Le antiche arkeddas sarde

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  1. iperboreo50
     
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    User deleted


    CITAZIONE (shardanaleo @ 23/1/2011, 09:35) 
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    - LA GENETICA: i Sardi sono uguali agli Orientali in misura immensamente maggiore che agli europei di oggi (con qualche eccezione, fra cui LAPPONI e BASCHI..). NOn solo, ma studi medico scientifici hanno rintracciato9 una "Via della anemia ferripriva" presso Popoli che ebberoi contatti stretti con Mesopotamici... anatolici, mediterranei... una via che porta dritta in Sardinia partendo da... SUMER! :rolleyes: .. Cosa'è la "Anemia Ferripriva"?... noi la conosciamo purtroppo molto bene! Da noi si chi8ama Anemia mediterranea o piuù scientificamente TALASSEMIA (TALASSA=MARE)...L'ANEMIA DEI POPOLIDELMARE. ;) ... arrivata da... SUMER. :rolleyes:
    SHAR :viching grr:

    Non te la prendere Leo, un poco di ironia scalda il cuore.....

    dal' Unione Sarda di qualche giorno fa:

    Sla, un “padre sardo” per la malattia
    Uno studio: mutazione genetica trasmessa poi a tutti gli eredi
    Venerdì 14 gennaio 2011
    Una mutazione genetica trasmessa da un “untore” alle generazioni successive. Lo prova uno studio.
    di LUCIO SALIS
    Circa un terzo dei casi di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) che si registrano in Sardegna è legato alla mutazione di un gene chiamato TARDBP . La scoperta dirà poco all'uomo della strada, ma rappresenta un significativo passo avanti nella conoscenza di una malattia degenerativa del sistema motorio, particolarmente diffusa in Sardegna, e nello studio di terapie adeguate. Non a caso, ne dà notizia l'ultimo numero dell'autorevole rivista americana “ Archives of Neurology” . L'indagine scientifica è stata infatti condotta in collaborazione fra centri sardi, della penisola e degli Stati Uniti.
    Riguarda il gene TARBDP (che sintetizza la proteina TDP 43) scoperto nel 2008 da un gruppo di ricercatori inglesi, considerato responsabile di meno dell'1 per cento di tutti i casi di Sla nella popolazione europea. Fra i malati sardi di Sla la mutazione è invece frequentissima e sarebbe legata al cosiddetto effetto fondatore , cioè al manifestarsi in uno o più individui, diverse generazioni fa, e alla successiva trasmissione sino ai tempi nostri. Chiedendo scusa agli studiosi, si può immaginare una sorta di antico untore , vittima della mutazione genetica, che l'avrebbe poi trasmessa ai discendenti. Dove e come sarebbe avvenuto è ancora oggetto di studio. Ma è interessante rilevare che il fenomeno riguarda soprattutto la popolazione del Medio Campidano e Oristanese.
    Sulla portata della ricerca interviene uno degli autori, Giuseppe Borghero, della Clinica neurologica del Policlinico di Cagliari. Che ritiene però necessaria una premessa: «I pazienti di Sla si dividono (sia pure non nettamente) in due categorie: nel 90 - 95 per cento dei casi rientrano nella cosiddetta forma sporadica, cioè senza parenti che abbiano contratto la malattia; nel 5-10 per cento invece la Sla è familiare, nel senso che ci sono familiari portatori di questi disturbi».
    La distinzione trova conferma anche nel vostro studio?
    «No, perché nell'esaminare circa 130 pazienti, abbiamo rilevato che l'incidenza di Sla familiare raggiunge circa un terzo del totale. Questo non sorprende, perché la popolazione sarda ha caratteristiche storiche di isolamento che già hanno influito sullo sviluppo di malattie come la sclerosi multipla, il diabete mellito, il morbo di Wilson e altre».
    Come sono distribuiti nel territorio isolano i casi di Sla familiare?
    «In maniera non omogenea. Nel senso che ci sono zone a più elevata incidenza, come Medio Campidano e Oristanese, rispetto ad altre. Questo induce a pensare che i fattori genetici possano giocare un ruolo preponderante in certe aree, sino a far ipotizzare il ruolo di un effetto fondatore».
    Che significa?
    «Si può pensare che un piccolo gruppo di fondatori, se non addirittura un singolo individuo, abbia secoli addietro portato nell'Isola o sviluppato questa mutazione genetica, poi trasmessa attraverso le generazioni sino a disperdersi nel territorio. La base di partenza potrebbe essere proprio quell'area in cui abbiamo trovato la maggiore incidenza di Sla».
    La mutazione è presente solo nelle zone che abbiamo detto?
    «No, anche nel nord Sardegna, nella Penisola e in altre parti del mondo. Ma un altro aspetto fondamentale del nostro studio è che in tutti i casi rilevati nell'Isola la mutazione è avvenuta sempre nello stesso punto del gene. Questo rafforza l'ipotesi di un effetto fondatore, cioè di un individuo a di un piccolo gruppo da cui la mutazione si sia trasmessa alle generazioni successive».
    Ma perché la mutazione è così importante?
    «Si tratta di un gene di grande rilievo per il funzionamento del Dna, degli acidi nucleici in generale. E potrebbe spiegarci alcuni aspetti delle cause molecolari e biochimiche alla base della malattia».
    E quindi porre i presupposti per terapie?
    «Sì, perché lo sviluppo delle conoscenze sulle cause della Sla consente di concentrare gli sforzi nella ricerca di sostanze farmacologiche e di trattamenti efficaci».
    È ciò che si aspettano i malati sardi. Un passo importante è stato compiuto attraverso questo studio, condotto dalla Cliniche neurologiche di Cagliari, Sassari (Maura Pugliatti), dall''spedale di Nuoro (Anna Ticca), in collaborazione con alcuni istituti di Torino (Dipartimento universitario di Neuroscienze, Ospedale San Giovanni Battista, Ospedale Sant''nna) e il National institute of health di Bethesda. Col contributo della Regione Sardegna, Ministero della Salute, Fondazione Vialli e Mauro (calciatori) e della Federazione italiana gioco calcio. Un impegno scientifico e finanziario che vede enti pubblici e sportivi uniti per il raggiungimento di un obiettivo ancora lontano: lo studio non è terminato e ha necessità di aiuti consistenti. I malati di Sla aspettano.




    Poi come specialità sarda c'è anche l'artrosi deformante e altre due o tre patologie piuttosto sgradevoli.

    Non trovi che fosse stato meglio se la Marina Militare Megalitico Nuragica avesse fermato l'invasione dei Popoli del Mare in Sardegna????
    Invece che affetti da tutte queste malattie, bei giganti...alti, biondi e con gli occhi azzurri

    Pensa, quei vecchi sardi ultra centenari dell'interno, megalitici e nuragici (chiedo scusa a Lessà per definizione), che salute di ferro.

    Ma come ben sai l'invasione dei Popoli del Mare non è finita

    dall'Unione di oggi:

    L'Isola salvata dagli immigrati
    Aumentano i residenti grazie ai nuovi arrivi
    Martedì 25 gennaio 2011
    In Sardegna la popolazione cresce nel 2010 ma solo grazie agli immigrati. Negativo il saldo tra nuovi nati e morti. L'aumento della popolazione è dell'1,6 per mille contro il 4,3 della media italiana.
    U n'isola di vecchi, dove i morti sono più dei nuovi nati e la popolazione non cala solo grazie agli immigrati. Crolla anche il mito dei sardi longevi. Almeno per i maschi che hanno un'aspettativa di vita inferiore alla media nazionale. Le donne invece hanno la speranza di campare più delle altre italiane. Niente scongiuri, sono valori medi, privi di senso per ipotizzare destini individuali. Ognuno passerà su questa terra più o meno velocemente qui o altrove, al di là delle statistiche.
    In estrema sintesi è il quadro della situazione demografica isolana tracciato dal Centro Studi dell'Unione Sarda sulla base delle anticipazioni dei principali indicatori rilevati dall'Istat nel 2010. Oltre i numeri si può intravedere una regione poco ottimista, dove il futuro alimenta più paure che speranze: perché sono troppi gli anziani rispetto ai giovani, figli se ne fanno sempre meno dato, probabilmente, che l'incertezza economica del presente non consente di guardare con serenità al domani. Nell'Isola come nell'Italia tutta. Brutto segno dei tempi.
    LA POPOLAZIONE Lo scorso anno, la popolazione sarda è cresciuta notevolmente meno della media del Paese: l'1,6 per mille rispetto al 4,3. Questo in assoluto e per effetto dell'aumento degli immigrati. Altrimenti sarebbe in calo dato che il saldo della crescita naturale (la differenza tra nati e morti) è negativo: 8 venuti al mondo per ogni mille abitanti contro gli 8,7 ritornati al Creatore. Viceversa gli immigrati sono stati più degli emigrati e ciò ha consentito la lieve crescita precedentemente indicata. Che, comunque, interessa appena tre province su otto: Sassari, Nuoro e il Medio Campidano. Sassari ha avuto un autentico boom demografico che la piazza al secondo posto in Italia dopo Rimini. Registra segni positivi sia nella crescita naturale (più 1,5 per mille) che nel saldo migratorio (9,6 per mille). Valori elevatissimi e anomali rispetto agli anni precedenti. Un fenomeno ancora da approfondire per capirne le ragioni, dato che il Sassarese è una delle aree maggiormente colpita dalla crisi della grande industria e non solo. Bilancio positivo (più 3,2) anche nel Medio Campidano ma in misura meno accentuata e comunque al di sotto dell'andamento nazionale: 0,5 il saldo naturale e 2,7 quello migratorio. A Nuoro, invece, il segno più interessa solo il flusso migratorio (2,6 per mille) che compensa il dato negativo (meno 0,9) del rapporto nati/morti consentendo un incremento (1,7) di un decimo di punto al di sopra di quello regionale. Abitanti in calo nelle altre province, compresa quella di Olbia-Tempio (meno 1,5) dove sembra esaurirsi la forza di attrazione del turismo. Oppure, è un'ipotesi, i flussi verso la costa non compensano più gli esodi dalle zone interne verso altre località dell'Isola (come per gli studenti universitari), il resto d'Italia o Paesi stranieri. Valori negativi nelle province di Cagliari (meno 1,7), Carbonia-Iglesias (meno 1,8), Oristano (meno 2,5). L'andamento peggiore interessa però l'Ogliastra dove la popolazione va giù del 2,8 per mille.In questo caso il notevole decremento del saldo naturale (meno 2,3) non riesce ad essere controbilanciato da quello migratorio anch'esso caratterizzato da una diminuzione dello 0,5 come nall'Oristanese (-0,8).
    LE FASCE D'ETÀ Popolazione in calo e sempre più vecchia: il 19,5 per cento dei residenti ha più di 65 anni. Dato non allarmante visto che è inferiore a quello nazionale (20,3) e, soprattutto, indicativo dell'aumento della durata della vita. Preoccupa, semmai, il fatto che non sia controbilanciato dalla consistenza delle nuove generazioni. I giovani sono sempre meno. Nella fascia tra 0 e 14 anni si colloca il 14 per cento degli italiani. In Sardegna va peggio: 12,3 per cento con un costante calo rispetto agli anni precedenti mentre il dato nazionale è pressoché stabile dal 2008. Lo scarso ricambio generazionale è confermato anche dall'indice di vecchiaia, cioè il rapporto tra gli over 65 e gli under 14, che è di 158, ovvero ogni cento giovani ci sono 158 anziani (per l'Organizzazione mondiale della sanità si è anziani dopo i 65 anni). L'indice italiano si ferma a 144.
    Diminuisce anche la cosiddetta popolazione attiva (tra i 15 e i 64 anni) che si attesta al 68,2 per cento, al di sopra della media italiana (65,7) ma in calo rispetto al dato isolano del 2008 (69,1) con una tendenza che segue quella nazionale (65,9 nel 2008).
    Il calo della popolazione attiva si ripercuote su quelli che vengono chiamati indice di dipendenza degli anziani e indice di dipendenza strutturale . Il primo misura il peso che la popolazione attiva deve sopportare per mantenere gli anziani, il che non significa provvedere direttamente ai loro bisogni ma differenzia chi ancora è nel mondo della produzione di beni e servizi da chi ne è, giustamente, uscito perché in età avanzata. Il secondo misura il pesa sulla popolazione attiva di quella non attiva (sotto i 14 anni e oltre i 65). I due indicatori sono rispettivamente 29 e 47 in Sardegna e 31 e 52 in Italia. Da noi insomma non va benissimo ma meno peggio che nel Paese complessivamente considerato.
    L'età media dei residenti in Sardegna è di 43,8 anni, cinque mesi più dell'insieme degli italiani, e due anni oltre gli abitanti del solo Mezzogiorno.
    MATRIMONI E FIGLI Rispetto al resto d'Italia, nel 2010 in Sardegna più coppie sono andate all'altare o in Municipio per scambiarsi la fede. I matrimoni sono stati 3,9 ogni mille residenti contro i 3,6 di tutto il Belpaese. Meno comunque rispetto al 2007 quando furono 4,3 contro i 4,2 su scala nazionale. Anche qui viene spontaneo domandarsi quanto le incertezze sul reddito, a breve e lungo termine, condizionino la benedizione, o la certificazione legale, delle relazioni sentimentali. E chi decide di non rinunciare a un progetto di vita a due è probabilmente deciso ad affrontare la realtà a qualunque costo. Tant'è che nel 2010 i sardi hanno fatto più figli rispetto al recente passato. Lo scorso anno l'indice di fecondità (il numero medio di figli per donna) è stato dell'1,13. inferiore a quello nazionale (1,4) ma superiore rispetto all'indicatore (1,09) rilevato nell'Isola nel 2007.
    Va però sottolineato che in Sardegna le donne partoriscono il primo figlio più tardi (32,6 anni) rispetto alla media delle italiane. Il dato locale ha poi una sua differenziazione in base all'origine delle mamme: per le sarde l'età sale a 32,9 anni mentre per le straniere immigrate scende a 28,2. Niente di nuovo, ogni cultura ha i suoi tempi per la maternità. E forse anche i suoi tassi di ottimismo comprando il qui e ora con lì e ieri. Chi è fuggito dalla fame si accontenta di poco per avere certezze sui giorni a venire.
    S. L.

    chissà, tra le nuove malattie e altri disegni per le archedde,.....l'evoluzione della specie.......


    :salute: :dev.gif: :salute:
     
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54 replies since 20/1/2011, 18:09   8712 views
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