La protesta del Movimento Pastori Sardi

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  1. SaCraba
     
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    Il pastore precario
    5 maggio 2005



    di Aldo Nove



    Domenico ha 44 anni, 200 pecore, una moglie e tre figli. Fa il pastore a Siniscola, in provincia di Nuoro. E’ un pastore di nuova concezione. Un pastore precario. La sua è la storia di un cortocircuito storico vissuto sulla propria pelle, su quella della sua famiglia e dei suoi amici. E’ la storia di una tradizione millenaria che crolla, rischiando l’estinzione, di fronte a una modernizzazione che non ha pietà né della storia né di una sapienza “altra”, che ha la sua radice nella notte dei tempi e la sua fine nelle politiche di sfruttamento che stanno devastando la Sardegna e l’Italia intera.



    Cosa vuole dire, oggi, in Sardegna, fare il pastore?



    Morire di fame, vuole dire.





    Perché?



    Perché fino a qualche anno fa riuscivamo a mantenere la famiglia, e anche a mettere da parte qualche soldo. Adesso non riusciamo a sopravvivere. Quindi moriamo di fame, non è un modo dire. Scrivilo, sul tuo giornale.



    Cosa è successo?



    Il prezzo del latte di capra, al litro, è passato da 1700 lire a circa cinquanta centesimi di euro. Non so se ti ricordi quando hanno fatto vedere in televisione le proteste per le quote latte in Lombardia…





    Era il 2003, se non sbaglio…



    Sì, è stato il momento in cui in Italia c’è stata attenzione verso questo problema. Ma a protestare erano allevatori di bovini molto ricchi. Con la lira avremmo detto che erano miliardari, adesso diciamo che sono milionari, ma sempre ricchi sono. Era una protesta di ricchi contro altri ricchi. La realtà della Sardegna è completamente diversa. I pastori non sono milionari. Con l’entrata dell’euro sono saliti alle stelle i prezzi dei mangimi, delle attrezzature, mentre il nostro latte veniva pagato la metà. Il doppio delle spese, la metà di guadagno. Ma non se ne è parlato. Non siamo andati a occupare gli aeroporti. Eppure sai quante persone lavorano nella pastorizia, in Sardegna?



    No.



    Siamo in più di cinquantamila. E poi ci sono le famiglie, tutti quelli che in qualche modo collaborano al nostro lavoro. Tu hai sentito qualcosa, a livello nazionale, di cosa sta succedendo qua?



    Non tanto…



    Siamo completamente abbandonati. Tutto il nostro lavoro è svalutato. La pastorizia è stata da sempre il motore trainante della Sardegna, ma sta morendo, nell’indifferenza generale. Della Sardegna si parla quando Briatore fa le sue feste alla Costa Smeralda, allora sì che se ne parla…



    Torniamo a te, alla tua storia.



    Faccio, come molti in Sardegna, il pastore a tempo pieno. Ho 200 pecore, acquistate anche con i soldi che mi ha lasciato mio padre, morto di silicosi a 56 anni in Belgio, dove era emigrato negli anni Cinquanta per fare il minatore. Comunque, mi alzo alle cinque del mattino, vado al pascolo e ogni giorno mungo il latte e lo verso a quelle bestie maledette degli industriali.



    Perché bestie maledette?



    Perché prima sono stati foraggiati da contributi statali, dalla Regione e con l’appoggio dei sindacati di categoria. Loro si sono fatti le aziende, si sono ristrutturati i caseifici, hanno ricostruito tutto nuovo secondo le normative europee. Dopo essere diventati delle potenze, si sono presi in mano la gestione totale del mercato del latte e se lo giostrano come gli pare. Noi siamo ridotti a schiavi.



    Schiavi?



    Sì, schiavi. Perché è proprio in questo meccanismo che il nostro lavoro diventa precario, anche se le pecore sono nostre, anche se siamo lavoratori autonomi con partita IVA. Gli industriali decidono il prezzo del latte secondo il loro assoluto comodo, e ce lo comunicano quando gli va. Noi, come forza contrattuale, non esistiamo. Non c’è nessun regolamento che tuteli le ultime ruote del carro, che poi sono quelle che il latte lo fanno, siamo noi pastori.



    Pastori con la partita iva…



    Liberi imprenditori iscritti alla camera di commercio. Produciamo il latte e poi lo versiamo agli industriali ai prezzi che stabiliscono loro. Lo versiamo tutto, c’è la Finanza che controlla, e se il latte non lo verso tutto vuole dire che sono un evasore, perché allora si presume che il latte non versato lo abbia trasformato, in nero, in formaggio e venduto, e questo basta per rendermi un delinquente.



    Quindi, tu puoi solo fare il latte e versarlo…



    Esatto. Secondo le regole del cartello del latte stabilito dagli industriali in accordo tra loro.



    Mi spieghi come funziona questo meccanismo?



    A novembre, quando inizia la campagna del latte, dopo che si sono ammazzati gli agnelli, gli industriali fanno il giro di tutta la Sardegna, si mettono d’accordo e noi, messi con le spalle al muro, dobbiamo accettare il prezzo che ci viene imposto per versare loro il latte. Lo dobbiamo fare per legge, non c’è scelta, a meno, come ti dicevo prima, di diventare un evasore, di non rispettare le quote latte.



    Ma nessuno vi tutela?



    Assolutamente nessuno. Né la regione, né lo stato e sicuramente non l’Europa, che ci ha massacrati completamente. Tanto per dire, dal 2003 al 2005 le rapine in Sardegna sono cresciute del 60 %. E c’è un rapporto tra le rapine e la gente che non riesce più a vivere del proprio lavoro. La gente è esasperata. C’è gente che fa di tutto per poter campare. Tutto questo mentre dipendiamo da associazioni a delinquere che nessuno si sogna certo di colpire, sono troppo potenti, troppo intoccabili.



    Quali associazioni a delinquere?



    Le banche. Che ti offrono i prestiti per iniziare le attività. Gli interessi restano uguali mentre i proventi del latte e anche quelli della carne si sono dimezzati. Così nessuno riesce a pagare le banche, così si finisce in mano agli strozzini o si delinque. Con il ricavato del latte oggi riusciamo a sopravvivere, dico sopravvivere, con la mia famiglia, una ventina di giorni al mese. Se va bene. A volte nemmeno venti giorni. Mentre cinque o sei anni fa…



    Cinque o sei anni fa?



    Cinque o sei anni fa arrivavamo a fine mese e riuscivamo a mettere via qualcosa. E’ stato allora che molti hanno acceso dei mutui che adesso non possono più pagare. Una soluzione disperata è vendere il bestiame. Ti entrano dei liquidi, subito. Poi entri nel nulla. Perché altro lavoro non ce n’è. Così un pastore sardo oggi può scegliere tra morire lentamente, strozzato dagli industriali e dalle banche, oppure può farlo rapidamente, svendendo il suo capitale, gli animali. La terza via è la delinquenza, per disperazione.



    Non ci sono altre possibilità?



    Le fabbriche sono tutte chiuse. In estate posso cercarmi un lavoretto di qualche mese. Quando non si munge, ci si adatta. Ad esempio facendo il manovale. Chi è in grado di farlo lo fa. Gli altri muoiono o rubano.



    Mi parli della tua famiglia?



    Ho moglie e tre figli piccoli, che vanno a scuola. Mia moglie non lavora, anche perché lavoro non ce n’è. Certo che c’è una tensione altissima. E quando ti trovi di fronte a un’industriale, che ti ricatta legalmente, con l’appoggio delle banche e dei politici. Pochi industriali che gesticono tutti i nostri averi, con buone riserve economiche, con la possibilità di fare quello che vogliono. Pensa a quanto costa un litro di acqua, una qualunque acqua minerale di qualunque sorgente…



    A Milano, costa più o meno un euro…



    Ecco, vale di più del nostro latte. Un litro di acqua viene pagato anche un euro. Un litro di latte di capra, con il lavoro del pastore, la metà.



    Il latte prodotto dal pastore sardo vale la metà dell’acqua…



    Esatto. Ci viene comprato per una miseria, il latte, e poi lo esportano in Turchia, dove viene lavorato e poi riportato in Italia e venduto come formaggio sardo, con sopra la bella etichetta del pastore in costume tradizionale, magari con il nuraghe dietro… In Sardegna, dopo migliaia di anni di produzione di latte, non siamo riusciti a mettere un marchio di denominazione di origine controllata. Tu sai che il parmigiano reggiano è prodotto in Emilia. Il formaggio sardo, invece, non lo sai, ma è prodotto in Turchia. E poi c’è il gioco degli intermediari…



    Quale?



    Prendiamo la carne. Da noi viene acquistata mettiamo a 100. Passa attraverso un intermediario e arriva alla vendita al minuto. La carne che parte da qua e arriva alla vendita al dettaglio, nel resto d’Italia, a questo punto costa 400. Con il latte è uguale. E’ un po’ quello che succede con i pomodori in Sicilia…



    Quanto guadagni al mese?



    E’ difficile dirlo. Non abbiamo uno stipendio fisso. Un pastore è legato al tempo atmosferico. Se piove e cresce erba hai più latte, se non piove l’erba non cresce e latte non ce n’è. Posso provare a fare una media. Qualche anno fa si poteva arrivare a una cifra tra i due e i tre milioni di lire. Riuscivi a vivere e a mettere via due soldi. Adesso, sempre con un calcolo diciamo approssimativo, guadagni la metà, o un po’ meno della metà. Tu mi dicevi che stai facendo delle interviste ai lavoratori precari e flessibili…



    Sì.



    Ecco. Io, anche se faccio il pastore a tempo pieno, rientro nei lavoratori precari. Flessibili pure, perché oltre al pastore devo fare altro, quello che trovo. Ma precario lo sto diventando sempre di più. Lo sai da quando non mi pagano il latte?



    Da quando?



    Da gennaio. Siamo ad aprile e io, da allora, non ho visto una lira. Né so quando mi arriverà. Questa è un’altra delle novità di questi anni. Il produttore consegna agli industriali ma poi questi decidono loro, quando pagarti… Noi aspettiamo, telefoniamo ai caseifici che ci devono i soldi, ci lasciano in attesa mezz’ora con la musichetta, poi cade la linea, poi ritelefoniamo, ci dicono di ritelefonare domani, che il capo in quel momento non c’è, il giorno dopo non c’è ancora. Un pastore sardo da qualche anno passa una parte del suo tempo a ascoltare le musichette delle segreterie telefoniche.



    E’ la stessa cosa che succede alla maggior parte dei neolaureati nelle aziende in cui vengono assunti, o meglio, impiegati…



    Forse hanno anche i neolaureati hanno gli stessi problemi dei pastori. Del resto, i lavoratori cambiano, ma i capi sono sempre gli stessi. E da una parte ci sono quelli che diventano sempre più poveri, dall’altra quelli che diventano sempre più ricchi. Solo che i poveri aumentano, i ricchi diminuiscono. Siamo davvero stufi di questo andazzo. E tutto succede nell’indifferenza generale. Anche se della Sardegna si parla. E’ il posto dei culi nudi sulle spiagge. Dei miliardari che ci hanno colonizzati. Delle ville di Berlusconi costruite contro ogni legge ma coperte da segreto di stato. Dei villaggi turistici in mano a imprenditori lombardi e del Veneto. La Sardegna non esiste più.



    In che senso?



    Nel senso che è diventata un insediamento turistico. E la cosa più brutta è che in parte dipende da noi.



    Da voi?



    Da noi sardi, tutti. Con chi viene da fuori siamo estremamente gentili, ma tra noi non riusciamo a organizzarci. Anzi, non ci possiamo proprio vedere. Ma questo sarebbe il momento di cambiare, cambiare radicalmente.



    Nel quotidiano, per reagire a questa situazione, cosa fate?



    Proviamo a riunirci, noi pastori. Ma cordinarci da soli non è facile. Piccoli gruppi, spesso con screzi personali. Siamo tutti sulla stessa barca, pieni di debiti e senza nessuna possibilità di cambiare.



    E quindi?



    Un tempo la soluzione era l’emigrazione, ma anche emigrando dai racconti che mi fanno quelli che ci provano lavoro non ce n’è. Ci potrebbe essere, una soluzione, drastica ma efficace…



    Quale?



    Armarsi e bloccare tutti i porti e gli aeroporti della Sardegna! E’ un’idea che circola da un po’ di tempo. E chissà che non venga messa in atto. Basterebbero 3.000 persone. Per quindici giorni, chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori. Tutto bloccato. Allora parlerebbero di noi. Allora si acorgerebbero che c’è una regione d’Italia che sta morendo. Una regione, un popolo, che sono stati scientificamente programmati per essere estinti. Nel silenzio dei mezzi d’informazione. Tu, che vieni dal Nord, sai qualche cosa della lingua blu?



    La lingua blu?



    Ecco. Non ne sai nulla! Non ne sapete nulla, della Sardegna, in Continente. Le informazioni sulla Sardegna si disperdono nel mare mediterraneo come pesci storditi. Sempre. Quella della lingua blu stata un’epidemia che ha sterminato un milione di pecore. Un milione di pecore! E tu non ne sai nulla. Mentre qui in Sardegna veniamo a sapere che in Cina le galline hanno il raffreddore, qua succede una catastrofe colossale e nel resto d’Italia non ne sa nulla nessuno. A me personalmente, per quell’epidemia, sono morte 140 pecore su 250. Una catastrofe.



    Visto che le informazioni su questa epidemia non sono passate, o sono passate troppo poco, la riepiloghiamo adesso?



    Improvvisamente, tre anni fa, le pecore hanno incominciato a morire, dicono per una zanzara arrivata dall’Africa, nascosta nei copertoni di una jeep, ma in realtà nessuno lo sa, il perché di questa epidemia. Le capre malate avevano tutte la lingua blu, da qui il nome della malattia, “blue tongue”. Sono stati provati tre o quattro vaccini, tutti sbagliati, e con i vaccini sono morte ancora più pecore.



    Morte di vaccino?



    Esatto. I vaccini tra le altre cose erano stati provati a Trento, con le pecore di lì, quindi di un altro ceppo. Così quando sono arrivati qui, e imposti per legge, hanno fatto ancora più morti. L’anno scorso hanno stanziato non so quanti miliardi, per la lingua blu: metà di quei soldi sono spariti nelle Asl, il resto è stato usato per un altro vaccino ancora, che ha fatto abortire le pecore e produrre latte non buono. Quindi c’è anche il business dei vaccini, che ha lo scopo di arricchire le Asl, le industrie farmaceutiche, massacrando noi. Facendoci fuori. Eliminando le nostre bestie e obbligandoci a importare la carne dall’Olanda e dall’Inghilterra. Se non è una strategia di sterminio questa.



    Non pensi di esagerare?



    No. La Sardegna ha 3.500.000 pecore. Più della Francia e della Spagna. La piccola Sardegna, con i suoi pastori, dà fastidio. E stanno cercando di farla fuori, di farla diventare un villaggio Alpitour. Con tante piccole leggi studiate apposta. Finanziando chi uccide i capi di bestiame. Finanziando chi lascia il pascolo a riposo. E la situazione dell’industria non è molto diversa.



    Cioè?



    Vengono stanziati contributi sostanziosi dalla regione per l’industria, e vengono industriali da Bergamo o comunque dalla Lombardia, si mangiano i contributi regionali, assumono persone che licenziano subito dichiarando fallimento e poi se ne vanno o riaprono in un’altra maniera, magari aggirando le leggi e riassumendo di nuovo le persone licenziate, dopo aver ottenuto di nuovo i finanziamenti. Intanto, i dipendenti sono stati illusi, hanno creduto in un futuro migliore e così di punto in bianco si sono trovati in strada, appena sposati, con un mutuo di quarant’anni da pagare, senza una lira e nessuna prospettiva. E poi l’edilizia, case costruite apposta in modo che non possano essere agibili per essere poi buttate giù e ricostruite peggio di prima. Tutto così. Chi se ne frega poi della storia della Sardegna, delle usanze millenarie del suo popolo. La Sardegna, oggi, nel mondo, è Briatore.



    Ce l’hai particolarmente, con Briatore…



    Diciamo che noi pastori sardi precari, e siamo molte migliaia di persone, lo faremmo volentieri allo spiedo. E’ ben nutrito, secondo me cuoce bene. Hanno comprato terreni per poche migliaia di euro da sardi disperati e hanno costruito i villaggi turistici per miliardari, dove i sardi non possono neanche entrare, se non come lavapiatti per tre mesi d’estate. Sono gli stessi miliardari che poi appaiono in televisione a dire che amano la Sardegna. Ma quale Sardegna?! Quella dei sardi che ti portano le ciabatte in camera?



    Quale pensi che possa essere il futuro dei tuoi figli?



    Catastrofico. Il figlio più grande, che ha quindici anni, studia all’istituto agrario. Prima lo portavo con me al pascolo. Ma adesso, con questa situazione… Comunque, mi piacerebbe che restassero in Sardegna, non buttare via le nostre tradizioni, i costumi che ci siamo tramandati per secoli. La vita in campagna è dura, ma è una vita autonoma, in contatto diretto con la natura e le sue leggi. E’ un lavoro che a me soddisfa. Sei padrone di te stesso. Vivi in un mondo vero, lo stesso in cui vivevano tuo nonno e il nonno di tuo nonno. O almeno lo era, vero. Ora le cose, per i miei figli, sono cambiate. Insomma, per ora vorrei che si diplomassero, almeno. Poi ci vorrebbe l’università, ma per fare l’università ci vogliono soldi, e noi non ne abbiamo. Ho paura, per i miei figli. La disperazione può portare a azioni davvero drammatiche. Ad esempio un mio amico, con la famiglia a carico, un buon lavoratore, uno che non aveva mai sgarrato, una persona onesta, a un certo punto non ce l’ha fatta più. Doveva mantenere i suoi bambini.



    E cosa ha fatto?



    Ha preso una pistola, e è entrato in banca.





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    Pubblicato su Liberazione, aprile 2005
    www.feltrinellieditore.it/BlogItem?item_id=780
     
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  2. pora reitia
     
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    Questo è un gregge che gira sull'Astico (Veneto), da anni, ed è di proprietà di un sardo che si è sistemato da queste parti e ha sposato una veneta locale.
    Il gregge ha quasi mille capi.
    Quando vado a correre e a far ginnastica lungo il torrente o a far il bagno (quelle poche volte che v'è acqua d'estate) lo incontro sempre per tutta l'estate, parte dell'autunno e della primavera.

    Greje so l’Astego
    http://picasaweb.google.it/pilpotis/GrejeSoLAstego

    In Veneto in questi ultimi anni sono state chiuse centinaia di stalle e di piccole aziende agricole perché non c'e la facevano a sostenere i costi della concorrenza con le grandi aziende italiane (drogate e corrotte e colluse dalla e con la politica) e di quella europea dell'est.

    I cannibali atei, in economia si trovano dappertutto sia tra i sardi, sia tra i veneti, li italiani poi sono i più allupati ... del suo prossimo non hanno alcun rispetto e amore fraterno, se possono ti scannano, questi eredi dei civilissimi romani.
    Nell'Europa germanica e nordica è tutto un'altro mondo: rispetto per tutti e tutti debbono poter vivere, altro che barbari.
    Anche noi veneti abbiamo i nostri "Briatore" che sono uno dei peggiori e più tipici paradigmi italiani e dell'italianità!

    Edited by pora reitia - 6/6/2011, 19:55
     
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    STUDIOSO DEI POPOLI DEL MARE

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    Pora scrive: <<i cannibali atei, in economia si trovano dappertutto sia tra i sardi, sia tra i veneti, li italiani poi sono i più allupati ... del suo prossimo non hanno alcun rispetto e amore fraterno, se possono ti scannano, questi eredi dei civilissimi romani.
    Nell'Europa germanica e nordica è tutto un'altro mondo: rispetto per tutti e tutti debbono poter vivere, altro che barbari.
    Anche noi veneti abbiamo i nostri "Briatore" che sono uno dei peggiori e più tipici paradigmi italiani e dell'italianità!>>

    L'attuale cultura occidentale fu purtroppo trasmessa dai greci ai romani e poi agli anglosassoni che ce l'hanno rimandata indìetro attraverso gli americani....
    la cultura del FURBETTO DEL QUARTIERINO.. che più INO non si può... e oggi trionfa nei confronti di antiche leggi e regole... :angry: :viching grr:
     
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  4. iperboreo50
     
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    CITAZIONE (pora reitia @ 6/6/2011, 09:01) 
    Questo è un gregge che gira sull'Astico (Veneto), da anni, ed è di proprietà di un sardo che si è sistemato da queste parti e ha sposato una veneta locale.
    Il gregge ha quasi mille capi.
    Quando vado a correre e a far ginnastica lungo il torrente o a far il bagno (quelle poche volte che v'è acqua d'estate) lo incontro sempre per tutta l'estate, parte dell'autunno e della primavera.

    Greje so l’Astego
    http://picasaweb.google.it/pilpotis/GrejeSoLAstego

    In Veneto in questi ultimi anni sono state chiuse centinaia di stalle e di piccole aziende agricole perché non c'e la facevano a sostenere i costi della concorrenza con le grandi aziende italiane (drogate e corrotte e colluse dalla e con la politica) e di quella europea dell'est.

    I cannibali atei, in economia si trovano dappertutto sia tra i sardi, sia tra i veneti, li italiani poi sono i più allupati ... del suo prossimo non hanno alcun rispetto e amore fraterno, se possono ti scannano, questi eredi dei civilissimi romani.
    Nell'Europa germanica e nordica è tutto un'altro mondo: rispetto per tutti e tutti debbono poter vivere, altro che barbari.
    Anche noi veneti abbiamo i nostri "Briatore" che sono uno dei peggiori e più tipici paradigmi italiani e dell'italianità!

    Dopo il drammatico racconto del pastore ecco ricomparire la solita litania.

    Caro Pora, i tuoi cari e onesti camerati germanici hanno sulla coscienza centinaia di contadini dei paesi del ex impero sovietico che per la rapina a loro danni da parte dei germanici si sono suicidati.
    Stati usciti dal comunismo con l'economia e agricoltura a pezzi si sono ritrovati nelle mani dei capitali germanici. Le industrie comperate dai tedeschi sono state chiuse e operai mandati fuori senza alcuna prospettiva. I contadini, specie in Polonia dove l'agricoltura era rimasta nelle mani dei privati, hanno dovuto vendere a poco o macellare le bestie per lasciare ai camerati germanici il mercato alimentare. Questi, assieme ai francesi, sono entrati nel mercato polacco con prezzi bassissimi al solo scopo di monopolizzare la grande e la piccola distribuzione. Ci sono pure riusciti facendo fallire i contadini di tutti questi paesi.
    Tu caro amico non sai che danni sociali e culturali hanno provocato alla gente di questi paesi che appena liberata dal comunismo si è vista ingoiata dal peggior capitalismo.
    Tutto questo per mano dei tuoi camerati germanici.

    Il mondo gira così. La globalizzazione permette a tutti di commerciare in modo competitivo senza badare al costo sociale.

    Tu parli delle piccole aziende venete fallite. Ma tu e altri veneti che prodotti alimentari compravate? Quelli made in Veneto o quelli sloveni, croati e romeni? Se compravate i prodotti locali queste aziende sarebbero ancora in piedi.
    Ma voi preferivate i prodotti esteri perché più a buon mercato. Siete voi stessi che avete fatto fallire queste aziende.

    Lo stesso vale per la Sardegna. La grande distribuzione in Sardegna è nelle mani dei francesi e da pochi anni anche dei tedeschi (Lidl). Quando un patriota sardo va a fare la spesa in un supermercato cosa compra? Prodotti locali che costano 100 o quelli tunisini, turchi, thailandesi, che costano 10?

    Le possibili soluzioni sono due: sviluppare la grande distribuzione cooperativa e di prossimità rinunciando a grossi guadagni sia dei produttori che dei commercianti. In poche parole creare un SISTEMA Sardegna.
    Mentre la prima soluzione sembra irrealizzabile (metti d'accordo tanti sardi) la seconda è ancora più difficile:
    i prodotti sardi sono inevitabilmente più cari rispetto a quelli dei paesi del terzo mondo, allora bisogna avere una clientela che lavora e guadagna e quindi può spendere per prodotti locali. Ma per far lavorare e far guadagnare bisognerebbe fare in modo che le industrie non chiudano, che il turismo sia di prima qualità, che le scuole funzionino, che nessuno sia obbligato ad emigrare perché trova in patria da lavorare. Insomma bisognerebbe dire meno NO ed essere con la mentalità più moderna.

    Ricordo che quando è stata inventata l'automobile, i maniscalchi hanno perso il lavoro, si sono impoveriti, ma secondo voi sarebbe stato meglio mantenere i cavalli o è stato meglio convertirsi alla motorizzazione??

    Ogni epoca ha le sue vittime e i suoi carnefici.
    Individuare il trend per tempo e porre il rimedio in modo di dettare la leadership.
    Mi dispiace per i pastori, sono il loro fan su facebook, ma il pastore sardo nel veneto ha 1000 capi, quello dell'intervista ne ha 250.

    :salute:

     
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  5. pora reitia
     
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    Caro iperboreo

    ti devo correggere:

    mi cronpo prodoti de la me tera veneta e dapò coeli ouropei de l'ara jermanega ke retegno pì sani e sicuri!
    Mi piacciono anche i prodotti etnici (il formaggio sardo e i pomodori secchi sott'olio siculi per esempio) ma rigetto tutto quello che ha il marchio italiano.

    Sui comportamenti dei germanici ti faccio presente che "tra loro" sono meno atei cannibali (i cannibali religiosi sono un'altra cosa) che poi con gli altri siano "duri e crudeli" è possibile (gli italiani sono peggio), però ripeto: tra di loro sono più rispettosi o no?
    Ed è questa la forza della Grande Germania: uno per tutti e tutti per uno (al loro interno non hanno molti conflitti sociali).
    La solidarietà interna dei tedeschi non assomiglia di certo a quella italica! L'unica solfa che continua è quella italica dei ladri e dei parassiti.

    I cavalli sono creature meravigliose!!!
    Dopo gli angeli del cielo e prima delle Ferrari vengono loro!
    Molti maniscalchi o marescalchi si sono fatti meccanici autoriparatori (in parte dell'Europa il passaggio dai cavalli alle auto è stato graduale, quindi gli operatori hanno avuto tutto il tempo di adeguarsi).

    In India i contadini che si sono suicidati negli scorsi anni, mi sembra di aver sentito che sono stati miliaia e spero che almeno in questo caso i tedeschi non c'entrino proprio (sai sono per almeno 2/5 germanico).
    Non credo che i contadini polacchi e russi si siano trovati in difficiltà tragiche per colpa dei tedeschi, forse le colpe sono delle loro classi dirigenti del tipo "atei cannibali"; forse i tedeschi non hanno fatto altro che seguire le leggi del mercato e nella concorrenza globale sono arrivati prima di altri.

    Pensa, caro iperboreo, che li antichi e mitici romani hanno assassinato Gesù Cristo, sterminato gli ebrei, distrutto Gerusalemme, disperso gli ebrei sopravissuti, perseguitato per secoli i cristiani e poi quando si sono fatti cristiani per convenienza politica, hanno accusato gli ebrei di essere li assassini di Cristo e per ciò, dopo, per 1600 anni gli ebrei dell'esodo sono stati perseguitati in tutto il mondo cristiano.
    E oggi gli italiani che si credono loro discendenti li cantano come eroi o esseri superiori nel loro "inno di mameli" a cui Dio Avrebbe affidato loro la gloria della vittoria: Eja eja ala là!

    Edited by pora reitia - 6/6/2011, 22:25
     
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154 replies since 2/10/2010, 16:09   3887 views
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