IL DISEGNO PLANETARIO

Studio su Charles Hapgood e la teoria degli slittamenti della crosta terrestre

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  1. vivamishapt
     
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    Posto un primo estratto da un documento che mi ha gentilmente passato Walter e che , con il suo permesso, inserirò a "puntate", per dare a tutti il tempo di digerire queste informazioni che non sono purtroppo così semplici da esporre...

    Sfere sovrapposte

    Nell'articolo Il Primo Tempo di Sirio ho esposto in che modo l'ipotesi della correlazione Giza/Orione, sviluppata con coerenza dalle premesse iniziali, abbia condotto alla scoperta del ruolo basilare assegnato a Sirio nell'ambito dello schema, in forza di una corrispondenza fra terra e cielo, del tutto peculiare, che si è verificata intorno alla data del 14.040 avanti presente; ora, il problema che si pone è stabilire in che modo vada ulteriormente sviluppata l'ipotesi di partenza alla luce dei nuovi dati conseguiti.
    La mia convinzione istintiva è stata sin dall'inizio questa: ritenevo che si dovesse portare alle estreme conseguenze il principio di sovrapporre l'una sull'altra la mappa astronomica e quella geografica, estendendo l'operazione alla superficie terrestre e alla volta celeste nella loro totalità. In questo senso, immaginavo la sfera celeste come un globo di vetro che andava sovrapposto al globo terrestre; la piramide di Khufu a Giza e Alnitak nella Cintura d'Orione dovevano rappresentare naturalmente i punti di collimazione delle due sfere.
    Tuttavia la sfera celeste è una sorta di mappamondo particolare che va osservato dall'interno, a differenza della sfera terrestre: ciò significa che se costruissimo un globo risultante dalla semplice sovrapposizione delle due sfere, senza altri accorgimenti, i territori geografici apparirebbero al "diritto", mentre le costellazioni al "rovescio" (o viceversa, se ci ponessimo all'interno del globo stesso). La soluzione del problema in ogni modo è semplice e sta nel costruire una sfera celeste speculare rispetto a quella reale, più o meno come si può rivoltare un maglione portando l'interno all'esterno. Eseguito questo, è possibile procedere come detto alla sovrapposizione delle due sfere facendo innanzi tutto coincidere la Grande Piramide con Alnitak. La rotazione relativa delle due sfere intorno al punto di collimazione è l'ultimo aspetto da definire: sarà sufficiente riprodurre con le sfere sovrapposte il medesimo allineamento che consente di realizzare la migliore sovrapposizione approssimata del terzetto di piramidi e della Cintura d'Orione (cfr. Il Primo Tempo di Sirio, fig. 10). Naturalmente in questo caso non sarà possibile vedere le piramidi coincidere con le stelle della Cintura, per la semplice ragione che quest'ultima occupa una porzione della sfera celeste assai più grande della porzione di superficie terrestre occupata dal terzetto di piramidi. Ciò che in questo caso importa, tuttavia, è semplicemente la rotazione relativa della Cintura rispetto alle piramidi di Giza, e riprodurre, come detto, l'allineamento desiderato non presenta alcuna difficoltà.

    Un'apparente incongruenza

    Nel globo risultante dalla sovrapposizione, come sopra descritto, andremo a rappresentare, per ciò che concerne il firmamento, solo gli oggetti e i tracciati rilevanti ai fini dell'indagine: la costellazione d'Orione con le tre stelle della Cintura, l'asse della Cintura, Sirio e la direttrice del suo moto (il "cammino di Sirio"), i circoli idealmente tracciati dai poli celesti nel corso del ciclo precessionale (i "cammini dei poli celesti"), il piano galattico e il centro della Galassia; potremmo rappresentare anche alcune altre costellazioni circumpolari come riferimento visivo, per facilitare la lettura.
    Cominciamo dunque ad esaminare quest'insolito mappamondo. Innanzi tutto si deve costatare che i poli delle due sfere non coincidono per nulla (la distanza fra essi è di circa una trentina di gradi); ciò deriva dal fatto che Giza si trova alla latitudine di circa 30° N, mentre la Cintura si trova in pratica sull'equatore celeste. Questa incongruenza all'inizio mi diede non poco pensiero: mi sembrava che la coerenza dello schema esigesse la coincidenza dei poli dei globi sovrapposti, cosa che gli antichi costruttori di Giza - chiunque essi fossero - avrebbero potuto conseguire semplicemente individuando la sede del loro grandioso progetto in una qualsiasi località nei pressi dell'equatore terrestre; eppure ciò non si era verificato e d'altra parte non immaginavo quali ostacoli in tal senso avessero potuto incontrare gli ignoti costruttori. Questi forse potrebbero giustificarsi asserendo che è del tutto naturale costruire i propri monumenti a "casa" propria (se supponiamo che la loro "casa" fosse l'Egitto) e non altrove; ma è credibile una giustificazione del genere, da parte di chi ha saputo mettere in atto un progetto così ingegnoso e complesso? No, n'ero certo. Così comincio a pensare che forse il messaggio contenuto nello schema consista proprio nell'incongruenza rilevata: se nel globo risultante i poli non coincidono, forse la ragione è che si sta usando un globo terrestre attuale; ma è possibile che in passato la geografia sia stata diversa, tanto da garantire la coincidenza dei poli e in tal modo ripristinare la coerenza dello schema? Quello che serve è un ipotetico slittamento dei poli che, in un imprecisato passato, abbia rotto la corrispondenza dello schema con la realtà. Esiste nel pensiero scientifico una teoria che descriva fenomeni di questo tipo?
    Ebbene sì: una teoria del genere esiste, ed è da qualche tempo ben nota, anche se un po' al di fuori dell'ambito accademico.

    Charles Hapgood
    e la teoria degli slittamenti della crosta terrestre




    Fra pochi giorni il proseguo e le prime immagini!!!!! :vandal:

     
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  2. Judikess4
     
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    Grazie. Alleluja! :D
    JK
     
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  3. ELCERDEA
     
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    vivamì, riesce a quadrare sempre di più sto discorso... alelEJA :D
     
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  4. walter1953
     
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    Carissimi,
    vorrei subito sottolineare che "Il Disegno Planetario" è un documento che ho tratto dal Web qualche
    tempo fa, non ho idea di chi sia l'autore ed ora sul Web sembra che siamo noi gli unici a disporne....
    Per fortuna non l'ho smarrito!
    Walter
     
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  5. Judikess4
     
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    Per fortuna che me l'avevo stampato.....ih ih!
    JK

    siti web volant, scripta manent......... :dev.gif:
     
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  6. vivamishapt
     
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    caro Walter, non sarà mica tratto da questo libro?

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    PS: nella biblioteca della mia città c'è il libro di hapgood!!!! :lol: :lol:
    Stasera volo a prenderlo!!!!! :vandal: :vandal: :vandal: :vandal:
     
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  7. vivamishapt
     
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    Seconda Puntata.... :B):

    Charles Hapgood
    e la teoria degli slittamenti della crosta terrestre


    Di norma non è producente invocare, a sostegno di una teoria un po' troppo ardita, elementi che provengono da fonti a loro volta non ancora accettate dal mondo accademico. La storia della scienza è costellata da esempi di teorie più o meno spericolate per i loro tempi, teorie sorte nel tentativo di rispondere a quesiti che le antagoniste più accreditate non potevano risolvere; molte idee si sono dimostrate fallaci, altre sono state semplicemente dimenticate benché nessun elemento le invalidasse, altre ancora – dopo essere state ferocemente osteggiate – sono diventate poi dei veri e propri paradigmi. Un esempio per tutti è la teoria dell'evoluzione delle specie di Darwin.
    Dall’altra parte vi sono teorie che sorgono con tutti i crismi della scientificità, che si dimostrano in grado di risolvere brillantemente molte questioni sulle quali le teorie tradizionali arrancano penosamente, e che ciò nonostante dopo decenni dalla loro formulazione vivono ancora ai margini della cultura scientifica ufficiale: un esempio di tal genere è la teoria del geologo americano Charles Hapgood in merito agli scorrimenti subiti dalla crosta terrestre nel passato. Poco prima della morte Albert Einstein, il più grande fisico del secolo trascorso, aveva avuto modo di esaminare questa teoria rimanendone positivamente impressionato, tanto che la prima edizione del libro di Hapgood (The Path of the Pole, 1958), reca la prefazione di pugno dello stesso Einstein, che si esprime al riguardo in termini decisamente favorevoli. In sostanza, Hapgood sostiene che la crosta terrestre può, in determinate condizioni, effettuare scorrimenti globali rispetto al mantello fluido sottostante, ferma restando la direzione dell'asse di rotazione della Terra nello spazio. Nel corso di siffatti scorrimenti la sottile crosta terrestre, il cui spessore è di poche decine di chilometri, si comporta come un corpo rigido e pertanto le posizioni relative fra i continenti non cambiano: a cambiare sono le posizioni assolute, in altre parole accade che regioni prima situate nei pressi dei poli vengano a trovarsi al termine dello scorrimento a latitudini inferiori, e viceversa. Possiamo figurarci un evento del genere ricorrendo all'immagine di una buccia d'arancia che si distacchi dal contenuto interno del frutto e possa in tal modo ruotare indipendentemente da esso. Le conseguenze di un simile evento, che secondo Hapgood si compirebbe nell'arco di poche migliaia d'anni o forse meno, sono evidenti: enormi sconvolgimenti climatici, disgeli improvvisi e drammatiche glaciazioni, innalzamento del livello dei mari, mutamento delle linee costiere, sparizioni d'intere regioni, estinzioni in massa di specie animali e vegetali. Il fatto interessante è che tutto questo potrebbe essere avvenuto l'ultima volta non più di dodicimila anni fa, quando si verificò l'ultima grande, improvvisa estinzione di massa.
    Gli elementi di prova raccolti da Hapgood sono numerosi ed estremamente significativi e assai brillanti sono le spiegazioni fornite in merito ad eventi geologici e climatici che hanno interessato la Terra nel passato, soprattutto se raffrontate alle deboli spiegazioni fornite dalle teorie ufficiali. Tuttavia non potremo in questa sede addentrarci nei dettagli della teoria di Hapgood: dovremo accontentarci di saltare direttamente ai risultati e mostrare quale sconcertante correlazione emerga in un altro campo d'indagine, a cui Hapgood senza dubbio non prestò la minima attenzione. Questo campo d'indagine naturalmente è il nostro.

    Il disegno planetario
    e le recenti dislocazioni dei poli geografici

    Innanzi tutto occorre fornire qualche dato. Valutando il complesso degli elementi a disposizione, Hapgood giunse a stabilire che la crosta terrestre deve aver subito tre dislocazioni nell'arco degli ultimi 80.000 anni. Fino a circa 80.000-75.000 anni fa il Polo Nord si trovava nel Distretto dello Yukon, in Canada, approssimativamente a lat. 63° N e long. 135° O (per comodità di esposizione chiameremo (1) tale posizione), poi la crosta terrestre subì una dislocazione che portò il polo nord nel Mare di Groenlandia, approssimativamente a lat. 72° N e long. 10° E (chiameremo (2) tale posizione). Questa situazione si è mantenuta fino a circa 55.000-50.000 anni fa, quando una nuova dislocazione della crosta terrestre portò il polo nord nella Baia di Hudson, ancora in Canada, approssimativamente a lat. 60° N e long. 83° O (chiameremo (3) tale posizione). Infine, intorno a 17.000-12.000 anni fa si verificò l'ultima dislocazione, portando il polo dalla Baia di Hudson all'attuale posizione (chiameremo (4) tale posizione). Altre dislocazioni la crosta terrestre avrebbe subito in un passato ancora più remoto, ma ciò non è attinente ai fini di questo studio.
    Ora, dati alla mano, andiamo a rappresentare queste antiche - per il momento ipotetiche - sedi polari sul nostro globo sovrapposto (fig. 1). Ebbene, ciò che si rileva è a dir poco stupefacente: le antiche dimore del polo nell'emisfero nord (e ovviamente lo stesso accade nell'emisfero sud) si trovano tutte e tre molto vicine al circolo che rappresenta il cammino dei poli celesti! Non solo: il cammino di Sirio passa non lontano da ben due di queste sedi, fornendo anche un'immagine visiva della migrazione che il polo nord compì dal Mare di Groenlandia alla Baia di Hudson. Quanto è precisa la rappresentazione delle dislocazioni polari fornita da questo schema, che d'ora in poi chiamerò il "disegno planetario"? In dettaglio rileviamo che il polo nord:
    - nella posizione (1) dista dal circolo polare celeste circa 0,95° d'arco;
    - nella posizione (2) dista circa 2,12° d'arco;
    - nella posizione (3) dista circa 5,43° d'arco.
    Dunque, lo scarto medio si aggira intorno a 2,83° d'arco, corrispondenti a poco più di 300 km, un valore troppo piccolo perché si possa pensare semplicemente ad una circostanza fortuita. Ma a sgombrare il campo da qualsiasi dubbio, affermando con certezza l'intenzionalità del disegno planetario, vi è un altro elemento: il centro della Galassia si situa con precisione pressoché assoluta sull'equatore terrestre! Per l'esattezza, si trova in pieno Oceano Pacifico a lat. 0,1° S e long. 140,3° O: poco più di 10 km dall'equatore, tradotto in distanze lineari…

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  8. vivamishapt
     
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    La cronologia che si desume dal disegno planetario

    È possibile desumere dal disegno planetario una cronologia della recente storia geologica terrestre, che sia concorde con la teoria di Hapgood? Dimostrerò che la risposta è affermativa.
    Abbiamo affermato che la perfetta corrispondenza fra cielo e terra, nel disegno planetario, esige che i poli geografici coincidano con i poli celesti. La posizione dei primi varia in maniera erratica, stando a quanto affermato dalla teoria di Hapgood, mentre quella dei secondi varia in maniera regolare e prevedibile descrivendo un circolo (il cammino dei poli celesti), come in una giostra cosmica; si tratta ora di vedere quando i poli celesti siano effettivamente transitati in prossimità dei poli geografici, giacché è in questi momenti che si verifica la compiuta coerenza del disegno planetario.
    Cominciamo la verifica a partire dalle età più recenti fino a quelle più remote, limitandosi a considerare gli ultimi 100.000 anni circa della storia terrestre.
    Il polo celeste si è trovato in prossimità:
    - della posizione (1), intorno alle date del 24.250, 50.050, 75.850, 101.650 a.p.;
    - della posizione (2), intorno alle date del 12.950, 38.750, 64.550, 90.350 a.p.;
    - della posizione (3), intorno alle date del 3.700, 29.500, 55.300, 81.100 a.p.
    È chiaro che la maggior parte di questi transiti non ha un reale significato, nel senso che il polo celeste può transitare in una delle tre posizioni anche quando il polo geografico non si trova effettivamente lì, in quell'età, o perché se n'è già allontanato oppure perché vi si deve ancora dislocare. Tuttavia si riescono agevolmente a individuare tre date significative, collocabili in una sequenza perfettamente coerente con la cronologia di Hapgood. Consideriamo, infatti, l'ultima delle date relative al transito del polo celeste nella posizione (1): questa data, 101.650 a.p., si colloca in pieno nell'età durante la quale il polo nord geografico si trovava nel Distretto dello Yukon, vale a dire proprio nella posizione (1). Passando alla seconda sequenza di date, relative al transito del polo celeste nella posizione (2), vediamo che la penultima di tali date, 64.550 a.p., si colloca in pieno nell'età durante la quale il polo nord geografico si trovava nel Mare di Groenlandia, vale a dire proprio nella posizione (2). Infine, passando alla terza sequenza di date, relative al transito del polo celeste nella posizione (3), vediamo che la seconda di tali date, 29.500 a.p., si colloca in pieno nell'età durante la quale il polo nord geografico si trovava nella Baia di Hudson, vale a dire proprio nella posizione (3). Riassumendo:
    1. 101.650 anni fa il polo nord geografico si trovava nel Distretto dello Yukon e il polo celeste, nel globo sovrapposto, si discostava da esso di appena 0,95° d'arco;
    2. 64.550 anni fa il polo nord geografico si trovava nel Mare di Groenlandia e il polo celeste si discostava da esso di 2,12° d'arco;
    3. 29.500 anni fa il polo nord geografico si trovava nella Baia di Hudson e il polo celeste si discostava da esso di 5,43° d'arco.
    Diciamo che queste tre date possono ben rappresentare le tre ere geologiche che hanno caratterizzato la recente storia terrestre.
    Ora ci si domanda se il disegno planetario sia in grado di fornire indicazioni coerenti con la teoria di Hapgood, sotto il profilo cronologico, anche per quanto concerne i momenti in cui si sarebbero verificati i rivolgimenti della crosta terrestre. E anche in questo caso dimostrerò che la risposta è affermativa.
    Prendiamo in esame la configurazione del sito di Giza e mettiamone in rilievo gli assi principali: innanzi tutto gli assi nord/sud e est/ovest e l'asse diagonale nord-est/sud-ovest (che sulla mappa sovrapposta diventa l'asse convenzionale della Cintura d'Orione (vedi figg. 1, 2 e 3); ma c'è anche un altro asse da prendere in considerazione, e precisamente quello indicato dalla via rialzata che si diparte da una struttura in prossimità della base della Grande Piramide e si rivolge in direzione 15° a nord dell'est.
    L'asse principale, vale a dire quello nord/sud, lo abbiamo già utilizzato per la collimazione delle sfere terrestre e celeste; per quanto concerne gli altri, è interessante verificare dove tali assi intersecano il cammino di Sirio sul disegno planetario. Ovviamente ad ogni punto di intersezione corrisponde una data, quella in cui Sirio transitava esattamente in quel punto. Ebbene, come possiamo vedere in fig. 2, abbiamo che:
    - l'asse diagonale (asse della Cintura) è un circolo massimo che interseca il cammino di Sirio intorno alla data del 14.040 a.p., come già sappiamo (corrispondente al Primo Tempo di Sirio);
    - l'asse della via rialzata è un circolo massimo che interseca il cammino di Sirio intorno alla data del 51.700 a.p.;
    - l'asse est/ovest è un circolo massimo che interseca il cammino di Sirio intorno alla data del 83.600 a.p.

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    Fig. 2 - Il globo sovrapposto: in evidenza i "salti polari", gli allineamenti di Sirio con gli assi della Grande Piramide e la relazione fra Giza e Teotihuacan



    Se confrontiamo tali date con quelle indicate da Hapgood vediamo una sostanziale concordanza. Si tenga presente che gli eventi in questione non avvennero dal giorno alla notte, ma probabilmente nell'arco di qualche migliaio d'anni; inoltre, la relativa incertezza dei dati geologici lascia un certo margine all'interpretazione dello studioso, il che rende pressoché impossibile, al momento attuale, spingere la precisione delle stime cronologiche oltre il livello indicato.
    Esaminiamo i dati in dettaglio. Hapgood sostiene che il più recente dislocamento dei poli avvenne fra 17.000 e 12.000 anni fa: la nostra prima data si colloca entro questo margine. Il precedente dislocamento sarebbe avvenuto fra 55.000 e 50.000 anni fa: anche in questo caso la nostra seconda data si colloca entro questo margine. Infine, il dislocamento ancora precedente sarebbe avvenuto fra 80.000 e 75.000 anni fa: la nostra data esce da questo margine per meno di 4.000 anni, il che non mi pare tutto sommato eccessivo, se si considera, come detto, la lontananza di tale evento e le difficoltà di valutare con precisione la data in cui si verificò.
    Riassumendo, dall'analisi del disegno planetario è stato possibile desumere una sequenza di sei date (tre di "stazionamento" e tre di "rivolgimento") e tale sequenza si dimostra sostanzialmente coerente con una teoria scientifica che, seppur brillante, non ha sino ad oggi conquistato il credito del mondo accademico. Ora, ciò che vorrei portare all'attenzione è questo: è del tutto possibile che la teoria di Hapgood, di per sé, sia errata, e che la teoria della correlazione Giza/Orione, espressa compiutamente nel disegno planetario, sia anch'essa, di per sé, errata; ma è possibile che due teorie, del tutto indipendenti fra loro, siano fra loro in perfetto accordo pur essendo entrambe sbagliate? Certamente è possibile, ma mi si concederà che è improbabile quanto il fatto che due bugiardi, che mai si siano conosciuti né incontrati, inventino due storie perfettamente coerenti l'una con l'altra.

     
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  9. Judikess4
     
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    Ecco! Stavo proprio aspettando la fig.2.
    A memoria viene effettivamente in salita....vedrò di mettere al lavoro gli ultimi neuroni solidi che mi restano....a cottimo. :wacko:
    JK
     
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  10. vivamishapt
     
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    A presto nuove immagini... intanto:


    Un salto a Giza
    Torniamo al disegno planetario: si possono ravvisare altri elementi che ne attestino la natura intenzionale? Prendiamo in esame il cammino di Sirio. Poco fa ho rilevato come esso passi non lontano dalle antiche sedi polari (2) e (3), fornendo in tal modo un'immagine visiva del salto che il polo nord compì dal Mare di Groenlandia alla Baia di Hudson: è da tale osservazione, apparentemente incidentale, che si dischiude la piena comprensione dell'allegoria planetaria. Questo è il filo del ragionamento: se il cammino di Sirio è una discreta approssimazione di uno dei salti compiuti dal polo, allora si potrebbe provare a tracciare un circolo massimo che rappresenti anche il precedente salto, dal Distretto dello Yukon al Mare di Groenlandia. Ma già intuisco dove si deve arrivare: a Giza, ovviamente; quindi decido di procedere al contrario e mi reco direttamente a Giza, cominciando subito a guardare, oltre l'orizzonte, verso le antiche sedi polari. Non mi sorprende scoprire che le sedi polari del Distretto dello Yukon e del Mare di Groenlandia sono in pratica allineate dal mio punto di osservazione: in termini precisi è possibile tracciare un circolo massimo passante per Giza e che sfiori, mancandole di 140 km, le posizioni (1) e (2). Questa distanza rappresenta appena poco più di un grado d'arco misurato sulla superficie terrestre: si tratta di un errore straordinariamente piccolo, soprattutto se si considera che le valutazioni di Hapgood in merito alle antiche posizioni dei poli sono affette da un inevitabile margine di approssimazione dell'ordine 5-6° (è lo stesso Hapgood a cautelarsi in tal senso).
    Giza, dunque, si trova sulla linea lungo la quale i poli si mossero 80.000-75.000 anni fa: è una scoperta sbalorditiva che, da una parte, consolida la credibilità del disegno planetario, dall'altra spinge a cercare altre corrispondenze sulla superficie terrestre.

    Un salto a Teotihuacan
    Così procedo per intuito, certo di non sbagliare, perché è la coerenza del disegno planetario a esigerlo. Se il primo salto portava dal Distretto dello Yukon al Mare di Groenlandia e proseguiva per Giza, il secondo salto doveva necessariamente portare dal mare di Groenlandia alla Baia di Hudson e proseguire per … dove? Un rapido sguardo al mappamondo porta subito il Messico alla mia attenzione. Torno allora per un momento a considerare il cammino di Sirio, e mi accorgo che passa quasi esattamente per Città del Messico; ma non è questa ad interessarmi, bensì una delle più importanti località archeologiche dell'America precolombiana, Teotihuacan, a poche decine di km dalla capitale messicana. Ebbene, il cammino di Sirio passa proprio nelle vicinanze di Teotihuacan, ad una distanza talmente piccola (circa 145 km) da potersi tranquillamente affermare che vi passi esattamente, ragionando su scala mondiale. E a questo punto come per Giza procedo al contrario: mi reco a Teotihuacan e comincio a guardare verso le antiche sedi polari, oltre l'orizzonte, e scopro che le sedi polari del Mare di Groenlandia e della Baia di Hudson sono in pratica allineate da quel punto di osservazione. In termini precisi ciò significa che è possibile tracciare un circolo massimo passante per Teotihuacan e che sfiori, mancandole di 250 km, le posizioni (2) e (3). Questa distanza rappresenta poco più di due gradi d'arco misurati sulla superficie terrestre: ancora un errore troppo piccolo perché si possa pensare ad un caso.
    Tiriamo le somme. Abbiamo visto che da Giza passa un circolo massimo che rappresenta con buona approssimazione il primo salto polare. Ora vediamo che a Teotihuacan si incontrano il cammino di Sirio e un circolo massimo che rappresenta, con buona approssimazione, il secondo salto polare. Questa sembra un'indiscutibile conferma del fatto che il cammino di Sirio andasse proprio inteso come allegoria di tale salto: il gioco si fa davvero sublime ora che finalmente comprendiamo, ora che finalmente si svela il ruolo di Sirio, "stella del cane", fedele guida che conduce il pellegrino alla scoperta dell'altro fulcro del disegno planetario! E la simmetria fra le due situazioni, Giza da una parte e Teotihuacan dall'altra, è pressoché perfetta: se immaginiamo di tracciare su un mappamondo una freccia che rappresenti lo spostamento del polo dal Distretto dello Yukon al Mare di Groenlandia, prolungando questa freccia incontriamo Giza; se invece tracciamo la freccia che rappresenta lo spostamento del polo dal Mare di Groenlandia alla Baia di Hudson, prolungando questa freccia incontriamo Teotihuacan.


    Egitto e Messico, Giza e Teotihuacan
    Quante parole sono state spese e libri scritti per porre in rilievo la singolare circostanza che grandi civiltà, al di qua e al di là dell’Atlantico, abbiano sentito l’esigenza di esprimersi architettonicamente nella forma della piramide? Fra i ricercatori che operano al di fuori del mondo accademico, pochi hanno saputo resistere alla tentazione di tracciare insidiosi paralleli fra le piramidi di Giza e quelle messicane; altrettanto pochi sono coloro che hanno evitato di suggerire una comune origine di entrambe nel retaggio di quella grande civiltà perduta, sparita sotto i colpi di un imprecisato cataclisma, che comunque la si voglia chiamare corrisponde ai connotati di Atlantide. Abbiamo più volte visto la Piramide del Sole posta in relazione con la Piramide di Khufu, in particolare perché anche quella messicana sembra incorporare nelle proprie dimensioni, come l’egizia, il numero PI. Fervida immaginazione oppure no? E se no, vi è solo questo o vi può essere anche dell’altro ad accomunare le due realtà?
    Confesserò a questo punto che anche la mia teoria cede alla tentazione di ricollegare Messico ed Egitto ("fortunatamente" lascia da parte Atlantide, almeno per ora), e non potrebbe essere diversamente alla luce dei nuovi elementi.
    Senza dubbio è stata una grande sorpresa per me costatare che il disegno planetario forniva le prove evidenti di uno stretto rapporto fra Egitto e Messico, fra Giza e Teotihuacan; rapporto che sino ad oggi poteva essere più intuito che dimostrato, ma che invece ora assume, come vedremo, i contorni di una relazione geodetica precisa e inconfutabile. E ciò in forza di due straordinari elementi di prova.
    Il primo è che le posizioni delle due località, sul globo terrestre, mostrano di essere in diretta correlazione. Qual è la massima distanza possibile fra due punti sulla superficie terrestre? Metà della circonferenza terrestre, ovviamente, cioè poco più di 20.000 km. E qual è la sezione aurea di questa lunghezza? Circa 12.360 km, vale a dire 20.000 diviso FI (il numero aureo, pari a circa 1,618). Ebbene, 12.320 km è la distanza effettiva fra Giza e Teotihuacan, appena 40 km meno del valore indicato! Si scopre un aspetto interessante anche misurando la distanza angolare fra i due siti (cioè l'angolo che ha per estremi le due località e per vertice il centro della terra): tale angolo corrisponde a 110,71°, un valore naturalmente quasi identico alla sezione aurea dell'angolo piatto (pari a 111,25°), ma che espresso in secondi d'arco, anziché in gradi sessagesimali, equivale a quasi 400.000" tondi tondi (l'errore è di appena 4/1.000). In definitiva sembra proprio che ci troviamo di fronte il numero aureo e una cifra rotonda con l'evidente funzione di "segnalatori", proprio come il numero PI incorporato nelle dimensioni della Grande Piramide. Tutto questo implica naturalmente che Giza e Teotihuacan siano state attentamente dislocate l'una in rapporto con l'altra; ma non è tutto, poiché l'ultima osservazione fatta apre la via ad anche ad un'altra considerazione. Se la localizzazione di Giza e Teotihuacan dipende da un preciso progetto, allora la distanza angolare espressa nel valore di 400.000" non è una circostanza casuale e questo può significare una sola cosa: gli autori di tale progetto hanno probabilmente fatto uso del "nostro" sistema sessagesimale. O meglio, diciamo il contrario: noi ancora oggi facciamo uso di un sistema di misura la cui origine si perde nella notte dei tempi… È un'ipotesi assai intrigante, ma che per ragioni di spazio ora dovremo accantonare.
    Il secondo elemento che comprova l'appartenenza di Teotihuacan al disegno planetario chiama in causa la configurazione urbanistica dell'antica città, e in particolare una caratteristica peculiare che sino ad oggi era rimasta inesplicata. Mi riferisco al cosiddetto Viale dei Morti, una delle più spettacolari e complesse strutture monumentali dell'America Centrale. La Piramide del Sole, la Piramide della Luna e la Cittadella con la Piramide di Quetzalcoatl all'interno del suo recinto sono i più significativi fra i monumenti allineati lungo l'asse del Viale, che si estende in linea perfettamente diritta per più di quattro chilometri: la Piramide della Luna si trova all'estremità settentrionale, mentre la Piramide del Sole è un po' discosta verso est; infine la Cittadella, ancora più a sud, sorge circa a metà di questo ampio viale, anch'essa sul lato est. In un contesto di questo genere ci si sarebbe aspettati un allineamento esatto nord/sud o est/ovest, perciò desta sorpresa il fatto che i progettisti del sito avessero deliberatamente scelto di inclinare l'asse del viale di 15,5° a est del nord. Esistono diverse teorie "convenzionali" che cercano di spiegare le ragioni di questo singolare orientamento; altre teorie meno convenzionali chiamano in causa aspetti di carattere astronomico. Ma nessuna di tali teorie fornisce una possibile spiegazione così semplice e convincente quanto quella fornita dal disegno planetario: infatti, il Viale dei Morti è parallelo (con errore inferiore a 1° d'arco) al circolo massimo che approssima il salto polare dal Mare di Groenlandia alla Baia di Hudson; in altre parole il Viale dei Morti è quasi esattamente allineato con due delle antiche sedi polari (fig. 3). In altre, più semplici, parole, il Viale dei Morti ha rappresentato in pratica l'asse nord/sud vero per qualcosa come 60.000 anni circa, vale a dire la durata complessiva delle due ere che hanno preceduto l'attuale.
    Non si può allora più dubitare del fatto che Teotihuacan sia effettivamente il secondo fulcro, insieme a Giza, del disegno planetario.
    Quante parole sono state spese e libri scritti per porre in rilievo la singolare circostanza che grandi civiltà, al di qua e al di là dell’Atlantico, abbiano sentito l’esigenza di esprimersi architettonicamente nella forma della piramide? Fra i ricercatori che operano al di fuori del mondo accademico, pochi hanno saputo resistere alla tentazione di tracciare insidiosi paralleli fra le piramidi di Giza e quelle messicane; altrettanto pochi sono coloro che hanno evitato di suggerire una comune origine di entrambe nel retaggio di quella grande civiltà perduta, sparita sotto i colpi di un imprecisato cataclisma, che comunque la si voglia chiamare corrisponde ai connotati di Atlantide. Abbiamo più volte visto la Piramide del Sole posta in relazione con la Piramide di Khufu, in particolare perché anche quella messicana sembra incorporare nelle proprie dimensioni, come l’egizia, il numero PI. Fervida immaginazione oppure no? E se no, vi è solo questo o vi può essere anche dell’altro ad accomunare le due realtà?
    Confesserò a questo punto che anche la mia teoria cede alla tentazione di ricollegare Messico ed Egitto ("fortunatamente" lascia da parte Atlantide, almeno per ora), e non potrebbe essere diversamente alla luce dei nuovi elementi.
    Senza dubbio è stata una grande sorpresa per me costatare che il disegno planetario forniva le prove evidenti di uno stretto rapporto fra Egitto e Messico, fra Giza e Teotihuacan; rapporto che sino ad oggi poteva essere più intuito che dimostrato, ma che invece ora assume, come vedremo, i contorni di una relazione geodetica precisa e inconfutabile. E ciò in forza di due straordinari elementi di prova.

    Il primo è che le posizioni delle due località, sul globo terrestre, mostrano di essere in diretta correlazione. Qual è la massima distanza possibile fra due punti sulla superficie terrestre? Metà della circonferenza terrestre, ovviamente, cioè poco più di 20.000 km. E qual è la sezione aurea di questa lunghezza? Circa 12.360 km, vale a dire 20.000 diviso FI (il numero aureo, pari a circa 1,618). Ebbene, 12.320 km è la distanza effettiva fra Giza e Teotihuacan, appena 40 km meno del valore indicato! Si scopre un aspetto interessante anche misurando la distanza angolare fra i due siti (cioè l'angolo che ha per estremi le due località e per vertice il centro della terra): tale angolo corrisponde a 110,71°, un valore naturalmente quasi identico alla sezione aurea dell'angolo piatto (pari a 111,25°), ma che espresso in secondi d'arco, anziché in gradi sessagesimali, equivale a quasi 400.000" tondi tondi (l'errore è di appena 4/1.000). In definitiva sembra proprio che ci troviamo di fronte il numero aureo e una cifra rotonda con l'evidente funzione di "segnalatori", proprio come il numero PI incorporato nelle dimensioni della Grande Piramide. Tutto questo implica naturalmente che Giza e Teotihuacan siano state attentamente dislocate l'una in rapporto con l'altra; ma non è tutto, poiché l'ultima osservazione fatta apre la via ad anche ad un'altra considerazione. Se la localizzazione di Giza e Teotihuacan dipende da un preciso progetto, allora la distanza angolare espressa nel valore di 400.000" non è una circostanza casuale e questo può significare una sola cosa: gli autori di tale progetto hanno probabilmente fatto uso del "nostro" sistema sessagesimale. O meglio, diciamo il contrario: noi ancora oggi facciamo uso di un sistema di misura la cui origine si perde nella notte dei tempi… È un'ipotesi assai intrigante, ma che per ragioni di spazio ora dovremo accantonare.
    Il secondo elemento che comprova l'appartenenza di Teotihuacan al disegno planetario chiama in causa la configurazione urbanistica dell'antica città, e in particolare una caratteristica peculiare che sino ad oggi era rimasta inesplicata. Mi riferisco al cosiddetto Viale dei Morti, una delle più spettacolari e complesse strutture monumentali dell'America Centrale. La Piramide del Sole, la Piramide della Luna e la Cittadella con la Piramide di Quetzalcoatl all'interno del suo recinto sono i più significativi fra i monumenti allineati lungo l'asse del Viale, che si estende in linea perfettamente diritta per più di quattro chilometri: la Piramide della Luna si trova all'estremità settentrionale, mentre la Piramide del Sole è un po' discosta verso est; infine la Cittadella, ancora più a sud, sorge circa a metà di questo ampio viale, anch'essa sul lato est. In un contesto di questo genere ci si sarebbe aspettati un allineamento esatto nord/sud o est/ovest, perciò desta sorpresa il fatto che i progettisti del sito avessero deliberatamente scelto di inclinare l'asse del viale di 15,5° a est del nord. Esistono diverse teorie "convenzionali" che cercano di spiegare le ragioni di questo singolare orientamento; altre teorie meno convenzionali chiamano in causa aspetti di carattere astronomico. Ma nessuna di tali teorie fornisce una possibile spiegazione così semplice e convincente quanto quella fornita dal disegno planetario: infatti, il Viale dei Morti è parallelo (con errore inferiore a 1° d'arco) al circolo massimo che approssima il salto polare dal Mare di Groenlandia alla Baia di Hudson; in altre parole il Viale dei Morti è quasi esattamente allineato con due delle antiche sedi polari (fig. 3). In altre, più semplici, parole, il Viale dei Morti ha rappresentato in pratica l'asse nord/sud vero per qualcosa come 60.000 anni circa, vale a dire la durata complessiva delle due ere che hanno preceduto l'attuale.
    Non si può allora più dubitare del fatto che Teotihuacan sia effettivamente il secondo fulcro, insieme a Giza, del disegno planetario.
     
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