Una stele di Rosetta per la lingua di Harappa

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  1. lupone60
     
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    Da 130 anni sfugge alla decifrazione
    Una stele di Rosetta per la lingua di Harappa


    Uno studio statistico sulle iscrizioni dell'antichissima civiltà di Harappa potrebbe rappresentare la prima tappa per la loro decifrazione

    Uno studio statistico sulle iscrizioni dell'antichissima civiltà di Harappa potrebbe rappresentare la prima tappa di una nuova "stele di Rosetta" per decifrarne il significato, finora rimasto inesorabilmente celato.

    "Le iscrizioni dell'Indo sono note da almeno 130 anni, ma nonostante centinaia di tentativi non sono mai state decifrate. Nella presunzione che esse codifichino comunque un linguaggio", ha osservato Rajesh Rao, dell'Università di Washington (UW), che ha coordinato lo studio, ora pubblicato su "Science". Una presunzione che era stata messa in dubbio nel 2004 da tre studiosi americani - Steve Farmer, Richard Sproat e Michael Witzel - secondo i quali si trattava solo di brevi pittogrammi privi di contenuto linguistico.

    Ora il gruppo di matematici e informatici dell'UW è riuscito a dimostrare che quelle iscrizioni codificano effettivamente un linguaggio.

    La civiltà di Harappa era formata da popoli della valle dell'Indo che fra il 2600 e il 1900 a.C. abitavano la regione corrispondente all'odierno Pakistan orientale e all'India nordoccidentale. Contemporanea a quelle egizie e mesopotamiche, anche la civiltà della Valle dell'Indo era altamente urbanizzata e ha lasciato numerose iscrizioni simboliche su amuleti, ceramiche e tavolette.

    Lo studio attuale ha confrontato una nota compilazione di testi di Harappa con campioni linguistici e non linguistici. I ricercatori hanno in particolare eseguito calcoli per valutare la casualità condizionale nell'ordine dei simboli su testi in inglese contemporaneo, sulla lingua sumera parlata in Mesopotamia all'epoca della civiltà dell'Indo, testi in antico Tamil, una lingua dravidica che alcuni avevano ipotizzato essere correlata alle iscrizioni dell'Indo, e l'antico sanscrito.

    Successivamente hanno ripetuto i calcoli per campioni di simboli che non appartengono a linguaggi parlati, in uno dei quali la disposizione dei simboli era del tutto casuale, mentre in altri seguivano ora una disposizione rigidamente gerarchica, ora mimavano la sequenza delle basi sul DNA, ora seguivano l'ordine di un linguaggio artificiale come il Fortran, e così via.

    I risultati del confronto hanno mostrato che le iscrizioni dell'Indo ricadono nella media di quelle tipiche dei linguaggi parlati e differiscono sensibilmente dai sistemi non linguistici.

    "Vogliamo proseguire su questa strada maestra e ci piacerebbe riuscire a crackare il codice. Ora intendiamo analizzare la struttura e la sintassi delle iscrizioni per inferirne delle regole grammaticali", ha concluso Rao. (gg)

    FONTE
     
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