ritrovamento Su Benatzu

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  1. dedalonur9
     
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    perdonate l'osservazione da profano..........,

    ma uno scalmo solo sul lato destro .... senza esserci anche in quello sinistro ....non fa si che la barca giri in tondo quando si rema?

    cmq in effetti è uno scalmo.... :P

    nell'altra barca lo scalmo è invece sull'antropoide, o nell'altro lato della barca?.

    che sia una specie di lancia...o barca da fiume? non mi pare adatta per il mare...

    ho letto anche che son stati ritrovati dei coltelli votivi...ci son foto?
     
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  2. .machiavelli.
     
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    No, pensa alle gondole...mica girano in tondo...e pensa anche a quelle imbarcazioni palustri utilizzate delle tribù africane.

    CITAZIONE (shardanaleo @ 25/2/2008, 18:27)
    SCIMPANZE... SCIMPANZE... :rolleyes:

    CITAZIONE (.machiavelli. @ 25/2/2008, 13:18)
    Diciamo che è molto simile a questa...ma senza l'antropoide.

    (IMG:http://img505.imageshack.us/img505/6062/n1nq7.jpg)

    Sì Leo...probabilmente è uno scimpanzè...vedo che non ha la coda!
     
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  3. dedalonur9
     
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    Giusto...come ho fatto a dimenticare le gondole.....non aggiungo altro per decenza... :rolleyes:

    comunque non mi avete risposto....esiste un nesso tra la tomba dei guerrieri trovata a Sant'Iroxi e il tempio in oggetto?



     
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  4. pietrusco
     
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    NELLA GROTTA DI BENATZU E' STATO TROVATO OLTRE ALLE COSE GIA' DETTE,ANCHE UN PUGNALETTO IN RAME,CITATO NEL LIBRO DI MAXIA
     
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    :| Ehm, quindi? Che libro?
     
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  6. pietrusco
     
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    carlo maxia &lello fadda,
    il mistero dei nuraghi rivelato con l'astroarcheologia
    edizioni castello
    un libro che comprai una ventina di anni fa, molto interessante
     
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  7. dedalonur9
     
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    ciao pietrusco....perchè non ci fai una piccola recensione di questo libro nella sezione Archeoastronomia?

    giusto per segnalarci le conclusioni degli autori,

    altri ritrovamenti di Su Benatzu:

    specchio in bronzo,

    lamina in oro decorata a sbalzo........

    cmq visto che avete rispolverato questo 3d mi chiedevo se in giro non ci fosserofoto del sito ricostruito.......nella grotta....!

    Pietrusco che forma ha questo pugnaletto in rame? ad elsa gammata o a foglia? ha decorazioni?

    http://www.mondosardegna.net/grotte/grotte.htm

    qui potete vedere le grotte........

    ciao!
    :salute:
     
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  8. pietrusco
     
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    ok dedalo,mi sposto sulla sezione che mi hai indicato
     
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  9. pietrusco
     
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    esattamente sul blog "le torri del cielo" , mi sembra appropriato,si parla anche del libro citato
     
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  10. Antonio Assorgia
     
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    Sono Antonio Assorgia, uno dei tre scopritori, del "Tesoro di Santadi". Mando questo messaggio a tutti gli appassionati di speleoarcheologia e a quelli che si interessao o sono interessati, d'ufficio, alla scoperta del "Tesoro" di Santadi.
    Vorrei dare un consiglio a chi si occuperà di questa scoperta, che nel 2018 celebrerà il suo GIUBILEO.
    -Andare sempre alla fonte delle notizie!-
    La fonte sulla scoperta quella notte di giugno 1968 sono le pubblicazioni del Prof. Carlo Maxia che scrisse, subito dopo la scoperta, un articolo su "Mediterranea", (Ed. Fossataro, 1968 e che ha in copertina la figura del Tripode), un lavoro di Franco Todde (uno dei tre scopritori) sulla rivista (credo) della Federazione Speleologica Sarda, e vari articoli scritti dal Corrispondente per Iglesias dell'"Unione Sarda" Martinelli (Antonio?) , anchessi subito dopo la scoperta che vanno ricercati e presi come fonte "storica" e pertanto riletti, oltre alla mia testimonianza che non miè mai stata richiesta ed era sempre a disposizione di tutti!
    A questo punto potranno esssere più fondati questi fatti e notizie:
    Gli speleologi dell'A.S.I. che nella notte del 26 giugno scoprirono il "Tesoro" furono (in ordine alfabetico) Antonio Assorgia, Sergio Puddu e Franco Todde. Sergio Puddu e Franco Todde sono morti; pertanto lo studioso, se vorrà onorare la loro memoria, dovrà sincerarsi di attribuire loro la giusta collocazione e ruolo nella scoperta.

    L'indomani della scoperta fu riferito al Prof. Maxia (che era il referente scientifico, per la parte "Antropologica" dell'A.S.I) il rinvenimento del
    Tesoro e gli furono consegnati la Navicella ed il Tripode, entrambi in bronzo.
    Il motivo era che, siccome la grotta poteva essere visitata da chiunque, quei due oggetti erano quelli più in vista (appoggiati su una stalagmite) facilmente asportabili ed appetibili; lo erano meno il vasellame ed altri oggetti (alcuni, peraltro, in bronzo).
    Un giusto rimprovero che potrebbe essere fatto agli scopritori (che hanno pagato per questo, perché, non gli è stato dato il premio della scoperta archeologica, come prevede la Legge) è quello di non aver avvisato SUBITO la Soprintendenza Archeologica.
    Ma in quel momento, presi anche dall'euforia del ritrovamento, credevamo che l' Autorità scientifica Universitaria (Prof. Carlo Maxia), fosse per noi il Referente diretto ed anche paritario con altre Autorità e che dovesse lei, comunque, comunicare a chi di dovere di quella scoperta
    ed eventualemente oranizzare subito la tutela dei beni archeologici trovati ed esposti a chiunque.
    Purtroppo le cose andarono così: il solito scontro tra Autorità Statali! Chi ci rimise furono gli scopritori.
    Ad onor del vero, gli Speleologi dell'A.S.I., che furono subito dopo la scoperta, incaricati, dalla Soprintendenza, della rimozione del numeroso materiale archeologico) si comportarono con grande senso civico e nessuno si appropriò degli oggetti archeologici, anche dei più banali.

    Quale ultrimo testimonio della Scoperta (che mi avrebbe dovuto fare Miliardario!) ho in mente nel 2017, con la Federazione Speleologica Sarda, di organizzare un PRECONVEGNO sulla Scoperta di Santadi per poi nel 2018 (se Dio Vuole) fare un Simposio Speleologico, soprattutto per commemorare i tanti Speleologi che ci hanno lasciato, tra i quali SERGIO PUDDU e FRANCO TODDE.
    Quanto detto è saturito dal mio cuore ed è solo verità provata. Siceramente, Antonio Assorgia





     
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  11. Antonio Assorgia1
     
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    Carissmi, a cinque mesi circa dal 50° del Ritrovamento del "Tesoro di Santadi" a Su Benatzu, voglio ricordare due dei tre scopritori che la notte del 26 giugno 1968 ebbero la sorte di rinvenire in una saletta laterale della Grotta di Su Benatzu il ripostiglio degli oggetti votivi che venivano riposti dai "fedeli" che si recavano nel "Tempio" ad oinorare LA (o Le Divinità). Quindi oggetti votivi forse simili agli attuali "Ex Voto" che da
    quella Comunità nuragica (in un momneto particolare dell'anno?) venivano portati (in processione?) nel Sacta Sanctorum .
    I due miei cari amici sono FRANCO TODDE e SERGIO PUDDU che godono già di quella visione beatifica.
    Ricordo bene quella notte! Le grida di sorpresa al vedere quei cumuli, illuminati dalla flebile luce delle tre lampade a carburo!
    Pensai che era già stato tutto previsto e predisposto! Noi tre trasportati nel tempo facevamo parte delle teoria di fedeli che devotamenmte ponevano l'oggetto votivo sui cumuli, facendo attenzione a non far disperdere la cenere contenuta all'interno della ciotola!
    Il tempo per un attimo si era fermato, I fedeli ci osservavano e forse erano soddisfatti che quel loro tempio votivo, celato per 2700 anni,
    fosse stato a noi svelato e perciò stesso preservato.
    Nessuno ha mai pensato alla ipotesi che altri avrebbero potuto fare quella scoperta e magari profanare con il saccheggio quel "tesoro"?
    In Fin dei conti tutto il vasellame, circa un migliao di pezzi, tutti i bronzetti sono stati recuperati.
    Il rammarico non nostro quello di non avre preservato quel patriminio archeologico lì dove era.
    Mi chiedo sempre: ho fatto tuto il possibile per preservarlo? Io consegnai al Professor Carlo Maxia, docente di Antyrologia all'Università di Cagliari i due oggetti più appetibili ed asportabili: la Navicella ed il Tripode" Ma nella aconfusione che seguì alla scoperta, tra dissidi di competenze tra Università e Soprintendenza , tuttavia tutto fu salvato.
    Continuerò ancora a raccontare di quei sentimenti che in quelle notte si agitavano nel mio Animo
    Amici Franco e sergio, Vale!
    Antonio Assorgia


    Mi proponngo fino al 26 giugno di ques'anno di in viarvi alcune mie riflessionie ricordi sulla Scopoerta del Tesorodi Santadi.
    Il Gruppo Spoeleologico al Quale di deve la scoperta è l'ASSOCIAZIONE SPELEOLOGICA IGLESIENTE (A.S.I.) fondata ad Iglesias
    nel 1967. Ne facevano parte. Antonio Assorgia, Franco Todde, i fratelli Paolo, Adriano e Giorgio Urracci ed il loro padre Raimomdo, i fratelli Mauro ed Antonello Tani, il maestro Antonio Ghiani, Paolo Mei, Aldo Serra, Mauro Pili. Collaboratori stretti, provenienti da altri gruppi: Sergio Zardi, Sergio Puddu e Chicco Cardia e Cesare Sireus.
    Il giorno 26 giugno 1968 una qundicina di speleologi dell'A.S.I. si recarono su tre macchine a Santadi e da qui per la Grotta Pirosu in Su Benatzu. Arrivammo in mattinata tardi alla Grotta, inziammo l'esplorazione. Ma la vastità della cavità era tale e così diversificata che
    nel tardo pomeriggio avevamo esplorato appena un terzo dell'enorme antro. Verso le due una delle tre macchine dovette partire con il solo guidatore. Ciò comportava che per il rientro alcuni degli speleologi dovevano rimanre lì la notte per essere prelevati l'indomani.
    Al momento della partenza, poichè dovevano per forza partire i due diplomandi Paolo Urracci e Franco Tani nonché chi dfoveva presentarsi al lavoro l'indomani si decise che Antonio Assorgia, Franco Todde e sergio Puddu sarebbero rimasti la notte in grotta.
    Nulla di male bisognava proseguire il rilievo della cavità (io e Franco), mentre Sergio Puddui proseguiva la raccolta della fauna cavernicola,
    molto abbondante in quelle Grotta a causa della presenza di grossi cunuli di guano!
    Una domanda che ci siamo fatti subito era:perché quella grotta non fosse stata mai esplorata a fondo! La presenza di crostoni stalagmitici a forte inclinazione e sruccioloevoli, attraversati da larghe e profonde fratture lungo tutto il piano inclinato e con al fondo resti scheletrici umani ci diede la rispposta.
    Chiunque si fosse avventurato senza un'attrezzatura adeguata e luci sufficienti serebbe precipitato entro quelle spaccature (profonde circa due metri) e sarebbe morto, perché le pareti lisce non avrebbero permesso una facile risalita.
    Sicuramente doveva essere presente nella popolazione locale la legenda di sparizione di persone che incautamente si erano avventurate in
    qull'antro misterioso!
    D'altronde se ai pastori serviva dell'acqua questa poteva facilmente essre prelevata da alcune "vaschette" all'ingresso della cavità
    ricolme di acqua di stillicidio. Per questo qul tempio votivo aveva resistito per ben 2700 anni!





    Noi eravamo da quel momento i tenutari di quei sentimenti religiosi che li spingevano a rendere omaggio alle loro ed ora anche nostre "Divinità.
     
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  12. Antonio Assorgia1
     
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    Sempre trattando della scoperta del Tesoro di Su Benatzu, avvenuta il 26 giugno del 1968, ricordo che la tarda mattinata iniziammo l'esplorzione della Grotta Su Benatzu a partire dal lato destro, guardanno verso il fondo. Era il lato più agevole per la discesa, direttamente accessibile dall'ingresso principale ed il più illuminato dalla luce proveninte dall'esterno. D'altra parte lungo la parete v'era quasi una scalinata, costituita da
    massi giustapoposti che sembravano invitarci a proseguire. Alcuni speleologigi seguendo questa traccia arrivarono presto al fondo della cavità,
    dove il sotffitto della grotta si univa al pavimento molto concrezionato e ingombro di frammnti di stalattiti decalcificate.
    Proprio al fondo, in una nicchia, trovanno frammnenti di vasellame (Brocche?) sparsi un pò ovunque. Il liquame del guano che percolava dal
    piano inclinato e l'odore non permettevano un sosta prolungata in quel posto. Non rimaneva che risalire da lì lungo il crostone stalagmitico, molto inclinato, che era rischiarato da una luce diafana, proveniente dall' ingresso.
    Si dovettero usare delle corde per arrampicarci sul viscido e abbombato crostone stalagmitico. Delle fratture larghe circa un metro e profonde due, interrompevano l'impervia dorsale conccfrezionata, resa viscida dallo stillicidio continuio che proveniva dal soffitto.
    La base dei quelle fratture longitudinali era ingombra di cenere, fammenti di legno bruciato e anche alcuni resti scheletrici umani.
    Pensai a quei poveri malcapitati che morirono precipitando inavvertitamente, probabilemnte subendo fratture agli arti inferiori che rendevano loro impossibile una via di salvezza.
    Certamente si dovette creare una funesta leggenda su quella cavità! Un terrore naturale invadeva anche gli animi più facinorosi e portati all'esplorazione!
    D'altra parte fu quella, forse, la causa che ha preservato per secoli l'integrità di quel tempio ipogeo!
    Oramai si era fatte già le tre del pomeriggio! Ci accomodammo tutti all'ingresso della grotta per un momneto di convivialità che allieta sempre la Squadra degli Speleologi. Non mancarono anche allora le frecciatine tirate da qualcuno specie sul soggetti più succubi che era Sergio PUddu. Di lui si diceva che usciva la sera dlla grotta più pesante di tutti perché aveva ingurgidato una enorme quantità di insetti.
    Per la raccolta della fauna cavernicola usava un brattolino di vetro dal quale fuoruscivano due tubicini di plastica: creando un vuoto d'aria all'interno del contenitore aspirava gli insetti. Sicuramente molti venivano così ingurgidati.
    era sempre oggetto di bonarie considerazioni. I giovani Pallino Urracci e Franco Tani eraso i più assidui nel
     
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  13. Antonio Assorgia1
     
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    Ancora sul Ritrovamento del Tesoro di Su Benatzu in Santadi

    Riprendo la narrazione sulla scoperta qulla notte del 26 giugno 1968.

    La sera del 26 giugno ci fu la partenza di alcuni speleologi per Iglesias. Tra questi gli Allievi del Minerario che l'indomani dovevano sostenere le prove per il Diploma di Maturità.
    Si erano fatte circa le 7 di sera e i tre speeologi rimasti per passare la notte in grotta. Franco todde , Sergio Puddu e Antonio Assorgia iniziarono
    l'esplorazione e il rilievo della cavità. questa volta, terminato il rilievo del lato destro della grotta, a partire dall'alto, iniziammo verso le ore 21
    a perlustrare tutto il lato sinistro della cavità ( a partire dall'ingresso). La parete laterale qui non si presenta lineare, come quella destra, ma vi sono molte rientranze e sporgenze, dovute al concrezionamento. Da qui prende avvio anche la dorsale stalagmitica, molto acclive di cui si è già parlato (quella interrotta dalle fratture trasversali). Arrivati a circa un terzo della dorsale stalagmitica, ecco inaspettattatamente aprirsi un diverticolo a sinistra. Ci inoltriamo in esso. La complessità dell'andamento di questo accesso laterale porta via moilto tempo per il rilievo!
    Si sono fatte già le 23 circa. Attratti dalle particolari forme delle concamerazioni che si dispiegano alla nostra vista entriamo mezz'ora più tardi, tramite uno stretto corridoio che immmetteva in una insenatura a fondo cieco. Un diaframma concrezionare, alto più di un metro, divideva questo vano dalla sala principale. Superato con qualche difficoltà questo ostacolo, ci immettemmo nel nuovo diverticolo che non era molto visibile dal vano principale della grotta. Io osservavo le varie concrezioni presenti e l'annerimento generale che le copriva, quindi mi attardai nell'esplorazione, mentre Frando Todde e Sergio Puddu erano già arrivati nella più grande di queste concamerazioni secondarie, cioè nella "Saletta del Tesoro". Mancava poco a mezzanotte!
    Sentii grida di stupore e di sorpresa. Li raggiunsi poco dopo! La poca luce e l'annerimento generale non mi permisero subito di scorgere la causa di quello stupore. Tre cumuli di vasellame erano appena illuminate dalla luce della mia lampada. Anch'io mandai un grido di stupore e dissi:"Non è possibile"! Subito dopo mi resi conto della eccezionalità del ritrovamento. Immaginai subito la causa di quegli accumuli e della grande quantità di cenere presente nei cumuli. Inoltre, cosa che mi colpì era quella che i vasi avevano la concavità rivolta verso il basso.
    Immaginai allora subito il modo come i "Fedeli" ponevano il vasellame nel cumulo.
    Probabilmente dopo un rito sacrificale avvenuto all'esterno della Cavità i fedeli sfruttando quella gradinata presente sul lato destro della grotta si portavano sul lato sinistro, dove c'era la "Sala del tesoro"; quivi ponevano la ciottola, piena di cenere prelevata dal rogo sacrificale,
    sopra il cumulo che nel tempo continuava a cresecre.
    Una cosa che mi rimase impressa, più che nella mente, nel cuore fu vedere tra le varie tipolgie del vasellame, come già detto disposte con la concavità verso il basso, anche piccole ciottole frapposte ad altre più grossolane. Immaginai che quelle piccole forme fittili fossero appartenute a dei fanciulli che si recavano, assieme ai genitori, in processione per rendere omaggio alle Divinità. La visione di fanciulli che anche oggi pongono la candelina ai piedi di un'immagine sacra rese ancor più suggestivo e toccante questo paragone.
    Col senno di poi ho capito della enorme importanza che poteva avere dal punto di vista dell'Antropologia culturale la conservazione totale del deposito votivo. Avremmo potuto scoprire tante di quelle informazioni che ci avrebbero svelato l'essenzialità di quella comunità nuragica.
    Purtroppo la decisione di prelevare tutto il materiale del Tempio ipogeo santadese e accumularlo negli scantinati della Soprintendenza
    cagliaritana ha vanificato questa possibilità che i Sardi ed il Mondo intero si meritava.
    Alla metodologia Metafisica delle conoscenze e ricerche archeologiche, alimentate dal respiro creativo del libero pensatore, non relegata alla sola élite cattedratica o istituzionale, si preferì queilla Fisica, ancorata a leggi ferree che non lasciano molto spazio ed agibilità a chi desidera accostarsi al Simposio della Conoiscenze.

    Edited by Antonio Assorgia1 - 11/2/2018, 18:11
     
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  14. Antonio Assorgia1
     
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    Un'altra caratteristica era il pavimento della "Sala del Tesoro" che era di color alabastrino scuro; in trasparenza s'intravedevano le forme di vasellame coperto dal crostone calcitico sul quale poggiano ora i tre cumuli di vasellame.
    Ciò stava ad indicare una lunga esistenza dei quei culti votivi: si era in presenza una sovrapposizione di oggetti votivi, accumulati nel tempo:
    quindi di una "stratificazione temporale".
    Di generazione in generazione si protrasseero i riti e l'accumulo delle offerte votive.
    Quanto tempo è passato dalle prime deposizioni alle ultime?
    A quali Divinità si dava culto?
    Perché s'interruppero questa "pratiche votive"?.
    Tutte questi interrogativi s'imprimevano nella mia mente, stordita e confusa da quella inaspettata scoperta.
    Dopo i cumuli pi vasellame mi soffermai ad osservare la cenere che si trovava accumulata al loro piede. Intravidi oggetti di bronzo:
    spilloni, borchie, frammenti di lame di spade che di color ramato.
    La mia attenzione si soffermò poi su una stalatto-stalagmite che si ergeva non al centro della "Sala", ma poco distante da una parete laterale.
    La parte basale della concrezione stalagmitica si era distaccata da quella stalattitica, formando una specie di ripiano.
     
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  15. Antonio Assorgia1
     
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    Mi avvicinai a lla stalagmite colonnare (circa 40 cm di diametro) che arrivava alla mia cintola. La parte della colonna era cava e lì si accumulava
    l'acqua di stillicidio formando la così della "vashetta".
    Su un bordo della vashetta stava appoggiato un tripode che destò la nostra meraviglia per la stupenda fattura.
    Solo allora ebbimo la certezza che l'interesse del ritrovamnento non era il vasellame, anche se molto copioso, ma i "bronzetti.
    Io, quasi istintitivamente, immersi la mano nella vaschetta e subito subito dopo la ritirali: avevop nelle mani una
    "Navicella", stava nel palmo della mia mano. Dal colore verdastro capii che era un "bronzetto".
    Esaminando i cumuli di cenere trovanmmo anche alcune lamine d'oro che mandavano riflessi di luce viva illuminti dalle nostre lampade.
    Franco Todde trovò poi anche un pugnale di sorprendenti e inusuali piccole dimensioni.
    Franco Todde, che aveva con sè la macchinma fotografica, passò molto tempo a fotografare ogni dettaglio del materiale archeologico presente nella "Sala del tesoro". Per questo motivo grazie a lui si hanno le immagini relative all'atto del ritrovamento che unite a quelle scattate dal Maestro Antonio Ghiani, che ci venne a prelevare il mattino del lunedi 27, costituiscono una copiosa documentazione fotografica, di inestimabile valore archeologico e topofrafico.
    La notte , dopo la scoperta, la passammo insonne o nel dormiveglia. Tutti e tre respiravamo un'aura misteriosa che aleggiva su di noi e non ci dava tregua.
    Sibili continui, come formati da traiettorie di piccoli oggetti come proiettati all'interno della grotta, ci tennero desti.
    S'intende che si parlò poco tra di noi: ognuno preferiva meditare e forse assaporare "nel suo cuore" quelle sensazioni.
    Non ebbi modo in seguito di domandare a Franco Todde e Sergio Puddu le loro sensazioni al momento e dopo la scoperta.
    Bisognava entrare troppo nell'intimo del loro animo; una certa delicatezza e riservatezza me lo impedì.
    D'altra parte, dopo la scoperta non ci fu modo di riunirci per discuitere di quel ritrovamento che a noi fu addebitato come un demerito e non meritorio.
    Dopo la scoperta, recapitati al Prof. Carlo Maxia la navicella ed il tripode, unitamente ad alcuni "vasetti" non prelavi dai cumuli ma al loro piede (successivamente gli fu consegnato da Franco Todde anche il pugnale). Una sequenza di avvenimenti negativi provo a lungo il mio animo, ed istintivamente iniziò nel mio animo una specie di rigetto di quella esperienza .
    Non mi vantai mai di quell'eccezionale rotrovamento. Lo pensai sempre come avvenimento già scritto ed opportuno in quanto preservò quel "Tesoro" dai "Tambaroli" che avrebbero dilaniato e disperso quel prezioso patriomonio storico ed archeologico.

    A chi mi fa presente che altri si presero il premio della scoperta (per legge allo scopritore va un premio satabilito dalla Soprintendenza), oppure che altri si vantano di aver fatto loro la scoperta rispondo che il premio è quello di essere stato predestinato a quel ritrovamnenbto ed il premio per me è quello di essere a posto con la mia coscienza e di aver contribuioto alla tutela di quell'immenso patrimonio nacora tutto da valutare.
    Sabato 10 febbraio 2018, Antonio Assorgia, in memoria di Franco todde e Sergio Puddui.

    Edited by Antonio Assorgia1 - 13/2/2018, 11:45
     
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36 replies since 24/2/2008, 22:49   2429 views
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