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Evoluzione del naviglio norreno 3
Così siamo arrivati alla terza puntata sull’evoluzione del naviglio scandinavo che porta dritta alle navi vichinghe. Restringiamo la zona dell’indagine a quella parte della Scandinavia che si afaccia sul Baltico e sul Mare del Nord, definitiva patria di quei Popoli del Mare che partendo dall’Artico arrivarono e si insediarono lungo le coste di questi mari. Ma non rimasero fermi, attraverso mari e fiumi arrivarono ovunque…………..
Abbiamo lasciato la seconda puntata con la costruzione delle canoe ricavate da un tronco dell’albero (monoxilo, log boat, dugout boat),abbattimento e scavo del tronco con il fuoco
Ricordo che siamo ancora nell’epoca degli attrezzi di pietra e quindi la finezza delle costruzioni è ancora lontana da raggiungere. Oltre alla lavorazione dei tronchi con il fuoco, si procedeva anche con l’uso dei cunei di legno o di pietra che opportunamente sistemati facevano aprire il tronco a metà e a liste sempre più sottili seguendo la venatura del tronco.
Questo sistema di usare i cunei e le mazze o asce (successivamente di metallo) è rimasto in uso nella zona del nord fino al medioevo. Mentre nel Mediterraneo si usavano già nel bronzo le lame seghettate per tagliare le tavole di legno, nel nord si usava l’ascia. Questo ci permette con una certa precisione definire la provenienza dei ritrovamenti navali osservando le tracce di taglio o di segatura sulle assi dello scafo….. Uno dei difetti delle canoe in tronco era la larghezza. Difficilmente si arrivava a circa 1 metro il che impediva comporre equipaggi numerosi e distribuiti su due file. Si è pensato quindi ad affiancare e fissare insieme due canoe in tronchi scavati. Questo tipo di imbarcazione era diffuso in tutto il nord Europa, e lungo i grandi fiumi russi ed è tutt’oggi in uso sul fiume Dunajec in Polonia. Inizialmente le due canoe venivano affiancate e fissate sui lati, successivamente si eliminava i bordi interni e cosi lo scafo diventava unico e più spazioso. Questi scafi potevano contenere anche 20 persone.
L’obiettivo era comunque di ingrandire ulteriormente anche in lunghezza queste imbarcazioni. Con l’arrivo dei metalli (e qui entriamo nell’epoca del bronzo) si è cominciato a eliminare del tutto il bordo delle canoe, si fissavano lato contro lato i due fondi del tronco che costituivano così la chiglia. Poi sulla prua e sulla poppa si aggiungeva un fondo di tronco centrale e si congiungeva questa struttura con un ingegnoso sistema di fissaggi prima in legno e poi in metallo. Attorno a questa struttura si fissavano le assi di legno che formavano lo scafo. In queste foto l’esempio di queste costruzioni, sono la Dover boat e la Ferriby, ritrovate in Inghilterra e datate al bronzo. (Ne abbiamo parlato in un’altra discussione)
Il sistema esposto sopra (con dovuti miglioramenti) è sopravissuto in Inghilterra fino al medioevo e oltre. Mentre quello scandinavo partendo da un’altra idea si è evoluto mantenendo il travone centrale con funzione di chiglia. Osservando i petroglifi della Scandinavia vediamo che le navi non sono più “trasparenti” e quindi in pelle, ma diventano a scafo ben marcato. Essendo in Scandinavia abbiamo sempre le travi di prua e di poppa.
Ma a questo punto in diversi petroglifi la trave di chiglia diventa più corta, non più esageratamente lunga delle canoe in pelle, mentre quella superiore, sia sulla prua che sulla poppa rimane lunga.
Probabilmente i costruttori si sono accorti che il tronco dell’albero scaldato dal fuoco per favorire lo svuotamento, se forzato si espandeva, si apriva verso l’esterno come i petali di un fiore. Un tronco è composto dalla parte interna dura e resistente che si chiama durame, la parte esterna che si chiama alburno, è flessibile e resistente alla trazione (caratteristiche sfruttate nella costruzione degli archi). Scavando un tronco intero, senza dividerlo in due come per le canoe classiche, si elimina il durame e si assottiglia l’alburno, il tronco cosi lavorato sembra uno sigaro…… poi lo si mette sopra o vicino al fuoco per essere scaldato e aiutandosi con dei paletti di lunghezza crescente si allarga (si espande – exstendet o expanded log boat) il tronco fino a ottenere la larghezza voluta. All’interno si inserivano le costole a V piu alte dei bordi dello scafo e a queste si fissavano le tavole del fasciame. Si otteneva cosi un’altezza dello scafo sufficiente per stare al riparo. Ovviamente per una canoa piccola si usava un albero piccolo, mentre per uno scafo grande si usava un albero grande…… Nella tavola che segue la procedura di espansione di un piccolo tronco e l’effetto finale.
Altre foto nel web album.
Questo sistema di costruzione era usato in Scandinavia, Carelia fino agli Urali, Estonia e Finlandia, Indocina e alcune zone dell’India, Borneo e Patagonia. Tutt’oggi è in uso in Estonia e in Finlandia. Con le navi fatte con questa tecnologia i vareghi, vichinghi svedesi, sono giunti fino nel Mar Nero. Resti di queste imbarcazioni sono state trovate a Costantinopoli, ex Bisanzio. Portavano fino a 60 persone……ma di questo più avanti.
Intanto godetevi questo filmato finlandese del 1936 che spiega come si costruisce questa imbarcazione. Il sonoro è in finlandese quindi non capibile, ma le immagini del filmato sono più che evidenti. Durata 7 minuti ben passati….
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