otto Schaden e dallo stesso Hawass, hanno rinvenuto a
    pochi metri dalle sepoltura di Tut Ankh Amon un nuovo ambiente funerario,
    il primo nella Valle dei Re dopo la scoperta ad opera di Carter: gli
    esperti egiziani e americani sono penetrati nel pozzo profondo alcuni
    metri e al suo interno hanno trovato numerosi sarcofagi, giare con oli
    profumati e bende di lino. Non vi era dubbio: si tratta della sala dove gli
    imbalsamatori prepararono la mummificazione di Tut e di alcuni dei
    suoi congiunti; gli oggetti ritrovati e l'ubicazione della nuova camera
    hanno subito fatto pensare a uno dei laboratori di mummificazione per i
    più famosi faraoni del Nuovo Regno (1550-1040 aC).

    Insomma gli antichi egizi, di cui Tut Ankh Amon è il faraone più
    leggendario, continuano a riservarci sorprese, preziosi tasselli, che
    completano il mosaico infinito della loro storia




    http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4...ulesView=Libero

     
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  15. Gratia
     
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    Tutankhamon, mummia senza pace

    Radiografie, sezioni, test, analisi, prelevi, perfino una tac

    Mille esami e ora una mostra. «Avvenire»: trasformato in un
    personaggio da circo
    MILANO — Salvate Tutankhamon. Altro che maledizione! I poveri resti
    del faraone vissuto quattordici secoli prima di Cristo non trovano pace.
    Cioè, la troverebbero se migliaia di archeologi, ricercatori,
    appassionati, non continuassero a studiarlo, sezionarlo, analizzarlo per
    scoprire il segreto della sua perfetta manutenzione (ma anche per aggiungere
    pezzi al ricchissimo mosaico di una grandiosa e ancora per molti
    aspetti misteriosa epoca storica). Ora sarà pure esposto in una teca nella
    Valle dei Re come un reperto archeologico qualsiasi.

    L'urlo di dolore arriva dal quotidiano Avvenire, con l'egittologo
    Aristide Malnati che scrive: «Il corpo imbalsamato del figlio di Akhenaton
    è stato sottoposto a una discutibile analisi sistematica; quasi a un
    accanimento per scovarne tutti i segreti, come se pochi tasselli di
    storia personale fossero in grado di recare contributi sostanziali e
    decisivi...». La decisione che ha fatto saltare sulla sedia l'egittologo
    italiano è l'annuncio di pochi giorni fa dell'archeologo egiziano Zahi
    Hawass («insigne studioso, a volte incline a spettacolarizzare la ricerca
    scientifica... ») che esibirà il faraone più famoso della storia in una
    teca nella Valle dei re. È la goccia che si aggiunge ad un vaso già
    stracolmo, secondo Malnati, di decenni di studi cui il «povero corpo» del
    faraone bambino è stato sottoposto, a partire da quel 1922, quando
    l'archeologo inglese Howard Carter lo trovò nella sua tomba circondato di
    tesori. Da allora, «quasi un accanimento ».

    Radiografie, sezioni, test, analisi, prelevi, perfino una tac: il
    corpo del faraone ha subìto di tutto pur di riuscire a scoprire qualcosa
    di più sulla sua storia e quindi su tutta la civiltà egizia. Ma, scrive
    ancora Malnati «una simile, inopportuna attenzione nel determinare
    particolari secondari, di per sé discutibile, non giustificherebbe comunque
    l'uso di un povero corpo anche a fini turistici»... Anche perché «va
    sottolineata la completa inutilità scientifica di una simile operazione
    (come la tac, ndr), unicamente finalizzata allo spettacolo con il
    faraone defunto utilizzato quale personaggio da circo». Ma Tutankhamon non è
    solo. La sua sorte è toccata a molti personaggi della storia,
    analizzati, vivisezionati, sviscerati al microscopio. Grazie ai quali però si
    sono potuti ricostruire pezzi di vita dell'umanità. Come la regina di
    Hatshepsut, regnante dal 1520 al 1483 avanti Cristo: la sua identità è
    stata scoperta grazie a radiografie alla mummia e ai suoi denti. E
    bisogna ringraziare anche Ötzi, l'uomo di cinquemila anni fa trovato
    nel '91 mummificato tra i ghiacciai della Val Senales: è grazie a lui e
    agli oggetti che aveva con sé se gli archeologi hanno potuto scoprire
    che nell'età del rame già si intraprendevano viaggi ad alta quota.
    Esposto nel Museo Archeologico dell'Alto Adige, ora è «in tourné» a
    Stoccolma.

    Certo, destino diverso è capitato a Saartje Baartman, diventata
    famosa come Venere ottentotta. Sudafricana, visse tra il 1789 e il 1815 e i
    suoi organi sessuali troppo sviluppati scatenarono la curiosità di
    studiosi e non, purtroppo fin da quando era in vita. Il che le costò
    un'esistenza da animale da laboratorio e soprattutto da circo: il medico
    inglese che la comprò la rinchiuse in gabbia e la mise in mostra. Il
    successivo «proprietario», un domatore, invece la espose nuda a Parigi. Da
    morta poi, il suo corpo sezionato rimase in bella vista in un museo fino
    al 1974. Solo nel 2002 i suoi resti sono tornati in Sudafrica ottenendo
    finalmente una definitiva sepoltura. Ma Tutankhamon dovrà ancora
    aspettare.
    Claudia Voltattorni
    19 ottobre 2007


    http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre...tankhamon.shtml
     
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