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EGITTO: GLI ULTIMI GIORNI DI UN ANTICO RITO MAGICO
IL CAIRO - Solo 25 "officianti", e poi lo "zar", antichissimo rito
magico di origine africana che cura e placa l'animo a ritmo di musica, sarà
per sempre perduto in Egitto. Sopravvive, oggi, in un ex magazzino di
un palazzo decadente della vecchia Cairo, riadattato con raffinato gusto
occidentale da un egiziano professore di francese che ne ha fatto la
base dell'Egyptian Center for Culture and Art. "Il nostro sogno è
preservare l'identità culturale egiziana per combattere il conformismo, il
consumismo e l'intolleranza", dice Ahmed el Maghreby, poco prima
dell'inizio dello spettacolo, al quale assistono ormai anche gruppi di turisti.
"Non è un esorcismo - spiega Maghreby - perché lo spirito negativo,
maligno, il 'jinn', non è esorcizzato, bensì placato". E appare Umm Sameh,
60 anni circa, imponente, con occhi scuri penetranti, in un volto
dell'Alto Egitto. Ha una forte presenza scenica. E' una diva. Indossa una
lunga tunica dorata, orecchini, bracciali e anelli d'oro, ha i capelli
coperti da una fazzoletto legato stretto dietro, alla "contadina", e il
viso incorniciato da un velo nero trasparente con il quale gioca per
tutto lo spettacolo. Perché ormai di questo si tratta, di un'esibizione
settimanale per un pubblico per lo più occidentale, incuriosito, felice
di una briciola di folclore, sorpresa insperata in un Paese schiacciato
dalle esigenze del turismo di massa. Umm Sameh canta, e balla, i piedi
coperti da calze a rete nere, al suono di tamburi e di un flauto.
Spiega allo spirito maligno che se ne deve andare. Lancia sulla punta delle
dita baci al pubblico. La musica sale di tono. Un uomo batte il
ritmo a colpi di anche, facendo risuonare le decine di piccoli zoccoli
di capra cuciti su un 'grembiule' di cuoio, che scende sul sedere.
L'atmosfera si scalda, diventa coinvolgente, un'altra donna balla, come
nel salentino ballo della taranta o per i dervisci turchi, girando su
se stessa sempre più veloce, fin quasi allo sfinimento, quasi in trance.
E' una riproduzione del rito, aperto diffondendo incenso "per profumare
gli spiriti", che ancora oggi Umm Sameh fa su richiesta di chi ne senta
la necessità, chiamata da famiglie di "malaté, in città come in
campagna. Arrivato dall'Africa nera, di cui mantiene fortissimo il sapore -
ricorda una variante di 'vudu' - lo 'zar' era come una specie di
psicoterapia per le donne, che sono le vittime preferite dei 'jinn', gli
spiriti maligni, sempre maschi. Bandito in Sudan, per il suo carattere pagano
contrario ai principi islamici, è sopravvissuto nel più tollerante
Egitto, dove si sta estinguendo, per mancanza di officianti.Ne restano solo
25, Il 'kodia', chi guida il rito, è un ruolo esclusivamente
interpretato da una donna, tramandato di madre in figlia. "Le ragazze
non vogliono più farlo, non lo sentono, dentro di loro", dice Umm
Sameh, che ha cominciato a officiare a 11 anni. Il nipotino di Umm Sameh
sembra invece recepire appieno la pace che la cerimonia si propone di
dare: a bocca aperta, dormendo tutto il tempo un profondo sonno sereno.
http://www.ansa.it/opencms/export/site/not...2142375712.html
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